MACHIAVELLI
Così Niccolò diviene il "Segretario
fiorentino" per antonomasia, pur rimanendo una certa confusione sul suo ruolo
effettivo perché di fatto una divisione netta tra prima e seconda cancelleria non
esisteva, anche se gli stipendi erano notevolmente diversi: 330 fiorini annuali per la
prima e 192 per la seconda. Comincia così la carriera diplomatica del Machiavelli
(compirà ben 23 missioni diplomatiche) proprio nel momento in cui la politica italiana
era cambiata dal momento in cui Carlo VIII era sceso in Italia: con la discesa del re
francese e successivamente di Luigi XII i governi della penisola cessarono di formare un
sistema indipendente, divenendo quasi semplici satelliti dei regni di Francia e Spagna,
mentre tutti i problemi interni venivano discussi e decisi coll'influsso straniero; i
contrasti tra i governi non venivano più trattati nei senati e nelle piazze, ma nelle
anticamere di Luigi di Francia e Ferdinando di Spagna. La prosperità degli stati italiani
dipendeva più dall'abilità degli ambasciatori che dall'azione politica di coloro cui era
affidata l'amministrazione della cosa pubblica.
L'ambasciatore doveva compiere uffici
molto delicati; "era un avvocato alla cura del quale erano affidati i più cari
interessi dei clienti, una spia investita di carattere inviolabile. Invece di consultare,
con modo riservato ed ambiguo, la dignità di coloro che rappresentava, doveva cacciarsi
in tutti gli intrighi della corte in cui risiedeva, riscoprire e lusingare ogni debolezza
del principe e dei favoriti che governavano il principe, e degli staffieri che governavano
i preferiti. Doveva far complimenti ed essere di giovamento alla bella e corrompere con
doni il confessore, lusingare o supplicare, ridere o piangere, assecondare ogni capriccio
e sopire ogni sospetto, far tesoro di ogni indizio, osservare tutto e tutto
sopportare". (Macaulay, 1868)
Nel marzo 1499 compie la sua prima
missione presso Jacopo d'Appiano, signore di Piombino per sorvegliare l'arruolamento delle
truppe mercenarie e nel mese di luglio viene inviato presso Caterina Riario Sforza,
contessa di Forlì, per indurla a partecipare alla guerra contro Pisa; verso la fine
dell'anno segue le truppe fiorentine e manda un breve rapporto al Consiglio dei Dieci: Discorso
fatto al magistrato dei Dieci sopra le cose di Pisa.
All'inizio del 1500 i francesi avevano
mandato dei mercenari guasconi al soldo di Firenze, ma al momento opportuno essi avevano
disertato; per questo nel mese di luglio, insieme a Francesco della Casa, viene inviato da
Luigi XII per esprimere il risentimento della Repubblica fiorentina dopo l'ammutinamento
delle truppe francesi che, al servizio di Firenze, assediavano Pisa. Pur fallendo nello
scopo principale (ottenere validi aiuti contro Pisa) intesse una abile trama diplomatica
col fine di ridare una certa importanza alla Repubblica fiorentina attraverso un'azione
volta a "diminuire e' potenti, vezegiare li sudditi, mantenere li amici e guardarsi
da' compagni, cioè da coloro che vogliono avere equale autorità", come scrive in
una relazione mandata a Firenze, anticipando concetti che esprimerà nel III capitolo del Principe
in cui analizza proprio gli errori della condotta di Luigi XII in Italia.
Nel febbraio 1502 viene inviato a Pistoia,
lacerata da lotte intestine. Un'esperienza su cui scrive due promemoria: Ragguaglio
delle cose fatte dalla Repubblica Fiorentina per quietare le parti di Pistoia e il De
rebus pistoriensibus, che propongono i principali temi del pensiero politico
machiavelliano: impedire il frazionamento municipalistico del territorio dominato da
Firenze e ostacolare qualsiasi tentativo unificatore delle regioni centro-settentrionali
dell'Italia, nel pieno rispetto del sentimento che mirava esclusivamente alla sicurezza
della Repubblica fiorentina che perseguiva quale segretario della seconda cancelleria.
