TESINA INTERDISCIPLINARE

IL CITTADINO

Anno Scolastico 2001-2002

 

 

La definizione di cittadino, la cui etimologia viene dal latino civis, implica il riconoscimento di diritti come la libertà personale, il diritto di voto, che non sempre sono stati presenti nella storia. Nel passato, prima della costituzione italiana, i doveri dei cittadini superavano i diritti. Bisogna, perciò, distinguere fra cittadino e suddito. Nel settimo  capitolo (intitolato del cittadino e della differenza fra suddito, cittadino e straniero, e fra città, cittadinanza e Stato)  de I sei libri dello stato Jean Bodin dice che la società nasce da un contratto sociale, come Rousseau, e distingue fra cittadino, suddito libero e schiavo. Il sudditoi libero è quel cittadino che ha vissuto in sistemi totalitari, mentre lo schiavo è una persona posseduta da un’altra.
 
(…) Tuttavia è stabilito per comune accordo presso tutti i popoli che lo schiavo non  può essere cittadino e non conta niente dal punto di vista legale. Diversa è la situazione delle donne e dei figli di famiglia, che sono liberi da servitù anche se il diritto, la libertà e la facoltà di  disporre dei loro beni non sono loro concessi in pieno, per via della loro sottomissione al potere domestico. Perciò si può dire che ogni cittadino è anche suddito, perché la sua libertà è in parte diminuita dalla sovranità di colui cui egli deve obbedienza; ma non ogni suddito è anche cittadino,   come si è già detto dello schiavo, e come si può dire dello straniero che, venendo a vivere sotto la signoria altrui, non sia comunque accettato fra i cittadini ossia non sia ammesso a partecipare dei  diritti e dei privilegi propri della cittadinanza e non sia nemmeno compreso nel numero degli amici, alleati o consociati, che non sono del tutto stranieri, come dicono i giureconsulti e non sono nemici (Jean Bodin).
 
 
Durante il periodo fascista il popolo non visse da cittadino, ma da suddito libero e gli ebrei, invece, da schiavi.
nnei primi anni del dopoguerra prese corpo in Italia fino a giungere alla conquista del potere e all’instaurazione di una dittatura una forza politica nuova : il fascismo. Si trattava di un fenomeno che non aveva precedenti diretti nel passato per l’applicazione sistematica e generalizzata del metodo della violenza, che pretendeva autogiustificarsi su un’ideologia dell’azione e della vitalità del diritto del più forte. Sotto questo aspetto fu un fenomeno nuovo. L’idea fascista era quella che riteneva che lo stato dovesse essere totalitario ed onnipotente.
Il nuovo Stato, così come i fascisti lo concepirono , cercarono di realizzare, mirava dunque ad assorbire, totalmente in se stesso gli individui come i gruppi sociali, le comunità locali come le voci della cultura, le Chiese come le correnti d'opinione. Questo Stato assumeva pertanto gli aspetti di un nuovo idolo, di un dio terreno, a cui tutto doveva essere sacrificato o subordinato.

Ma il fascismo non si sarebbe mai imposto se si fosse fatto a capo di una serie di tendenze illiberali e antidemocratiche. In Italia la crisi del partito liberale, le lotte dei socialisti fra riformisti e minimalisti creò la possibilità di questa forza nuova. Di certo il fascismo subì e forse ebbe la sua matrice ideologica nel sindacalismo rivoluzionario di Alceste De Ambris, nella uto­pia populista dell'impresa di D’Annunzio, nella cultura futurista di Marinetti con l’esaltazione della violenza e della velocità.

Anche se Mussolini partì da una visione squadrista, di lotta alla monarchia ed alla Chiesa, fondando i Fasci di combattimento nel 1919, poi si avvicinerà alla filosofia di Gentile, conservatrice e reazionaria.

Per questo motivo il fascismo fu alimentato e sostenuto da una parte considerevole di forze conservatrici e liberali.

Il regime fascista proponendosi dapprima come difensore della Patria e restauratore della dignità nazionale e poi ben presto proclamando la perfetta identità fra se stesso e lo stato, non doveva lasciare scampo ad alcuna forma di opposizione diretta.

Ma gli anni che scorsero dal 1924 al 1928 costituiscono un periodo storico particolarmente caratteristico anche per il nostro paese - l'Italia -, in cui il regime dittatoriale fascista raggiunse una solidità che a molti sembrò indistruttibile. Nel suo discorso del 3 gennaio 1925, Mussolini aveva dichiarato che, in 48 ore, egli avrebbe chiarito la situazione politica interna su tutta l’Italia: i partiti politici (ad eccezione di quello fascista), furono sciolti; i giornali furono dapprima sequestrati periodicamente, poi imbrigliati, tormentati, e rovesciate le loro direttive, ridotti all'impotenza; e, se resistevano, addirittura soppressi; oppure, se si trattava di quotidiani di speciale autorità, costretti a vendersi al Partito unico. Tutte le associazioni ancora tollerate furono sottoposte al controllo delle autorità di Pubblica sicurezza. Ora il fascismo si dà alla pazza gioia di fare della libertà e della Costituzione strumento asservito alla sua volontà di dominio e di potere.

La trista catena degli anelli di ogni dittatura si va snodando un giorno dopo l'altro. Viene riesumata la pena di morte, che era gloria italiana avere da più di un secolo abolita, e tale feroce castigo è riservato appunto a colpire i colpevoli di crimini politici. I tribunali ordinari con le loro garanzie per gli imputati non sono ritenuti adatti a giudicare questo genere di reati, per cui si istituisce, fuori di ogni norma e di ogni garanzia, un tribunale speciale, che non soggiace ad alcun diritto di appello. Le carceri si riempiono di comunisti, o cosi detti comunisti, molti dei quali sono degli infelici appartenenti a qualsiasi partito o di nessun partito, ma che hanno mostrato di non gradire il regime attuale e di arrischiarsi a censurare talora qualche punto della sua opera politica o amministrativa. Risorge la condanna al confino per reati politici; lo spionaggio e la denunzia ritornano all'ordine del giorno, e le bilance dei diritti e dei doveri civici sono deliberatamente falsate. L'intolleranza, il diritto alla persecuzione sono (si dichiara apertamente) la fondamentale ideologia della dittatura italiana. Quella che viene, definita la nostra feroce volontà totalitaria sarà perseguita con maggiore ferocia; diventerà veramente l'assillo e la preoccupazione dominante della nostra attività : di fascistizzare la nazione, perchè italiano o fascista sia la stessa cosa...  Intransigenza assoluta, ideale e politica.

