IL DECADENTISMO

Massimiliano Badiali

Gia Théophile de Gautier si avvia ad un nuovo tipo d’arte :"il invente l'idéal, il entrevit la beauté supérieure et l'éternelle lumière"( inventa l’ideale, intravede la bellezza superiore e la luce eterna). L'arte non è più un mezzo, ma uno scopo e non ha niente a che fare con la realtà, la morale e la società. Con questa concezione ci avviciniamo all’ideale di arte decadente. Anche Nerval in Aurélia afferma che il sogno aiuta a penetrare il senso nascosto dell'avventura terrestre e "à percer les portes d'ivoire et d'or qui nous séparent du monde invisible ( penetrare le porte d’avorio e d’oro che ci separano dal mondo invisibile)". Così nasce questo binomio decadente di corrispondenza tra vita ed arte. Il Decadentismo, sommariamente, nasce intorno agli anni' 80 a Parigi nei circoli culturali della "rive gauche". Il gruppo è in polemica coi programmi precedenti. Alla base di questo atteggiamento ribellista da bohème vi è la figura Baudelaire. Baudelaire definirà nel 1866 I Fiori del male così: « In questo libro atroce io ho messo tutto il mio cuore, tutta la mia tenerezza, tutta la mia religione travestita, tutto il mio odio ».

CORRISPONDENZE

La Natura è un tempio dove pilastri vivi

mormorano a tratti indistinte parole;

l’uomo passa, lì, attraverso foreste di simboli

che l’osservano con sguardi familiari.

Come echi che a lungo e da lontano

tendono a una profonda, tenebrosa unità,

grande come le tenebre ,o luce,

i profumi, i colori e i suoni si rispondono.

Profumi freschi come la carne d'un bambino,

dolci come l'oboe, verdi come i prati –

e altri d'una corrotta, trionfante ricchezza,

con tutta l'espansione delle cose infinite:

l'ambra e il muschio, l'incenso e il benzoino,

che cantano i trasporti della mente e dei sensi.

Le novità di Baudelaire che influiscono sul Decadentismo sono :

1) Sguardo analogico sulla natura come finestra spalancata sul mistero: tutta

la realtà fisica rimanda alla metafisica. Tutti i segni della natura rimandano al di là.

2) Lo stile espressionistico (espressionismo come esaltazione dei particolare;

non più l'ordine e l'armonia classiche) che prelude al surrealismo (si ricordino gli ultimi versi della poesia « Spleen »).

3). Attenzione realistica ai particolari, non con sguardo descrittivo, naturalistico, ma simbolico (Pascoli - Montale).

4) Sgretolamento della tripartizione classica degli stili (tragico - sublime, alto; comico - piacevole, medio; elegiaco - umile, basso). Con Baudelaire per la prima volta sono elevati allo stile alto anche soggetti medi e bassi, ridicoli e grotteschi.

Il sesso nei suoi aspetti perversi e degradanti( idea della vittima e del carnefice)

Baudelaire sviscera ed approfondisce il male moderno la sua nausea, la sua

noia e il suo disgusto. Si fa cantore di una complessa realtà in cui lo spleen e

l’idéal convivono; il suo decadentismo o simbolismo, esalta i valori raffinati di un

mondo interiore che si oppone alla vera decadenza, quella del mondo

mediocre e vile. Canta così l'ideale, cioè l’aspirazione tutt’umana all’infinito e lo

Spleen effetto del peccato e del male. Baudelaire sente la crisi del suo ruolo di intellettuale(Perte d'Auréole).

A questi poeti si accostano molti pittori postimpressionisti, nel tentativo di superare la rappresentazione dell'oggetto esterno, per sostituirla con l'espressione del proprio «in», sia pure sotto lo stimolo della realtà concreta. Essi, come abbiamo visto (si pensi soprattutto a Gauguin e a Van Gogh), rifiutano perciò la pittura come mezzo per rendere l'illusione del vero mediante il modellato e la fedeltà del colore e preferiscono trasfigurare la realtà, accentuando quelle linee e, soprattutto, quei colori che hanno maggiormente suscitato la loro reazione emotiva. Poiché la pittura è, almeno fino a quest'epoca, legata alla necessità di rappresentare qualcosa, essi cercano di liberarla dalla schiavitù dell'oggettivismo, eludendo volutamente le leggi tradizionali prospettico-volumetriche, creando accordi reciproci di linee e di colori ed emulando, per analogia, la libera e soggettiva concatenazione dei suoni musicali. Canoni fondamentali del «simbolismo», sono, secondo la definizione che ne diede un critico: «l'ideismo» («espressione delle idee per meno delle forme»); la «sintesi» il «soggettivismo» «l'oggetto non sarà mai considerato in quanto tale, ma come segno dell'idea concepita dai soggetto»); «l'emotività»; il «decorativismo» (la pittura decorativa antica - egizia, greca, primitiva - era «soggettiva, sintetica, simbolista, idealista»).

