FRANCESCO PETRARCA

 

 

Nacque ad Arezzo nel 1304 da ser Petracco e da Eletta Canigiani in Via Dell’Orto, dove peraltro troviamo ancora la sua casa. Il padre era notaio fiorentino di parte guelfa bianca, condannato nel 1302 al bando da Firenze. Il 6 aprile 1327, nella chiesa di Santa Chiara, Francesco incontra giovane e si innamora di lei. Questa figura verrà trasfigurata spesso nelle opere col nome di Laura.

Petrarca è un intellettuale che si sgancia dalla municipalità e scrive. Egli credette di essere ricordato per le opere latine, invece le due opere principali sono il Secretum scritto in latino e il Canzoniere in volgare.

 

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La principale opera di carattere morale-religioso del Petrarca è il Secretum (De secreto conflictu curarum mearum), scritta tra il 1342 e il 1343, anno di profonda crisi interiore, e ritoccata tra il 1353 e il 1358 : è un'impietosa confessione dei propri peccati e debolezze e invincibile debolezza della volontà fatta a Sant'Agostino, il più amato tra gli scrittori cristiani, sulle cui Confessioni il poeta modella la propria opera. Il Secretum riporta, in tre libri, un colloquio durato tre giorni tra il poeta e Agostino, sua controfigura ideale, amorevole "doppio" nel quale il Petrarca amerebbe identificarsi: il santo vorrebbe trarre il poeta dalla sua inerzia, da quella malattia della volontà che non gli permette di abbracciare l'ideale ascetico che pure egli vede come la condizione umana più alta e autentica, ma il dialogo non arriva a conclusioni perché la questione non è astrattamente filosofica, risolvibile in termini di ragionamento logico, bensì esistenziale, così che l'identità di principi è già stabilita e tutta la materia verte attorno al problema della volontà, della quale uno è l'incarnazione vittoriosa, l’altro lo spettatore. Nel colloquio il poeta confessa tutti i suoi peccati , particolarmente si accusa della compiacenza del proprio ingegno e persino della brama di bellezza fisica, dei cedimenti alla lussuria e dell'accidia, mentre tutta la debolezza del penitente puó poi essere concentrata sotto le due rubriche dell'amore per Laura e del desiderio di gloria. Non è vero che l'amore tutto platonico per la donna mai avuta lo abbia distolto dagli amori profani, è vero proprio il contrario, perché il desiderio sempre frustrato si é diretto verso meno nobili oggetti, mentre sotto l'amore per la poesia si è sempre nascosto il desiderio smodato della gloria, accompagnato dall'attrazione per il lusso e le ricchezze. E al fondo di questa condizione spirituale lacerata tra aspirazioni ascetiche di rinuncia (con l'incombenza della morte, ricordata spesso da Agostino, che dichiara la vanità di tutte le cose mondane) e attrazione irresistibile per i beni materiali, c'è quella che Petrarca chiama l’accidia che dev'essere considerata, dalla fenomenologia che il poeta ci presenta nell'ultima parte del Secretum, una vera e propria condizione di melanconia psicologia, per la quale egli vive in una perenne insoddisfazione, cadendo spesso in un pessimismo cupo che toglie la volontà stessa di continuare a vivere. Al termine dei colloquio il dissidio non appare affatto composto: Agostino non doveva convincere chi era già convinto, doveva rappresentare un alter ego col quale identificarsi, ma la sua stessa presenza è testimonianza di un’alteritá irriducibile, specchio di perfezione per una coscienza inferma che non può che dichiarare la propria sconfitta davanti a( modello.