Il fascismo rivoluzionario si oppose al fascismo, che sposò le tesi più tradizionali : dell’esaltazione della patria e della cristianità. Il fascismo nacque e seppe sfruttare le tendenze illiberali ed antidemocratiche già presenti nella cultura del Novecento, diffusasi in vasti settori della media e piccola borghesia, percorsi da una vasta crisi di identità e di sbandamento. Il fascismo fu sostenuto anche dalle classi conservatrici. Gli storici distinguono due fasi all'interno del fascismo : quella gentiliana(1922-1929), e quella cattolico-reazionaria che culminò con i Patti Lateranensi ( dal 1929 al 1940).

Ma  se nei primi anni del regime fascista (1922-25), la libertà era tollerata, il 25 Dicembre del '25 la cultura antifascista e la libertà di stampa sono vietate dalle leggi eccezionali sulla Stampa. Secondo la formula mussoliniana di “tutto nello Stato, niente fuori dello Stato, nulla contro lo Stato” la cultura subì attraverso una serie di operazioni una progressiva fascistizzazione; la fascistizzazione integrale della stampa non tese ad eliminare, ma, a fascistizzare i quotidiani: del Corriere deIla Sera e deIla Stampa , per esempio , furono modificate integralmente le linee.

All'interno di questo nuovo stato vi fu un’opposizione ovviamente non palese di quegli intellettuali che, oppostisi all’inizio al fascismo, avevano aderito al Manifesto dell’intellettuale antifascista di Croce in risposta Manifesto dell’intellettuale fascista di Gentile.

All'interno delI’ideologia fascista nacquero due correnti di pensiero. Da una parte c’erano i revisionisti o movimento di Stracittà (come il Bottai o il Bontempelli direttori rispettivamente di Critica Fascista e di Novecento), che caratterizzarono il pensiero della prima fase del fascismo : nello stesso filone di Gentile volevano la trasformazione del fascismo in stato, la creazione di una classe dirigente, non ripudiando culturalmente la tradizione liberale e il pensiero idealistico di Croce e Gentile e l’interesse per la cultura europea; ritenevano, tout court, lo stato fascista come la naturale prosecuzione del liberalismo.

Dall’altra vi erano gli intransigenti o rivoluzionari chiamati anche Strapaese All'interno di questa polemica fra fascismo revisionista di cui la rivista esponente e' Novecento di Bontempelli che sosteneva una cultura europeistica (la rivista infatti era scritta in francese ) e il fascismo squadrista e rivoluzionario raccolto intorno al Selvaggio di Maccari a Colle Val d'Elsa e l'Italiano dì Longanesi a Bologna.

Analizzerò la prima fase del fascismo, quella influenzata dal pensiero gentiliano. L'idealismo del Gentile si definisce come assoluto nel senso che si propone di svolgere più eminentemente di quanto non sia accaduto in passato, il principio che non esiste altra realtà che quella del pensiero. L’idealismo attuale o attualismo pone il pensiero come unica realtà e non intende il pensiero come oggetto pensato o pensabile, ma come Soggetto attualmente pensante. Vale a dire come l'Atto del pensiero, che produce, contiene e unifica in sé tutta l'esperienza, nella molteplicità dei suoi oggetti, e che nel suo vivo presente raccoglie così il passato come il futuro.

Nella riforma della scuola, da ministro della Pubblica Istruzione, Gentile non considera la pedagogia scienza autonoma, perché nulla è fuori dell’atto del pensiero. La pedagogia è perciò filosofia( il maestro è in atto e il discepolo in potenza). Secondo gentile la vera pedagogia e educazione è la generazione perpetua che il pensiero fa di se stesso. L’educazione è un atto dialettico. Se è lo Spirito che s’incarna nella storia, lo spirito nasce conoscendo la storia. Gentile introdusse la storicizzazione di tutte le materie scolastiche cioè lo studio della storia della Letteratura, della Filosofia ecc.

Il modello inglese di scuola è distinto dalla nostra scuola, in quanto ispirata ad un maggior pragmatismo e non così fortemente umanistico-idealistica. There are no state nursery schools in the United Kingdom. Some local council volunteer groups and employers organize pre-school playgroups. Children start school at the age of five. In the first year of primary school children learn through play. They paint and play with sand, water and plasticine. They sing, dance and listen to stories. Gymnastics is important, too. The school day lasts from 9.00 to 4.00, five days a week. There is no school on Saturdays. At lunch time children eat a hot meal if their school has a canteen, or else a packed lunch. Each year has a different class teacher. Secondary school is for all children up to the age of sixteen. Most secondary schools are comprehensive: that is, mixed sex and ability. Others are independent or private. A few British private schools are famous. At sixteen boys and girls take the General Certificate of Secondary Education (GCSE) exams. In recent years there have been many changes in education in the UK. Amongst these are the use of computers and language laboratories and of multiple choice questions in exams. In some big cities there are large numbers of immigrant families whose mother tongue is not English. Their children may have difficulty at school. However, they are very hard working. Asian children in particular soon become the best pupils.

Certamente nel periodo che anticipa la prima guerra mondiale, i cittadini avevano il dovere di partecipare alle missini belliche nazionali, senza poter esercitare il diritto d’obbiezione di coscienza. Molti uomini soffrirono dell’esperienza bellica, come leggiamo nella poesia Fratelli di Giuseppe Ungaretti, dove si esalta come in un tempo in cui si esalta la guerra, la morte per le patrie e la retorica e l'infatuazione, Ungaretti trova questa umana solidarietà: "fratelli".

     Di che reggimento siete

      fratelli?