Nello stesso anno, in giugno, Cesare
Borgia, nominato duca di Valentinois da Luigi XII, dopo aver conquistato Faenza il 25
aprile e compiuto così la conquista della Romagna, si impadronisce del Ducato di Urbino
con l'azione politica del padre Papa Alessandro VI e l'appoggio delle milizie francesi,
attraversando da padrone i territori della Repubblica fiorentina, timorosa della armi di
re Luigi; nell'ottobre il vescovo Soderini, fratello di Pier Soderini Gonfaloniere di
Firenze dal 1498, si reca ad Urbino per incontrare Cesare Borgia: è questa l'occasione
del primo incontro tra Machiavelli (che accompagna il Soderini) e il duca Valentino
durante il quale il Nostro ha quelle impressioni che caratterizzeranno il protagonista del
Principe, che appare un audace e spietato statista, dotato di eccezionali capacità
politiche prima ancora che militari, freddamente determinato a crearsi uno stato e
genialmente incamminato sulla strada della creazione di una milizia personale e cittadina,
scartando le milizie ausiliarie e mercenarie, infide e spesso traditrici, comunque più
legate al soldo che a rischiare la vita per chi le ha ingaggiate. Machiavelli resta molto
colpito dal personaggio, tanto che chiede al suo coadiutore di cancelleria, Biagio
Buonaccorsi, una copia delle Vite di Plutarco per cercarvi evidentemente un termine
di paragone col Valentino che si impone come personaggio quasi mitizzato, una figura che
incarna bene il "principe" dotato di quella virtù che permette di prendere le
decisioni opportune al momento opportuno, tenendo presente il fine principale che ogni
principe deve sempre tenere bene a mente: mantenere il principato.
Il Valentino era stato nominato dal padre,
papa Alessandro VI, duca di Romagna e dal re di Francia, duca di Valentinois; al fine di
realizzare un forte Stato nell'Italia centrale, con l'aiuto delle armi francesi di Luigi
XII sta facendo una campagna militare contro i piccoli signori marchigiano-romagnoli,
coalizzatisi nella Lega della Magione, località presso Perugia, dove fu tenuta la
riunione il 9 ottobre 1502, alla quale parteciparono alcuni nobili della campagna romana:
"Congregornosi adunque alla Magione, in quel di Perugia, il cardinale Orsino (il quale dopo la partita del re, temendo di ritornare a Roma, si era stato a Monteritondo), Pagolo Orsino, Vitellozzo, Giampagolo Baglione e Liverotto da Fermo, e per Giovanni Bentivogli Ermes suo figliuolo, e in nome de' sanesi Antonio da Venafro ministro confidentissimo di Pandolfo Petrucci; dove, discorsi i pericoli loro sí evidenti, e l'opportunità che avevano per la ribellione dello stato d'Urbino e perché al Valentino abbandonato da loro restavano pochissime genti, feciono confederazione a difesa comune e a offesa di Valentino e a soccorso del duca d'Urbino, obligandosi a mettere tra tutti in campo settecento uomini d'arme e novemila fanti Nella quale confederazione, avendo grandissimo rispetto a non irritare l'animo del re di Francia Ricercorono oltre a questo il favore de' viniziani e de' fiorentini, offerendo a questi la restituzione di Pisa, la quale dicevano essere in arbitrio di Pandolfo Petrucci per la autorità che avea co' pisani; ma i viniziani stetteno sospesi aspettando di vedere prima la inclinazione del re di Francia, e i fiorentini ancora, per la medesima cagione e perché avendo l'una parte e l'altra per inimici temevano della vittoria di ciascuno ". (Guicciardini)
La
coalizione contro il Duca fallisce sia per l'indecisione e l'ingenuità dei vari
partecipanti, sia perché viene a mancare l'aiuto sperato di Venezia (quasi timorosa del
re francese) e di Firenze per motivi puramente politici. Poiché il Valentino stava già
istigando Arezzo e la Val di Chiana a ribellarsi a Firenze, questa si vide costretta a
contattarlo. Dopo essersi riconciliato con i condottieri ribelli (che avevano partecipato
alla Dieta della Magione), il Valentino invita, dopo averli ampiamente rassicurati, i
partecipanti alla Dieta a Senigallia per celebrarvi la ratifica dei nuovi accordi, il 31
dicembre 1302, dove li fa invece catturare e strangolare. Machiavelli, per la sua seconda
legazione presso il Borgia, è presente ai fatti e al suo ritorno a Firenze scriverà
l'operetta Descrizione del modo tenuto dal duca Valentino nello ammazzare Vitellozzo
Vitelli, Oliverotto da Fermo, il signor Pagolo e il duca di Gravina Orsini.
