UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI FIRENZE

FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN LINGUE E LETTERATURE STRANIERE

Anno Accademico 1998-1999

 

 

 

 

Relatore : Prof.ssa Anna Lia Franchetti

Studente : Massimiliano Badiali

 

 

 

 

 

E.C.R. sta per Ecrire, c’est tout un roman in internet (http://perso-internet.fr/jacquart.Rouaud.html);

I.P. sta per Intervista personale di Massimiliano Badiali a Jean Rouaud (Montpellier 3, 4, 5 Settembre 1999)

L.P. sta per Lettere a Massimiliano Badiali

 

CAPITOLO I : vita e opere

 

 

 

Alla fine dell’estate 1990 uno sconosciuto fa irruzione nel mondo letterario. Si chiama Jean Rouaud : nel novembre 1990, egli sale sul podio, vincendo il premio Goncourt, con il suo primo romanzo Les Champs d’honneur .

A 38 anni, questo figlio di piccoli commercianti della regione nantese diventa famoso. Una leggenda si tesse intorno a lui : quella di modesto giornalaio promosso alla notorietà per un colpo di bacchetta magica.

Jean Rouaud nasce il 27 Dicembre 1952 a Campbon, vicino a Nantes, territorio umido e ventoso della Loira Inferiore. La terra natale, come ha evidenziato Jean-Baptiste Harang, rimane il centro della vita del romanziere: "Jean Rouaud a tout fait à Nantes, même des études de lettres". A Nantes studia dal 1970 al 1981, finendo la facoltà di lettere. Per mantenersi agli studi vende prodotti naturali ed enciclopedie mediche. Nel 1978 entra nel giornale scientifico Presse-Océan, collabora poi col quotidiano L’Eclair di Nantes. A Parigi lavora come impiegato in una libreria d’arte, e nel 1983 compra con due soci un’edicola nel XIX arrondissement di Parigi.

Negli anni 1986-1987 Jean Rouaud aveva inviato a Jerôme Lindon, direttore editoriale delle Editions de Minuit, un testo intitolato Loire-Inférieure. Lindon lo esortava a continuare e lo consigliava di scrivere un romanzo di dimensioni più vaste, che avesse un titolo meno provinciale e più commerciale.

Nasceva così Les Champs d’honneur.

Rouaud ha commentato la vittoria del Goncourt, affermando:

 

J’éprouve une émotion qui n’a rien à voir avec de la joie. Une émotion pour les miens dont je suis le scribe.

 

La sua scrittura non è che la saga di famiglia, rievocante una Francia provinciale di persone umili e sconosciute alla storia ufficiale: una ricostruzione dell’albero genealogico della famiglia materna e paterna.

 

Les Champs d’honneur hanno al centro la figura della zia bigotta Marie e del nonno stoico Alphonse, e il dolore della famiglia Rouaud dopo le loro morti, avvenute nel 1964.

Rouaud non si allontana mai dal suo nucleo d’origine : la propria famiglia, composta dal padre Joseph, dalla madre Anne, dalle sorelle Marie-Annick (detta Nine) e Marie-Paule (detta Zizou).

Dopo il Goncourt, l’autore ha vissuto della sua penna : ha lasciato l’edicola di Rue de la Flandre e si è trasferito a Montpellier, nell’abitazione, nel cuore della città, dove tuttora abita, in un bellissimo immobile del XVIII secolo, che si dice essere appartenuto al profumiere di Luigi XV. Lo scrittore rivela di aver lasciato Parigi, nell’ottobre 1991, per andare a convivere con l’attrice Michèle Leca, attuale moglie, che abitava a Montpellier con i suoi due figli France e Luc. Jean Rouaud ha raccontato di aver trovato da subito in loro una famiglia e di aver scovato in una mansarda un angolo dove riflettere, ricordare e creare.

Ha, infatti, affermato:

ici, j’ai trouvé mes racines. Quand je retourne à Paris, je me sens étranger, un vrai provincial ! En abandonnant le kiosque, j’étais un peu inquiet de perdre le contact avec les gens. Mais je vais souvent rencontrer mes lecteurs dans les lycées ou les bibliothèques. Ça compense.