Sono tutti caratteri riscontrabili, appunto, in pittori come Gauguin e Vari Gogh.

Il pittore che, meglio di altri, assomma in sé l'estetica simbolista, è piuttosto Odilon Redon (Bordeaux, 1840 -Parigi, 1916). Per capire come si possa giungere al simbolismo di Redon. E in questo àmbito culturale che si colloca Redon, per il quale la pittura non è che la visualizzazione dell'inconscio cosi come si presenta nel sogno, quando le immagini e le sensazioni, pur avendo attinenza con la realtà quotidiana, sfuggono al controllo razionale e si organizzano secondo legami estranei alla logica, ma, forse, piú autentici. ln Redom c'è questo scambio continuo fra rappresentazione di oggetti reali e disarticolazione dei nessi consequenziali, accostando fra loro elementi tratti dalla natura in maniera diversa dalla realtà spazio-temporale nella quale ci appaiono, cosí da renderci certi che ciò che vediamo nel quadro, sebbene somigli a ciò che vediamo ogni giorno, e invece, come nel sogno, espressione dell'invisibile.

In un primo momento Redon accosta fra loro soltanto il bianco e il nero, creando un gruppo di opere (acqueforti, litografie, ecc.) dette «I Neri», fra le quali una serie intitolata 0maggio a Goya (con riferimento ai sogni pieni di incubi del grande pittore spagnolo). Successivamente, passando alla pittura, Redon, usa un colore chiari, e, progressivamente, sempre più luminoso che, all'inizio del secolo nuovo, diviene gioioso e rasserenante, pur sempre esprimendo immagini interiori.

Anche nei ritratti la realtà del soggetto è trasformata perché, della persona che posa davanti agli occhi, egli cerca di rendere non l'apparenza esteriore, ma ciò che si nasconde in lei: come Baudelaire cerca i simboli che servano a sintetizzare il reale e a percepire le corrispondenze fra suoni, musica e colori.

Nel fragile quadro dell'Italia post-unitaria, afflitta da una serie di gravissimi problemi sociali , non poteva certo da,, adeguata risposta , per la quale il massacro di Dogali (1887) , la sconfitta di Adua (1896) evidenziavano la rinuncia al sogno di superare i problemi interni col diventare una potenza coloniale, l'esperienza di un moderno irrazionalismo appare compromessa , frenata dall’urgenza di tensioni sociali e dalla durezza del conflitto di classe. Del 1892 è la fondazione dei Partito Socialista dei Lavoratori Italiani. nel 1900 Umberto I ucciso dall'anarchico Gaetano Bresci.

In Italia la Scapigliatura si oppone agli ormai esauriti temi della patria e dell'amore idealizzato. Il gruppo si propone, in piccola scala, rispetto a quella di area francese, un fenomeno di ribellismo e di maledettismo. Negli anni Sessanta, il fenomeno della Scapigliatura, nacque come prima reazione, operata come ribellione all’Italietta post-unitaria generazione di figli che non si riconoscesano più negli schemi creato dal Risorgimento. A Milano sorge, pressappoco nei decennio 1860-1870, il movimento detto della

«scapigliatura» (che derivò il nome dal titolo di un romanzo di Cletto Arrighi), un movimento culturale soprattutto letterario, ma importante anche nel campo della musica e in quello delle arti figurative.