Parola tremante

nella notte

Foglia appena nata

Nell'aria spasimante

involontaria rivolta

dell'uomo presente alla sua

fragilità

Fratelli

 

Giuseppe Ungaretti[1]  in poesia offre il più radicale esempio di rinnovamento formale sperimentato dalla lirica del nostro secolo. L'Allegria (1918), da cui è tratta la poesia sopracitata, è un libro-chiave della storia letteraria italiana del Novecento: il linguaggio si abbrevia e rifiuta rima, punteggiatura e estetismo. Giuseppe Ungaretti è considerato il fondatore dell'ermetismo - la fortunata definizione è del critico Francesco Flora - corrente letteraria che si diffonde in Italia più o meno a partire dagli anni Venti e che tanto peso avrà sulla poesia italiana successiva. In sintesi si può dire che, pur con mille aspetti e soluzioni diverse, gli ermetici cercano di restituire al linguaggio della poesia una sua dimensione essenziale, scabra, talvolta volutamente oscura (di qui il termine) al fine di restituire alla parola abusata verginità e novità. Così riscattate le parole tornano a essere specchio della realtà e consentono all'uomo di percepire l'inesprimibile sostanza di quel mondo apparentemente privo di senso che lo circonda. Strumento tecnico fondamentale per gli ermetici è l'analogia, intesa però in un senso tutto particolare ben spiegato dallo stesso Ungaretti: "il poeta d'oggi cercherà di mettere a contatto immagini lontane, senza fili". Vale a dire che, abolendo il come che introduce il rapporto tra le cose paragonate, l'analogia diventa più sintetica e oscura, ma per questo più efficace. L'essenzialità della poesia ermetica è poi da mettere in diretta relazione con il contenuto; le scelte di stile, infatti, non sono mai dettate dal caso. I poeti ermetici sono accumunati da un male di vivere che, pur essendo diverso nella concreta esperienza di ciascuno, li accumuna tutti nel pessimismo sulle possibilità dell'uomo e persino della stessa poesia. In assenza di certezze da cantare a gola spiegata, gli ermetici rifiutano dunque i moduli espressivi tradizionali sulla base di una precisa scelta etica, dalla quale discendono poi le novità di stile. Strumento fondamentale di questa rivoluzione è la metrica dell'Allegria: che disgrega il verso tradizionale in versicoli, frantumando il discorso in una serie di monadi verbali, in un-lessico del tutto «normale», anti-letterario. Anche il silenzio e il bianco della pagina portano all’assenza di punteggiatura. Parola e silenzio stanno l'una all'altro come rivelazione ad attesa di rivelazione. La metrica franta dell'Allegria non è che l'equivalente della ricerca della parola «nuda» ed essenziale, e che può portare il poeta a enunciati ridottissimi come il famoso   «M'illumino / d'immenso», ricerca che riscopre l'assoluto quasi religioso della parola vergine, originaria. Per questo Ungaretti è considerato il fondatore dell’ermetismo, che ritiene che la poesia debba essere criptica, scorciata ed ermetica. Ungaretti distrusse il verso per poi ricomporlo, e cercò i ritmi per poi costruirne i metri. Tutta la musica della poesia ungarettiana, nelle sue infinite modulazioni, si sprigiona da questo suo farsi graduale, da quest'ascoltazione sempre più all'unisono col proprio animo, di cui le varianti e rielaborazioni sono la storia illustre. Nel distruggere il verso, nel cercare i nuovi ritmi, prima di tutto mirò alla ricerca dell'essenzialità della parola, alla sua vita segreta; e, com'era necessario, a liberare la parola da ogni incrostazione sia letteraria sia fisica.  Al nuovo stile si riallacciano in Allegria le esperienze di vita che determinano alcune precise scelte di stile e contenuto assolutamente innovative per la poesia italiana. La prima, e fondamentale, è l'esperienza di soldato. Sepolto in trincea tra fango, pioggia, topi e compagni moribondi, il giovane poeta scopre una nuova dimensione della vita e della sofferenza che gli sembra imporre, per poter essere descritta, la ricerca di nuovi mezzi espressivi. Quel movimento di istintiva reazione vitalistica all'orrore della guerra, o di rinfrancamento (il grumo di ricordi che si fa illusione e quindi coraggio), che abbiamo colto nei testi precedenti quasi allo stato embrionale e in dialettica esplicita con le immagini della desolazione, lo ritroviamo sviluppato e variato in molti altri testi dell'Allegria. La scarnificazione del discorso a parola pura e nuda, colta nello spessore della sua evocatività, corrisponde all'esperienza della guerra e la riduzione del vissuto ai fattori essenziali e originari: una tragica e concreta materialità da cui si staccano, come repentine illuminazioni, ricordi, fantasie care, grumi di sensazioni e sentimenti dimenticati, tensioni e aspirazioni liberatorie. Una concreta fenomenologia bellica - che va dalle più nette immagini di violenza e morte in Veglia alla distruzione materiale in San Martino del Carso. Sono insomma testi di oggettiva denuncia delle lacerazioni prodotte dalla guerra. I due componimenti in cui le immagini materiali della guerra sono assenti appaiono anche (con San Martino del Carso) i più desolati: l'esperienza della tragedia bellica è quasi sempre resa da Ungaretti in termini di riflessi intimi, di moti dell'animo. Ungaretti è con un reparto italiano sul fronte francese, accampato nel bosco di Courton, sotto i bombardamenti tedeschi: ogni cannonata che arriva spezza gli alberi, stronca vite umane. Ecco che nasce Soldati:

 

Si sta come

d'autunno

sugli alberi

le foglie

 

Ma il dolore per la guerra non spegne l’amore per la vita, per la sfida coraggiosa al dolore, che rende Ungaretti ai nostri occhi un poeta che non si arrende, ma combatte il pessimismo. E’ un “superstite lupo di mare”, notazione autobiografica emozionante: anche Ungaretti dopo quelli che parevano i naufragi della sua vita, subito riparte, "subito riprende / il viaggio", come si legge nel Porto Sepolto:

 

E subito riprende

il viaggio

come

dopo il naufragio

un superstite

lupo di mare

 

I fiumi di Ungaretti sono a mio avviso un documento importantissimo della poetica di Ungaretti: in essi il poeta rievoca le fasi del suo passato e paragona ogni periodo di esso ad un fiume: dalla guerra rievocata e ripensata attraverso l’Isonzo, il Serchio, fiume delle sue origini, essendo i genitori lucchesi, il Nilo fiume della sua pubertà e la Senna, che corrisponde al periodo della sua gioventù. Ma è in questa natura che il poeta si sente “docile fibra dell’universo”. Una visione ottimistica quella ungarettiana, che sente verso gli uomini un senso di fratellanza e riconosce la natura come madre. Ungaretti è un uomo di pena, a cui basta un’illusione per farsi coraggio: è un uomo in armonia con l’umanità e la Natura.