Come abbiamo detto, Machiavelli ravvisa
nel Valentino il principe che poteva incarnare la vera capacità politica di comando e
dominio delle situazioni che man mano si venivano creando in modo fluido e quasi
inafferrabile. Ma un'estrema malignità di fortuna toglierà di mezzo un personaggio che
non aveva avuto il tempo di mettere radici nella situazione politica italiana, pur avendo
capito che uno dei mezzi per poter trionfare su coloro che ti vogliono togliere il potere
è quello di avere truppe personali e non mercenarie.
Nella primavera del mese 1503 viene
mandato a Siena presso Pandolfo Petrucci di giugno e nel mese di giugno viene incaricato
da Pier Soderini di organizzare le forze militari per mettere fine alla lotta contro Pisa
e per domare la situazione esplosiva della Valdichiana e di Arezzo.
Il 18 agosto muore improvvisamente
Alessandro VI, sembra avvelenato per errore in un ennesimo complotto organizzato insieme
al figlio Cesare ai danni del Cardinale Adriano Castellesi di Corneto di cui avrebbero
voluto incamerare i cospicui beni da utilizzare per la continuazione e il completamento
dell'opera del Valentino nella conquista della Toscana e forse anche della
secolarizzazione dello stato della Chiesa. Invitato dal Cardinal Castellesi nella sua
villa per errore dal servitore gli viene data quella stessa coppa di vino avvelenata che
era stata destinata al padrone di casa. Il suo successore, Pio III, avrà vita breve e
morirà il 18 ottobre, dopo due soli mesi di pontificato.
L'elezione di Giuliano della Rovere, che
assume il nome di Giulio II, segna la fine del Valentino; il nuovo papa si rimangia il
patto stretto col Borgia (che in cambio dell'appoggio all'elezione di Giuliano della
Rovere, sarebbe stato nominato capitano generale dell'esercito papale se l'elezione avesse
avuto buon esito), mentre questi era malato e impossibilitato a influire in maniera
decisiva nell'elezione del nuovo papa, vendicandosi degli affronti e dell'esilio decennale
subiti sotto Alessandro VI. Abbandonato a se stesso, senza più appoggi, Cesare Borgia è
costretto a fuggire e verrà arrestato dopo qualche mese da Consalvo di Cordoba gran
capitano delle truppe spagnole a Napoli. Prigioniero prima a Napoli, poi in Spagna, riesce
a fuggire e a trovare rifugio presso il cognato re di Navarra, ma trova anche la morte
nella sua ultima impresa sotto il castello di Viana.
Ad assistere all'elezione del nuovo
pontefice in autunno il governo fiorentino decide di mandare Machiavelli che resta a Roma
fino a buona parte di dicembre; Della Rovere viene eletto con una larga maggioranza, e
nella relazione che invia a Firenze, Machiavelli giudica con dure parole l'atteggiamento
del duca Valentino sottolineandone gli errori sul piano della condotta politica, che gli
faranno perdere quel poco di credito e di "respecto" che ancora possedeva.
A seguito della rotta francese sul
Garigliano (28 dicembre 1503) all'inizio del 1504 Machiavelli viene di nuovo inviato in
Francia, in aggiunta al regolare ambasciatore Niccolò Valori, in qualità di emissario
particolare del Gonfaloniere Pier Soderini, che il 22 settembre 1502 era stato eletto
"Gonfaloniere Perpetuo della Repubblica Fiorentina", e che tanto si
fidava dei suoi giudizi politici.
Al 1504 deve farsi risalire la
composizione dei Capitoli per una compagnia di piacere, nei quali si fa menzione
del David di Michelangelo come già collocato in piazza della Signoria (nel mese di
giugno era stato posto a lato di Palazzo Vecchio.
Machiavelli ha ormai acquistato una
posizione di prestigio all'interno delle istituzioni cittadine, anche per l'appoggio del
Gonfaloniere, costatato il fallimento delle milizie mercenarie nella guerra contro Pisa,
fa alla Signoria, e quindi a Pier Soderini, una proposta rivoluzionaria: costituire una
milizia popolare. Il Consiglio Maggiore lo autorizza alla fine del 1505 a cominciare il
reclutamento nel vicariato del Mugello e nel Casentino, evitando l'arruolamento cittadino
per impedire che uomini armati potessero far da soli e conquistare il potere nella città.
