Mario Luzi è nato a Firenze nel 1914. Nel 1926 si trasferisce con la famiglia a Siena, ma vi rimane solo tre anni. Nel '29 è di nuovo a Firenze dove compie gli studi liceali e universitari, laureandosi con una tesi sullo scrittore cattolico francese François Mauriac. Per qualche anno insegna nella scuole superiori; poi, dal '55, assume la cattedra di letteratura francese presso la facoltà di Scienze Politiche di Firenze.
E' considerato uno dei fondatori dell'ermetismo nonchè il maggiore poeta italiano contemporaneo. Non esiste un poeta di così lungo corso e sempre in ascolto come è Luzi, il cui itinerario poetico (oltre sessantacinque anni) non ha mai comportato una pigra amministrazione delle proprie ricchezze, ma si è sempre prodigalmente speso, e tuttora si spende, in diverse avventure dell'immaginazione con un esito di molteplicità che non ha eguali nel nostro secolo.
I suoi esordi letterari risalgono agli anni prima della guerra (la prima raccolta, La barca, è pubblicata nel 1935), quando comincia a frequentare altri giovani poeti della scuola ermetica (Bigongiari, Parronchi, Bo) e collabora a riviste d'avanguardia come "Frontespizio" e "Campo di Marte". Nella raccolta è già presente un aspetto che perdurerà in tutte le stagioni poetiche di Luzi. Franco Fortini l'ha definita "certezza dell'essenza spirituale dell'universo", dalla quale consegue la "possibilità di conoscere tale essenza per via intuitiva, indipendentemente dalla storia umana".
Nel concreto, questo fondamentale aspetto della poesia di Luzi si traduce, almeno inizialmente, in liriche che si rifanno al simbolismo e al suo maestro Mallarmé per il linguaggio prezioso e cifrato, per l'assenza totale della realtà contingente e della storia, per una forte tensione etica e spirituale. Nelle quali, d'altra parte, il poeta appare stilisticamente già assai maturo e perfettamente padrone di una tecnica che usa con rara maestria un endecasillabo "sublime ed eloquente".
Il programma di letteratura come vita doveva confermarsi nel clima onirico e visionario di Avvento Notturno del 1940. "Avvento notturno" segnava allora il culmine dell'ermetismo-, quando il poeta non ancora ventiseienne viveva in quella capitale della letteratura italiana che era la Firenze degli anni Trenta, la città allora di Montale, Gadda, Palazzeschi, Vittorini, Gatto, Landolfi, Bilenchi, Pratolini e altri. Il precoce riconoscimento comportò anche un'etichetta -Luzi poeta ermetico, anzi il poeta ermetico per antonomasia- che, mai respinta dal poeta fedele alla propria giovinezza, si è sempre più mostrata limitante e inadeguata via via che Luzi andava pubblicando nuovi volumi, esemplare, comunque, di un'esperienza estrema e acrobatica dell'analogismo simbolista italiano. Il periodo migliore della poesia di Luzi è quello che, anticipato dalla raccolta Quaderno Gotico, si apre con la raccolta Primizie del deserto dei primi anni Cinquanta e giunge al culmine con Onore del Vero e Il Giusto della vita., dove le figurazioni immaginifiche dell’esordio appaiono fermate in contorni più schietti ed essenziali e nutrite di un profondo significato morale di un'inquietudine profonda che si traduce, da un lato, in paesaggi tetri, aspri, perennemente scossi dal vento; dall'altro nella costante ricerca di un ponte tra essere e divenire, mutamento e identità, tempo ed eternità, nell'incerta speranza che questo possa in qualche modo lenire la penosa insensatezza del vivere.
Più di recente Luzi ha modificato alquanto lo stile e in parte i contenuti in opere come ad esempio in Per il battesimo dei nostri frammenti e(1985) . Il verso é diventato prosastico, il lessico "di nobile estrazione saggistica"; i contenuti, infine, si sono aperti a memorie di adolescenza, ambienti della quotidianità urbana, fino a paesaggi esotici di paesi stranieri.
