CAPITOLO I : Les Champs d’honneur

 

 

 

 

 

 

IIl passato familiare

 

 

La scrittura di Les Champs d’honneur nasce dall’immenso amore di un uomo maturo, sulla quarantina, che narra, a partire dai suoi ricordi d’infanzia, un certo numero di scene del passato della sua famiglia.Tutte queste reminescenze sono mosse dal « séisme » mentale, che la morte del padre ha causato al narratore, « source noire » (C.H. pag. 42) di tutto il romanzo. Les Champs d’honneur, risalendo il passato familiare, sono la discesa memoriale del narratore, nella « lente décomposition du vivant »(C.H. pag. 13), che palesa progressivamente una serie di morti nell’albero genealogico familiare. L’evocazione intimista di Rouaud rivisita queste figure dei cari, nella trama delle nostalgie e degli affetti e rivela l’animo di « un écrivain qui maîtrise, d‘emblée et superbement, l’art d’écrire ». Questa rivisitazione mnesica esplicita il tema dominante di Les Champs d’honneur : essa consente, infatti, al narratore di prendere coscienza dell’onnipresenza della morte, della riproduzione infinita della « martingale triste »(C.H. pag. 9) ; è un viaggio d’attesa che prepara l’accettazione lenta del trauma dell’improvvisa scomparsa del padre.

 

La rievocazione del narratore parte dal momento del decesso del nonno materno Alphonse Burgaud (1964). Di qui sono menzionate tutte le altre scomparse, avvenute nell’arco di settantacinque anni nell’ambito della famiglia : alla morte di Emile e Joseph ( fratelli di Marie, zia del padre del narratore), che  risale alla Grande Guerra e si svolge tra il 1916 e il 1918, segue quella di Pierre e Aline ( nonni paterni del narratore), che si situa intorno al 1940, infine la terza ha luogo tra il 1963 e il 1964, con la morte di Joseph ( padre del narratore), della zia Marie e del nonno materno Alphonse.

L’habitat di questa stirpe piccolo borghese  è Random (nella Loira inferiore, nei dintorni di Nantes). Jean Rouaud guida il lettore nel cuore del paese nantese, dove la sua famiglia abita da sempre : lo fa entrare nella loro casa, « sécher son vêtement imbibé de pluie, lui laisse le temps d’essuyer la buée dans une coupe à fruits emplie d’objets disparates, des riens, des détails, des petites possession qui conservent la trace des siens ». I personaggi, pertanto, sono tutti umile gente di campagna : il nonno è sarto, Marie istitutrice dalle

 

suore, i nonni paterni Pierre e Aline sono commercianti, lo zio Rémi è orologiaio.

Dal momento che si tratta di un mondo di persone semplici, la vita quotidiana occupa un posto molto importante in Les Champs d’honneur : la fuga del nonno all’isola di Levante, i bollettini parrocchiali, il ritrovo della dentiera d’Aline, i giri sulla 2CV del nonno non hanno rilevanza che nel quadro di una prospettiva sociologica ben ristretta.

 

 

2. La struttura o il labirinto dell’io

 

Il romanzo è diviso in quattro parti ; il narratore restituisce una vasta retrogressione o tautologia del passato : da quello reso attraverso ricordi personali (I e II parte) a quello anteriore ricostruito attraverso racconti altrui (III parte) oppure quello elaborato completamente tramite l’immaginazione (IV parte).

Due passi avanti, due passi indietro, un’incisa qua, un futuro là, il racconto circola in zigzag attraverso il tempo, in una vasta rettrospettiva. Mancano le indicazioni numeriche dei capitoli : ci sono, inoltre, molte parentesi, che inframezzano la narrazione, cosicchè « le récit avance peu à peu, au gré imprévisible d’une structure en puzzle (….) et un mystère se présente, comme si dans ce puzzle nous nous trouvions en présence d’une pièce en trop».

La struttura del romanzo, pertanto, si modella su una delle manie della zia Marie, cioè quella :

 

 (…) d’inscrire ses récits dans des vastes rétrospectives, comme si pour elle le plus sûr moyen de retrouver papa vivant était de repartir en arrière, d’inverser de ce point zéro le cours de sa vie, de remonter le temps (C.H. pag. 121).

 

Come la zia Marie, il narratore risale il tempo, fino al punto zero del centro perduto : Joseph, suo padre.

La scrittura de Les Champs d’honneur sposa magnificamente le inflessioni di questo racconto « qui se développe en une construction circulaire parfaitement maîtrisée » e che ritma la progressione narrativa, ordinando e dando senso al caos della memoria del narratore.

L’incipit del romanzo getta il lettore « in media res », presentandosi come una conclusione, come il risultato di una ricerca :

 

C’était la loi des séries en somme, martingale triste dont nous découvrions soudain le secret (C.H. pag.9).

 

Incipit enigmatico che eccita la curiosità, da ricollegarsi all’ultimo grido « …Ah, arrêtez tout » (C.H. pag 188) e che crea un effetto circolare di scrittura . Questo epigrammatico monito al lettore si ricollega all’inizio del romanzo, dove il narratore diceva che lui e le sue sorelle erano « stupides, abrutis de chagrin »(C.H. pag. 9), davanti alla « loi des séries », di cui scopriranno il segreto solo con la comprensione della morte. Il lettore viene chiamato in causa : deve ricostruire la cronologia della diegesi . Quest’irrecuperabilità del ricordo, provocata dalla morte e dal dolore nell’animo del narratore  crea, infatti, nel labirinto della sua memoria salti cronologici e amnesie. L’inizio della seconda parte de Les Champs d’honneur anticipa la morte della zia Marie, che sarà descritta solo nella terza :

 

En trois secondes l’affaire- la grande- était réglée. Sa petite tête blanche se couchait sur le côté (C.H pag 63).

 

L’accenno alla morte di Marie raddoppia quella del nonno narrata alla fine della prima parte del romanzo, e al contempo crea un contrasto tra quest’immagine di fissità iniziale della zia e la descrizione della sua vita di operosità e dinamicità, che seguirà poi.

La figura di Marie permette, a livello strutturale, che la storia familiare s’incroci con la Storia ; attraverso il passato della zia e la morte dei suoi due fratelli - Emile, appena sposato, padre del piccolo Rémy, ucciso nel 1917 vicino a Commercy e Joseph morto nel 1916 nel settore d’Ypres, evacuato in un ospedale di Tours e agonizzante sotto gli occhi della sorella accorsa al suo capezzale – Rouaud racconta la Prima Guerra Mondiale.