I ceti borghesi non avevano intenzione di arruolarsi, per cui le truppe erano
prevalentemente costituite da contadini; questo destava molte preoccupazioni: dare le armi
in mano al popolo, infatti, significava andare controcorrente e poneva come importanti
interrogativi in primo luogo quello della disponibilità a combattere di persone che non
vi erano abituate e non avevano motivazioni sufficiente e in secondo luogo quello di una
possibile destabilizzazione politica di Firenze.
Nel dicembre 1505 viene istituita la
magistratura dei Nove Ufficiali dell'ordinanza e della milizia fiorentina, della
quale Machiavelli viene nominato Segretario: "cominciò el gonfaloniere, sanza
fare consulta, colla autorità della signoria a fare scrivere pel contado, come in
Romagna, in Casentino, in Mugello e ne' luoghi piú armigeri, quegli che parevano atti a
questo esercizio, e messigli sotto capi, cominciò el dí delle feste a fare esercitare e
ridursi in ordinanza al modo svizzero" (Guicciardini). Tra gennaio e marzo 1506
Machiavelli viene dunque impegnato dal Soderini al reclutamento in Mugello e nel
Casentino. Durante il Carnevale avviene per le vie cittadine la prima sfilata delle nuove
truppe; i fanti erano vestiti di "un farsetto bianco, un paio di calze alla divisa
bianche e rosse, e una berretta bianca, e le scarpette, e un petto di ferro e le
lance" (Guetta).
La Milizia nel 1509 si comporterà bene
durante l'assedio di Pisa, mentre il 10 marzo di quello stesso anno Machiavelli incontra i
Pisani a Piombino per trattare una onorevole resa, firmata da Virgilio Adriani e appunto
Machiavelli che può entrare alla testa dei suoi battaglioni in Pisa dopo una guerra
durata 15 anni. La Milizia, più che un ritorno al Medioevo, come ha affermato qualche
critico, deve essere vista come una necessità dello stato moderno che si deve avvalere
delle sue forze interne per provvedere alla sua esistenza piuttosto che servirsi delle
forze mercenarie.
Nel 1506 segue come osservatore la
spedizione di Giulio II per riconquistare Perugia contro Giampaolo Baglioni e Bologna
contro Giovanni Bentivoglio (nascono da questa missione i Ghiribizzi scripti in Perugia
al Soderino, in cui troviamo il principio che bisogna guardare il fine e non il mezzo
e che la politica non è buona o cattiva ma utile o dannosa); in dicembre è a Roma in
legazione presso papa Giulio II che si è già ripreso molti territori facenti parte un
tempo dello Stato pontificio e che ora ha intenzione di cacciare i francesi dall'Italia:
cosa che comincerà a fare a partire dal 1510. Firenze da un lato vuole mantenere la
propria neutralità e dall'altro non può dimenticare i benefici avuti dai francesi;
comunque non crede che il papato sia in grado di realizzare il progetto. Nello stesso anno
il Nostro pubblica il suo primo scritto: il Decennale primo, una composizione in
terzine, scritta in 15 giorni, che abbraccia gli ultimi dieci anni della storia fiorentina
(1494-1504). Nella dedica si legge: "Leggete, Alamanno (Alamanno Salviati, ndr), poi
che voi lo desiderate, le fatiche d'Italia di dieci anni, e la mia di quindici dì".
Nel 1508 scrive il Rapporto delle cose
della Magna che porta la data del 17 giugno, al rientro dalla legazione, che lo aveva
impegnato sin dal 17 dicembre dell'anno precedente, come osservatore in appoggio a
Francesco Vettori, presso Massimiliano d'Asburgo che si proponeva di scendere in Italia,
confidando nell'appoggio del papa, che nel frattempo era impegnato a creare una coalizione
contro Venezia che rifiutava di ridare alla Chiesa alcuni territori dello Stato
Pontificio. Machiavelli fu inviato nonostante molte e decise opposizioni, come afferma lo
stesso Guicciardini nelle Storie Fiorentine: "E fu eletto per opera del
gonfaloniere, che vi voleva uno di chi e' si potessi fidare, el Machiavello, el quale
mettendosi in ordine per andare, cominciorono a gridare molti uomini da bene, chi e' si
mandassi altri, essendo in Firenze tanti giovani da bene atti a andarvi ed e' quali era
bene che si esercitassino. E però mutata la elezione, fu deputato Francesco di Piero
Vettori con commessione generale e da intendere e scrivere, non da praticare e conchiudere".
