Guglielmino degli Ubertini Vescovo di Arezzo

Gughielmino vescovo, è stato uno dei "grandi spiriti" aretini. Egli fu il capo riconosciuto di tutti i Ghibellini diToscana, ma quando il papa Clemente I`V glielo impose, seppe andare d'accordo anche con i Guelfì aretini, purchè questi facessero gli interessi di Arezzo. Quando invece le fazioni in lotta per impossessarsi del potere nel libero Comune, erano la lunga mano di città vicine, come Siena e Firenze, il Vescovo si spogliava della mitra e impugnava la spada, per difendere, non i suoi, ma gli interessi di tutti gli aretini. Alcuni storici che hanno scritto di Guglielmino, degli Ubertini, si sono limitati a descrivere l'aspetto bellicoso dei ghibellino e hanno invece trascurato o forse ignorato, i suoi grandi meriti pastorali, acquisiti nel lungo periodo in cui è stato Vescovo di Arezzo e cioè dal 1248 al 1289.

Egli ha il merito di aver promosso la costruzione dei Palazzo Vescovile dove si trasferì nel 1256. Promosse poi la costruzione della nuova Cattedrale, i cui lavori iniziarono nel 1278, procedendo con grande alacrità, tanto che dieci anni dopo, nella parte già ultimata, vicino all'abside, la chiesa era officiata. Furono molti i lavori che il grande vescovo promosse, per lo sviluppo della città, che allora era piena di fermenti positivi, nel campo civile, culturale, sociale e religioso.

Ma Guglielmino, pastore, aveva a cuore anche il suo gregge. Il `francescanesimo", nato da qualche decennio, aveva interessato in modo particolare la diocesi di Arezzo.

Alla Verna, pochi anni prima, San Francesco aveva fondato un convento e in quel luogo ricevette le Sacre Stimmate la mattina del 14 Settembre dei 1224.

I francescani ottenuto il permesso dal Vescovo, cominciarono a risiedere alla Verna stabilmente fino dal 1250 e già, fino da i primi momenti, molti erano i fedeli che provenendo da ogni parte d'Italia, si recavano in pellegrinaggio al Sacro Monte.

Però, per incomprensibili motivi, ci furono alcuni religiosì, in varie parti d'Italia, che iniziarono a negare il prodigio delle stimmate avvenuto alla Verna. li vescovo Guglielnúno, così come fecero i religiosi francescani, si rivolse al Papa, con tutta la foga di cui ora capace, invitandolo ad intervenire con la massima energia in difesa del miracolo avvenuto nel Sacro Monte. 1 provvedimenti non si fecero attendere; essi sono descritti in due documenti poco noti, custoditi gelosamente nell'archivio dei religiosi e riportati integralmente nel raro e prezioso Todice Diplomatico della Verna e delle SS. Stimmate" di P. Saturnino Mencherini (Ed, Gualandi - Firenze - 1924 - doc, 18 e 20 - pagg. 26-30). Uno è dei Papa Alessandro IV, datato 1255 e un altro di Guglielmo Ubertini, vescovo di Arezzo, del 23 Maggio 1256. li titolo del primo è H seguente: "Alessandro IV scrive a Gualtiero da Vezzano, vescovo di Genova, che chiami alla sua presenza e punisca coloro che Maria della Vigna a Venezia, ora S. Francesco alla Vigna, e da quella del Monastero di San Sisto, proibendo sotto pena di scomunica di non commettere mai più simili attentati". Il secondo, descrive la sollecitudine dei Vescovo di Arezzo che invia una lettera pastorale a tutti i suoi fedeli, "1256, 23 maggio - Guglielmo Ubertini, vescovo di Arezzo, esaltata la Verna e le SS. Stimmate, prende il Monte sotto la sua protezione, concede 40 giorni d'indulgenza a chi fa ai religiosi l'elemosina ed esorta prelati e popoli a mostrarsi loro favorevoli".

Il vescovo Guglielmino intervenne con un editto, per la tutela dell'ambiente e per la difesa della foresta della Verna. Questo editto, è stato riproposto nel tempo da tutti i Vescovi di Arezzo fino alla fine dell'ottocento. Ce lo rivela un documento dei 14 maggio 1578 "Stefano Bonucci, vesc. d'Arezzo, sotto pena di scomunica, proibisce alle donne di pernottare alla Verna, come pure balli, cantilene, suoni di strumenti, tagliare ed asportare piante dei bosco senza il permesso del Superiore" ( ... );

("..recordationis Guglielmi antecessoris nostri sub datum Dibenac, ?M Jutii, 1110 indietione, anno nativitatis Domini MCCLXXV inherendo..). (S. Mencherini - idern pag. 171).

Guglielmino degli Ubertini, è stato un grande vescovo, che ha dovuto fronteggiare un fenomeno nuovo dell'umanità, quello della genesi dei capitalismo, che si verificò tra i finanzieri di Firenze e che si alimentava, prima di tutto, nello sfruttamento e impoverimento dei comuni, delle eWese, dei vescovati e dei conventi, traniíte il "prestíto del denaro". Il conflitto tra il Papa e l'Imperatore, imponeva a molti, la richiesta di prestiti per armare e pagare gli uomini d'arme e determinò il processo di decomposizione dei possessi immobiliari, feudali ed ecclesiastici. Al momento della restituzione dei prestiti, impossibilitati a pagare, i debitori cedevano parti delle loro proprietk nelle mani dei banchieri fiorentini. (i Gianfigliazzi, prestavano denaro all'interesse del 36%, anche al Papa). Non è un caso, che ancora oggi, gli usurai si chiamino con il nome degli impiegati del banchiere fiorentino Francesco Strozzi e cioè gli "strozzini".

Guglielmino si trovò in mezzo a questa tempesta e cercò di fronteggiarla, con grande coraggio, alla testa dell'esercito ghibellino, nella battaglia dì Certomondo, nella piana dì Campaldino, sapendo di combattere, non solo per l'onore, ma anche per la vita e la libertà della signoria d'Arezzo. Combattè coraggiosamente fino al sacrificio della propria vita, a differenza invece del codardo podestà d'Arezzo, Guido Novello, della schiatta dei conti Guidi, che preferì fuggire dal campo di battaglia, per rifugiarsi nelle proprie terre, in quell'afoso giorno dell'undici giugno del 1289. Quella battaglia, a cui partecipò, nelle schiere dei guelfi, anche Dante Alighieri, fu vinta dai fiorentinì, che però non riuscirono, in seguito, ad impadronirsi di Arezzo. Ecco cosa scrive un grande storìco aretino contemporaneo: " A Campaldino avvenne lo scontro che fu fatale per gli aretini. Guglielmino invitato a salvarsi volle rimanere sul campo e morire coi suoi. Dopo la battaglia, l'esercito di Firenze tentò di conquistare ad ogni costo Arezzo. L’eroismo della difesa aretina ad opera dei vecchi e di donne, sa di epopea". (A. Tafii Immagine di Arezzo"). Tutto fu inutile, dopo un mese d'assedio, i fiorentini si ritirarono, la libertà era stata salvata, però ad un altissimo prezzo, quello di tante preziose vite umane, compresa quella di Guglielmino degli Ubertini, vescovo di Arezzo.