 

Intervistato, Rouaud si rivela:

 

A 38 ans j’étais rien. J’avais la souffrance d’être un vendeur de journaux. Mon trouble était quand quelqu’un me demandait mon travail. Dans la société on est ce qu’on fait. ( I.P.)

 

Nel 1991 ha pubblicato Autoritratto, che insieme a De Poste en Poste di Michel Butor e Vecchiet Verve Vidéo di André Villiers, introduceva le fotografie di Jean-Michel Vecchiet.

Il secondo romanzo, Des hommes illustres, del settembre 1993 rievoca la figura del padre e il ricordo della sua morte, avvenuta il 26 dicembre 1963, frattura immensa nella vita del romanziere.

Nel novembre 1993 la vita di Rouaud subisce una doppia rivoluzione : la nascita della figlia Joséphine e l’arrivo nel suo ufficio, al posto della macchina da scrivere, di un computer che cambia la sua vita.

 

Le portable a décuplé ma capacité de création. Puis il y a la douceur du clavier, comme une petite pluie qui tombe. Mais je continue à travailler sans rituels. J’ai besoin d’animation de moi, j’aime bien être dérangé. Ce qui me plaît, c’est d’être étonné par ce que j’écris, sans forcément savoir où ça me menera : une idée en suggère une autre, je tâtonne. Plus ça va, moins je peux me passer du roman. J’y découvre une aire de liberté extraordinaire, un fabuleux exercice d’indépendance. C’est dans ce genre-là que je me sens le plus à l’aise.

 

Nel febbraio 1996 pubblica Le paléo circus, testo interdisciplinare di scrittura e di pittura, che rievoca il mondo primitivo. La stretta fusione fra immagine visiva e scritturale nasce dalla sinestesia artistica e dal desiderio di interdisciplinarità . L’arte per Rouaud è un unicum. Disegno e scrittura si sposano anche in Promenade à la Villette con il testo Roman-Cité, in cui Rouaud introduce la descrizione del parigino Parc de la Villette, originalissima opera architettonica e culturale dell’ultimo decennio. Il libro propone una deambulazione letteraria, una passeggiata insolita attraverso fotografie e disegni di dieci artisti e infine una documentazione sulla storia di questo luogo unico, sul quartiere e dei suoi abitanti.

Nel maggio 1996 esce Le Monde à peu près , autobiografia del periodo degli studi.

Nell’aprile 1997 viene pubblicata dalle Editions de Minuit la pièce teatrale Les très riches heures12, che è rappresentata per la prima volta dal 20 maggio al 29 giugno 1997 al Théâtre 1313 di Parigi. Si tratta del dialogo di una coppia : di un uomo ed una donna che vivono insieme, che si amano, ma ognuno legato al proprio mondo. Ciascuno dei due personaggi evoca la sua percezione della vita, e verrebbe da chiedersi come abbiano potuto incontrarsi : appaiono come due solitudini che si ricongiungono. Lei è esuberante, lui, invece, un po’ orso. Lei è corsa, emblema di luce, calore e passione ; lui è della Loira Inferiore, simbolo di ombra, pioggia e tenerezza. I loro discorsi procedono parallelamente, senza incontrarsi mai veramente. Si può senza dubbio riconoscere in questi due personaggi Jean Rouaud e Michèle Leca, la moglie, come riconosce egli stesso :

 

Les très richès heures sont le speculum ironique de ma vie familiale, de moi et de ma femme (L.P, 22 Giugno) .

 

Nello stesso anno muore la madre Anne (o Annick) Burgaud. La sua figura verrà commemorata in Pour vos cadeaux14, uscito nel marzo 1998. Il romanzo rivisita ogni ricordo alla luce della consapevolezza derivante dalla maturità del romanziere e chiarisce le numerose amnesie della narrazione delle prime tre opere, nate come reazione ai traumi delle morti, non ancora superati.