Già nella definizione è implicito il programma di rottura nei confronti della tradizione: «scapigliato» è colui che pena i capelli in disordine, scompigliati, spettinati; è colui, quindi, che non cura l'aspetto esteriore cosi importante agli occhi del borghese. «Scapigliati» si definiscono i giovani anticonformisti, delusi dall'ascesa al potere della borghesia dopo le lotte sanguinose per l'indipendenza e l'unità d'Italia, consci della crisi politica e morale, della correzione, della decadenza. Lo stato d'animo degli «scapigliati» li conduce, come reazione contro il sentimentalismo romantico, al realismo coraggioso e crudo. Cantano "la noia, l'eredità del dubbio e l'ignoto" (Preludio di Praga); sono degli anticristi e disprezzano Manzoni (tu casto poeta puoi morir) vogliano, come Baudelaire, épater les bourgeois. La scapigliatura propone romanzi come Una nobile follia e Fosca di Tarchetti e Le memorie del Presbiterio di Praga. Fosca è la storia della progressiva sudditanza psicologica di un giovane ufficiale, Giorgio, nei confronti di una donna bruttissima e malatissima (tema di Baudelaire secondo cui nell'amore c'è sempre una vittima ed un carnefice. Nelle memorie del presbiterio abbiamo una contestazione del romanzo romantico. La vicenda dei Promessi Sposi viene calata nel quadro della nuova realtà post-risorgimentale. Beppe e Gina vivono una vicenda di soprusi, come Renzo e Lucia, ma qui non vi è la presenza della Provvidenza, per cui l'insidia del cattivo sindaco riesce a realizzarsi nonostante l'intervento di un prete buono. Gina muore e Beppe consuma quella vendetta che Renzo aveva meditato, finendo in carcere.

La pittura scapigliata, più che il realismo esaspera la tendenza romantica al disfacimento della forma plastica, disegnata, chiaroscurata e definita esattamente, cercando piuttosto, attraverso un richiamo al Piccio (pag. 287), l'annullamento del contorno in un vago e indeterminato rapporto di forme dissolventi e di colori vaporosi. I maggiori rappresentanti della «scapigliatura" pittorica sono Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni , l'uno e l'altro accomunati dalla convinzione che «in natura e nell'arte non esiste la linea, esistono solo gli effetti di luce», che «non vi è cosa che sia incerta come l’arte, come la pittura», che occorre «dipingere col fiato» (come scrisse il Ranzoni), ossia con estrema leggerezza, quasi spiritualmente, invece che con la materialità dei colori della tavolozza.

Questa unità di idee e di tecnica ha fatto sempre trattare in coppia i due pittori considerando il Ranzoni come influenzato dal Cremona. Occorre però tenere presente che le influenze sono anche reciproche e che comunque i due artisti, pur nell'apparente somiglianza, si distinguono per una diversa personalità: tardoromantici entrambi, è piú morbido, evanescente, estenuato il Cremona, piú costruttivo, specie nei ritratti, il Ranzoni.

Il Simbolismo in poesia e il Decadentismo nel romanzo approfondiscono la scoperta dell'io sull'individuo valorizzata dal romanticismo. Ma, mentre l'eroe romantico, si opponeva al mondo lottando per l'ideale nel reale (Adelchi) ora l'io decadente si rivolge verso se stesso scavando in questo nucleo originale della

personalità (Gioanola). Se nel Romanticismo si ha una fuga dell'io verso il mondo, nel Decadentismo, c'è la fuga dell'io verso se stesso. La contrapposizione fra io e

mondo che era stata esasperata dal positivismo, che distingueva l’oggetto dal

soggetto conoscente, cosicché l'io diventava ricercatore impersonale, è

superata. Il Decadentismo distingue fra io e mondo. Nell’'antiromanzo decadente si guardano le debolezze e le perversioni senza la volontà programmatica dei naturalisti e molte volte le esperienze dei personaggi corrispondono a quelle dello scrittore.

La coscienza di crisi dell’intellettuale decadente o è vissuta in senso intimistico

(Pascoli, Verlaine) oppure fugge nell’eccentrico e nel patologico.

Nascono così dei dandy esteti, écrivains maudits. Nella loro visione

egocentrico-narcisistica hanno un nuovo rapporto con la propria vita : essi

vogliono fare della loro vita un’opera d’arte. Esempi dell'antiromanzo decadente

sono Controcorrente di Huymans, Il ritratto di Dorian Gray di Wilde e

il Piacere di D'Annunzio. In A Rebours Huysmans crea la Bibbia del

Decadentismo. Nell’opera troviamo la presenza del sogno e di una sensualità

vissuta come eccentrica proclamazione e la morte come elemento costitutivo

della vita. Des Esseintes è il capostipite della lunga schiera degli eroi

decadenti, esteti freddi, vinti dalle nevrosi. Il personaggio non ha la tumultuosa

vita interiore degli eroi romantici, ma un intellettualistico disprezzo per la regola,

ma altresì predilige la ricerca dell’artificio, dell’irregolare e dell’innaturale. L’arte

e la bellezza divengono un ideale da raggiungere come schermo alla volgarità

della normalità.