Il Rapporto verrà condensato nel Discorso sopra le cose dell'Alemagna e sopra
l'imperatore e infine ripreso nel 1512 col titolo di Ritratto delle cose della
Magna.
Intanto Giulio II, asceso al pontificato
anche col fermo proposito di recuperare alla Chiesa tutte le sue terre, non si limita a
lanciare l'interdetto contro Venezia, il rivale più agguerrito, ma aderisce alla Lega
firmata a Cambrai il 10 dicembre 1508, alla quale partecipano, insieme agli stati italiani
timorosi dell'espansionismo veneziano, anche i re di Francia Luigi XII e di Spagna
Ferdinando il Cattolico insieme all'imperatore Massimiliano d'Austria, senz'altro il più
pericoloso non solo per la sua vicinanza ma soprattutto per la sua volontà di avere uno
sbocco sul mare Adriatico (Massimiliano pensa di sottrarre a Venezia i porti di Trieste e
Fiume). La Lega infligge ai Veneziani la rovinosa disfatta di Agnadello (14 maggio 1509),
durante la quale muore anche il comandante delle truppe veneziane Roberto da Sanseverino,
sottraendo loro molte terre Venezia è ad un passo dalla perdita della sua indipendenza,
ma viene salvata sia dalla eroica fedeltà delle popolazioni contadine e cittadine della
terraferma (nella quale era penetrato colle sue forze l'imperatore, mettendo a ferro e
fuoco le terre di Verona Vicenza Padova Bassano Feltre) sia dall'abile azione diplomatica
messa in atto dai suoi governanti che riescono, mediante accordi separati, a dividere il
fronte dei coalizzati. Venezia comunque dopo questa sconfitta, pur riuscendo a mantenere a
conservare la propria integrità territoriale, dovrà dire addio ai suoi sogni di
diventare una grande potenza di terraferma.
Machiavelli, subito dopo la descritta
entrata in Pisa alla testa della sua Milizia, il 10 novembre 1509 viene inviato al campo
dell'Imperatore: prima Mantova e poi Verona sono le tappe di questa legazione, e a Verona
consegnerà al tesoriere dell'Imperatore 10.000 fiorini d'oro. Invierà a Firenze in
rapporto in cui mette in risalto l'eroismo dei contadini veneti contro i Tedeschi:
"Tutto dì occorre che uno di loro preso si lascia ammazzare per non negare il nome
veneziano. E pure iersera ne fu uno innanzi a questo vescovo, che disse che era Marchesco
(di San Marco), e Marchesco voleva morire, e non voleva vivere altrimenti, in modo che il
vescovo lo fece appiccare; né promesse di camparlo né d'altro bene lo poterono trarre di
questa opinione; dimodochè, considerato tutto, è impossibile che questi Re tenghino
questi paesi con questi paesani vivi".
Machiavelli torna a Firenze il 2 gennaio
1510 e subito dopo si trova nel mezzo di uno spregiudicato cambiamento di fronte. Giulio
II, che aveva ottenuto le terre della Romagna che facevano parte dello stato pontificio,
si riappacifica con i Veneziani e promuove una Lega, da lui stesso detta "Santa",
alla quale invita Svizzeri, Inglesi e Spagnoli: Venezia si viene così a trovare tra due
fuochi, Giulio II da un lato e i Francesi dall'altro, senza la possibilità di poter
attuare una politica equidistante e senza il coraggio, dimostrato più volte in quegli
anni proprio dai Veneziani, così invidiati dal Machiavelli perché hanno la fortuna di
perdere nelle battaglie e di vincere nei negoziati, riacquistando diplomaticamente più di
quanto hanno perso militarmente: "Fu un tempo cosa quasi che fatale alla
repubblica veneziana perdere nella guerra, e negli accordi vincere, e quelle cose che
nella guerra perdevano, la pace dipoi molte volte duplicatamente loro rendeva".