 

(…)Questo è l'Isonzo
e qui meglio
mi sono riconosciuto
una docile fibra
dell'universo

Il mio supplizio
è quando
non mi credo
in armonia

Ma quelle occulte
mani
che m'intridono
mi regalano
la rara
felicità

Ho ripassato
le epoche
della mia vita

Questi sono
i miei fiumi

Questo è il Serchio
al quale hanno attinto
duemil'anni forse
di gente mia campagnola
e mio padre e mia madre

Questo è il Nilo
che mi ha visto

nascere e crescere
e ardere dell'inconsapevolezza
nelle estese pianure

Questa è la Senna
e in quel torbido
mi sono rimescolato
e mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi
contati nell'Isonzo

Questa è la mia nostalgia
che in ognuno
mi traspare
ora ch'è notte
che la mia vita mi pare
una corolla
di tenebre


La successiva raccolta Sentimento del tempo, del 1933, presenta un'evoluzione nella poetica di Ungaretti. Gli spunti autobiografici, così numerosi nell'Allegria di naufragi, diminuiscono lasciando posto a una riflessione più esistenziale. L'uomo Ungaretti tenta ora di farsi Uomo, cercando nelle proprie emozioni e paure il riflesso di quelle che sono comuni a tutti. Inizia qui il tormentato recupero della fede, la quale può forse rappresentare per l'uomo smarrito un'ancora di certezze. Il cammino, tuttavia, non è lineare e non mancano situazioni di conflitto tra il sentimento religioso e le esperienze dolorose nella storia del singolo o della comunità. Parallelamente a questi cambiamenti tematici ne avvengono altri a livello stilistico: in particolare il recupero di una metrica più tradizionale, rinnovata però dal precedente lavoro di scoperta della parola. Ne Il dolore, raccolta del 1947, la biografia irrompe nuovamente nella poesia in seguito alla tragica morte del figlio Antonietto, cui sono dedicate le liriche della prima parte; nella seconda parte, invece, Ungaretti si sofferma sulle vicende drammatiche della guerra. C'è dunque un rapporto tra le due sezioni: il dolore individuale e quello collettivo danno la misura di un cammino umano segnato dalla sofferenza e dalla difficile riconquista della fede negli imperscrutabili disegni divini. E tra questi due piani, quello personale celebrato nel Dolore e quello corale, collettivo, che ha trovato le sue più alte espressioni nel Sentimento del tempo, si muove tutta la successiva produzione di Ungaretti.

Giuseppe Ungaretti fu affascinato dall’arte di Apollinaire a Parigi, e  ritroviamo ben evidente la lezione del poeta francese nella distruzione della punteggiatura che il poeta italiano opera nella sua prima raccolta L’Allegria di Naufragi. Lo scrittore che distrugge la punteggiatura è consciamente o inconsciamente distruttore della tradizione e pertanto la sua non è altro che una provocazione inconscia o intellettuale contro il mondo che lo circonda, ch’egli non sa accettare.

L’influence de Guillaume Apollinaire (pseudonyme de Wilhelm Apollinaris de Kostrowitzky est né à Rome le 26 août 1880 et mort à Paris le 9 novembre 19189 est fondamental pour Ungaretti. Fils d'une Polonaise et d'un Italien, Apollinaire est le plus originel, le plus divers, le plus grand aussi des poètes qui ont cherché la rénovation de la poésie en France au début de notre siècle. Après de bonnes études effectuées dans des collèges religieux à Monaco, puis à Cannes et à Nice, qui formaient son humanisme classique et le teintèrent de quelque mysticisme frondeur, il se rendait à Paris (1899), et trouva peu après l'occasion de suivre, en qualité de précepteur, une famille en Allemagne. En 1913, il publiait Alcools, dont il a supprimé toute ponctuation. Nous savons que chez Apollinaire, l'intérêt pour la qualité visuelle du texte a été grandement stimulé par des relations privilégiées avec les peintres les plus célèbres du siècle naissant : Picasso, par exemple. A la lecture d'Alcools ou de Calligrames on ne peut tout d'abord que subir la concision et le caractère énigmatique du vers. Pour comprendre apollinaire il faut que l'expression poétique oblige le lecteur à dépasser la signification littérale pour rechercher un supplément de sens. C'est la forme même du poème qui suscite ce détour. Le vers se présente sans ponctuation et pour dépasser le simple mot d'ordre futuriste, on peut relever que l'effet est immédiatement sémantique : loin de donner uniquement un caractère inachevé au vers, cela oblige le lecteur à le lire d'une traite et à l'envisager comme une expression fugitive sans véritable origine, sans fin, un moment poétique qui tranche avec tout ce qui n'est pas lui. Le vers a donc bien pour ambition dans sa brièveté, sa rectitude et sa richesse prosodique d'insister sur la fugacité de la beauté. La brièveté devient donc le message et l'énigme peut alors être levée.  Le poète choisit le jeu de mots pour guider de façon ludique le lecteur: . Ses recherches l'orientent aussi vers les Calligrammes qui associent dessins et mots sous forme de poèmes graphiques. La renaissance du calligramme au XXe siècle est essentiellement associée à son influence. Dans le Pont Mirabeau la musique du vers cache un sens de douleur. L’homme en voyant la fleuve pense à sa femme, mais l’amour s’en est allé, et le rappel d’elle est continu, parce-que le temps qui passe est lent.

Sous le pont Mirabeau coule la Seine                                    

Et nos amours

Faut-il qu'il m'en souvienne                                    

La joie venait toujours après la peine.

 

Vienne la nuit sonne l'heure                                    

Les jours s'en vont je demeure

 

Les mains dans les mains restons face à face                                    

Tandis que sous                                    

Le pont de nos bras passe                                    

Des éternels regards l'onde si lasse

 

Vienne la nuit sonne l'heure      

Les jours s'en vont je demeure

 

L'amour s'en va comme cette eau courante                                    

L'amour s'en va                                    

Comme la vie est lente                                    

Et comme l'Espérance est violente

 

Vienne la nuit sonne l'heure

Les jours s'en vont je demeure

 

Passent les jours et passent les semaines                                    

Ni temps passé                                     

Ni les amours reviennent

Sous le pont Mirabeau coule la Seine

 

La libertà personale artistica, religiosa o d’espressione non è tutelata in tutti i paesi. Questo è uno dei motivi per cui, insieme alla povertà, in Italia e in Europa assistiamo all’immigrazione. Tale fenomeno si definisce come insediamento permanente o definitivo di persone in un Paese diverso da quello originario o per turismo o al fine di esercitare un'attività lavorativa o di studio. Ciascuno Stato stabilisce le condizioni per l'ingresso di cittadini stranieri nel proprio territorio. Per i Paesi della UE vige il principio della libera circolazione dei lavoratori e il diritto a stabilirsi in ciascuno di essi. Gli immigrati sono aumentati in tutta Europa e il loro numero sarebbe ancora maggiore se nelle statistiche si tenesse conto dei naturalizzati e dei minori, che non sempre vengono registrati a parte. I flussi sono diminuiti rispetto ai primi anni ‘90, ma, oltre che in Germania, si tratta di più di 100.000 ingressi in Austria, Regno Unito, Francia e anche l’Italia si avvicina a quel livello.