Come la zia, anche il nonno nella parte finale de Les Champs d’honneur, gioca un ruolo importante aprendo una via per risalire la storia familiare. Nella casa della figlia vedova, ispezionando nel granaio le cianfrusaglie di famiglia e raggruppando le cose ritrovate, come se « il cherchait à saisir par ce fil rouge une recette d’immortalité »(C.H. pag. 140), il nonno fa risorgere dei frammenti importanti del passato. Alphonse, esumando oggetti eterogenei ( foto, cartoline, lettere, medaglie e due quaderni), ritrovati in una scatola da scarpe, restituisce il ricordo, aldilà della morte, della generazione Rouaud scomparsa.

Il narratore, attratto da queste testimonianze dei membri deceduti della famiglia, si rende conto delle inquietanti somiglianze che lui e le sue sorelle hanno con i loro antenanti : sente, così, di appartenere ad un processo che non si arresta.

 

Confronté à ces bribes de nous-mêmes éparpillées dans ces visages anciens pour la plupart inconnus, on ne pouvait nier être une partie perdurante de ceux-là (C.H. pag. 140).

 

L’esumazione di queste foto porta al ritrovamento di un passato, che permetterà al narratore, per il senso di appartenenza alla propria progenie, di rievocare la generazione dei nonni Pierre e Aline e il ricongiungimento con le proprie radici paterne. Gli oggetti del passato continuano a vivere nel presente dei Rouaud : la grottesca dentiera di Aline viene tenuta in bella mostra in sala da pranzo, e le due fedi ritrovate dal becchino nella tomba familiare, durante la sepoltura di Joseph, saranno custodite con amore.

Come i ricordi della zia Marie permettono al narratore di risalire alla Grande Guerra, e alla morte del suo prozio Joseph, così quelli di Alphonse permettono di scovare un’altra pista del passato genealogico. Uno dei due quaderni trovati nella scatola è, infatti, una specie di diario, tenuto da Pierre durante il suo viaggio a Commercy nel 1929, intrapreso per esumare i resti del fratello Emile, morto in guerra.

In Les Champs d’honneur il racconto vaga, passa e ripassa, seguendo il filo associativo dei ricordi, « par les mêmes endroits, reprend le fil plus tôt abandonné, tandis que tel épisode passé ne semble plus pouvoir s’effacer du regard, comme une incrustation sur l’écran du devenir, même lorsqu’une autre scène occupe apparemment tout le champ de vision ». Come evidenzia Jean-Claude Lebrun, in Les Champs d’honneur sono presenti delle « structures éclatées » che non producono mai  un effetto di disperzione, poiché sono « la trace a posteriori du grand chambardement, devenu un traumatisme durable(…) ».

Il dedalo della memoria crea una scrittura, esorcizzata da un’apparente disordinata forma cronologica, scandita dal trauma della morte. Ed è questa scrittura che, insieme ad una sostanza emozionale umana,si presenta come epifanico monumento di amore familiare e filiale.

 

La voce narrante : la regressione all’infanzia

La diegesi autobiografica non è svolta in prima persona singolare, ma plurale. L’uso del « nous » indica che il narratore parla anche a nome delle sue due sorelle, appartenenti, come lui, alla nuova generazione della famiglia Rouaud : è, perciò, intradiegetico.

L’ottica è quella del figlio che, « anche se già in età adulta trasferisce (…) atteggiamenti e percezioni della sua infanzia(…) » in tutto ciò che racconta. Les Champs d’honneur presentano una grandissima alternanza di pronomi, che rivelano l’estro creativo dello scrittore. "Jean Rouaud- come afferma Lebrun10- en effet utilise la première personne du pluriel et sa déclinaison en "vous"". Il "nous" si riferisce alla famiglia : come evidenzia Françoise Giroud riferendosi ai primi due romanzi, « le  « je » est absent du récit, remplacé par un « nous », qui n’est pas le Nous de majesté, mais le pronom pluriel désignant la famille dont le narrateur est l’un des enfants et dont il rapporte la chronique »11. Rouaud, così, ricostruisce il suo passato, alla luce della memoria, « par l’intermédiaire d’un ou des plusieurs narrateurs adolescents »12, o tramite un « nous », che designa il punto di vista "du narrateur et de ses soeurs"13.

Il trauma della morte del padre viene traslato dal narratore nel labirinto della memoria : il narratore, infatti, « dans un milieu d’une galerie des portraits denses et drôles, émus et vengeurs à la fois»14, rimane l’unico sconosciuto. Intervistato, Rouaud ha affermato :

 

Dans Les Champs d’honneur je représente la douleur de ma famille, qui après la mort de mon père vivait dans un tombe : j’ai commencé spontanément à utiliser le « nous », pour avancer voilé, à cause de mon trouble identitaire. (I.P.)

 

Questo legame del narratore alla famiglia tende a compromettere la sua capacità individuale «  atta a distinguere fra io e non-io, fra interno ed esterno, fra i propri motivi e quelli degli altri »15 : cioè dal punto di vista della sua famiglia.

 

Il n’y a pas, pour dire l’intimité de cette mémoire, de position d’extériorité. Elle ne se raconte du dehors. Elle se vit. L’écriture, qui est l’un des modes de ce vécu, ne la maîtrise pas, ne la plie pas à ses lois, mais s’inscrit en elle, s’y fond, y gagne sa

tonalité propre. Mais être au cœur de cette mémoire, comme l’est le narrateur de Jean Rouaud, ne signifie pas qu’on y impose sa présence, sa omniprésence. C’est au contraire à partir d’un creux, d’une transparence, que le narrateur s’exprime, qu’il tisse, dans son récit, la trame du temps et du souvenir 16.

 

Tutto il romanzo è la fuga o il rifugio dell’io nella cellula protettiva della famiglia e dell’infanzia. Tale inconscia regressione dell’io è solo l’estrinsecazione di un soggetto incapace a vivere la sua autonomia. Il narratore, infatti, riversa la realtà del dolore e del presente nella fuga inconscia in un « nous » , in una voce familiare, che lo assorba e che lo consoli.

 

 

Le grand-père Alphonse 

 

 

Il nonno materno del narratore intradiegetico Alphonse Burgaud occupa un posto centrale nei ricordi personali del nipote : la sua figura domina, infatti, la prima parte de Les Champs d’honneur.