Lo stesso avviene con l'Imperatore Massimiliano: "secondo l'ordine della fortuna
loro fecero un accordo con i Tedeschi, non come perdenti, ma come vincitori; tanto fu per
loro la repubblica onorevole". La fortuna dei veneziani era l'effetto del loro
coraggio e della loro tenacia, di quel non temere il peso e i pericoli della guerra; per
questo i nemici venivano a patti con Venezia temendo la sua potenza e la forza del suo
radicamento nel territorio. Il Machiavelli fiorentino, innamorato della sua
"patria" non poteva ammettere l'intrinseca forza di Venezia che derivava anche
dalla solidità di un Governo garantito nella sua esistenza e continuazione da una serie
di norme tanto rigide quanto difficili da manomettere.
Così nel giugno 1510 Machiavelli si mette
in viaggio per la Francia, incaricato di farsi mediatore tra Francia e papato; si reca a
Blois per incontrare Luigi XII e invia a Firenze una serie di lettere che sono un chiaro
esempio della sua fredda lucidità di giudizio e della sua considerazione sempre più
frequente di inserire i fatti in una concezione politica più generale. In esse il
Machiavelli invita la repubblica a prendere una chiara decisione in favore o del Papa o
della Francia per evitare di restare vittima comunque del vincitore, chiunque fosse stato.
Ma il suo consiglio resterà inascoltato e Soderini persisterà in una politica di
equidistanza tra papato e Francia. Tornato a Firenze, nel mese di ottobre a Firenze scrive
il Ritratto delle cose di Francia.
Nel mese di Agosto 1511 si diffonde la
notizia che Giulio II è gravemente malato; allora Pier Soderini, quasi raccogliendo il
vecchio consiglio di Machiavelli, decide di appoggiare i cardinali filofrancesi,
confidando in una loro vittoria; ma il papa guarisce inaspettatamente, e Machiavelli viene
subito chiamato per parare l'ira del papa e il 10 settembre è inviato a Milano e quindi
in Francia per cercare di impedire o almeno di rimandare l'effettuazione del concilio. Ma
i tempi precipitano: Giulio II lancia il 23 settembre l'interdetto contro Pisa e Firenze;
"Sopravenne
in questo mezzo il primo dí di settembre, dí determinato a dare principio al concilio
pisano; nel quale dí i procuratori de' cardinali venuti a Pisa celebrorono in nome loro
gli atti appartenenti ad aprirlo. Per il che il pontefice, sdegnato maravigliosamente co'
fiorentini che avessino consentito che nel dominio loro si cominciasse il conciliabolo (il
quale con questo nome sempre chiamava), dichiarò essere sottoposte allo interdetto
ecclesiastico le città di Firenze e di Pisa, per vigore della bolla del concilio intimato
da lui; nella quale si conteneva che qualunque favorisse il conciliabolo pisano fusse
scomunicato e interdetto, e sottoposto a tutte le pene ordinate severamente dalle leggi
contro agli scismatici ed eretici".
(Guicciardini, Storia d'Italia, Lib. 10, cap. 5)
Il
concilio, voluto dal re di Francia, con l'intento di far deporre il papa con l'accusa di
simonia, comincia a Pisa, tra l'ostilità generale sia dei pisani che della stessa
signoria di Firenze che non consentì il passaggio e lo stazionamento non solo delle
truppe francesi ma anche dei soldati al seguito dei vari cardinali, all'interno del
territorio della repubblica. Ma dopo appena due sedute, anche a seguito di un fortuito
tumulto scoppiato a causa di un francese che aveva fatto insolenti apprezzamenti su una
meretrice, si decide nella seconda seduta di trasferire il concilio, chiamato
sprezzantemente dal papa conciliabolo, a Milano, dove avrà vita non meno
difficile: "fatta il dí seguente la [seconda] sessione, nella quale
statuirno che il concilio si trasferisse a Milano, si partirno con grandissima celerità,
innanzi al quintodecimo dí della venuta loro: con somma letizia de' fiorentini e de'
pisani, ma non meno essendone lieti i prelati che seguitavano il concilio;". Affrettano
i preparativi per la partenza, lamentandosi "per la mala qualità
degli edifici e per molte altre incomodità procedute dalla lunga guerra, non era atto
alla vita dilicata e copiosa de' sacerdoti e de' franzesi, e molto piú perché, essendo
venuti per comandamento del re contro alla propria volontà, desideravano mutazione di
luogo e qualunque accidente per difficultare, allungare o dissolvere il concilio. Ma a
Milano i cardinali, seguitando per tutto il dispregio e l'odio de' popoli, arebbono avute
le medesime o maggiori difficoltà." (Guicciardini, cit., lib. 10, cap.
