Guido Monaco

Che sia nato ad Arezzo o a Talla, a Pomposa o a Ferrara o addirittura, come alcuni vogliono, in altri luoghi in Italia o fuori d'Italia è una questione che a noi poco deve importare.

L'importante è che per il mondo intero e a pieno diritto Guido Monaco, inventore della notazione musicale, sia da considerarsi a tutti gli effetti aretino.

Quanto alla data di nascita pare sia da collocarsi entro l'arco dell'ultimo decennio del X secolo.

Fra il 1023 e il 1036 fu vescovo di Arezzo Teodaldo della casa di Canossa, nobile famiglia molto legata all'abbazia benedettina di Pomposa a nord dì Ravenna. Teodaldo era fratello maggiore di Bonifacio II, marchese di Toscana, e quindi zio della futura contessa Matilde che non conobbe perché il Vescovo morì prima della nascita di colei che tanto farà parlare di sè in un secolo di scontri sanguinari fra Impero e Stato Pontificio.

Ma Teodaldo visse ed operò in un momento di ancora relativa quiete e in quello, sulle orme di alcuni suoi predecessori, potè irradiare a vasto raggio da Arezzo luce di autentica altezza civile e culturale.

Fu unito a lungo da affettuosa amicizia a San Rornualdo, che gli era anche padre spirituale, e al monaco ravennate Teodaldo non manco di procurare occasioni e mezzi per la fondazione del Sacro Eremo di Camaldoli.

Dall'eremo probabilmente passò Guido Monaco, profugo da Pomposa quando venne ad Arezzo e fra lTremo e l'Archicenobio trascorse in più riprese momenti ìn vita di meditazione, di solitudine, di preghiera, ma anche di insegnamento, fino alla morte avvenuta pare intorno al 1050.

Sebbene lontani da ogni certezza si vuole che proprio a Camaldoli Guido Monaco abbia trascorso gli ultimi anni della sua vita, che lì sia spirato in pace e sia stato sepolto.

Ad Arezzo fu accolto da Teodaldo e qui, sotto la patema protezione del pastore, dall'aperto uomo di cultura, intelligente mecenate, poté in tutta tranquillità portare a compimento quegli studi sulle nuove dottrine e i nuovi metodi di insegnamento del canto che a Pomposa gli avevano destato contro le gelosie dì alcuni confratelli.

E il serpeggiare di malanimo a Pomposa era divenuto tale che lo stesso direttore spirituale, l'Abate anche lui di nome Guido, già noto per la sua santità, si era visto costretto a consigliare al nostro monaco un momentaneo quanto mai prudente allontanamento dalla potente Abbazia del Delta.

Ma ad Arezzo Guido Monaco rimase, dicono, fino alla fine. Ad Arezzo studiò, scrisse le sue opere e insegnò.

Al Vescovo Teodaldo dedicò il Micrologo, il principale dei suoi scritti, dove appare l'elogio che Guido fa della magnifica chiesa di San Donato, "costruita con mirabile struttura" e portata a termine proprio sotto ìl vescovato di Teodaldo.

Non è azzardato supporre quindi che Guido fosse presente, in veste del tutto speciale, alla consacrazione di quel tempio avvenuta con grande solennità il 12 novembre 1032.

Era, San Donato, sorto per volontà dei vescovi aretini accanto alla Cattedrale di Santa Maria e Santo Stefano sul Pionta, ed era stato progettato e costruito da Maginardo, artista d'avanguardia in quei tempi che per questa impresa aveva studiato e preso ìspìrazione dal tempio di San Vitale proprio in Ravenna.

Possiamo pensare senza essere molto lontani dal vero che Guido, direttore della scuola cantorum dei Pionta e riformatore dei sistema musicale. abbia per quell'occasíone organizzato e diretto il più bel cerimoniale liturgico cantato che si possa mai immaginare.

Presenti ì Marchesi di Toscana, i Vescovi di Firenze, Fiesole, Città di Castello e Gubbio e tanti altri insigni rappresentanti del mondo ecclesiastico e politico del tempo, la cerimonia è un trionfo e la fama di Guido, monaco aretino, si conferma e vola lontano.