 

Pour vos cadeaux, come vedremo, è il filo d’Arianna che, nel labirinto della memoria del narratore, permette di tirare le fila dei romanzi familiari, che possiamo definire, data l’imminente uscita il 17 Ottobre 1999, del romanzo Sur la Scène comme au ciel15, una pentalogia familiare.

Rouaud ha affermato, riferendosi a questo suo ultimo romanzo:

 

J’ai écrit cinq romans, trois pour raconter un histoire, Pour Vos Cadeaux et Sur la Scène comme au ciel pour décoder la fiction (I.P.).

 

Questo romanzo è il punto definitivo " de clarté sur moi et sur mon passé de tombe" : rispecchia la nuova serenità dell’autore e la verità dei fatti, qui definitivamente sceverati, si sostituisce " à l’invéntion et à la légende de trois premiers romans" :

 

Dans Sur la scène comme au monde j’ai écris une autobiographie familière : ma foi récupérée m’a fait imaginer un long dialogue entre mon père et ma mère disparus, entre ma mère et le narrateur. (I. P.)

 

La scrittura diviene l’occasione di superare l’afasia del dolore : il romanzo è perciò per Rouaud un dialogo intimo, catartico sul male di vivere.

 

 

 

 

CAPITOLO II : genesi della pentalogia

 

 

 

 

 

 

 

Rouaud spiega in "Ecrire, c’est tout un roman"1 che al romanziere contemporaneono si pone d’obbligo la scelta tra finzione e autobiografia; la propria opzione è dettata dalla propria dimensione interiore :

 

Là, deux options : la pure fiction (L'île mystérieuse, mettons) ou le récit à caractère autobiographique (A la recherche du temps perdu, pour situer). Qu'est-ce qui va décider du choix ? Pour vous qui avez brutalement perdu votre père, un lendemain de Noël, vous ne faîtes que semblant d'hésiter, la réponse s'impose peu à peu. Il se trouve que cet événement qui a considérablement pesé sur la suite de votre vie, vous n’avez jamais réussi à en parler.

 

La morte di Joseph, padre dell’autore, è "source de [s]on écriture"(I.P.) : il romanzo familiare nasce dallo choc di questa perdita. La pentalogia scaturisce dalla rievocazione di esperienze personali, catarsi necessaria a superare questo trauma. La scomparsa del padre si fissa nella memoria del narratore e crea il mito personale del romanziere che vede nell’arte non l’espressione diretta del ricordo, ma un’autoanalisi e un esame in cui l’io orfico, che torna ai traumi originari, ha la funzione di sintesi fra coscienza e inconscio.

La scrittura dei cinque romanzi permetterà all’autore di uscire dal labirinto della memoria e di superare l’ineluttabilità della morte paterna.

 

Alors ce roman, ce serait peut-être l'occasion, non ? Il vous faudra du temps. Il m'aura fallu dix ans. Mais c'est ainsi qu'on arrive à trente-sept ans à publier un premier roman intitulé Les Champs d’honneur (E.C.R).

 

In Les Champs d’honneur l’autore, in crisi di identità non può optare per il « je » troppo autoritario e individualizzato; in quanto incapace di superarne lo choc, la voce narrante accenna soltanto alla morte del padre :

 

(..)Joseph, notre père, qui avait dû conserver le sentiment de la fragilité de l’existence, puisque, en dépit de sa haute stature, il n’avait pas dépassé quarante ans (C.H. pagg. 93-94).

 

La mancanza di confini chiari tra la voce narrante e lo spazio interpersonale e familiare, portano il narratore a confondere «l’essere con se stessi e l’essere in funzione dell’altro »2. Il narratore non ha ancora superato la traslazione verso il passato : si nasconde dietro un « nous » intrafamiliare. Egli non descrive mai esplicitamente il proprio dolore, ma lo trasferisce negli altri componenti familiari; per esempio, Marie, zia del padre, in preda alla follia, cerca continuamente il nipote :

 

Quand elle demandait où était Joseph, on admettait, tenant compte de l’âge et du séisme qui nous avait surpris à l’épicentre, que ce type d’oubli était bien légitime (C.H. pag. 118).