Naturalmente il Secretum rappresenta l'opera che, aprendosi spietatamente sull'intimità del poeta, meglio serve ad accostare il regime psicologico e spirituale che informa tutto il Canzoniere. mentre mette anche di fronte nel modo più vivo e diretto al tipo particolare della religiositá petrarchesca, tutta volta ai problemi personali del comportamento morale, con la propensione a sentire in termini, si direbbe, creaturali il rapporto con Dio, di fronte al quale il soggetto si pone in tutta la sua indegnità, ricorrendo alle forme più dichiarative di questa condizione, la confessione e la preghiera. Meno drammatiche appaiono le altre opere ispirate all'ideale ascetico di rinuncia alle ambizioni mondane, il De vita solitaria (1346) e, il cui dissidio tende a comporsi attorno a quell'ideale che è assieme pagano e cristiano, letterario e religiosità la prima è una lode della solitudine e del silenzio quali possono essere vissuti in una vita lontana dai negozi distraenti della politica e della vita cittadina, nella quale possono convivere preghiera e studio, rinuncia alla mondanità e amore dell'umanità, disprezzo degli agi e diletto della bella natura. Più direttamente vicina all'esperienza ascetica è la seconda opera, nata dopo l'incontro col fratello Gherardo fattosi monaco, ma anche qui l'ideale che emerge e quello del ritiro del letterato, nella lontananza dalle passioni e dalle ambizioni ma anche nel conforto dei libri e della natura in un tentativo supremo di conciliazione del buono e del bello, della moralità e dell'estetica, della religione e della poesia.

Si suole accostare ai versi in volgare dei Trionfi la prosa latina dei De remediis utrumque fortunae perché si tratta delle due opere più programmaticamente vicine agli schemi letterari del Medio Evo : l'allegorismo e l'enciclopedismo. L'enciclopedia compitata dal Petrarca è limitata agli argomenti morali e forma un vero e proprio manuale di comportamento, raccogliendo in circa 250 dialoghetti sotto le figure allegoriche dei Gaudio e della Speranza, che espongono esempi di gioia, del Dolore e del Timore, che nella seconda parte presentano motivi d'angoscia presente e futura.

Anche i Trionfi obbediscono all'intenzione di saldare entro uno schema unitario la serie vastissima delle occasioni esistenziali, e di moralità e di riflessioni sapienziali: questa volta è la Commedia il Dante a fare da modello, assieme a quel repertorio di tutti gli allegorismi che è il Roman de la Rose. Anche l'uso della terzina dantesca testimonia persino nell'apparato metrico, l'intenzione di concatenare la materia in un organismo compatto. E’ diviso in sei parti corrispondenti a varie tappe dell'esperienza

autobiografica : la passione amorosa la pudicizia che vince, la Morte che annienta la carne e rende vana la pudicizia, la Gloria che si illude di trionfare sulla morte , l'eternità che annulla il tempo. Ogni parte presenta una rassegna di personaggi illustri della storia e della letteratura ' tra i quali i protagonisti del poema Africa e la stessa

Laura, presente nel Trionfo della Morte, in una ricchezza di motivi e di figure che attrasse l'attenzione degli artisti dell'Umanesimo.

Il Canzoniere è una temperie armonica dell’animo di Petrarca. Gli argomenti sono Laura viva o morta, argomenti etici e politici ed è stato, ma soprattutto di Petrarca stesso.

Di grande rilievo sono le due canzoni Spirto gentil e Italia mia, la prima scritta in occasione della rivolta e della presa del potere da parte di Cola di Rienzo, dedicata alla speranza di un governo di base popolare che ripristini i valori dell'antica repubblica romana e ponga fine alle risse sanguinose tra le famiglie patrizie, la seconda, di datazione incerta, rivolta contro l'uso delle armi mercenarie nella lotta tra i vari stati italiani, con parte finale, ripreso dal Machiavelli come chiusa esortativa, del suo Principe, di una rivolta contro io straniero che combatte sul suolo italiano. Sono canzoni che fondono in un unico discorso altamente commosso elementi classici e biblici, non disdegnando toni apocalittici, tanto oratoriamente efficaci quanto politicamente irrealistiche: è proprio l'Apocalisse di Giovanni offre metafore e tonalità ai sonetti rivolti contro la curia avignonese e i vizi della Chiesa (molto composizioni politiche, e altre di carattere amoroso o di diverso genere ' non sono entrate nel Canzoniere e sono confluite, nelle Rime disperse, dove i commentatori hanno messo Poesie scartate dal poeta, non tutte di sicura attribuzione).

Ma il vero grande è l'amore per Laura, questa passione così tormentosa e accanita per questa donna tanto evanescente: Laura riempie tutto il Canzoniere, entrando persino nei giochi del significante (l'aura, lauro ecc.), tanto più ossessivamente bella quanto più lontana nella realtà, anche nella lontananza estrema della morte. In effetti questa donna è pure oggetto di una passione autentica, che impegna tutto il poeta fino alle inquietudini più profonde .

