LA " SVOLTA " TRA '800 E '900:

BAUDELAIRE

 

Massimiliano Badiali

C'è una grande svolta nella storia della poesia tra '800 e '900. Vediamone le tappe. Vi inviterei a porre l'attenzione su 3 poesie. Provate a pensare ad una poesia di Petrarca Movesi il vecchierel canuto e bianco e mettetela a fianco del Canto Notturno di un Pastore errante dell'Asia di G. Leopardi; accostate a queste due l'Allegria di Naufragi di G. Ungaretti. Queste tre poesie hanno in comune l'idea di 'viaggio': " Movesi il vecchierel canuto e stanco " di Petrarca, " Vecchierel bianco e infermo " di Leopardi, " E subito riprende / il viaggio / come / dopo il naufragio / un superstite / lupo di mare " di Ungaretti; tutte e tre parlano della vita come viaggio, come viaggio verso l'isola, verso l'ideale.

Cos'hanno di diverso? Le prime due sono simili (è la parabola del petrarchismo che cammina per cinque secoli nella storia della letteratura italiana). Dall'altra parte solo 87 anni dividono la poesia di Leopardi da quella di Ungaretti: eppure c'è un abisso che le divide. Tra Leopardi e Ungaretti è accaduta quella che possiamo chiamare la " rivoluzione copernicana " della letteratura: Baudelaire.

Se dovessi fissare l'inizio (della letteratura del '900 lo daterei 1857) è l'anno in cui escono a Parigi I fiori del male.

Baudelaire definirà nel 1866 questo libro così: " In questo libro atroce io ho messo tutto il mio cuore, tutta la mia tenerezza, tutta la mia religione travestita, tutto il mio odio ". Leggeremo due testi: Spleen e Corrispondenze.

SPLEEN

Quando come un coperchio

il cielo pesa grave e basso

sull'anima gemente

in preda a lunghi affanni,

e quando versa su noi,

dell'orizzonte tutto il giro abbracciando,

una luce nera triste più delle notti;

e quando si è mutata

la terra in una cella umida,

dove se ne va su pei muri

la Speranza sbattendo

la sua timida ala, come un pipistrello

che la testa picchia sui fradici soffitti.

L'anafora " quando " che nel testo francese apre le prime tre strofe; dall'altra la parola " su " che connota una dinamica ascendente.

La Speranza se ne va " su " per i muri, verso l'alto, ma va a sbattere contro qualcosa. Tutta la vita si configura come carcere, come gabbia. (Secondo un critico anche in Leopardi la metafora ossessiva è la prigione: Recanati e il mondo come prigione; vita come gabbia). E una gabbia che ha un muro in alto, il " cielo-coperchio ": non il cielo che ti rimanda all'infinito, ma il cielo che ti schiaccia, ti chiude; anche attorno tutto ti pare come gabbia: la " pioggia " sulle finestre come " le sbarre di una vasta prigione". E una prigione di cui l’uomo ha perduto la chiave, per cui è ingabbiato dentro. (Anche in Montale troveremo questi simboli: il muro soprattutto).

L'uomo si accorge di questa situazione a vari livelli scanditi dalle tre strofe: il livello più ampio è il " cielo-coperchio ", poi quasi in un inferno dantesco la " terra " come " cella urnida ", poi la casa come " prigione " e il " cervello ": in realtà, dice Baudelaire, io non sto parlando del cielo, della terra, della casa, ma del mio cervello, dei mio cuore, della mia interiorità. E un cervello (sede dell'autocoscienza umana) irretito, avvinghiato dalla viscida ragnatela che " infami ragni " vi hanno costruito. Ecco allora l'urlo che torna a balzare verso l'alto. Ma va a sbattere e c'è di nuovo il precipizio, c'è di nuovo la curva tragica (Si riperisi ad Icaro come grande emblema della curva tragica).

La lirica è piena di rimandi interni: partiva da "gemente" e si chiude coli "gemere", "cielo" e "cielo"; "anima" compariva già nel 2' verso, poi "cervelli nostri", e alla fine "dentro l'anima", " sul mio cranio ": è proprio di sé che parla. E dentro l'anima abita la morte . " La Speranza " ora, " vinta ", rimane in basso (prima andava "su"). Speranza e Angoscia sono maiuscole: personificazioni di un'intima, dilacerante dialettica. "Vessillo nero " rimanda alla " luce nera "; il nero come simbolo di morte e angoscia chiude questa poesia.

Non casuale la tematica che abbiamo indicato.

 

I fiori del male si aprono con una poesia che si intitola Al lettore, dove si parla del peccato, di Satana, del diavolo: " regge il Diavolo i fili che ci muovono! Un fascino troviamo in ogni cosa ripugnante; ogni giorno, senza orrore, tra il puzzo delle tenebre di un passo verso l'Inferno discendiamo ". La vita è dunque una discesa verso il basso.