All’inizio del 1997 gli immigrati nei 15 Stati dell’Unione sfioravano i 19 milioni di unità, con un’incidenza del 5,1% sui 371 milioni e 654 mila residenti, e gli extracomunitari erano12 milioni (70% del totale).

Si tratta di cinque stranieri ogni 100 residenti: 10 su 100 in Austria, Belgio e Germania e 2,5 in Italia. L’Italia, che supera il milione di presenze, si colloca subito dopo la Germania (più di 7 milioni), la Francia (quasi quattro milioni) e la Gran Bretagna (quasi due milioni).

Solo cinque Stati membri (Germania, Gran Bretagna, Italia, Francia e Spagna) hanno una popolazione superiore al numero degli immigrati presi nel loro complesso.

A tener conto dei residenti, che pur nati all’estero hanno ormai acquisito la cittadinanza di uno degli Stati membri, l’Unione Europea per popolazione immigrata si avvicina ai 26 milioni degli Stati Uniti, dove però l’incidenza sui residenti é del 9%. Ogni giorno diventano cittadini europei 1.000 immigrati (nel 1996 2.000 al giorno): in media sono interessati alla cittadinanza due su cento immigrati, mentre in Italia questo meccanismo risulta ancora poco funzionante.

Nel corso degli anni ‘90 le revisioni legislative nei paesi europei sono state numerose e con l’eccezione dell’Italia, le modifiche intervenute si sono caratterizzate in senso restrittivo per quanto riguarda sia gli immigrati che i richiedenti asilo.

Non può però sfuggire, l’apporto demografico fornito dall’immigrazione nel Vecchio Continente.

L’Europa, infatti, é soggetta a un progressivo invecchiamento derivante da un tasso di fecondità al di sotto del livello di sostituzione (più accentuato nei paesi mediterranei e in Italia) e da una speranza di vita molto alta. La popolazione attiva dell’Unione da qui al 2020 diminuirà di otto milioni di unità. E’ notevole la differenza con i paesi in via di sviluppo, in 71 dei quali oltre il 40% della popolazione ha meno di 40 anni.

In Europa, secondo l’OCSE, diminuirà la popolazione attiva (15-64 anni) e aumenterà quella anziana (65 anni e più), con conseguente aggravio sul sistema pensionistico e sanitario. Il rapporto di dipendenza (anziani rispetto alle persone attive) nel 2010 oscillerà tra il 18,4% in Irlanda e il 30,4% in Italia. L’incidenza dei figli degli immigrati sulle nuove nascite é molto più alta rispetto all’incidenza della popolazione immigrata su quella residente. Senz’altro, quindi, le nascite dei figli degli immigrati possono fin da ora contribuire ad contenere l’invecchiamento della popolazione e rendere meno traumatici i processi di aggiustamento demografico da adottare. Tuttavia, l’efficacia nel tempo dell’impatto dell’immigrazione, dipenderà anche dalle future ondate migratorie, esigenza di cui bisognerà tener conto nella programmazione dei flussi, senza pensare a una impossibile chiusura delle frontiere. In ogni modo l’Europa non può ragionevolmente fare a meno degli immigrati e di una politica dell’immigrazione.

Sotto la spinta del disagio strutturale dei paesi di origine continueranno a operare i fattori di attrazione dell’immigrazione, e all’interno dell’Unione perdurerà il bisogno strutturale di manodopera, anche se attualmente si favorisce solo quella temporanea.

Questo contesto demografico lascia prevedere degli spazi per i lavoratori immigrati, che in larga misura hanno un ruolo di complementarità e non di concorrenzialità con i locali. Stando così le cose, bisogna sforzarsi per riuscire a meglio inquadrare l’apporto dinamico dell’immigrazione e superare una visione assistenziale e pauperistica di questi lavoratori.

Il paese di destinazione che assorbe il maggior numero di emigrati  è la Francia. Questo esprime, da un lato, l'importanza dell'impero coloniale francese che si estendeva su buona parte dell'Africa occidentale e centrale. Nel 1987, si stimava il numero degli immigrati africani in Francia in 175.000, cifra destinata a superare i 235.000 nel 1990.

Ma è l'Italia che pare diventare, sempre più in questi ultimi anni, la terra prediletta degli emigrati. Provenienti da ogni parte, se ne sono contati, a fine aprile 1992, circa 100.000 individui secondo le statistiche del Ministero dell'Interno italiano.

I Senegalesi, in rapido aumento, costituiscono, con 28.000 persone circa, il quarto gruppo di immigrati provenienti dal Sud, dopo i Marocchini, i Tunisini e i Filippini. Gli emigrati provenienti dai paesi del Golfo di Guinea sono anche molto numerosi, in particolare quelli provenienti dal Ghana (circa 13.000), i Nigeriani (oltre 6.400), quelli che arrivano dalla Costa d'Avorio e quelli provenienti dal Niger (circa 1.600). Gli emigrati del Ghana sono anche molto numerosi in Germania dove superano i 15.000. Flussi simili, provenienti dall'Africa Occidentale si dirigono sempre più in Spagna, imboccando la via marocchina. La comunità malgascia è anche molto numerosa in Francia, la vecchia madrepatria, dove il numero dei suoi individui si avvicinava a 9.000 nel 1990.

Dall'altro lato del continente, il Corno d'Africa, già colpito da calamità naturali ripetute (siccità in particolare), ma devastato soprattutto a causa di conflitti etnici imputabili a guerre civili interminabili, è divenuto una terra di repulsione e di esilio verso tutte le direzioni.

Ma per ragioni storiche gli emigrati di queste zone che raggiungono l’Europa, si dirigono in preferenza in Italia dove si sono contati, nell'aprile del 1992, circa 12.000 Somali e altrettanti Eritrei e Etiopi. Se ne trovano anche qualche migliaio in Scandinavia, in particolare in Svezia, soprattutto con lo statuto di rifugiati, ma anche in Germania (circa 16.000 nel 1990).

