IRENE SPARAGNA: VERSI ROMANI

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COMMENTO CRITICO DI MASSIMILIANO BADIALI  

In Versi Romani il linguaggio poetico di Irene Sparagna diviene simbolico, criptico e esoterico e il linguaggio è semplice, essenziale, scarno, finalizzato al trattamento diretto della cosa senza divagazioni e mezzi termini. L'interesse si sposta sul verso libero e sulla sperimentazione ritmica e metrica: l'adozione del verso libero rende la poesia intessuta di assonanze e allitterazioni- La poetessa usa il correlativo oggettivo, tecnica che propone la rappresentazione iconica di una serie di oggetti, di una situazione, di una catena di eventi che sono la formula di quella sua emozione, in modo che, quando siano dati i fatti esterni, che devono condurre ad un’esperienza sensibile, venga immediatamente evocata l’emozione. L’immagine evocata dalla poetessa è l’equivalente emotivo del pensiero. L’immagine è tutta rivolta all’oggetto, a un luogo, a una situazione o a una serie di eventi, al quale l’autrice associa un’emozione, uno stato d’animo, un ricordo, in modo che l’evocazione di quell’oggetto richiami quello stato d’animo.

È un semaforo verde
Che ci fa attraversare la strada
Sulle pagine lasciate
al vecchio incrocio
Ho datato riflessioni
Riposto supinamente fermi immagine
Raminghe sensazioni
Incolti attimi del mio esistere.
Ascolto i sibili dell’anima
Mi tuffo in quel mare
Procace d’abbandono
 Adottando questo procedimento la poetessa si dedica alla precisione nella formulazione dell’immagine, evitando ogni indeterminatezza impressionistica della parola. Detto in parole più povere è una parte di una lirica, in cui si registra un sovraffollarsi ed un sovrapporsi di oggetti. Ad esempio Tra le labbra/Smozzicavo un sorriso/Ruvido barlume di forza/E con cipiglio/Faceva apparire/Soldati dentati d’avorio oppure Elaborai sogni/Mentre pensieri/Impastati di sole/Aranciato di tramonto/ripiegavano alle ore/Del diniego. Una freschezza di versificazione ed un fraseggio dai toni a volte minimalisti e forse, per questo, universali. Poesia mormorata, poesia raccontata, che unisce la malinconia ad una ricerca logico-ontologica quasi inconscia (Ho dentro la mappa/Delle strade percorse/Smarrimenti e istruzioni/Appartenenze e dissipazioni/Di diottrie vitali/Identità funambole/Su geografie scandite) di un angolo di purezza, di tregua dal sovraffollarsi di immagini e di ricordi:
Cercavo fiori sulla via
Il passo degli occhi
Correva sullo scorrere
Trasparente e vitreo
Sulle ore ammiccanti
Dei rinascita.
Enjembement, sinestesie che si rincorrono nel verso, che restano sospese come goccie di rugiada, come aliti di memorie
Insistono a rintoccare l’uscio
Memorie vestite di nuovo
Tintinnanti come nenie natalizie
La vita filtra
Tra globi sottili di vetro.
La voce dell’artista canta la vita, alternando momenti di grande lirismo e compostezza a momenti di grande intensità e di denuncia prometeica della condizione umana:
                                                                                               La vita afferra e sbrana le ore
Eppure soffocano
Come fili d’erba tra il cemento
Sensazioni balbettanti
Silenzi espressi da parole accanto a flauti di sorrisi……Le luci delle rimembranze sono soffuse, i colori del ricordo tenui e discreti.. un vero leit-motiv di melanconici suoni e di spente armonie:

                                                         Per un po’
Nelle ore romane
Ho ricomprato il sorriso
E le risonanze di un tempo
Quasi immemore
Ero bambina
a proteggere te
Briciola d’uomo
Che si plasma al vivere
Sulla “giostra”
Aprimmo vocali sonanti
Di arrotondato stupore.
In Versi Romani Irene Sparagna rivive la magia del ricordo, la malinconia della rimembranza, il grigiore della disparizione: il ricordo è dunque filo conduttore di questi versi, che esso sia dolore, noia o consolazione …i riflessi le parole della raccolta si susseguono come in un’eco di tenui magie, che permettono di far rivivere memorie e persone del passato in un presente astorico e circolare:
NONNA
Ti immagino acquattata
Sul fondo impagliato
D’antica sedia
Sgranare il rosario dei giorni
Lì fuori l’uscio
Caldo di canicola
e vita andata
Tra le rughe polverose
Che percorrono l’arroccato paese
I pensieri impigliati
Tra argentati fili sottili sul capo
E le emozioni telaio
Ai tuoi vividi occhi.

prof.  Massimiliano Badiali

Ideatore e fondatore del Labirintismo

Presidente Onlus Mecenate di Arezzo