La dinamica della poesia dell'800-'900 è sempre più discendente: un andare a sondare, a scandagliare le profondità della terra per poi salire verso il cielo, verso la speranza. Andare a vedere la profondità di noi non accontentandoci più della superficie. " Nei cervelli ci gozzoviglia un popolo di demoni " (da Al lettore) come " un popolo silente di infami ragni tende le sue reti In fondo ad i cervelli nostri " (Spleen). L'uomo Baudelaire si ritrova cosi: condentro un principio negativo, diabolico.

Ancora Al lettore: " ma fra gli sciacalli, le pantere, le cagne, gli scorpioni, le scimmie

( ... ) dei quattro nostri vizi, uno ve n'è più orribile, più maligno, più immondo. E’ il tedio. Un tal soave mostro lettore lo conosci, ipocrita lettore, o mio simile o fratello".

C'è un verso di Praga, uno dei grandi poeti della Scapigliatura, che dice

esattamente la stessa cosa: " 0 nemico lettor canto la noia " (dal Preludio della raccolta Penombre ). Dice ancora questa poesia: " noi siamo i figli di padri inalati ": una paternità non più sana, un padre cori cui non puoi più fare i conti, si ammala il principio della tradizione. " L'eredità " che perviene alla Scapigliatura è quella " del dubbio e dell'ignoto " (da Preludio), di una vita Cile non ha più senso, di uno scetticismo come unica strada per essere degli uomini veri, ma su questa strada l'uomo non ha più certezze, non ha più una roccia su cui edificare; l'uomo è sempre meno uomo dentro di sé. Quest'ignoto (di cui parla Praga è lo stesso che troviamo nella poesia Corrispondenze di Baudelaire).

La Natura è un tempio dove pilastri vivi

mormorano a tratti indistinte parole;

l’uomo passa, lì, attraverso foreste di simboli

che l’osservano con sguardi familiari.

Come echi che a lungo e da lontano

tendono a una profonda, tenebrosa unità,

grande come le tenebre ,o luce,

i profumi, i colori e i suoni si rispondono.

Profumi freschi come la carne d'un bambino,

dolci come l'oboe, verdi come i prati –

e altri d'una corrotta, trionfante ricchezza,

con tutta l'espansione delle cose infinite:

l'ambra e il muschio, l'incenso e il benzoino,

che cantano i trasporti della mente e dei sensi.

 

 

Qui vanno sottolineati due aspetti fondamentali. Uno sguardo alla natura: tutti noi abbiamo vivo nel ricordo un’immagine

della natura che ci ha dato Leopardi, cioè madre da una parte e matrigna

dall'altra.

Qui, invece, troviamo una nuova immagine. La natura non è né madre né

matrigna, ma è "tempio".

La parola " tempio " immediatamente ci fa pensare ad una struttura religiosa, sconfinata, grandissima, ove i pilastri sono gli alberi. Questo grande tempio, nel quale si muove in adorazione l'uomo, è pieno di segni, e pieno di messaggi; da questi viventi pilastri escono a volte confuse parole.

L'io l'attraversa e tutti quei simboli hanno occhi familiari.

Baudelaire dice di contemplare : la natura ha un messaggio religioso da darti. Ti t'a percepire la tua sostanza creaturale, il tuo essere creatura dipendente da "altro" ".

E questo già ci introduce a uno dei dati fondamentali della poesia di Baudelaire che è appunto Il senso religioso. Una religiosità tutta particolare vedremo, ma fondamentale per capire questo autore. C’è da sottolineare che, nel momento in cui stavano esplodendo le scienze e ognuna analiticamente andava ad approfondire un particolare, Baudelaire alla metà di quel secolo contesta la conoscenza analitica in nome di una conoscenza sensitiva.

Questa è una grande novità nel modo di fare poesia : esistono profumi freschi come carni di bimbo, dolci come gli oboe

Cos'è che ci colpisce immediatamente paragonando questi versi a tutta la

Profumi freschi come carni di bimbo. "Freschi" :un attributo abbastanza ampio, comunque non ci stupisce molto. Anche la " carne di bimbo " rimanda a

dolci - la parola immediatamente fa pensare al gusto ( come gli òboe - strumento musicale, quindi suono).

In questi versi è adeguatamente descritta una grande rivoluzione. Quella che qui abbiamo incontrato è un esempio tipico di SINESTESIA.

La sínestesia è infatti un procedimento retorico che consiste nell'accostare.

Dunque non "dei collegamenti logici ma " analogici ".

Tutto questo sarà dominante in tutta la poesia da Baudelaire in poi neosimbolismo francese, come in tutto il '900 italiano.