Alphonse17 è chiuso in se stesso : la sua coscienza introversa e meditativa è , perciò, specchio dell’imperscrutabilità. Il nonno conduce la sua 2 Cavalli ( 2 CV ) con superba impassibilità, lontano da qualsiasi impatto emozionale. Il narratore, tornando più volte su questi suoi viaggi, sembra voler fare un paragone : come la 2 CV è una vettura rottame « une boîte crânienne de type primate »(C.H. pag 34), così il nonno continua a muovere il suo vecchio corpo, nonostante gli incidenti subiti nella vita. In contrasto alla moglie Claire, persona estremamente istintiva ed insofferente18, che ha un atteggiamento di sfida verso la vita e di ricerca disperata di una causa e di un colpevole alla sua sofferenza, il nonno è chiuso e irretito nel suo stoicismo.

 

Le grand-père se comportait à la manière stoïcienne: il s’enveloppait de fumée, de sommeil, plein toujours d’indifférence, d’une absence souveraine(I.P.) .

 

Alphonse è ritratto nell’atto del fumo, descritto minuziosamente e più volte nel romanzo, che diviene, data la lentezza del gesto, un momento di piacere e di isolamento. Un atteggiamento di imperturbabilità

 

 

dinnanzi alla vita fa sì che egli abbia un’impostazione di vita orientale :

 

Un viel homme secret, distant, presque absent. Et ce détachement allié à un raffinement extrême dans sa mise et ses manières avait quelque chose de chinois. Son allure aussi : des petits yeux fendus, des sourcils relevés comme l’angle des toits de pagode, et un teint jaunâtre qu’il devait moins à une quelconque ascendance asiatique ( ou alors très lointaine, par le jeu des invasions - une résurgence génétique) qu’à l’abus des cigarettes, une marque rarissime q’on ne vit jamais fumer que par lui (C.H. pagg. 9-10).

 

Soltanto con Frère Eustache, Alphonse è in grado di far vivere la sua parte più pura : infatti nel convento, « dans cette ébauche de la Jérusalem céleste », egli « présentait à l’intérieur sa face divine ,deponendo « sur le seuil son fardeau d’humanité »(C.H pagg. 45).

Il nonno non vuole, diversamente dalla zia Marie, insegnare ai nipoti, né il solfeggio né rudimenti di piano: " il faisait celui qui n’entendait pas. Beethoven sourd aux petits Mozarts"(C.H. pag. 49). Per la sua indifferenza orientale e la sua indipendenza di spirito, le sue "virées solitaires"(pag. 59) è antitetico a Marie.

Durante il soggiorno presso la figlia Lucie e il cognato John, il nonno viene descritto nella sua abitudinarietà di comportamenti : la ripetività monotona del passeggiare sempre alla stessa ora, del riposare sempre sulla stessa sedia e del fumare, ramingo nei suoi pensieri e circondato « d’un nimbe évanescent »(C.H pag.50), è sconvolta dalla sua fuga, una mattina. Nessuno sa dove sia andato : lo si cerca ed infine si scopre che si è recato in un’isola ad osservare la nudità di giovani donne. Sarà l’ultimo viaggio di Alphonse, un «vieux rêve de Cythère »(C.H. pag 60), che anticipa quello che di lì a poco sarà il definitivo.

 

Grand-père mourait, persuadé d’emporter son secret avec lui – un soir, le cœur donc, dans leur petite chambre si encombrée qu’il fallut déménager le piano pour faire entrer le cercueil – mais le cœur, bien sûr (C.H pagg. 59-60).

 

La morte del nonno verrà rievocata in Le Monde à peu près:

 

Il mourait comme il arrive qu’on meure, comme mon père, comme ma tante Marie, comme mon grand-père (M.P.P. pag.199) .

 

Alphonse è poi rievocato in Des hommes illustres : egli farà lavorare, Joseph, padre del narratore,( in quanto disertore) come guardiano di animali presso la tenuta del conte di Brègne19, in quanto commosso ed impietosito dalla disperazione del giovane per la morte dei genitori Pierre e Aline.

 

5. La tante Marie

 

La seconda e la terza parte de Les Champs d’honneur sono dedicate prevalentemente a Marie: la sua psiche viene scandagliata con una geniale abilità di rappresentazione. La « tante Marie » è la zia paterna, che abita nel giardino adiacente alla casa del narratore. Dopo essere stata insegnante elementare presso le suore, « la plus formidable institutrice de Loire-Inférieure »(C.H. pag. 186), Marie si è dedicata, con la sua precisione metodica, ad un affannoso impegno nelle questioni religiose e nell’organizzazione degli affari della parrocchia. Il suo « s’enrôler dans les légions du Christ »(C.H pag 78), la porta ad essere sempre maniacamente attiva : operosamente, compila i bollettini, organizza e si adopera come una  « bénévole, d’humble fourmi de l’universelle mission évangélique ».

La sua casa è simile ad un museo diocesano : piena di reliquie ed incisioni religiose come quella di Notre-Dame di Lourdes o di Santa Teresa di Lisieux. Al dolore, ella ha reagito con armi inedite. Ha un senso molto particolare della negoziazione con la divinità e dell’ intercessione : consiglia alle madri, i cui figli hanno cattivi risultati scolastici, di pregare un santo o un beato specifico per il problema. Ha, infatti, santi specializzati per ogni particolare problema e perfino un catalogo dove sono ordinati per ordine alfabetico e ne sono specificate le intercessioni.

La religiosità della zia è pura bigotteria, basata su riti e preghiere di matrice tradizionale, come, per esempio, quello di salvare i malati con un triangolo di stoffa benedetta.

Rouaud non si limita ad una bonaria ironia nei suoi riguardi, ma scava nei meandri della sua personalità, nel mistero triste della sua esistenza che consiste nella « somme de renoncements qui lui valait cette réputation de bienheureuse» e nella sua « vie austère, étriquée, monotone» (C.H pag 79). Il gran segreto che Marie porta dentro di sé, lo si scoprirà nei pochi mesi che separano la morte del padre del narratore da quella di lei.