Gli immigrati vivono nei loro paesi spesso da sudditi, mentre nel nostro paee trovano la Costituzione della Repubblica italiana, in cui il cittadino è tutelato dai diritti, ma al contempo ha verso lo stato dei doveri. La Costituzione della Repubblica Italiana enuncia, come prima, i dodici principi  fondamentali, che costituiscono la base del nostro ordinamento[2]. Riguardo ai doveri e diritti dei cittadini  possiamo analizzare i seguenti articxoli legislativi:

   - Il titolo I (artt.13-28) regola i rapporti civili. In esso sono contenuti i diritti civili: libertà personale, libertà di domicilio e di corrispondenza, libertà di circolazione, libertà di riunione, libertà di associazione, libertà di coscienza e di proselitismo, libertà di pensiero e di stampa, divieto di discriminazioni per motivi politici, divieto di requisizioni arbitrarie di beni, servizi e prestazioni personali, libertà di azione e difesa,  diritto al giudice naturale, presunzione d'innocenza, diritto di risarcimento.

Art. 13. La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, né qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall'autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge l'autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono essere comunicati entro quarantotto ore all'autorità giudiziaria e, se questa non li convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di ogni effetto. E punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.

Art. 14. Il domicilio è inviolabile. Non vi si possono eseguire ispezioni o perquisizioni o sequestri, se non nei casi e modi stabiliti dalla legge secondo le garanzie prescritte per la tutela della libertà personale. Gli accertamenti e le ispezioni per motivi di sanità e di incolumità pubblica o a fini economici e fiscali sono regolati da leggi speciali.

Art. 15. La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili. La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziario con le garanzie stabilite dalla legge.

Art. 16. Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dai territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvo gli obblighi di legge.

Art. 17. I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica.

Art. 18. I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare.

Art. 19. Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume.

Art. 20. Il carattere ecclesiastico e il fine di religione o di culto d'una associazione od istituzione non possono essere causa di speciali limitazioni legislative, né di speciali gravami fiscali per la sua costituzione, capacità giuridica e ogni forma di attività.

Art. 21. Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo d'ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietati le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

Art. 22. Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome.

Art. 23. Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.

Art. 24. Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.

Art. 25. Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge. Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. Nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge.

Art. 26. L'estradizione del cittadino può essere consentita soltanto ove sia espressamente prevista dalle convenzioni internazionali. Non può in alcun caso essere ammessa per reati politici.

Art. 27. La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra.

Art. 28. I funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrati, dagli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici.

 

   - Il titolo II (artt.29-34) disciplina i rapporti etico-sociali. Sono quindi riconosciuti: i diritti della famiglia, il diritto-dovere alla salute e il diritto allo studio.

Art. 29. La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare.

Art. 30. E dovere e diritto dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, confutabile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.

Art. 31. La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

Art. 32. La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

Art. 33. L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. E' prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato.

Art. 34. La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

 

Il titolo III (artt.35-47) regola i rapporti economici. Sono quindi riconosciuti: la tutela del lavoro, la libertà sindacale e delle organizzazioni sindacali, il diritto di sciopero e le sue forme, il diritto di non scioperare, l'iniziativa privata, la proprietà privata, l'artigianato e la cooperazione, la partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale   e il risparmio popolare.

Art. 35. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero.

Art. 36. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi.

Art. 37. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione.

Art. 38. Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera.

Art. 39. L'organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. E' condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica,. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.

Art. 40. Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano.

Art. 41. L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Art. 42. La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità.

Art. 43. A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale.

Art. 44. Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostruzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane.

Art. 45. La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell'artigianato.

Art. 46. Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.

Art. 47. La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito. Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.

 

 - Il titolo IV (artt.48-54) è dedicato ai rapporti politici, in parte già enunciati nei principi fondamentali. Il diritto di voto è alla base della sovranità popolare e della democrazia della Repubblica. Ad esso sono affiancati: il diritto d'iscrizione ai partiti, il diritto di petizione ed il diritto alle cariche elettive. Nel titolo IV, sono enunciati anche i doveri del cittadino: la difesa della Patria e il dovere tributario.

Art. 48. Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. Il diritto di voto non può essere limitato se non per incapacità civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile e nei casi di indegnità morale indicati dalla legge.

Art. 49. Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.

Art. 50. Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità.

Art. 51. Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. La legge può, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica. Chi è chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.

Art. 52. La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino. Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici. L'ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.

Art. 53. Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.

Art. 54. Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservare la Costituzione e le leggi. I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, prestando giuramento nei casi stabiliti dalla legge.

 

 

Il bilancio d'esercizio costituisce l'obiettivo/risultato del processo di contabilità generale (COGE). È l'unico documento tramite il quale formalmente le imprese comunicano ai terzi i risultati della gestione.

Il d. Lgs n. 127, del 9/4/91, ha profondamente innovato le norme che vincolano la presentazione del bilancio di esercizio delle società di capitali e delle imprese, in generale. In particolare ha profondamente modificato:

·         le funzioni,

·         i vincoli,

·         la struttura del bilancio.

Il bilancio ha 2 funzioni:

1) intrinseca o di determinazion-misurazione: determinare periodicamente il reddito di esercizio e il correlato capitale di funzionamento, con la massima precisione possibile, ammissibile e conveniente;

2) estrinseca o di comunicazione-informazione: costituire un documento informativo per i terzi per consentire loro l'apprezzamento della gestione.

I "terzi" (tutti coloro che non hanno accesso al sistema informativo dell’impresa) hanno necessità di apprezzare, giudicare, valutare l'impresa, la sua gestione, i suoi risultati economici, le sue risorse patrimoniali e la sua struttura finanziaria.

La funzione estrinseca del bilancio è appunto quella di informare periodicamente "i terzi"  sulla "bontà" (efficacia) del calcolo economico svolto dall'imprenditore, sull'efficienza della gestione della impresa nell'attuare il calcolo economico, sui risultati della gestione svolta nell'impresa (rendicontazione).

I "terzi", per attuare l'apprezzamento ricorrono alle analisi di bilancio cioè a quel corpo di tecniche tramite le quali possono tentare di aumentare la quantità e la qualità delle infor-mazioni ottenibili dal bilancio per l'apprezzamento della gestione. La logica delle analisi è la seguente:

Se il calcolo economico pone in essere la gestione, se il bilancio riflette il calcolo economico e la gestione, allora attraverso il bilancio è possibile tentare di comprendere il calcolo economico e di ricostruire, almeno approssimativamente, le operazioni e i processi della gestione.