Petrarca cominciò a scrivere versi in volgare fin da quando era studente a Bologna e continuò per lo meno fino al 1358, avendo cura di trascrivere e ritrascrivere, sempre perfezionando, quelle composizioni che pure in vecchiaia chiamava nugae, cosette di poco conto, sia perché aveva affidato la sua vera fama alle opere in latino, sia perché ai suoi occhi di cristiano quelle rime riflettevano troppo il traviamentto amoroso degli anni giovanili. Eppure alle nugae il Poeta dedicò continui lavori di lima fino alla morte, come testimonia il manoscritto autografa (Vaticano Latino 3195) che rappresenta la sua ultima volontà in proposito e offre, sotto il titolo di Rerun vulgarium fragmenta, 366 componimenti, dei quali 317 sono sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate, 4 madrigali , Già nel 1336 il Petrarca aveva pensato di raccogliere le poesie in un assieme ordinato é una prima raccolta aveva offerto ad Azzo da Correggio: se le Rime sparse, come si dicono dal primo verso dei primo sonetto, sono state intitolate Canzoniere dai commentatori posteriori è perché fu il poeta stesso a concepire l'organizzazione,in una struttura unitaria, in un libro a sé, la cui unità, per la prima volta nella letteratura europea, non è garantita da ,qualche schematismo esteriore ma dell'armonia delle parti nel tutto t del tutto nelle parti. Anche voluta dal poeta è la divisione delle Rime in due parti, normalmente indicate come "in vita di madonna Laura" e "in morte di madonna Laura": in realtà la canzone 264. che apre la seconda parte, è stata scritta quando Laura era ancora in vita e la sua collocazione in questo punto è giustificata dal fatto che in essa il poeta, pensando alla propria morte, si propone di abbandonare quelle che nel Secretum erano indicate come le più gravi colpe. l'amore per Laura e l'amore per la gloria. Dunque il Petrarca volle mettere nella prima parte i componimenti che a quell'amore colpevole si ispiravano, nella seconda quelli che testimoniano la volontà di rinnovamento interiore: la morte di Laura certo contribuì ad accentuare la bipartizione, ma le ragioni sono della memoria, che visita il poeta nella solitudine, quando si trova per deserte spiagge o per luoghi aspri e selvaggi, lontano insomma da ogni reale possibilità di incontrare la donna. E ben vero eh, il Petrarca trovava una situazione del genere nella tradizione lirica precedente, provenzale e stilnovistica, dove l'amore per la donna era considerato assai più negli aspetti soggettivi di provocazione emotiva o di sollecitazione spirituale nell’animo del poeta, che non in quelli oggettivi di concreta definizione di un rapporto reale con l'ispiratrice, ma il poeta del Canzoniere togli, realtà al soggetto proprio mentre ne fa il movente di condizioni psicologiche, eliminando ogni tipo di schematismo cortese o spiritualistico. La storia del platonismo lirico che riempirà tutti i canzonieri umanistici e rinascimentali comincia proprio di qui, dalla riduzione della donna a idea della donna, per cui Laura perde ogni connotazione realistica per tendere ad un assoluto di bellezza, scomparendo come persona individuale nel momento in cui si fa oggetto di un desiderio senza fine nella sua totale perfezione. Hanno certamente ragione i critici che hanno sostenuto non essere Laura il vero tema del Canzoniere ma l'io del Poeta. che in Laura si riflette: c'è davvero questa specularità nella poesia petrarchesca, una circolazione narcisistica che non permette di stabilire oggetti reali fuori del sé e conduce ad un eterno rispecchiarsi dei desiderio in se medesimo, cosi che mai nessun reale potrà esaudire le sue richieste assolute, per adeguarsi al desiderio che Laura diventa l'idea platonica di sé. : oggetto di adorazione senza fine e fonte di ogni delusione, visione nel contempo beatificante e mortificante. L'estasi e la morte sono il retaggio dell'amore narcisistico. Questa tormentosa impossibilità tanto dell'oblio quanto dell'esaudimento dell'amore costituisce ciò che di oscuro e morboso hanno sottolineato i critici nella passione del poeta per Laura, chiaramente intesa come il corrispettivo di una profonda infermità psicologica (e nel Secretum lo stesso Petrarca ne aveva fatto acuta diagnosi, dandole il nome di "accidia"). Ma è proprio in questa fenomenologia dell'io infermo, esibita attraverso i momenti di una passione amorosa in cui l'io fa le più ardue prove di sé, che Petrarca istituisce i fondamenti psicologici della lirica moderna, che è appunto poesia dell'io e dei suoi tormenti. Se Petrarca ha potuto rappresentare per secoli, fino al Romanticismo. Il modello ineludibile di ogni espressione poetica dell"intimità individuale è perché davvero a lui è da attribuire la scoperta della liricità in epoca cristiana.

