MAZZINI E I MOTI CARBONARI

 

Il Congresso di Vienna tra il 1814- e il 1815, ispirandosi al principio legittimista, sostenuto da Talleyrand a beneficio della dinastia borbonica, tende a ricostruire gli Stati esistenti anteriormente alla Rivoluzione francese, il che ha per conseguenza la restaurazione dell'equilibrio europeo, rotto dalle guerre rivoluzionarie e napoleoniche. I politici di Vienna credettero di poter cancellare con forza le innovazioni che la Rivoluzione francese aveva portato: cioè libertà, fraternità e uguaglianza. Si riportò tutti i territoriai leggittimi sovrani che vi erano prima di Napoleone, eccetto la mancata restaurazione del Sacro Romano Impero, quella di un Regno Indipendente di Polonia, l'unione della Norvegia alla Svezia. Si crearono stati cuscinetto intorno alla Francia come Regno dei Paesi Bassi, unendo belgio e Olanda, si annesse la Repubblica di Venezia all'Austria. L'Impero Germanico fu sostituito dalla Confederazione Germanica, in cui primeggiano Austria e Prussia; la presidenza della Dieta, che ha sede a Francoforte, spetta all'Austria.

Il Congresso di Vienna sebbene si sia opposto alle aspirazioni nazionali ed abbia violato le leggi geopolitiche, ha posto anche dei princìpi giusti e fecondi: ha soppresso la tratta dei Negri, ha favorito la libera circolazione sui fiumi internazionali (Reno, Danubio e Vistola) ed infine ultimo ma non meno importante ha garantito alla Svizzera la sua neutralità permanente.

Modificandosi in tal maniera l'aspetto geopolitico, si resero necessarie nuove alleanze al fine di mantenere l'equilibrio. La Santa Alleanza, stipulata a Parigi il 26 settembre 1815 fra Austria, Prussia e Russia, patto a cui aderiscono in seguito a titolo personale Francia e Inghilterra, verrà strumentalizzata dal Metternich per mantenere l'ordine e l'equilibrio consacrando il principio di intervento, al quale l'Inghilterra opporrà il principio di non intervento, che favorirà l'emancipazione delle colonie spagnole, la trasformazione del regime in Francia (1830) e la costituzione.

Il periodo che segue il Congresso di Vienna viene chiamato Restaurazione che designa l'epoca della storia dell'intera Europa che va dal 1815 al 1830, caratterizzata dal ritorno, nelle monarchie restaurate dopo la caduta di Napoleone, del principio di legittimità del diritto divino in contrapposizione al principio di legittimità democratico affermato dalla Rivoluzione Francese. Il legittimismo fu un carattere essenziale e la restaurazione fu un movimento storico puramente reazionario mirante al semplice ritorno dell'ancien régime : solo Luigi XVIII non si mostrò favorevole ad un assolutismo totale, mantenendo certe forme parlamentari in Francia.

Ciononostante la restaurazione fallì nel suo compito fondamentale, e cioè nell'attuazione di una giusta conciliazione del passato con il presente, perché disconobbe le nuove esigenze ideali della libertà, della democrazia e della nazionalità, potentemente portate alla ribalta dalla Rivoluzione e diffuse in Europa da Napoleone. Tali nuovi princìpi si andavano sempre più affermando nonostante il rigore delle polizie.

Dopo il 1815 agli intellettuali e ai borghesi seguaci delle nuove idee non restava, contro la severa persecuzione degli organi di polizia, che la cospirazione nell'ambito delle società segrete. Molte di esse, per la verità esistevano già prima del 1815, ma solo in seguito ebbero una grande diffusione: il clima di Restaurazione costituì infatti un terreno adatto per la congiura, in quanto coloro che intendevano battersi per una società di cittadini liberi erano costretti a riunirsi di nascosto per evitare di essere scoperti e perseguitati. Le società segrete, che ebbero maggiore fortuna, furono la Massoneria e la Carboneria. Il loro obiettivo era, in generale, la conquista di una costituzione; ma nell'Italia settentrionale - il Lombardo-Veneto - si lottava anche per la conquista dell'indipendenza dalla dominazione austriaca; nello Stato Pontificio si chiedeva, invece, un governo laico dopo tanti anni di malgoverno ecclesiastico; i carbonari della Sicilia esigevano che l'isola diventasse uno Stato separato da quello di Napoli contrariamente a quelli di Napoli che volevano tenerla unita al regno.

La Carboneria aveva due grandi difetti: la mancanza di un'organizzazione centrale, capace appunto di collegare fra loro le diverse iniziative regionali secondo criteri unitari e organici e il carattere misterioso dell'associazione i cui membri ignoravano talora persino i programmi e l'identità dei loro capi e dovevano spesso sottoporsi a riti strani ed incomprensibili. Inoltre, l'origine degli associati faceva della Carboneria un'associazione troppo chiusa e ristretta per poter formulare vasti programmi a carattere nazionale. L'assenza delle classi popolari fu infatti una delle principali cause degli insuccessi, ai quali fra il 1821 e il 1831 andarono incontro i moti carbonari in Italia.