Le analisi di bilancio ricercano "indici", cioè indicatori, che facciano comprendere come si sia svolta la gestione e perché si siano prodotti certi risultati. Le analisi di bilancio si basano però su un presupposto fondamentale che il bilancio non deve rappresentare un semplice rendiconto dei risultati aziendali ma deve costituire un modello adeguato della gestione e del calcolo economico.

Per tenere separate le due funzioni conviene, pertanto, distinguere tra:

• bilancio contabile - è il documento tecnico, formato da stato patrimoniale (determina il capitale di funzionamento) e conto economico (determina il reddito di esercizio). Svolge principalmente la funzione di determinazione.

• bilancio aziendale - è il documento aziendale, formato dal bilancio contabile a da altri documenti integrativi o a corredo che l'impresa trasmette ai terzi. Svolge principalmente la funzione di informazione.

Qualunque sia la funzione assegnatagli, il bilancio non può essere redatto in modo arbitrario dall'imprenditore (tramite il contabile). Deve essere redatto secondo regole che consentano la determinazione affidabile e  l'interpretazione significativa dei dati in esso contenuti.

È pertanto un documento vincolato, in quanto la sua redazione è assoggettata a regole-vincoli di diversa natura.

Due sono le specie di vincoli fondamentali:

- vincoli tecnico-contabili. Riguardano la funzione intrinseca di misurazione. Sono rappresentati: 1) dai principi economico-aziendali di calcolo del reddito e del capitale, 2) dalle regole di buona tecnica contabile, 3) dai principi contabili di generale e corrente accettazione (GAAP o General Accepted Accounting Principles);

- vincoli giuridici. Riguardano la funzione estrinseca di informazione. Sono rappresentati: 1) dalle norme di legge che disciplinano il bilancio per gli imprenditori (leggi civili, leggi fiscali , decreti legislativi,  decreti ministeriali).

I principi generali di redazione nel Codice Civile sono così chiamati all’art. 2423bis alcuni “normali”, tradizionali, principi generali (o postulati) di calcolo del reddito di esercizio e del capitale di funzionamento: funzionamento,  prudenza (nelle valutazioni).

Secondo i Dottori Commercialisti e i Ragionieri (Documento n. 10 BILANCIO D’ESERCIZIO - FINALITÀ E POSTULATI): “In sostanza sono statuiti i principi: della prudenza (vedi numeri 1, 2, 4 e 5 di cui sopra), della prospettiva di funzionamento dell’impresa (vedi numero 1 di cui sopra), della competenza (vedi numeri 3 e 4 di cui sopra) e della continuità dei criteri di valutazione (vedi numero 6 di cui sopra)”

I principi di redazione del bilancio pongono veri vincoli alla formazione del sistema dei valori rappresentati nel bilancio d’esercizio. Poiché sono vincoli che derivano da regole razionali di economia aziendale e di ragioneria, possono essere denominati vincoli razionali alle valutazioni.

1. funzionamento (going concern) - Reddito e capitale di funzionamento sono significativi solo se calcolati in ipotesi di continuazione della vita dell'impresa. L'impresa è un sistema in evoluzione che sviluppa una concatenazione di processi produttivi alcuni dei quali hanno ciclo ancora aperto a fine periodo. Nel calcolare il risultato si deve supporre che i processi produttivi in corso al 31/12 possano essere conclusi successivamente. Occorre, pertanto, effettuare la valutazione dei fattori non ancora impiegati nei processi produttivi come costi sostenuti e da recuperare nei futuri esercizi (principio di correlazione), quindi secondo il principio del costo;

2. correlazione (matching) - Per il calcolo del reddito di esercizio si deve cercare di verificare che siano correlati al meglio i costi con i ricavi tramite i processi produttivi (vedi principio di funzionamento). I  costi sono investimenti (tanto in senso economico che in senso finanziario) necessari per la produzione; i ricavi sono recupero di quegli investimenti;. occorre pertanto interpretare il reddito come il valore prodotto dall’impresa dopo avere recuperato i costi necessari per ottenerli ed avere comunque coperto gli “sprechi” per investimenti non recuperabili.

Lo scorso 1° agosto è entrato in vigore lo "Statuto del contribuente" dopo l'approvazione della legge 27 luglio 2000, n.212. Si tratta di un provvedimento, da molti definito la "Carta dei diritti" del contribuente, che ha l'obiettivo di fornire maggiori garanzie per il cittadino nei rapporti con qualsiasi ente in positivo, sia questo Amministrazione finanziaria, Comune, Regione, provincia, ecc.

Molte disposizioni previste dallo Statuto dovranno essere praticamente attuate entro qualche mese - lo stabilisce la legge stessa - molte altre, invece, sono già entrate in vigore. Vediamo in sintesi quanto è cambiato, o è destinato a cambiare, per gli aspetti di maggiore interesse per la generalità dei contribuenti.

  L'IVA (Imposta sul valore aggiunto) è un'imposta che si applica sulle cessioni di beni, ad esempio una qualsiasi vendita al dettaglio, e le prestazioni di servizi come la spedizione di un pacco con un corriere privato, eseguite in Italia, da tutti i titolari di Partita IVA.

Dobbiamo aprire una Partita IVA quando esercitiamo un'attività economica sia di tipo autonomo che imprenditoriale se siamo cioè dei professionisti come avvocati o dentisti oppure se possediamo un negozio. L'IVA è disciplinata dal DPR 633/72.

L'IVA è un'imposta che "di fatto" paga il consumatore, infatti quando compriamo, ad esempio, una Coca Cola a 1 euro, in realtà paghiamo 0,80   più 0,20 di IVA (il 20% del valore del bene acquistato, aliquota ordinaria). Spesso il costo dei beni che acquistiamo è indicato senza comprendere l'IVA, si dice così che una macchina costa L.15 milioni più IVA, per sapere quanto costa veramente quella macchina dobbiamo aggiungere a 15 milioni l'IVA del 20% cioè L.3 milioni ottenendo il vero prezzo che sarà L.18 milioni.

Negli ultimi anni il processo di decentramento e autonomia fiscale degli enti locali (regioni, province e comuni) ha subito un'accelerazione. Il denaro derivante da molte imposte è destinato direttamente agli enti locali, ovviamente le modalità di applicazione di queste tasse è stata riformata.