 

Per superare e ricomporre il trauma derivante da questa morte l’indomani del Natale 1963, da quella della zia Marie in marzo dello stesso anno, e da quella del nonno materno sei mesi dopo, il narratore impiegherà moltissimi anni . Solo la scrittura lo aiuterà a esprimere lo choc celato nell’intimità dell’animo. Il campo di visione del secondo romanzo è, " comme une incrustation sur l’écran du souvenir"3 : la diegesi di Des hommes illustres è animata da questa regressione in un mondo familiare, tiranneggiato dal ricordo di questa scomparsa. Il padre, in Des hommes illustres, è spettro dei ricordi, oggetto di diniego e di sofferto distacco. Rouaud recupera la figura di Joseph e s’immerge, per svelare la sua vita quotidiana dell’infanzia, in un mondo onirico, restituito attraverso il bianco della memoria, dipinto nei suoi oggetti, nelle sue pratiche e nelle sue mentalità .

La morte del padre nella seconda opera viene raccontata solo da una voce intrafamiliare, che incita il lettore a entrare nel dramma :

 

Pourtant, spontanément, vous comprenez qu’en ce vingt-six décembre mille neuf cent soixante-trois, à l’âge de quarante et un ans, votre père vient de mourir (D.H.I pag. 114).

 

Il senso di mancanza del padre e di solitudine del narratore è fortemente presente in Le Monde à peu près :

 

(…) Il m’arrivait de quitter brusquement le terrain au milieu d’une partie, sans prévenir, provoquant l’incompréhension des autres joueurs, de l’arbitre et des bénévoles du dimanche matin, maigre public de pères accompagnant leurs fils et se chargeant au passage de convoyer l’orphelin attendant son sac à la main devant la porte du magazin de sa mère qu’on vienne le chercher, redoutant qu’on l’ait oublié, prenant naturellement place à l’arrière de la voiture, éternel passager à la merci des horaires de ses hôtes, s’habituant peu peu à peu à ne rien demander, à se débrouiller seul, à se passer des permissions au risque de sévères remontrances ( M.P.P. pagg. 14-15).

 

La morte del padre aleggia su questo terzo romanzo :

 

La mort, je la connais comme ma poche. Je commence, si ça peut t’aider4 : moi, c’était un lendemain de Noël (M.P.P. pag. 201).

 

In Le Monde à peu près la narrazione è svolta in « je » : il narratore presentandosi alla prima persona mostra di aver recuperato la coscienza della piena individualità. Il trauma di questa perdita, pur permanendo un ricordo denso di sofferenza e intriso di malinconia, viene superato, come traspare da questo passo :

 

Longtemps l’unique sortie domenicale, qui finit par constituer un but de promenade, fut consacrée à la visite de la tombe paternelle (M.P.P. pag. 61).

 

Anche in Les très riches heures è riecheggiata questa scomparsa :

 

LUI - Mon père, quarante et un . (T.R.H. pag. 12).

 

 

Pour vos cadeaux evidenzia il raggiungimento di un senso di completa individuazione che permette al narratore di affrontare il ricordo della morte paterna e la sopraggiunta scomparsa materna, con disincanto e amarezza.

 

Lequel [Joseph] était né à Campbon, toujours Loire-Inférieure(…), le vingt-deux février mil neuf cent vingt-deux, ce qu’il résumait fièrement par 22-2-22, formule assez peu magique si l’on se fie à sa brève destinée, mais qui lui assure une curieuse survie puisque, plus de trente ans après sa mort, à quarante et un ans, un lendemain de Noël mil neuf cent soixante-trois, on peut l’admirer jeune homme, installé nonchalamment sur un canapé, les yeux rieurs derrière ses lunettes cerclées, cravaté, en costume trois-pièces, une cigarette à la main, le museau de son petit chien Rip, un ratier noir et blanc, amour