Anche WiIde nel Dorian Gray porta in letteratura una autentica vocazione allo

scandalo, con i suoi atteggiamenti eccentrici dipendenti, forse, dal dolore di una vita che conosce un processo per omosessualità la prigionia e la miseria.

"The artist is the creator of beautiful things. There is no such thing as a moral or an immoral book. Books are well written or badli written. Vice and virtue are to the artist materials for an art" (preface); (l'autore è creatore di cose belle, non esistono libri morali o immorali, i libri sono scritti bene o male; il vizio e la virtù sono per l'artista materiale d'arte).

La vicenda del protagonista fallisce; sul volto di Dorian compaiono le rughe e le sofferenze come Des Esseintes avverte che la sua costruzione ideologica è travolta dalla mediocrità umana.

Anche il Piacere presenta un antieroe: Andrea Sperelli. D'Annunzio evidenzia la singolarità dei suoi gesti. In questo antiromanzo la carica vitalistica e sensuale delle raccolte poetiche di Primo Vere e di Canto Novo si corrompe: il sensualismo diviene lussuria e il sensualismo naturale diviene ricerca dell'artificio. Il Piacere è povero d’intreccio. L’innovazione sta anche nell’immissione del diario di Maria che crea una metascrittura romanzesca. Il romanzo non è la cinica proposta di estetismo, ma la denuncia del vuotom morale. Romanzo barocco della Roma mondana e romanzo sensuale. Andrea Sperelli è schiavo consapevole della propria sensualità, egli mente a se stesso e si rifugia nell’estetismo per mancanza di valori. Un mondo fallace e vacuo come quello barocco, che sente il bisogno di riempire. Un romanzo che rievoca il culto estremo dell’oggetto, il feticismo dell’arte.

Questi romanzi presentano un personaggio che vive lacerazione con la società. Sono questi degli antieroi vocati alla rinuncia, alla fuga ed alla passività. Messe in crisi le capacità euristiche della ragione, questi antieroi cercano di realizzarsi fuggendo dal reale, nel tentativo di esorcizzare la vita attraverso l'arte.

L’indubbia l'appartenenza del D'Annunzio alla temperie decadentistica, anche se durante la sua carriera artistica egli abbia collezionato diverse esperienze - da quella naturalistica francese al realismo russo (Tolstoi e Dostoievskij), dagli influssi inglesi al Baudelaire, ai parnassiani, ai simbolisti, ecc.. Si ha, comunque, l'impressione che tali esperienze siano il frutto più di una morbosa curiosità letteraria che di un sincero e serio impegno artistico: donde l'occasionalitá e la frammentarietà della poesia dannunziana, che ha molti punti in comune con quella montiana. Il Decadentismo di D'annunzio ha in comune con quello pascoliano l'incapacità a considerare la vita nel suo reale sviluppo, cioè come storia, sulla quale non brilla alcun lume dall'alto né esercitano il loro influsso considerazioni metafisiche e religiose; inoltre, un soggettivismo esasperato. Tali elementi, tuttavia. mentre nel Pascoli si dissolvono «pudicamente nel senso smarrito del mistero, in Gabriele D'Annunzio generano una orgogliosa esaltazione dell'io, volto a realizzare se medesimo contro e fuori della storia» (Sansone). Altri aspetti decadentistici dannunziani sono reperibili nella particolare attenzione rivolta alla «parola» nella sua nuova funzione evocatrice, analogica, musicale, nella disponibilità e prontezza ad accogliere le contemporanee esperienze letterarie europee, anche le pia ardite e sconvolgenti. Sotto questo aspetto, anzi, si può affermare che D'Annunzio, più che non abbiano fatto il Carducci e il Pascoli, abbia dato un decisivo contributo all'azione di rottura col passato: nel senso che, per suo merito, la nostra letterautra fece un importante passo avanti

verso la liberazione dal vecchio provincialismo e conservatorismo.