Ora gli enti locali possono gestire questi tributi ed anche decidere le aliquote seppure entro certi limiti, minimi e massimi, stabiliti dall'amministrazione finanziaria centrale.

In concreto le principali tasse che sono imposte dagli enti locali sono:

• ICI (Imposta comunale sugli immobili)

• Addizionali Regionale e Comunale all'IRPEF

• Altre Tasse locali (TARSU - Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi e COSAP - Canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche).

L'ICI Imposta comunale sugli immobili, viene pagata da tutti coloro che possiedono: fabbricati (es. la propria casa), aree fabbricabili e terreni agricoli - bisogna essere proprietari o titolari di diritti reali di godimento, ad esempio in caso di decesso del coniuge sorge il diritto di abitazione del coniuge superstite o in caso di separazione coniugale o di divorzio sorge il diritto di abitazione a favore del coniuge.

In questi casi di diritto reale il proprietario non ha alcun obbligo per quanto riguarda l'ICI.

Per calcolare l'ICI è necessario prima di tutto determinare il valore catastale dell'immobile. Questo valore può essere richiesto all'ufficio del catasto ed è attribuito in base a parametri quali metri cubi, ubicazione, tipo di immobile.

Poi si determina la 'base imponibile', cioè il valore sul quale si applica una percentuale determinando così l'imposta da pagare (vedi esempio). L'ICI non riguarda assolutamente gli inquilini.

 Calcoliamo la base imponibile La base imponibile si determina in questo modo:

Per i fabbricati

La base imponibile si calcola così: data la rendita catastale del fabbricato al 1° gennaio 2001 aumentata del 5%, la si moltiplicata per un valore che varia a seconda della categoria catastale:

• si moltiplica per 100 per le abitazioni, gli alloggi collettivi e i fabbricati a destinazione varia (gruppi catastali A, B e C con esclusione A10 e C1)

• si moltiplica per 50 per gli uffici, gli studi privati e gli alberghi, teatri, banche etc (gruppi catastali di categoria D)

• si moltiplica per 34 per i negozi e le botteghe (categoria C1)

Per i fabbricati appartenenti alle imprese (gruppo D) si considera il valore attribuito all'immobile nelle scritture contabili.

Tutti i contribuenti che devono pagare l'IRPEF, ad esempio un lavoratore dipendente o un pensionato, devono anche pagare due addizionali all'IRPEF, una regionale e una comunale (se deliberata dal comune in cui abbiamo il nostro domicilio fiscale).

Per calcolare questa addizionale, va preso il reddito IRPEF diminuito degli oneri deducibili e su questa base imponibile si applica l'aliquota prevista per l'addizionale regionale e per quella comunale.

Per l'anno 2001 (dichiarazione 2002), l'aliquota dell'addizionale regionale da applicare alla base imponibile, è stabilita nella misura dello 0,9% per tutto il territorio nazionale; per gli anni successivi può essere elevata dalla regione fino all'1,4%.

Alla base imponibile si applicano due diverse aliquote:

• una uguale per tutti i comuni che nel 2000 non è stata fissata e che quindi non deve essere pagata

• una che varia da comune a comune fino ad un massimo dello 0,4%.

Ad applicare questa imposta sono stati nel 2001 4.041 comuni, quasi il doppio rispetto ai 2.435 che avevano introdotto l'addizionale già dal 2000, primo anno di applicazione dell'addizionale.

Per chi ha un reddito di lavoro dipendente e assimilati le addizionali regionale e comunale vengono calcolate dal sostituto di imposta, ad esempio dal nostro datore di lavoro quando effettua le operazioni di conguaglio e trattenute dal nostro stipendio in un numero massimo di 11 rate, cioè il nostro datore di lavoro divide l'imposta da noi dovuta in undici parti che ci trattiene dallo stipendio per 11 mesi.

Per chi ha altri tipi di redditi il calcolo delle addizionali e il pagamento avviene quando presentano la dichiarazione dei redditi, infatti questi contribuenti possono non subire una ritenuta dal datore di lavoro, quindi le addizionali non sono calcolate e trattenute dal sostituto d'imposta.

 



[1] Ungaretti nasce nel 1888 ad Alessandria d'Egitto da genitori italiani. Nel 1912 si trasferisce a Parigi, dove si laurea alla Sorbona e frequenta gli ambienti dell'avanguardia artistica. Allo scoppio della guerra il poeta, fervido interventista, si arruola e va a combattere sul Carso e poi sul fronte francese. Rientrato in Italia nel 1921, si impiega al Ministero degli Esteri e aderisce al fascismo (Mussolini firma la presentazione di una sua raccolta). Nel 1936 va a San Paolo del Brasile, dove insegna all'università. Durante il soggiorno brasiliano, nel '39, muore il figlio Antonietto di nove anni. Nel '42 è di nuovo in Italia, a Roma, e si dedica sempre all'insegnamento universitario. La sua fama di poeta, che si era consolidata già a partire dagli anni Venti, cresce col passare del tempo, e sempre nuovi poeti si rifanno alla sua lezione. Muore a Milano nel 1970; l'anno prima era uscita l'edizione completa della sue poesie col titolo "Vita di un uomo".

 

[2]   -  L'art. 1, sancisce il carattere democratico della Repubblica italiana, fondata sul lavoro.

   -  L'art.2, riconosce e garantisce i diritti inalienabili dell'uomo.

   - L'art.3, sancisce e promuove l'uguaglianza sociale e politica di tutti i cittadini, senza distinzione di sesso, razza, lingua, condizioni personali e sociali.

   -  L'art.4, ribadisce il valore fondamentale del lavoro, come diritto e dovere di ogni cittadino.

   - L'art.5, sancisce l'unità e l'inviolabilità dello stato, ammettendo però un'ampia autonomia delle autonomie locali.

-   L'art.6, 7 e 8, disciplinano i rapporti tra Stato e Chiesa e sanciscono la libertà di religione.

   - L'art.9, proclama l'impegno dello Stato nella promozione dello sviluppo culturale, scientifico e tecnico del nostro Paese.

   -  L'art.10, riconosce le norme del diritto internazionale, cui l'Italia si attiene

   nell'elaborazione della propria politica estera.

- L'art.11, sancisce in modo inequivocabile il ripudio della Repubblica italiana della guerra, come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

-  L'art.12, si riferisce alla bandiera, simbolo dell'unità del popolo italiano.