7).
Gli eventi precipitano. L'11 aprile 1512 a
Ravenna, in una grandissima battaglia, e senza dubbio delle maggiori che
per molti anni avesse veduto Italia, i Francesi sconfiggono le truppe della
Lega Santa, ma il comandante delle truppe francesi, Gastone di Fois, vi trova la
morte; la morte di Fois e le gravi perdite subite, insieme al timore di un intervento
dell'imperatore al fianco del papa, neutralizza gli effetti della vittoria;
successivamente sia la tregua con l'imperatore che la paura di un intervento sul
territorio francese degli inglesi che con le navi cominciavano a infestare le coste della
Normandia e della Bretagna, spinge Luigi XII a richiamare in Francia un forte contingente
di truppe, lasciando sguarnito l'esercito di stanza in Italia. Nel Concilio Lateranense,
che proprio in quei giorni aveva aperto per contrastare il concilio pisano, il papa
ammonisce il re francese a lasciare libero il cardinale dei Medici, tenuto prigioniero a
Milano.
Firenze resta in balia del papa e il 29
agosto le milizie comunali raccolte dal Machiavelli vengono sconfitte dalle truppe
spagnole e pontificie che conquistano e saccheggiano Prato due giorni dopo, mentre
Machiavelli cerca di svolgere un'opera di pacificazione cittadina inviando un appello al
partito dei Medici perché non infierisca sul gonfaloniere sconfitto (Ricordo ai
Palleschi); così racconta Guicciardini la fine della Repubblica e il ritorno dei
Medici:
"Paolo Vettori e Antonio Francesco degli Albizi, giovani nobili, sediziosi e cupidi di cose nuove la mattina del secondo dí dalla perdita di Prato, che fu l'ultimo dí di agosto, entrati con pochi compagni in palazzo, dove, per il gonfaloniere che si era rimesso ad arbitrio del caso e della fortuna, non era provisione né resistenza alcuna, e andati alla camera sua, lo minacciorono di torgli la vita se non si partiva del palazzo, dandogli in tale caso la fede di salvarlo. Alla qual cosa cedendo egli, ed essendo a questo tumulto sollevata la città, scoprendosi già molti contrari a lui e nessuno in suo favore, fatti per ordine loro congregare subito i magistrati che secondo le leggi avevano sopra i gonfalonieri amplissima autorità, dimandorno che lo privassino legittimamente del magistrato, minacciando che altrimenti lo priverebbeno della vita: per il quale timore avendolo contro alla propria volontà privato, lo menorno salvo alle case di Paolo, donde la notte seguente bene accompagnato fu condotto nel territorio de' sanesi; e di quivi, simulando di andare a Roma con salvocondotto ottenuto dal pontefice, preso occultamente il cammino d'Ancona, passò per mare a Raugia Levato il gonfaloniere del magistrato, la città mandò subito imbasciadori al viceré, col quale per opera del cardinale de' Medici facilmente si compose: perché il cardinale si contentò che degli interessi propri non si esprimesse altro che la restituzione de' suoi (e) venne subito in Firenze alle case sue; ove, parte con lui parte separatamente, entrorno molti condottieri e soldati italiani, non avendo i magistrati, per la vicinità degli spagnuoli, ardire di proibire che non vi entrassino. Dipoi il dí seguente, essendo congregato nel palagio publico per le cose occorrenti un consiglio di molti cittadini, al quale era presente Giuliano de' Medici, i soldati, assaltata all'improviso la porta e poi salite le scale, occuporono il palagio.