Giovanni Giudici ha rimarcato la «coerenza» di Luzi che
«proprio liberandosi della sua cultura e con essa in continuo antagonismo, è
riuscito a conquistare una rara pienezza». E' un'affermazione che rende
sinteticamente l'esito del vasto procedere dell'opera luziana: la fedeltà ad
alcuni elementi primi (evidenti già in "La barca") si intreccia a un continuo e
vasto rinnovamento, che vede quel principio metamorfico, suo tema prediletto,
sistematicamente presente nella dinamica dei testi; ne deriva un procedere molto
teso per continuità e discontinuità, una dinamica nella quale possiamo inoltre
osservare il singolare fenomeno di una poesia che, caratterizzata da una sua
prima identità negli anni ermetici di "Avvento notturno", con una nozione molto
precisa di "cultura", successivamente tende ad allontanarsene per ritrovare il
"discorso naturale". La vastità dell'opera luziana fa sì che egli sia un poeta
plurimo come pochi e che sia emblematico di stagioni tra loro diverse: il primo
Luzi (fino agli anni Cinquanta) è significativo rappresentante di una lirica
esistenziale: egli risalta in tale ambito per la tensione etica alla non
disperazione (pur se intimamente attraversata), al superamento del «male di
vivere» per «il giusto della vita», in virtù di una consonanza cristiana (ma
anche leopardiana) dell'essere «ciascuno e tutti insieme» a vivere. Proprio qui
si apre la svolta: il punto di vista non è più tra l'io e la realtà, non c'è più
giudizio (o pregiudizio): l'io come tutti e tutto è nel flusso, è attraversato
dalla vita, come è attraversato dalla parola: il poeta assume per sé‚ il ruolo
umile e superbo di scriba, in un rinnovamento degli istituti del dire poetico e
delle prospettive fondamentale per il tardo Novecento, affine, per quanto
diversissimo, all'altro prediletto compagno di poesia. E va riconosciuto il
coraggio di una poesia che, per quanto allarmata dal nefando della storia, dice
un raro (o forse unico) "sì" a una vita naturale, che per altri sembra una
chiave perduta, nonostante sussistano pur sempre i segnali di essa.
Luzi, per quanto nei modi così diversificati che abbiamo descritto, è sempre
stato un poeta dell'estremismo; può sembrare paradossale dire questo di un poeta
da sempre bersagliato dagli avanguardismi, ma esistono diversi tipi di
estremismo, anche laddove può aver vigore la tradizione e la misura.
L'estremismo nasce dal fatto che per Luzi la parola della poesia, come ogni
parola umana e ogni segno, non può che misurarsi con un'altra parola, cioè la
Rivelazione: laddove Caproni sconta la propria «ateologia», Luzi non dubita
della «travolgente nascita»; il dubbio è invece sulle possibilità umane di
ricezione del messaggio, da cui l'ardua difficoltà di tale captazione. A questa
meta mira il perenne statuto di viaggio della sua poesia da "La barca" a
"Viaggio terrestre e celeste di Simone Martini" e oltre, nelle poesie in
elaborazione.
Questo viaggio implica una tensione particolare del testo che si può agevolmente
definire come vocazione al sublime, motore del dinamismo e del taglio
linguistico di tipo "alto": inizialmente la difficoltà di Luzi era trovare la
via al sublime dentro il "bello", che tanto ha sostanziato il suo primo tempo,
mentre poi è risultato più agevole trovare l'"alto" incastonato nel "basso"
delle sue scelte prosastico poetiche.
La sua resta comunque una poesia d'elezione, intesa come pratica salvifica da una vita apparentemente priva di senso; in fondo alla quale, tuttavia, resta forse la speranza di una sopravvivenza dell'anima alla morte del corpo. Risposta, questa, essenzialmente religiosa che si rifà a un cristianesimo profondamente sentito, anche se in modo tormentato, che compare nelle liriche del poeta fin dai suoi esordi.
Prof. Massimiliano Badiali
Ringraziandoti e sperando che il mio operato ti sia utile, ti lascio con quattro versi della tua poesia Cuore che non dimenticherò:
"La raccolta è semplicemente "difficile"; tanto nella comprensione, quanto nella lettura. Troppo spesso le parole prevaricano i significati, o si assiste ad un totale disinteresse verso le regole della punteggiatura e della sintassi. Come se non bastasse non c'è né un metro, nè una particolare successione di rime; niente che inviti ad una qualsiasi cadenza. Anche la versificazione è unicamente volta all'esaltazione della parola. Ci sono brani di questa raccolta che mi hanno profondamente colpito, che mi hanno veramente lasciato qualcosa. Sono quelle parti di essa che paiono esser frutto di un'illuminazione momentanea; la diretta trasposizione in parole di altrettante idee, che esemplificano una grandissima sensibilità poetica. Sono passaggi in cui l'artificio è praticamente naturale, frutto diretto della creazione. (Sto parlando di composizioni come "Cuore" e "Telos")
"...dentro
del dolore
non ho macchiato
la purezza."
(
Mario Luzi,1999)
- Il messaggio che viene raccolto parla d’inquietudine, di un animo minato nelle fondamenta dalla sensibilità, che in vece di uno sbocco automatizzato della narrazione, predilige la verità, stagliandosi sullo sfondo livido di un paesaggio quasi onirico, dove rimane a mezz’aria, attendendo grazia o condanna, errando fino a che odio ed ingiustizia troveranno pace e ristoro nel calore di un corpo idealizzato. Mentre il secolo volge al termine, la fatica di continuare ad essere si protende fino a farsi respiro, straniando la latitudine in cui si perde, ebbro di esaltazione, il ritmo dell’esistenza.(Colloquio con Mario Luzi Premiazione CAPIT Viareggio 2000 impressioni registrate sulla poesia Novecento).
Prof. Massimiliano Badiali