Il pontefice Giovanni XIX già lo aveva invitato presso di sé, forse l'anno precedente, e aveva preso in attento esame il suo Antifonario, una specie di manuale per rapprendimento delle regole prefisse alla scrittura musicale. Non poté far altro che considerare un prodigio quella semplificazione di metodo dell'insegnamento che per mezzo della notazione scritta permetteva ai cantori di apprendere canti mai uditi prima senza doversi sottoporre a lunghi e faticosi esercizi basati solamente sulla memoria.

Egli stesso, il Papa, riuscì a cantare all'istante un versetto a lui completamente sconosciuto solo leggendo le "note" del monaco Guido. Si trattava di un'esperienza che aveva del rniracoloso.

Del resto nel Prologo all'Antifonario Guido aveva specificato e chiarito le sue intenzioni: "Con l'aiuto di Dio mi decisi a realizzare questo Antifonario con la sua notazione musicale affinché chiunque è sensato e studioso possa senza molta fatica imparare a cantare".

Altri già avevano praticato studi meticolosi e approfonditi sui sistemi di composizione, insegnamento, divulgazione della musica ecclesiastica. Ma quel Monaco geniale aveva trovato un sistema semplice, unico, universale: in pochi segnì~ su diverse posizioni fissate da linee, erano comprese tutta l'ampiezza, la modulazione, l'altezza possibile una voce umana ( e in seguito agli strumenti).

Lo stesso Santo Abate Guido di Pomposa, incontrato a Roma con il Papa, dovrà ricredersi, apprezzare, ritrattare ed invitarlo al ritorno presso il Monastero Principe.

All'amico fidato, monaco come lui di Pomposa, Guido stesso parla del caso nella sua "Lettera a Michele", che rappresenta lo scritto più importante a noi pervenuto per la conoscenza della vita del nostro Monaco, a quel momento ormai Aretino di nome e di fatto.

L'intuizione più celebre di Guido Monaco è stata quella di aver attribuito un nome a sei delle sette note musicali.

Guido aveva notato (o sistemato egli stesso) un crescendo ad ogni iniziale di verso dell'Inno di San Giovanni:

UT queant laxis
REsonare fibris
MIra gestorum
FAmulì tuorum
SOLve polluti
LAbii reatum
Sancte Joannes.

E quindi aveva messo in relazione ogni tono o semitono con la sillaba di inizio del verso. Le note avevano così trovato il loro nome. Sarà solo nel '500 che verrà trasformato il nome della prima, da UT (di non gradevole suono) in DO, e che si aggiungerà la settima nota, il SI.

Oggi tutto questo ci appare semplice, perchè ormai acquisito. Ma per ogni invenzione, ogni problema par semplice dopo che è stato risolto.

Nel campo della musica l'invenzione della notazione di Guido Monaco è paragonabile a quella della ruota o della leva nel campo della cinetica o della fisica, con la differenza che Guido Monaco fu insieme l’inventore, il sistematore della legge, con relative applicazioni, e il suo primo divulgatore.

Egli rese razionale e comprensibile un grande mistero: inventò la scrittura musicale facilitando moltissimo la memoria delle note attraverso la loro visibilità in un metodo di lettura semplice, pratico, direttamente esecutivo.

Senza di lui forse non avremmo mai avuto né melodie, né sinfonie, né musica operistica, né concerti, né balletti e la vita non sarebbe stata la stessa. Non avremmo avuto colonne sonore a commento di films o di altri spettacoli, non canzonette, valzer, tanghi, né musica da discoteca. Non ci sarebbero stati i grandi nomi dei compositori dei passato né quelli di chi produce o produrrà successioni di note nel presente o nel futuro. E speriamo che i tempi a venire si vogliano assumere l'impegno di rendere ancora onore al nome di Guido, alla sua invenzione, alle sue intenzioni.

 del Prof. Massimiliano Badiali