I
Medici, cacciati nel 1494, dopo 18 anni, rovesciato il governo repubblicano, il 16
settembre rientrano in città. L'8 novembre la signoria medicea solleva dall'incarico,
privandolo di ogni beneficio, Machiavelli: "Die 8 novembris 1512. Praefati
Magnifici et excelsi Domini et Vexillifer simul adunati, etc., absente magnifice Domino
Paulo de Vectoris, uno ex dictis Magnificis Dominis collegii domi aegrotante, vigore
cuiuscumque auctoritatis, potestatis, eiusdem per quaecumque statuta ad ordinamente Populi
et Comunis Florentiae concessae et attributae et omni meliori modo etc., servatis
servandis etc., et obtento partito inter eos per omnes fabas nigras, cassaverunt,
privaverunt et totaliter amoverunt Nicolaum domini Bernardi de Machiavellis ab et de
officio Cancellarii secundae Cancellariae prefatorum Magnificorum et excelsorum Dominorum
Florentiae, et ab et de officio sive exercitio, quod ipse Nicolaus hactenus habuit et
exercuit sive habere et exercere consuevit in Cancellaria, sive pro computo Cancellariae
Magistratus Decem Libertatis et Pacis Excelsae Reipublicae Florentinae; ipsumque Nicolaum
pro casso, privato, et totaliter amoto ab et de hujusmodi Officiis, sive exercitiis, et
quolibet eorum habendum esse, et habere de caetero voluerunt, decreverunt, et mandaverunt.
Mandantes etc."; il 10 viene condannato a un anno di confino all'interno del
dominio e territorio fiorentino con l'obbligo di non oltrepassarne il confine (che
trascorrerà presso San Casciano) e al pagamento di una cauzione ingentissima: mille
fiorini d'oro, che gli saranno forniti da tre amici rimasti sconosciuti: "Die 10
mensis novembris 1512. Item dicti DD. Et Vexillifer simul adunati etc., juxtis de causis
moti, ut dixerunt, et servatis servandis etc. deliberaverunt, et deliberando relegaverunt
amoverunt Nicolaum domini Bernardi de Machiavellis, civem Florentinum, olim unum ex
cancellariis dictorum Dominorum, in territorio et dominio Florentino per unum annum
continuum prox. Fut. Ab hodie; quae confinia servare teneatur et debeat, nec de dicto
dominio et territorio Florentino exeat nec exire debeat sub poena eorum indignationis; et
quod pro observantia supradictorum, et dictae relegationis debeat dare et det dictis
Magnificis et Excelsis DD. Eosdem fidejussores, sive expromissores, quos hodie ob similem
causam dederat, ut apparet manu ser Antonii de Bagnone, qui se sub dicta eadem poena flor.
1000 largorum, et eodem modo videlicet flor. 333 ½ largorum pro quolibet, in forma valida
se obligent, quod praedictos fines in totum servabit; alias de eorum solvere, ut supra,
Communi Florentiae quantitatem praedictam, cui dicta poena applicari debeat, et sic eam
tali casu applicuerunt. Mandantes etc.". E infine il 17 a non mettere più piede
in Palazzo Vecchio: "Die 17 mensis Novembris 1512. Item dicti Magnifici et Excelsi
DD. Et Vexillifer simul radunati etc. deliberaverunt fieri praeceptum et praecipi Nicolao
dom. Bernardi de Machiavellis, olim cancellario secundae Cancellariae dictorum
Magnificorum et Excelsorum DD., et. Blasio Bonaccursi olim Coadjutori Domini Marcelli,
quatenus per unum annum proximum futurum a die notificationis hujus deliberationis, et
praecepti non intrent, nec ingredi possint palatium praefatorum Magnificorum, et
Excelsorum Dominorum, sub poena eorum indignationis etc. Mandantes etc.".
Non si conoscono i motivi per cui viene
allontanato dai Medici dal suo incarico, tanto più che la sua onestà è comprovata
proprio dal non essersi arricchito col suo incarico, come avrebbero fatto molti, e dal non
essersi mai schierato decisamente a favore di nessuno schieramento politico legandovi le
sue sorti. Il Machiavelli non è un eroe politico e neanche un partigiano. Gli nocque
certamente la grande amicizia dimostratagli da Pier Soderini durante i suoi dieci anni di
gonfalonierato e forse i suoi consigli allo stesso Soderini ad assumere più energici
provvedimenti atti a consolidare lo stato della città e il governo; o forse il suo
impiego presso la Seconda Cancelleria, pur non essendo molto ben remunerato, faceva gola a
uno dei tanti servi che seguono il carro del padrone vincitore.