Il dolore per la morte del nipote è così immenso, che la zia pian piano perde la coscienza, «balayant le siècle du faisceau de sa mémoire »(C.H. pag. 123). I cinque giorni che separano la morte del padre del narratore, che avviene il 26 Dicembre, al nuovo anno, sono vissuti da Marie in una sorta di trance, alternata a prostrazione religiosa. Confonde, nei suoi deliri, in preda alla follia, il nipote Joseph, con il richiamo e la ricerca dell’omonimo fratello, che, ferito in Belgio, era morto a 21 anni nel 26 Maggio 1916. Dopo la morte del nipote Joseph, nemmeno i santi e le preghiere riescono più a tenere in vita la zia, che si smarrisce in un mondo onirico ed allucinatorio. Confondendo presente e passato e realtà con immaginazione, ella abbandona inconsciamente la forma psichica in cui ha vissuto per quarant’anni e più e si libera dei traumi e dei lutti mai superati finora.

Marie permette di collegare la morte del padre ad una serie di sparizioni ignote al narratore :

 

La confusion ne venait pas d’elle, mais de nous, de notre lecture de ses visions. Le nœud de l’affaire, c’était que, tout à notre chagrin, nous faisions comme si papa était le seul Joseph à être mort depuis les débuts officiels de l’univers, c’est-à-dire jusqu’où portaient nos souvenirs (C.H. pag. 121).

 

Marie è incapace di comprendere il dolore : diviene un’automa e soccombe quando dopo avere, tutta la vita, «négocié avec les saints- leur côté humain, sensible aux compliments, aux hommages, aux marchandages »(C.H. pag. 106), inconsciamente comprende di non aver ottenuto niente.

 

(..) Notre vierge Marie franchit le seuil de sa dernière demeure, comme une reine, l’âme rougissante que deux si bons hommes consacrent ainsi sur le pavois sa féminité timide (C.H pag 137-138).

 

La zia muore il 19 Marzo, giorno di San Giuseppe, nella ricorrenza dell’onomastico del fratello e dell’omonimo nipote recentemente scomparso, circostanza che sembra essere una beffa del caso nei suoi confronti .

Questa sua morte sarà raccontata nuovamente in Le Monde à peu près :

 

Car à la mort de notre père avait succédé celle, trois mois plus tard, de la tante Marie, foudroyée par le chagrin, s’en prenant pour la première fois de sa vie au Ciel dont elle avait pourtant accepté en bonne chrétienne les épreuves, confiante dans une mystérieuse mais bienveillante attention divine à son regard, et donc passe que deux de ses frères aient été tués à la guerre(..), mais avec la mort brutale à quarante et un ans de son neveu bien-aimé, quelque chose cette fois ne passait pas (M.P.P. pag. 83).

 

Nella terza parte di Les Champs d’honneur, dopo aver descritto la morte di Marie, Rouaud rievoca la sua figura, evidenziando le cause, forma di esorcismo del dolore, che l’hanno resa così bigotta.

La storia dei suoi lutti è qui ripercorsa: la vediamo pregare e negoziare con i santi, all’ospedale, quando il fratello Joseph nel 1916 (C.H pag. 160) rimane ferito e poi muore. E inoltre, a causa della guerra, nel 1917 Marie subisce anche la perdita di un altro fratello: Emile20.

Questi due lutti concorrono a chiuderla in una religiosità estrema, in una iperattività e in un agire febbrile. Il suo piccolo corpo infinitamente attivo, la sua lingua abile "ne cessent pas de la propulser aux quatre coins de l’espace familial et villageois"21.

Marie è una vittima del Caso: la forma psichica da lei adottata non è nient’altro che una costruzione inconscia per continuare ad esistere.

Nel suo atteggiamento tutto è ossessivo e psicotico: pensiamo alla precisione metodica che ha, nell’organizzazione degli affari della parrocchia, aiutando il prete in ogni missione evangelica.

Questi traumi subiti influiscono anche sul suo corpo: lei, a solo 26 anni, aveva subito l’interruzione del ciclo mestruale, restando una « jeune fille mère immaculée de quarante enfans l’an »(C.H pag 150).

La rinuncia alla maternità la spinge a ripiegarsi "à l’imitation des saints et l’enseigneiment des enfants (C.H. pag. 146). Ha, perciò, la morte nell’animo :

 

Cette longue et secrète retenue de chagrin, ce sang ravalé comme on ravale ses larmes, et par cette mort sa vie à jamais déréglée (C.H. pag. 152).

 

Marie ritorna più volte nella seconda parte di Des hommes illustres, come unica parente rimasta al padre del narratore Joseph : consolerà e sosterrà il nipote orfano, durante il funerale del padre Pierre (di lei fratello), che segue di un anno quello di Aline, la madre22 (di lei cognata). Ed eccola di nuovo ricomparire, con la sua solita operosità vorace, mentre si occupa del teatro di Random, alla presenza e o all’assenza del nipote23.

"Miss Marple mystique"(P.V.C. pag. 62) è affetta da mania24, la cui origine è mostrata in Les Champs d’honneur. Al tempo stesso, tuttavia, la zia suscita tanta pietà nel narratore, che la riscatta attraverso la sua "sympathia", che nasce dalla comprensione per la sua religiosità ossessiva e patologica.

 

 

6. L’ ironia

 

L’ironia del romanziere sfatua la tragicità del continum narrativo tramite aneddoti, descrizioni e ritratti umoristici. La scrittura di Rouaud, infatti, ricerca uno stile piano e medio, lontano dall’eccesso di tragicità. La parodia verso avvenimenti e persone ha il fine di attenuare l’imponenza del tragico tramite il riso. Non si può parlare, però di comicità pura, ma di risata ironica, che si carica di una tensione più pessimistica, nascendo dalla denuncia arguta e dalla lettura indulgente del lato ridicolo di cose e persone.

In Les Champs d’honneur l’immagine di Marie, in particolare modo, appare ironica e umoristica.

 

A la mort de notre Marie, on avait trouvé, sous les différentes statues de saints qu’elle disposait dans les anfractuosités du mur du jardin, ainsi qu’au dos des cadres pieux de sa chambre, des dizaines de petits papiers pliés. Sur chacun d’eux une demande, un vœu à exaucer. Non pour elle, mais pour le petit monde des siens. Que J. n’ait pas d’accidents, que les affaires du magasin reprennent, que N. réussisse sa troisième, que X. retrouve un travail, Y. la santé et que l’agonie de Z. soit douce et illuminée par la certitude de la Résurrection. Si l’intercession n’avait rien donné, le saint était mis en quarantaine, la statue retournée face au mur comme au coin un mauvais élève (C.H. pag. 73).