Questi risvolti decadenti, con i conseguenti atteggiamenti anarchici e prometeici, sono però più apparenti che sostanziali. Il D'Annunzio è piuttosto attento all'esteriore perfettibilitá delle proprie elaborazioni artistiche che alla ricreazione dall'interno dei numerosi modelli ai quali attinge; per cui egli finisce per rivelarsi un raffinatissimo e dovizioso artefice. Tale contrasto tra le vistose e dissacranti apparenze e le persistenti presenze di reminiscenze del passato ha spinto qualche critico a qualificare il nostro poeta un "Monti

ammodernato». Ciò convince a non giudicare il D'Annunzio come iniziatore di una nuova era, bensì a considerarlo come «anello di congiunzione tra il nuovo e il vecchio». D'altronde, il Decadentismo dannunziano si distingue da quello di oltr'alpe, oltre che per la tendenza decorativa e celebrativa dell'ispirazione e per l'esistenza della tradizione, anche e soprattutto per la superficialità e l'esteriorità dei rapporti coi proprio io più profondo. Si spiega, pertanto, come le sue forme esultorie si atteggino, al dire del Binni, in moduli profetici, «come di chi vuole valicare un silenzio per giungere ad un altro da sé, sicuro ed esistente come la propria volontà di soggiogarlo» '

Eppure il temperamento «alogico», umorale e, sotto certi aspetti, religiosi avrebbe potuto qualificare il D'Annunzio per una poetica decadente. La stessa natura «sensitiva», che lo portava spontaneamente a recepire le raffinate morbidezze bizantineggianti, sembrava favorire la ricerca di espressioni musicali, che, come si sa, costituivano le aspirazioni di fondo della nuova concezione artistica. Non bisogna, tuttavia, dimenticare che la sensibilità decadente di molte creazioni dannunziane reca impresse connotazioni piuttosto ambigue o, comunque, si presenta con chiari risvolti nazionali non ignari dell'esperienza letteraria della nostra civiltà; e, quello che più conta, si tratta di un Decadentismo percorso e dominato da un gusto morboso delle cose sentite attraverso l'assaporamento «carnale» della parola. Eppure l'importanza della riforma drammatica operata da Wagner impallidisce di fronte a quella della rivoluzione musicale da lui condotta a termine portando alle estreme conseguenze le premesse romantiche e dividendo nettamente in due la storia del linguaggio musicale nell’Ottocento. Già da Weber era stato avvertito il bisogno di un'espressione vocale che, sciolta dai vincoli di forme chiuse, potesse seguire ininterrottamente il dive, nire dei dramma in tutta la sua continuità; e tuttavia la tradizione aveva finito per conservare il sopravvento. In Wagner la soddisfazione di tale bisogno viene cercata con accanimento nelle prime opere e diventa un fatto compiuto in quelle della maturità, dalla Tetralogia in poi, grazie alla cosí detta melodia infinita. Questo ininterrotto tessuto musicale, ove non si avvertono giunture, tagli o riprese, ma solo si distinguono nella loro funzione di evocazione drammatica i ritorni dei motivi conduttori : principio decadente della modulazione continua, che nel suo cangiante divenire coglie la mobilità incessante della vita : c’è una sinestesia artistica. Wagner è decadente per lo scambio attivissimo e continuo tra vita e arte, la vita fatta servire all'arte in una sorta di egoismo estetico capace di travolgere e sacrificare senza pietà gli affetti e i destini altrui, ma, anche, in uno spiegamento di volontà ferrea e di tenacia incrollabile. Eroismo estetico la straordinaria costanza con cui attraversò le avversità materiali della vita battagliando e lottando con ogni mezzo, lecito ed illecito, per proteggere la propria quest'entusiasmo di vita senza pari che presta alle sue creazioni drammatiche un rilievo formidabile, un'intensità e un'evidenza quali la scena musicale non aveva ancora.

La redenzione finale dell'anima errante nel peccato è l'intervento liberatore della cadenza sulla tonica, sul tiri cammino il cromatismo wagneriano s'è compiaciuto di addensare gli ostacoli e gli spasimi d'un deluso e inestinguibile anelito. Ed è forse in questa simbolica coincidenza il segreto della straordinaria compenetrazione fra l'avvenimento scenico e quello sonoro; l'identità primigenia , che si avverte fra la vita delle forme musicali e l'azione del dramma: l'orchestra come interiorità del personaggio. 'Fra questi poli opposti di una vivida e schietta sensualità e di un ambiguo misticismo - Sigfrido e Parsifal, - si ambientano le espressioni piú caratteristiche dell'arte di Wagner. Wagner ha in sé sia l’elemento notturno che quello pansesualistico come D’Annunzio.