E l'idea di corrispondenza che dà il titolo a questa poesia.

Baudelaire amava molto Edgar Allan Poe, autore dell'orrido. Tradusse i suoi testi e gli dedicò un saggio.

Alcune righe di questo saggio:

" esso, è questo immortale istinto del bello che ci fa considerare il mondo e tutte le sue bellezze come un riflesso, come una corrispondenza del cielo ".

E si legge già qui la parola "corrispondenza". Il bello ci fa guardare tutto come corrispondenza dell'Infinito. La natura come corrispondenza della metanatura, la fisica corrispondenza della metafisica, (meta = al di là), Il mondo come corrispondenza del cielo. Prosegue quindi Baudelaìre: " La sete inestinguibile di tutto ciò che è al di là e che rivela la vita è la prova più viva della nostra immortalità ": è quella che la tradizione religiosa da sempre chiama " anima ".

Qual è il segno che l'uomo è " animato " da un qualcosa dì più grande che va al di là dei confini materiali? Il fatto di riscontrare in noi una sete inestinguibile, dice Baudelaire, di tutto ciò che è al di là e che rivela la vita.

" L'al di qua " ci fa nascere una sete " dell'al di là ". Di quell'al di la che rivela la vita perché la vita, nei confini dell'al di qua, è un mistero incomprensibile.

La tua ragione ti fa nascere domande sull'al di là, ma non ti sa poi offrire delle risposte adeguate. E quella stessa sete di assoluto che abbiamo visto in Leopardi. Il brano si chiude cosi: " Con la poesia, e insieme attraverso la poesia, con la musica, e attraverso la musica, Vanirria intuisce la luce che splende al dì là della tomba ".

La poesia e la musica sono dunque i due strumenti che Baudeiaire intravede per intuire la luce che c'è al di là della tomba.

Cori la morte non è possibile che finisca tutto, ci deve essere un al di la. Questa coscienza è già chiara in Baudelaire nel 1857.

Sintesi della rivoluzione baudelairiana:

1) Sguardo analogico sulla natura come finestra spalancata sul mistero: tutta

la realtà fisica rimanda alla metafisica. Tutti i segni della natura rimandano al di là.

2) Lo stile espressionistico (espressionismo come esaltazione dei particolare;

non più l'ordine e l'armonia classiche) che prelude al surrealismo (si ricordino gli ultimi versi della poesia " Spleen ").

3. Attenzione realistica ai particolari, non con sguardo descrittivo, naturalistico, ma simbolico (Pascoli - Montale).

4. Sgretolamento della tripartizione classica degli stili (tragico - sublime, alto; comico - piacevole, medio; elegiaco -> umile, basso). Con Baudelaire per la prima volta sono elevati allo stile alto anche soggetti medi e bassi, ridicoli e grotteschi. Auerbach parla di " grigia miseria " elevata al tragico.

Alcune novità di Baudelaire:

1 ) Il gergo medico (cervella, feto).

2) Il sesso nei suoi aspetti perversi e degradanti( idea della vittima e del carnefice)

3) L'orrido, la più amara disperazione entro un dualismo esasperato, manicheo, di bene e male dove predomina ineluttabile il male, generato per Baudelaire, dal peccato originale. Non un male sociale (di tipo illuminista), generato dalla storia, bensì connaturale all'uomo, un male presente nell'uomo in quanto tale. Per questo Baudelaire si contrappone all'ideologia positivista del progresso e rinuncia ad ogni illusione di un alto destino dell'umanità. Dai Diari Intimi: " Periremo per colpa di ciò di cui abbiamo creduto vivere ", (il progresso); ed ancora, profeticamente (questa

affermazione è del 1866): " Avendo immaginato di sopprimere il peccato i liberi pensatori hanno creduto ingegnoso sopprimere il giudice e abolire il castigo, e proprio questo chiamano progresso. Per loro combattere l'ignoranza è ridurre Dio ".

Baudelaire si pone dunque come pensatore antiilluminista e antiprogressista contestando cosi, di quella cultura, la presunzione di riempire la vita, di dar senso alla vita. E come se Baudelaire dicesse: " tu scienza e tu tecnica noi] mi bastate, ho bisogno di qualcosa di più ".

Il viaggio di Baudelaire non è in avanti verso le " magnifiche sorti e progressive ", verso quello che Marx chiama " il sol dell'avvenire ", ma verso il profondo; è una discesa e un'attesa.

Ecco l'ultima parte del poema Il Viaggio, posto in chiusura dei I Fiori del male:

"0 Morte, vecchio capitano, è tempo! Sù l'ancora!

Ci tedia questa terra, o Morte!

Verso l'alto, a piene vele!