 

Il comico, per Rouaud, è avvertimento del contrario25 : esso nasconde il tragico. Se osserviamo Marie nel suo disperato bigottismo maniacale, ci mettiamo a ridere. Ma quando conosciamo i motivi del suo comportamento, della morte che ha subito di due fratelli e un nipote, il comico diviene avvertimento del contrario. La zia infatti si è rifugiata nella religione, fino a giungere alla pazzia.

L'opera è un'erma bifronte di riso e di pianto : la « mater dolorosa aux petits légumes passés » (C.H. pag. 125), metafora della deriva senile, non fa più ridere, ma prepara la parte finale di Les Champs d’honneur che vira sul tragico ( la sua morte).

ll narratore non ridicolizza mai i personaggi che dipinge : " ne prenant jamais à la légère leurs faits et gestes, il en souligne plutôt le côté humoristique, sans méchanceté"26 : sorride più che ridere.

L’ ironia è ben presente anche nella descrizione delll'anodina 2 CV :

 

La 2 CV est une boîte crânienne de type primate : orifices oculaires du pare-brise, nasal du radiateur, visière orbitaire des pare-soleil, mâchoire prognathe du moteur, légère convexité pariétale du toit, rien n'y manque, pas même la protubérance cérébelleuse du coffre arrière »(C.H. pag. 34).

 

A prima vista derisoria, per l'« inadaptation à la pluie » (C.H. pag. 35), la 2 CV accompagna il nonno, nelle sue peregrinazioni : questo motivo comico anticipa la scena che segue, in cui Pierre (nonno paterno del narratore), partito nel 1929 à Commercy a cercare i resti di suo fratello Emile, ucciso nel 1917, in un « geste dérisoire », prova il suo cappello, della stessa misura di Emile, sui crani dei morti, per la disperazione (C.H. pag. 180).

L’ironia rivela il non-sense della vita : i segreti di famiglia hanno l'aspetto anodino di oggetti eterocliti apparentemente senza valore ; essi rappresentano, infatti, « de précieux déchets de civilisation », « sorte de relevé stratigraphique des générations successives et de leur élémentaire idée de survie » (C.H. pag.138).

Per « rompere l'osso e succhiare la sostanziale midolla », seguirà il consiglio rabelaisiano, di afferrare il mistero di un reale divenuto insignificante e ritrovare uno a uno i segreti di famiglia che spiegano la funebre « loi des séries» (C.H, pag. 9).

 

Qu'y a-t-il à l'intérieur d’une noix? L'imagination s'emballe : la caverne d'Ali Baba? Le bois de la vraie Croix? La voix de Rudolf Valentino? On la casse et l'avale. On apprend qu'elle contient oligo-éléments et vitamines, glucides et lipides, mais que la caverne d'Ali Baba est dans la tête de Shéhérazade, le bois de la vraie Croix dans l'arbre de la Connaissance et la voix de Rudolf Valentino dans le regard du sourd.(C.H. pag 141).

 

Les Champs d’honneur ha lo charme di un pezzo di Mozart : le quattro parti del romanzo riprendono i quatrro movimenti principali, dall'allegro d'una 2 CV di epopea burlesca all'adagio della morte del nonno e della zia, fino al presto dello choc della guerra, e al finale che annuncia già Des Hommes Illustres.

Come ha detto Rouaud stesso :

 

Contrairement aux apparences, donc, mes romans ne sont pas tristes, puisque le narrateur s'y donne à lire comme l'antithèse d'un fossoyeur, sorte d'« anti-Parque » chargée de débrouiller les écheveaux de la mémoire, de recomposer toutes ces vies de gens modestes qui, à l'échelle du monde et de l'Histoire, ne tiennent décidément qu'à un fil. Cela méritait un cadeau pour vous : un « chant » d'honneur (I.P.).

 

 

 

 

Dio e il male

 

Il male risulta incomprensibile al narratore e ai personaggi, che incosciamente si estraniano dal reale : più volte, riferendosi a Marie, Rouaud evidenzia come il cristianesimo le fornisca un alibi e una soluzione utopistica, impedendole di percepire la realtà nella sua interezza e veridicità e permettendole di immedesimarsi in una forma.

Tramite Marie, Rouaud critica il cristianesimo come culto esteriore : la zia e la sua bigotteria malata, infatti, sono un’aperta parodia verso il "pecorismo"27 nazareno. Il narratore si chiede continuamente come sia possibile che Dio permetta il male; il romanzo presenta un continuo richiamo al Padre in senso di provocazione e critica : gli interrogativi sul male portano ad un senso di confutazione del piano provvidenziale della storia. Il mondo di Les Champs d’honneur è una ripetuta e inesauribile denuncia dell’uomo, che s’interroga continuamente, sul senso della morte.

Due momenti di Les Champs d’honneur alludono alla resurrezione di Cristo : il primo segue la « fausse sortie » de la tante Marie (C.H. pag 115), il secondo chiude l’annuncio della morte d'Emile ( C.H. pag. 168):

 

Que dit Jean sur la réapparition de Jésus ce matin halluciné où achoppe le salut de la multitude ? Que Marie-Madeleine, le jour à peine levé, accourut au tombeau et le trouve vide- Marie-Madeleine l’amoureuse effrénée qui couvrait d’un coûteux parfum de galilée les pieds du marcheur sublime en les oignant de ses cheveux. Elle demande à celui qu’elle prend pour le gardien du jardin où l'on a déposé le corps du supplicié, car elle désire l'emporter, l'assurer pu-delà la mort de la pérennité de son amour. Marie-Madeleine ne se lamente pas qu’on l’ait trompée au sujet de la résurrection, elle ne joue pas l’offensée ne se calfeutre pas dans l’espérance d’une amnistie, honteuse qu'on ait ainsi abusé de sa crédulité, elle se moque du qu’en-dira-t-on qui paralyse les apôtres. Cette révélation de l’amour lui suffit et l’occupera jusqu’à la fin de ses jours. Et Lui, qui comprend, usant pour d'un tendre diminutif : « Mariam », dit-il simplement, et elle, se retournant : « Mon rabbi », ce qui en hébreu signifie mon maître, ce qui pourrait signifier mon homme mon tout, ma sollicitude, car il est le seul à la mésure de ce flux d’amour, le seul à l’étancher quand avant Lui tous les hommes entassés dans son lit n'y suffisaient pas. Et maintenant, confiez ce scénario à un metteur en scène et voyez ce qu’il en ferait ( mon Dieu, pardonnez-leur, car ils savent pas ce qu’ils font : il les précipiterait ahuris j'ou vers l'autre, leur demanderait de s'étreindre fougueusement dans la joie des retrouvailles, et ni Jésus, ni Marie-Madeleine, ni le meneur en scène n'auraient compris le fin mot de Ia résurrection.( C.H. pag. 115-116).

