Francesco Redi

In una poesia dedicata al conte Lorenzo Mancini, per ringraziarlo dell'ospitalità concessagli nella sua villa "I Palazzetti" di Giovi (ad un passo da Arezzo), Gabriele D'Annunzio così scrive:

" ..... Odi ? Tra Puglia e Montegiovi in coro

come sui nervi di una cava cetra palpita il ditirambo del tuo Redi- "

Il poeta si riferisce chiaramente al "Bacco in Toscana" la superba opera poetica che decretò l'ingresso del Redi nell'Olimpo dei letterati famosi : "Chi vuol esser lieto sia / di doman non v’è certezza" ?. In questa sua fresca ed accattivante composizione egli dimostra infatti una singolare modernità di scrittura, felice nel magistrale variare dei ritmi - ora brevi ora lunghi, ora rapidi ora gravi, nonchè nella invenzione, a volte erudita ma più spesso scherzosa e spensierata.

Ma Francesco Redi non deve essere ricordato soltanto come uomo di lettere, perché fu anche un valente medico ed un attento biologo sperimentale.

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Nato ad Arezzo nel 1626, si laurea a soli 21 anni in Medicina e Filosofia all'Università di Pisa ed entra a far parte del Collegio Medico di Firenze, al servizio di Ferdinando III e poi di Cosimo II dei Medici. Uomo dall'intelletto versatile, studiò molte lingue: parlava correntemente il francese e lo spagnolo e conosceva bene il latino, il greco, il tedesco e persino l'arabo. Cultore della musica (era un valente suonatore di flauto), si appassionò anche allo studio della glottologia, tanto che divenne Accademico della Crusca. In campo scientifico fu un osservatore acuto e sagace: le sue ricerche in campo biologico restano un imperituro modello di lavoro sperimentale, sia per la chiara formulazione dei problemi che per l'accurata esecuzione degli esperimenti e per la precisione delle conclusioni.

Ebbe il coraggio di sconfessare l'inveterata teoria della " generazione spontanea` degli insetti, riuscendo a dimostrare che nella carne le mosche non nascono dalla putrefazione, ma dalle uova depositate da altre mosche. Scrisse un trattato sui vermi parassiti dell'uomo e degli animali, che a ragione può essere considerato il primo contributo scientifico alla conoscenza di quella branca della medicina che oggi prende il nome di " Parassitologia ". Egli fu infine il più attento studioso e conoscitore della biologia delle vipere, delle quali individuò le ghiandole velenifere : fondamentali appaiono le sue sperimentazioni che lo portarono a concludere che il loro veleno è tossico solamente se entra nel circolo sanguigno dell'animale morsicato, mentre è del tutto innocuo per via orale, In conclusione, si può ben dire che questo grande aretino impersona, a pieno titolo, la figura del medico umanista in quanto fu scienziato e poeta.