Se nero come inchiostro

è il mare e il cielo,

sono colmi di raggi

i nostri cuori, e tu lo sai!

Su, versaci il veleno

perché ci riconforti!

E tanto brucia nel cervello

il suo fuoco.

che vogliamo tuffarci nell'abisso

discendere l'Ignoto nel trovarvi

nel fondo alfine il nuovo!

Potremmo dire che il viaggio di Baudelaire è una "discesa verso l'alto". Andare al fondo per trovare "il nuovo": è questa sete di "novità" che anima tutta la dinamica di Baudelaire. Su questa speranza di novità si chiude il libro.

Nella lirica L’irreparabile (che è la coscienza morale dell'uomo che vuole

capire cos'è il bene e cos'è il male domanda che non puoi toglierti di dosso,

che è appunto irreparabile) il poeta ci fa capire cos'è la novità di cui parla ne Il viaggio. Baudelaire dice: " Il mio cuore che l'estasi mai visita è un teatro ove si aspetta sempre, sempre invano, l'Essere chiaro che di velo ha le al

Un'attesa continua di incontro con la profondità del io essere

Leggiamo nel Diari Intimi: " nulla esiste senza scopo: dunque questa esistenza ha uno scopo. Quale scopo? Lo ignoro. Dunque non l'ho stabilito io. Ma qualcuno più sapiente di me. Bisogna dunque pregare questo qualcuno d'illuminarci. E il partito più saggio . . . " (Cfr.. Canto Alla sua Donna di Leopardi) Ancora: "Quasi tutta la nostra vita è spesa in curiosità sciocche. In cambio e son cose che dovrebbero eccitare al più alto grado la curiosità degli uomini che, a giudicare dal corso ordinario della loro vita non gliene ispirano alcuna. Dove sono i nostri amici morti? Perché siamo qui? Veniamo da qualche parte. Che cos'è la libertà?".

Queste domande si sciolgono in una preghiera a Dio definito "l'Essere più prostituito)'Essere per eccellenza Dio. Giacché è per ogni individuo l'amie supremo, giacché è la riserva comune e inesauribile dell'amore ". Ancora pari di " Dio e sua profondità ": " Si può non essere privi di intelligenza e cercare Dio il complice e l'amico che fanno difetto sempre. Dio è eterno confidente questa tragedia di cui ognuno è l'eroe. Ci son forse usurai e assassini che dico no: -Dio Signore, fate che la mia prossima operazione riesca - ; ma )a pre ghiera di tale gentaglia non guasta l'onore e il piacere della mia ". E ancora:

Fin dall'infanzia tendenza al misticismo e mie conversazioni con Dio ".

Quella di Baudelaire è una sete di Dio che come in Dante non vuole esser

epidermica, come in Montale non vuole accontentarsi di " chierici rossi e neri > ma vuole andare a incontrare Dio passando attraverso la profondità dell'umano. E ancora in una poesia intitolata Un viaggio a Citera, Baudelaire dice: " O Signore dammi la forza e il coraggio di contemplare senza disgusto il mio animo".

Baudelaire ha idolatrato l'arte come strada di salvezza, secondo la lezione del petrarchismo. Pensate in particolare alla poesia L'Albatro: questo uccello dalle ali grandissime, bellissime quando vola in cielo ma meschino quando sposa sulla barca. Dice il poeta di essere come lui: ha bisogno di volare in cielo, ma quando si posa in terra diventa meschino e ridicolo. Baudelaire è stato forse superbo come artista, ma certamente umile come uomo e ha invitato all'umiltà intellettuale quella presuntuosa cultura dalla quale si sentiva continuamente sommerso.

In "Castigo dell'orgoglio": quell'uomo è simbolicamente l'intellettuale dell'800, dei suo tempo, l'uomo che sale troppo in alto ma a quel punto il sole scioglie la cera della sue ali ed egli precipita in basso. "Subito la ragione lo lasciò"; la ragione superba si muta in follia. Questo è il monito di Baudelaire, questa è la sua contestazione alla modernità, non in vista di una fuga nel passato, ma di una nuova modernità, d 1 un nuovo umanesimo che sia integrale, totale, che non sviluppi solo la componente meccanica dell'uomo, ma ne sviluppi tutta la sua umanità e interiorità. Quella sua intelligenza che era un "vivo tempio", (notate la parola " tempio ", usata già per la natura e qui per ]'intelligenza umana), diviene caos. " In una cella la cui chiave è persa ": ecco, questa è la prigione della vita, questa è la vita a cui si costringe un uomo che usa male la sua ragione, che ha un riduttivo concetto di ragione; egli diventa " simile alle bestie ", " zimbello dei ragazzi ": è il grande monito di Baudelaire alla nostra generazione.