Après tout le Nazaréen aussi était beau garçon : ce sont les femmes qui défient le sanhèdrin et la loi romaine, ce sont elles les premières au tombeau, et, en récompense de cette fidélité, à elles la primeur de la Résurrection ( C.H. pag. 169).

 

Entrambi i passi palesano che la religione è, per Rouaud, un "exemple d'espoir insensé, d' amoureuse effrénée, de pérennité, d'amour par-delà de la mort" (I.P.).

La fotografia di Pierre al fronte rievoca il « pont mystérieux qui relie l'envers et l'endroit, le lieu tragique et la formule tendre, comme si dans l'épaisseur de la tranche gisait ce composé d'amour et de mort qu'atteste la proximité des dates sur la dalle de granit » (pag. 187). Essere questo « composé d'amour et de mort », è privilegio della scrittura, che diviene il mezzo di ridare credito a qualche vecchia « théorie de la réincarnation » (C.H. pag. 140). Esiste una sola salvezza possibile : riempire il silenzio di parole, « resuscitare » i morti e scrivere le proprie Mémoires d'outre-tombe.

Sembra che il narratore ricerchi qualche « recette d'immortalité » (C.H. p. 140), ma solo perché l’uomo, secondo Rouaud, non ha nessun’altra consolazione.

Il grido di Rouaud verso questo male di vivere si risolve infine in una forte parodia verso Dio, che è resa tramite la decontestualizzazione dei testi biblici :

 

Le stylo à bille c’ètait le cheval de Troie gros des quatres cavaliers de l’Apocalypse, une sorte de Babel terminal où s’anéantiraient la langue et le monde ( C. H. pag. 81).

 

L’ironia è rivolta anche ai dogmi della fede cattolica :

 

Mais on n’abandonne quand même pas comme une poignée de gravats une réplique de la mère de la mère de Dieu, celle que l’enfant Jésus appelait grand-mère (C. H. pag. 99).

 

Secondo Rouaud l’errore del cristianesimo è quello di aver designato la terra come il luogo in cui il giusto (Cristo) viene martoriato a morte, rendendo il letto di morte di Cristo il letto del martirio.

 

En effet dans Les Champs d’honneur la douleur de la mort de mon père me semblait une injustice de Dieu contre moi : un Dieu qui me rappelait l’authorité de mon père disparu.(I.P.).

 

L’immagine di Dio in Les Champs d’honneur è quella di un padre distante dai suoi figli : l’immagine biblica denuncia il rifiuto de « l’image de la consolation »(I.P.), rigetto della speranza, inaccettabile retaggio dell’educazione cristiana ricevuta.

 

8. Thanathos o l’unico campo dell’onore

 

L’istinto di morte è presente in ogni pagina de Les Champs d’honneur. E’ evidente che le pulsioni freudiane, Eros e Thanatos, dominano il romanzo, senza, peraltro, essere in equilibrio : predomina massicciamente Thanatos, come se Eros fosse là solo per permettere che l’istinto di morte si manifesti.

In Les Champs d’honneur si trova ogni variante e forma d’amore : quello filiale e parentale del narratore, quello coniugale della madre, divenuta morta vivente28 dopo la scomparsa del marito, o quello di Pierre, che muore d’amore dopo il decesso della moglie Aline ; l’amore fraterno della zia Marie, a cui s’interrompe il flusso mestruale, dopo la morte del fratello Joseph o quello di Pierre che esuma le ossa del fratello Emile.

C’è poi un’altra forma di amore, strettamente legato alla nozione di « champ d’honneur », l’amore della patria, anche se il pattriottismo e il nazionalismo sono sentimenti che il narratore ignora.

Il titolo del romanzo è solo la parodia della visione ottimistica della vita e dell’antropocentrismo : l’unico campo dell’onore concesso all’uomo è la morte, che ingloba e rumina, nel suo processo di distruzione, ogni forma vivente. Tutte le creature, soffrendo, scoprono che la morte è l’elemento più naturale della vita.

 

Les Champs d’honneur « est un livre sur la mort »29, da cui traluce un profondo pessimismo : l’uomo è incosciente di essere soggetto al caso e continua perciò ad illudersi delle « magnifiche sorti e progressive »30.

Il narratore vive in un nichilismo completo, in un mondo senza metafisica né trascendenza : la condizione umana implica, infatti, solo sofferenza e tristezza.

Scene di dolore si moltiplicano nel romanzo, tra le più atroci, come quelle consacrate alla guerra, o al trasporto di Joseph ferito da Ypres a Tours, sotto la pioggia che « pénètre jusqu’au centre de la terre, comme si le monde n’était plus qu’une éponge, un marécage infernal pour les âmes en souffrances »(C.H. pag. 159).

Il mondo è solo caos, e l’uomo si sforza, illudendosi invano, di poterlo ordinare. Quando i bambini salgono nel granaio, dopo la partenza del nonno, non riescono più a riconoscerlo :

 

Si l’on considère que l’ordre n’est qu’une varation algorithmique du désordre, alors on peut dire du grenier ordonné selon grand-père que c’était la même chose qu’avant mais dans le désordre, c’est-à-dire qu’au chaos il avait substitué un autre chaos(C.H. pag. 138).

 

Sotto l’apparenza del mondo non si trova che disfacimento, come nella coppa da frutta :

 

Elles [ les noix ] reposaient encore au fond de la coupe, blanches, propres, javellisées, comme une victoire sur le temps. Il fallut vite déchanter : l’intérieur était tout poussiéreux et les quelques amandes sauvées si sèches, si rabougries, qu’on se faisait l’effet de pilleurs de tombes ingurgitant le repas funéraire placé près du corps en prévision du grand voyage(C.H. pag. 92).

 

All’uomo non resta che il proprio destino, quel « secret éventé depuis la nuit des temps mais à chaque fois recouvert »(C.H. pag. 9).

Lo spazio della vita è, perciò, un campo d’onore dove, fatalmente, la morte prende l’uomo da combattente. Vivere è essere per morire: « le secret de toute vie s’abreuve à cette source noire »(P.V.C. pag. 38).