Il conflitto psichico, che poi è il corrispettivo personale di un conflitto di culture, al limite tra Medio Evo e nuova età, tra divinae e humanae litterae; tra ascetismo e mondanità, tra esigenze fisiche e sublìmazioní spirituali, come tutta t'opera latina testimonia nelle forme più varie, si risolve in certo senso fuori campo, in quel territorio della parola non comunicativa che è la poesia in senso stretto, dove soltanto può darsi la conciliazione dei contrari. E in questo senso il volgare rappresenta, in una situazione in cui il latino occupa tutto lo spazio letterario e comunicativo, la lingua per eccellenza della poesia, intima e stilizzata nello stesso tempo.

Le parole non valgono tanto per il loro significato quanto per la loro qualità sonora, elementi da costruzione di un organismo musicale dominato dalle leggi dell'armonizzazione (ed è il sonetto a rappresentare la forma privilegiata di questo organismo). In questo senso Petrarca è "monotono" e tutto il Canzoniere appare come una serie infinita di variazioni su un unico tema: è come se, in effetti, il poeta non fosse tanto ansioso di comunicare nuove situazioni ed occasioni ma di tentare una diversa e più alta forma di equilibrio espressivo per il suo eterno assillo.

Petrarca insegue la perfezione delle forme espressive come insegue l’assolutizzazione dell'amore, trasponendo lo scacco sentimentale in sublimazione armonica. L'armonia in effetti non è che equilibrio e questo è possibile soltanto se ci sono forze in contrasto tra loro: Un dato vistosissimo dello stile petrarchesco è quello della presenza costante di antitesi, al punto che queste diventano costitutive delle formazioni sintagmatiche ("si turba ci rasserena", "vivo ghiaccio", , "dolci durezze" e via all'infinito) e della struttura stessa dei versi, caratterizzati dalla tipica dicotomia che, come dice Comuni, significa "antitesi in potenza". Nelle Rime insomma l'antitesi, che è il corrispondente espressivo dei conflitti interiori, diventa essa stessa strumento dell'armonizzazione, casi che quanto di lacerante era attivo ai livelli psicologici qui contribuisce, con le sue spinte e controspinte, alla costruzione di un periodo lirico di supremo equilibrio musicale. Ancora meglio, dunque, si capisce l'utilizzazione degli elementi verbali, tutti tendenti alla natura del sostantivo, come tasselli di un mosaico, con tendenziale perdita del loro valore significativo e riduzione alla pura fungibilità entro il disegno armonico "<fior, frondi, herbe, ombre, antri, onde, aure soavii>", dove ciò che conta non è il significato specifico dei singoli termini).

Romanticismo e classicismo, dunque, come metafore della lacerata condizione interiore e della capacità di sublimarla in un perfetto organismo ritmico, per cui il dissidio esistenziale si compone entro un letteratissimo esercizio di parola, dove nulla è immediato ma nulla è artificioso, tutto è vibrante di passione ma tutto è frutto di prodigiosa cultura letteraria, secondo lo schema destinato a valere per tutta la lirica europea fino al romanticismo storico e oltre. Da noi sarà Leopardi l'ultimo, geniale, crede del Petrarca, e proprio nell'esperienza rinnovata dell'infinità del desiderio, di cui la donna e simbolo altissimo e inaccessibile: a tale desiderio che vuole se stesso il rimedio è solo quello della poesia, "cantando il duol si disacerba", o quello definitivo della in arte sempre invocata dal Petrarca e ancora più dal Leopardi, rivo anche dei conforti minimi della gloria, degli agi, degli amori.

Invocazione di morte è anche la preghiera alla Vergine, ode per Laura morta, e viva nella gloria che chiude il Canzoniere : è già figura di una pacificazione che soltanto attraverso l’arte potrà compiersi totalmente

del Prof. Massimiliano Badiali