Alessandro Dal Borro

 

La famiglia Borro, di origine milanese ma stabilitasi ad Arezzo dal 1254 quando Borro fu chiamato come Podestà, ebbe in Alessandro Dal Borro uno dei suoi figli più famosi. A lui si deve l'aggiunta dell'attributo nobiliare "DAL" al cognome, quando il Granduca di Toscana Ferdinando Il dei Medici gli conferì il titolo di Marchese.

Fu generale famosissimo ai suoi tempi, e molto richiesto: partecipò alla Guerra dei Trent'anni (periodo svedese), dove combatté a Lutzen, conquistò Ratìsbona e difese validamente Praga. Per i suoi meriti l'imperatore Ferdinando Il gli concesse due baronie e lo ascrisse alla nobiltà boema. A 35 anni si era procurato già fama ed onori tali che Arezzo nel 1638 lo ascrisse alla nobiltà di Il grado (i gradi erano otto) e successivamente a quella di 1° grado nel 1642. Nell'elenco delle famiglie nobili aretine stilato nel Manifesto delle "Memorie storiche Aretine" il suo cognome si trova alla lettera B. Combatté quindi alle dipendenze dei Granduca di Toscana contro i Barberini, che lo avevano attaccato. E sconfisse in più riprese finché essi furono costretti a chiedere la pace, nel 1643, abbandonando ogni pretesa sulla Toscana e su parte dell’Umbria.

Nel 1546 passò al servizio dei Re di Spagna, e batté ripetutamente i francesi a Tolosa. Nel 1556 la Repubblica di Venezia lo nominò comandante generale delle Armi della Serenissima contro i Turchi, che egli sbaragliò ai Dardanelli riconquistando poi Egian, Lemmo e Tenedo. Quest'ultima impresa gli meritò l'appellativo di "Terror dei Turchi" con il quale è ricordato in una targa marmorea apposta in Arezzo, ma segnò anche la sua fine. Infatti, mentre con una sola nave tornava verso l'Italia, assalito dai pirati, si difese coraggiosamente e valorosamente, ma morì dopo venti giorni a Corfú per le ferite riportate in battaglia. I suoi visceri, come allora usava, furono sepolti a Corfù, mentre imbalsamato fu inumato a Castiglion Fibocchi nella Chiesa parrocchiale del Castello.

Sarebbe però errato, considerando solo le battaglie, immaginarsi il Dal Borro come un "soldato buono solo a menar di spada e d'archibugio". Viceversa Alessandro Dal Borro, d'ingegno pronto e vivace, fino a 19 anni si era dedicato a studi approfonditi, specie nelle scienze matematiche e meccaniche, tanto da esser qualificato "allievo eccellente". Questa solida preparazione sarà la base dei suoi successi futuri, in quanto essi dipesero non solo e non tanto da quelle arti militari che egli aveva appreso venendo su "dalla gavetta" ma soprattutto dalla sua capacità di inventare efficaci macchine d'assedio e trovare geniali soluzioni a problemi considerati a quel tempo insolubili. Ideò, per esempio, un ponte mobile e trasportabile con il quale tutto il "treno" delle artiglierie imperiali potè spostarsi attraverso il Meno e il Reno, il che fu decisivo per le sorti della battaglia, Infatti il nemico si aspettava in tranquillità che le truppe imperiali sarebbero state fermate dall'impossibilità di attraversare i due fiumi dal momento che i ponti erano ben muniti e solidamente difesi.

Nei tre anni successivi alla sconfitta dei Barberini (1643 - 46) non si limitò a dare assetto alle cose familiari ed ai vecchi e nuovi possedimenti concessigli dal Granduca di Toscana, ma elaborò un progetto per prosciugare la Val di Chiana, allora malsana e paludosa, e discusse a fondo col Torricelli i modi di attuazione dei progetto, sulla base delle sue solide conoscenze matematiche e fisiche.

Massimiliano  Badiali