La morte, inoltre, non solo nella struttura d’insieme, gioca un ruolo importante : con leggere varianti, ogni parte del romanzo è strutturata in modo da raddoppiare questo tema. Nel racconto si crea, in modo crescente, un’atmosfera d’ecatombe : la prima parte si apre con la morte del nonno Alphonse31 e termina con lo stesso tema ; la seconda parte racconta il decesso della zia Marie ; la terza rievoca gli eccidi della Grande Guerra ; la quarta si svolge interamente nel cimitero di Random. La morte è così punto di partenza e di arrivo. L’unica parte, la terza, che inizia con una nascita, narra solo dei lutti, come quelli dei bambini di Aline o quello del figlio di Mathilde, per poi affrontare il racconto d’ecatombe collettiva della Grande Guerra.

Quest’ultima diviene l’invisibile punto di congiunzione di tutte le linee di

fuga della diegesi romanzesca : Thanatos assume ora una dimensione collettiva e universale. Il narratore osserva che :

 

Nous n’avons jamais vraiment écouté ces viellards [la génération des grands-parents] de vingt ans dont le témoignage nous aiderait à remonter les chemins de l’horreur (C.H. pag. 156).

 

La quarta parte prosegue quest’atmosfera tanatologica : essa si svolge al cimitero di Random, dove il nonno Alphonse, davanti alla tomba di Aline e Pierre, i nonni del narratore, guarda la zia Marie e Joseph, suo futuro genero : i protagonisti dell’ultima serie di morti della stirpe Rouaud. 

 

9. La Grande Guerra

 

Thanatos è labirinto della morte quotidiana, che non finisce mai di finire. Les Champs d’honneur presenta nelle ultime pagine immagini di morte collettiva :

 

Fragments de vareuse, boucle intacte du centuiron, lambeaux de peau habillant à peine la face et les mains, l’ensemble pris dans sa gangue de terre glacée(…)et quand l’abondant nuage de vapeur au-dessus de la petite fosse s’est dissipé, il est trop tard- que le magma brûlant les derniers morceaux de chair se sont détachés.(C.H. pag. 179).

 

Rouaud vuole, pertanto, riconnettersi a quel passato, che, nell’immaginario collettivo, ha rappresentato un monumento glorioso della vittoria, evidenziando ciò che la storiografia ufficiale ha volutamente omesso : la descrizione di innocenti morituri, dilaniati dalle bombe o di corpi in putrefazione, di uomini straziati da lesioni profonde, da amputazioni, che hanno dei « suffocantes douleurs dans la poitrine », una tosse violenta « qui déchire la plèvre et les bronches » e che «  amène une bave de sang aux lèvres »(C.H. pag. 156); il narratore evoca l'autore di questa « trouvaille » che è l’iperite, ce « cruel employé du gaz », « testant sur de petits animaux martyrs ses cocktails de chlore » : « [...]à l'horizon de ses recherches, les futurs camps de la mort » (p. 153). Il fango, ad esempio, è un altro degli elementi negativi che concorrono a rappresentare il campo di battaglia come "terra-cloaca": l’acqua liquefà le ossa, penetra il centro della terra, come se il mondo fosse un’enorme spugna, una tempesta infernale per gli animi sofferenti. L’incubo di queste acque guerriere, con la coltre di polvere da sparo e terra, spinge il cuore del romanziere a soffrire di tanti esseri umani affetti da un intollerabile bruciore agli occhi, o da un insopportabile soffocamento, che comporta loro la fuoriuscita di bava sanguinolenta e di vomito acre.

 

Paysage de lamentation, terre nue ensemencée de ces corps laboureurs, souches noires hérissées en souvenir d’un bosquet frais, peuple de boue, argile informe de l’œuvre rendue à la matière avec ses vanités, fange nauséeuse mêlée de l’odeur âcre de poudre brûlée et de charnier qui rend sa propre macération presque supportable, avec le vent quand le vacarme s’éteint qui transmet en silence les râles des agonisants, les grave comme des messages prophétiques dans la chair

des vivants prostrés muets à l’écoute de ces vies amputées, les dissout dans un souffle ultime, avec la nuit qui n’est pas cette halte au cœur, cette paix d’indicible volupté, mais le lieu de l’attente, de la mort en suspens et des faces noircies, des sentinelles retrouvées au petit matin égorgées et du sommeil coupable, avec le jour qui s’annonce à l’artillerie lourde, prélude à l’assaut, dont on redoute qu’il se couche avant l’heure, avec la pluie interminable qui lave et relave la tache originelle, transforme la terre en cloaque, inonde les trous d’obus(…) s’infiltre par le col et les souliers, alourdit le drap du costume, liquéfie les os, pénètre jusqu’au centre de la terre, comme si le monde n’était plus qu’une éponge(…)(C.H. pag 158-159).

 

Per lo zio Rémi, per esempio, la data anniversario del 2 dicembre commemora la nascita e l'unica visita al padre, ad Austerlitz :

 

si bien qu'à force l'ultime baiser d'Emile à son fils avant de repartir au front et d'y mourir s'est confondu avec les adieux de Fontainebleau dans une chambre tapissée d'abeilles.(C. H. pag.167).

 

L’immagine pia e patriottica della morte di Joseph in Les Champs d’honneur, che dà il titolo al romanzo invita a interrogarsi sulla rappresentazione della Grande Guerra intrapresa da questo depositario della memoria familiare che è il narratore. Nessun feticismo delle uniformi o delle medaglie nè nostalgia delle campagne militari, in

Jean Rouaud.

« La France de Péguy » è con lui definitivamente « vitrifiée dans ses combles »32 per riprendere Jean-Louis Ezine.

Questo « regard surplombant » gli permette di misurare le conseguenze della Prima Guerra mondiale : les « conventions de La Haye », sola garanzia di una guerra condotta « à la régulière, selon la mystique chevaleresque et la science du duel, version planétaire du Combat des Trente où l'on s 'entretuerait sur le pré de trois départements, sans débord du périmètre de lice ni dommage pour la multitude des vilains que n'ont jamais concernés ces joutes princières » (C.H. pagg. 153-154). Parodia grottesca della guerra, che demistifica una « certaine idée républicaine du salut » (p.163) in nome della quale la memoria collettiva colora il sacrificio dei soldati.