L'ultima sua opera, il Parsifal (1882), riassume i motivi del suo misticismo sessuale: i conflitti delle passioni, pacificati nella catarsi di un'illuminazione interiore, non lasciano altra traccia che quella di una morbida e dissimulata sensualità.

La connessione e sincresi artistica di D’Annunzio come di Wagner non spinge, a mio avviso, il poeta pescarese tanto verso la nuova accezione evocativa e analogica quanto verso l'immedesimazione panica delle forme esterne con tutto il suo essere, fisico e spirituale. Il D'Annunzio, in altre parole, vuole, si, riprodurre dall'estemo i moduli artistici del Decadentismo europeo, ma in una operazione personale che non smentisca la propria autentica dimensione passionale e la propria curiosità letteraria e sperimentalistica. A volte la sensazione assume l'aspetto di una dolorosa esperienza, che arriva persino ad una specie di «sadismo», che si colora di superomismo e di estetismo. Solo nel Poema paradisiaco la critica pia recente ha individuato un vero e proprio avvicinamento ai decadenti francesi; ma, anche qui, la parentela riguarda le forme deteriori del Decadentismo, cioè gli aspetti languidi e stanchi che caratterizzarono presso di noi la poetica crepuscolare. li superamento dei generalizzato estetismo e una maggiore interiorizzazione dei temi, invero frammentari, sviluppati nel lungo itinerario artistico dei D'Annunzio. Il superuomo dannunziano nasce dal fraintendimento della filosofia di Nietzsche.

Il suo tema è l'opposizione dell'apollinismo e del dionisismo, ma anche la loro fusione, perché è nell'equilibrio di queste forze l'origine di quella vetta dell'arte, che è la tragedia greca.

Apollo, il dio radioso della forma, plastica, simboleggia l'aspetto luminoso dell'essere, il trionfo sul caos. E’ il dio dell'apparenza. Dioniso, dio della musica e dell’ebbrezza, simboleggia la forza Oscura che crea e distrugge i mondi. E il dio della profonditá dell'essere.

L'opera rinnova l'interpretazione classica di una Grecia serena e ingenua, in quanto mostra la raggiunta armonia della forma come conquista sull'elemento oscuro e tragico.

La civiltà attuale è giudicata come il prodotto di un processo di decadenza, le cui origini vanno cercate lontano; dominata da falsi valori, creati da

uno spirito di negazione nei confronti della vita. Il primo responsabile della decadenza è Socrate al quale viene rimproverato il razionalismo. Dopo di lui il platonismo e il cristianesimo, che hanno dato luogo ad una metafisica illusoria che ha distolto l'uomo dal mondo terrestre.

Ma ormai questi valori appaiono consunti, incapaci di continuare a dare un «senso», che non c'è, alla vita. E l'esito, che ora va facendosi manifesto, é il nichilismo. Le prospettive, che si annunciano, sono sconvolgenti. Nietszche profetizza l'avvento di un'epoca di distruzione, quasi necessario travaglio per l'avvento di nuovi valori.

Il maggiore degli avvenimenti, che segna il culmine della crisi, è il tramonto della credenza in Dio, che significa la morte del vecchio mondo.

Nei Frammenti postumi dell'autunno 1887 troviamo questa definizione sul nichilismo : il mondo di Schopenhaueur è nichilismo passivo, segno del declino e del regresso. Il vero nichilismo è quello attivo che implica l’accettazione positiva del negativo, l’amor fati. L’Ubermensch di Nietsche è l’oltre uomo, cioè l’uomo che va aldilà dell’eterno ritorno dell’uguale e ritornando alla terra. Dio è morto perché?

La preistoria del cristianesimo va vista nel giudaismo . 1 giudei sono il popolo che possiede la forza vitale più tenace; essi, delusi nella loro volontà di potenza, per giustificare le loro disgrazie, inventarono il peccato e videro in quelle un castigo per la disubbidienza a Dio.

Gesù é una sorta di anarchico sognatore, che professa l'amore senza limiti ' la non resistenza al male, per godere di quell'intima felicità, che chiama il regno di Dio. Egli è uno spirito libero rispetto alla lettera, rifiuta l'idea di peccato e di castigo, dogmi, riti. Accusato non si difende. Egli fu il primo e anche l'ultimo cristiano. Il cristianesimo storico ha travisato fin dal primo momento la buona novella di Gesù. Non c'é mai stata più grande ironia storica, più grossa mistificazione.