In Spagnail 1° gennaio del 1820, indipendente da qualsiasi direttiva centrale, vi fu il "pronunciamiento di Cadice". Una rivolta dei militari affiliati per lo più alle due società segrete diffuse nella penisola (Massoneria e Comuneros) che costrinse il Re di Spagna Ferdinando VII a ripristinare la costituzione revocata nel 1812. La facile vittoria dei liberali spagnoli, che in poche ore ebbero partita vinta, infiammò gli animi: nel luglio successivo alla rivolta spagnola, ebbe inizio il moto carbonaro di Napoli. Invece l'insurrezione di Palermo fu caratterizzata dall'idea di separatismo e di indipendentismo della Sicilia dal Regno: ristabilire l'ordine costò sperpero di energie e forze che si sarebbero potute utilizzare in modo proficuo su ben altri scacchieri. Il desiderio di imitare Napoli si insinuò dentro l'anima dei militari piemontesi, e ci fu perfino un legittimo erede al trono (Carlo Alberto) che nutre forti simpatie filoliberali. Fu proprio per questa fiducia che alcuni liberali lo informarono della volontà di alcuni nobili torinesi di ottenere la Costituzione e se era necessario disposti anche a muovere guerra all'Austria. Era il modo più discreto e sottile per fargli capire che c'era in Piemonte come a Napoli, aria di rivoluzione. L'insurrezione parte da Alessandria: Carlo Alberto, presa la reggenza, concedette la Costituzione spagnola, ma poui fu costretto dalla situazione a rinnegare la sua scelta e il moto piemontese fallì.

Dopo l’intervento dell’esercito francese fu repressa la costituzione in Spagna e di quello austriaco a Napoli.

Ma nel 1830 A parigi scoppiò una rivoluzione, che risolse nella deposizione del re Luigi XVIII e l’elezione da parte dei francesi di una monarchia costituzionale con a capo Luigi Filippo d’Orléans, seguiti dai moti del Belgio che portarono alla sua successione dall’Olanda, anche in Italia scoppiarono moti liberali. A Modena, a Parma, a Bologna e in Romagna esplose la protesta contro il potere assoluto dei governanti, caratterizzata anche da forti componenti antipapali. Animatore della sommossa, che ancora una volta fu schiacciata dalle truppe austriache, fu il ricco imprenditore Ciro Menotti, che perseguiva il disegno politico di un'Italia indipendente ed unita sotto una monarchia rappresentativa.

Ancora una volta, alla debolezza manifestata dai governi legittimi, messi in fuga in pochi giorni, corrisposero l'isolamento dei patrioti dal popolo e la loro vocazione più all'intrigo di corte che ad un'azione capace di mobilitare vaste forze sociali. Lo stesso Menotti trattò in un primo momento con il duca di Modena, desideroso di ingrandire il suo stato, prospettandogli la possibilità di allargare i propri territori.

Per comprendere il periodo è necessario analizzare il pensiero di Giuseppe Mazzini, che parla di una forma di Stato di tipo unitario e, per la forma di governo, dichiara le proprie idee repubblicane. Interessante, per capirne il pensiero politico, è la biografia politica del pensatore ligure. Nacque a Genova nel 1805 da un’agiata famiglia piccolo-borghese. Fondò una nuova società segreta "La Giovine Italia". All’origine di essa vi fu una critica incisiva della Carboneria a cui si imputò di essere totalmente disorganizzata al proprio interno: la "Giovine Italia" propone un nuovo modello di lotta politica che, innanzi tutto, vuole coinvolgere le masse per giungere ad un moto insurrezionale popolare e nazionale. Si è di fronte ad un’organizzazione non più di stampo liberale, ma democratica il cui messaggio politico è indirizzato a tutte le classi sociali, anche le più povere, perché siano le vere protagoniste del processo di unificazione tendente a fare dell’Italia uno Stato unito, indipendente e repubblicano. Mazzini credeva alla Patria all’Umanità: sperava che il concetto di nazione sarebbe stato superato a favore di una federazione fra i popoli europei che, da un lato, avrebbe permesso la fine del nazionalismo. Tutti gli uomini di una nazione sono chiamati, per la legge di Dio e dell'umanità, ad essere uguali e fratelliDi qui il programma politico spirituale, che desiderava provvedere all'educazione e alla formazione di una nuova coscienza popolare quale indispensabile premessa di ogni azione. Religiosità, democrazia e nazione sono per il Mazzini una cosa sola: senza la fede in un principio superiore, in un Dio di verità e di giustizia, che per lui non si identifica con quello della tradizionale religione, gli italiani avrebbero continuato ad occuparsi del proprio interesse particolare e non avrebbero sentito nascere in se stessi quel sentimento di solidarietà e di dignità che è necessario per una rinascita senza un regime di piena democrazia repubblicana, essi sarebbero rimasti dei semplici oggetti di storia, succubi degli stranieri o dei tiranni e principi locali. Infine, senza religione e senza democrazia non ci può essere nazione, quando anche si sia conseguita l'indipendenza territoriale, perché la nazione non si identifica con l'unità etnica o con le tradizioni comuni, ma si fonda invece sull'unità dei propositi che si possono pienamente manifestare solo grazie alla conquista di un regime di completa libertà.

In sintesi: "Dio e popolo" significa appunto che Dio si manifesta attraverso il popolo; significa che la nazione deve considerarsi come "un'operaia al servizio di Dio", cioè al servizio dell'Umanità.

 

La presenza di Mazzini fu essenziale e determinante per la realtà italiana, infatti egli non seppe solo creare una coscienza di "popolo" e di "patria" presso tutte le classi sociali, ma seppe anche essere nei paesi europei il simbolo stesso del nostro Risorgimento e dell'assoluta necessità di dare ai problemi italiani una soluzione adeguata.