Con Jean Rouaud, la guerra perde questa immagine encomiastica ereditata da una lunga tradizione letteraria. Nessun combattimento virile con il nemico, mai nominato, solo trincee, teatro di massacri. Vicino a Barbusse, ma ancora più a Claude Simon, in certe pagine de La Route des Flandres, il romanziere non si contenta di ricomporre l'inferno delle trincee, ma testimonia anche le lesioni e lacerazioni che la guerra ha inferto alle famiglie decimate.

Il titolo Les Champs d’honneur è, perciò, anche una parodia del militarismo e del patriottismo : la morte del soldato verrà solo « sertie d’un mince bandeau noir, monument de tristesse à l’en-tête d’un titre de roman héroïque : Les Champs d’honneur et au sous-titre d’une édition de gare : "Où coula à flots le Sang de France en 1914-1916 »(C.H pag 162). Morti che si giustificano con "une grande croix noire, porteuse en son centre du monogramme du Christ" e che "s’auréole des régions tragiques: l’Artois, les Dardannelles (…)"(C.H. pag. 162), come se si dovesse avere gratitudine verso Dio per questo pio ricordo. Soldati che saranno masse anonime di un futuro senza memoria.

Come ha scritto Rouaud stesso :

 

Pour en finir avec ce patriotisme de pacotille, les vertus guerrières sont ravalées à cette dérisoire image d'Epinal au titre ronflant « Les Champs d’honneur », ce « formulaire pour roturiers, pour la piétaille, celle qui s'allonge sur les monuments aux morts sculptés sur le mode de la déposition » (p. 163). Mêlant la description réaliste de l'image pieuse au commentaire cynique qu'elle suscite, c'est sans guillemets ni démarcation syntaxique que le narrateur peut écrire :« Pieux souvenir des héros, notamment de inscrire à la suite le nom, petit ruisseau qui conflue vers la grande rivière rouge, la cloaca maxima, la louve menstruelle » (p. 163). Tout court: l’homme est homini lupus33.

 

L’aggressività dell’uomo è una proiezione all’esterno della pulsione di morte34. La guerra è così un meccanismo di difesa che tenta di controllare l’angoscia dell’autodistruzione, proiettando Thanatos all’esterno e razionalizzandola come aggressione al nemico su cui è trasferita.

 

 

10. La pioggia

 

Immagini di tristezza e di consunzione, vengono rese nel testo, tramite la descrizione dell’acqua e degli agenti atmosferici. Il clima della regione nantese si caratterizza, infatti, essenzialmente per la pioggia.

Essa riappare nel romanzo un po’ dappertutto, poiché la « norme », dice il narratore, « c’est la pluie »(C.H. pag. 21). In Loira-Inferiore, è una compagna fatale, una « noria incessante »(C.H. pag. 16). Una pioggia insistente, tenace spesso nefasta diviene quasi un minimalismo musicale, dal ritmo ossessionante, tramite la ripetizione infinita dello stesso motivo, senza alcuna progressione. Essa impedisce, inoltre, la visione netta a coloro che portano gli occhiali, e riempie di dolori i poveri che deambulano per strada. Diviene una considerazione universale sull’uomo : la pioggia, la tristezza.

 

Le ciel et la mer indifférenciés s’arrangent d’un camaïeu cendré, de longues veines anthracite soulignent les vagues et les nuages, l’horizon n’est plus cette ligne de partage entre les éléments, mais une sorte de fondu enchaîné (C.H pag.19).

 

Questa descrizione evidenzia la tecnica narrativa dello scrittore, che sa da un semplice tratto paesaggistico, passare ad una descrizione universale, che coinvolge gli uomini e i loro atteggiamenti. La pioggia diviene « un poison de l’âme, quand elle unit les qualités propres de l’eau à celles d’un monde plus aérien, plus volatil, pour former cet être ambigu, aux limites du nuage ou du brouillard »35.

Il brio crudele della sua caduta sembra far percepire un’angoscia della continuità liquida : la pioggia « est l’élément philosophal » (C.H. pag. 19) che è fatale all’esistenza umana. La paura dell’infiltrazione piovosa scomponendo e dissolvendo le risorse delle intimità viventi, materializza la malinconia nei corpi e nei cuori. Essa diviene anche il passaggio obbligato alla critica della metafisica : « les cieux métaphysiques s’inventent sous de hauts ciels d’azur » (C.H pag.21). Una scrittura che parla della pioggia è in sé volutamente oppositoria alla letteratura solare tipicamente latina. Quest’universo di putrefazione, morituro, viene associato spesso all’acqua, simbolo del transitorio.

La pioggia per Rouaud è un elemento filosofico di liberazione dal dominio della solarità, che ha creato tante illusioni all’uomo, di cui la peggiore è quella metafisica. La pioggia è una cappa d’ardesia, che oscura tutto, accompagnata dalla forza violenta del vento e delle tempeste, forze difficili da dominare, che evidenziano la piccolezza dell’uomo e che legittimano l’ironia sulle sue pretese di essere « faber fortunae suae ». La caduta della pioggia rimanda al continuo soffiare del vento,simbolo di un moto implacabile sul quale l’uomo non ha la minima influenza, che possiede il ritmo della sabbia nella clessidra. Questi simboli appartengono al labirinto della morte quotidiana, che non finisce mai di finire.

 

Le pays entier est à la pluie : elle peut sourdre des arbres et de l’herbe, du bitume gris à l’unisson du ciel ou de la tristesse des gens. Tristesse endémique (…). La pluie est l’élément philosophal du grand œuvre accompli sous nos yeux. La pluie est fatale. Dès les premiers symptômes, on tend la main. D’abord on ne sent rien (C.H. pag. 19).

 

Questo sgocciolare36 pone l’uomo in un contesto di logoramento e di decadenza. E la morte assume paradossalmente una funzione di sollievo, dal momento che il labirinto dell’io non è tanto la morte definitiva, ma l’attesa e il fantasma di essa.

L’uomo, secondo Rouaud, come in La Ginestra di Leopardi si illude, a causa dell’antropocentrismo e dello spiritualismo religioso, di non essere in completa balia del destino e di non essere, di fronte alla vastità dell’universo, un punto sperduto. E il destino beffardo sembra prendersi gioco dell’umanità, quando il cielo improvvisamente torna ad avere « son humeur bleutée »(C.H pag 26) : la solarità illude l’uomo di essere centro e fine del creato, mentre il vero rapporto fra l’uomo e il destino, è « un cache-cache, un jeu du chat et de la souris »(C.H pag 26).