CAPITOLO III : Le Monde à peu près

 

1. L’autobiografia : l’emergenza del « je »

 

Se Les Champs d’honneur e Des hommes illustres formano un solo blocco o dittico, che prepara l’emergenza del "je", in Le Monde à peu près il velo del "nous" cade e la diegesi tratta direttamente l’autobiografia : la narrazione è condotta in prima persona da un narratore omodiegetico.

Come ha affermato Rouaud :

 

le « je » « de Le Monde à peu près est un « narrateur » incomplet, un « je » de fiction, qui n’est pas ce que je suis, mais plutôt ce que j’ai imaginé à travers l’écriture(I.P.).

 

L’uso del « je » modifica le condizioni in cui il racconto è vissuto e presentato al lettore: il narratore diviene personaggio e testimone di ciò che è narrato, cosicché " le roman se trouve pour ainsi dire raconté par lui-même"1. Il narratore assume i poteri dello scrittore : egli "si trova in una posizione di confine, in una specie di terra di nessuno (…), a metà strada fra i due protagonisti della creazione narrativa (lettore ed autore)"2.

L’uso della prima persona nella narrazione indica un nuovo atteggiamento esistenziale di Rouaud: pur rimanendo acuto il dolore per le morti dei cari, la distanza che separa l’io dal mondo tende progressivamente a diminuire. Il romanzo tratta temi differenti rispetto a Les Champs d’honneur e a Des hommes illustres : non prosegue la descrizione della saga di famiglia nella provincia francese, ma il narratore tesse la sua tela di malinconia nel recupero di stralci di memorie della sua famiglia e del suo paese natale. Le Monde à peu près ripercorre la vita del narratore nel periodo degli studi al collegio Saint-Cosmes e alla facoltà di Lettere a Nantes, di questo "enfant perdu dans un océan de certitudes et de slogans, un orphelin qui nage à contre-courant, en poursuivant l’ombre d’un père à jamais absent"3. Il titolo del romanzo esprime questa sofferta inserzione nel reale del « je » : "à peu près" rappresenta la percezione soggettiva del protagonista, isolato dal resto del mondo4 da una miopia che non è solo indicativa di difficoltà di visione, ma soprattutto metafisica.

Il romanzo s’incentra sulle modeste confessioni « d’un enfant du siècle »(I.P.), in cui passato e presente s’intrecciano e si succedono sotto lo sguardo interiore e il flusso di coscienza dell’io. Il potente microscopio scritturale di Rouaud rievoca un’autobiografia frammentata, incentrata sulle reminescenze adolescenziali : le prime esperienze di scrittura, le inopinate e stupefacenti comparse di Gyf, le partite di calcio, la preparazione del tè, gli esercizi sulla chitarra e sul violino, il ping-pong, il cinema d'autore, la noia della vita studentesca e la storia d’amore con Théo sullo sfondo dei cortei sessantottini sono frammenti di memorie, magicamente sospese tra elegia e ironia, che "dessinent une confession pleine de drôlerie"5. "Ce n’est pas le récit fidèle de ma jeunesse- precisa l’autore-, mais c’est l’impression que j’en ai gardée" (L.P., 16 Giugno).

ll "je" nel presente recupera la coscienza del proprio io, risalendo la superficie del labirinto, consapevole che "l’horizon est sombre et le quotidien sans agréments"(M.P.P. pag. 166), Pur essendo fallimentari le sue esperienze quotidiane, l’io si solidifica vivendo nella solitudine e si sforza di acquisire la coscienza della propria individualità. L’isolamento del personaggio, nella sua cella universitaria, deriva dalla percezione del mondo come ostile: dalla mancanza di rapporti interpersonali significativi o dalla discrepanza tra le relazioni umane che desidera avere e quelle che effettivamente ha ; solitudine acuita anche da un sentimento di insufficienza fisica che emerge dal confronto con gli altri.

 

 

Il romanzo è strutturato in quattro parti: la prima racconta l’adolescenza trascorsa al collegio Saint-Cosmes; la seconda e la terza rievocano gli anni universitari; la quarta chiarisce e definisce una concezione disincantata della vita che sfocia nell’accettazione positiva del male di vivere.

 

 

La solitudine

 

Sul piano personale, il narratore recupera la percezione del proprio corpo, iniziando a interagire con il mondo. Il recupero del sé materiale e sociale è un percorso molto difficile : le carenze affettive nell’infanzia, dipendenti dal trauma della « trinità tragica » delle morti dei cari, creano nel protagonista difficoltà nella socializzazione : nell’incipit del libro "Moi qui redoute la compagnie des hommes"(M.P.P. pag. 9), il protagonista evidenzia la propria estraneità verso i suoi coetanei. 

Per il narratore la solitudine è un dato inoltrepassabile dell’esistenza umana : per Rouaud nessuno può riuscire a percepire e a vedere le cose in una prospettiva diversa dalla propria : questo solipsismo di Rouaud sottolinea l’assoluta invalicabilità della coscienza umana. Ciascuno è una monade solitaria, legata al filo associativo delle sue idee ed ermeticamente chiusa. L’unico elemento che accomuna tutti i personaggi è questo senso di disagio verso la vita. La solitudine è, pertanto, sinomino di alienazione : come evidenzia in Roman-cité: "la modernité, c’est la solitude"(R.C. pag. 36).

Lo spazio in Le Monde à peu près è circolare. Il cerchio è la figura simbolo, che esprime senso di limitazione e di chiusura. Le immagini spaziali che destano un senso di soffocamento sono varie : il cerchio della morte dell’incipit de Les Champs d’honneur (loi de la série, pag. 9), riporta a quello del cimitero della visita domenicale al cimitero paterno in Le Monde à peu près6.

La cameretta del collegio, dove il narratore personaggio si isola, è l’immagine simbolo, che ricorre più spesso nel romanzo :

 

Et maintenant vous êtes à nouveau seul dans votre chambre dont la fenêtre composée de deux panneaux coulissants à l’encadrement d’aluminium donne sur d’autres immeubles semblables, empilement de cellules toutes identiques à celle-ci, architecture bégayante, ressassant le pauvre motif, poème composé du même pitoyable vers mille fois reproduit (M.P.P. pag. 135).

 

Lo spazio chiuso di Le Monde à peu près crea un effetto di isolamento e asfissia al protagonista, che diviene insormontabile. La monotonia impedisce ogni apertura: l’orizzonte romanzesco diviene una cappa. Più il luogo chiuso è esteso e più è vissuto come soffocamento7, senza speranza di alternativa. La condizione dei personaggi nel romanzo è quella di essere costretti "a stare là8", in piedi, inutili, senza avvenire, irrimediabilmente presenti.

Il « je » , ascetico, impacciato, spossato e frustrato, è sempre solo. E’ straniero agli altri, ma anche a se stesso. Come il protagonista, strano ed ostile è il mondo sia della natura che degli uomini anche per Jean Rouaud. Non che il mondo sia caotico, ma esso possiede una logica propria non penetrabile dal narratore che ne è escluso, e ne sente l’estraneità (I.P.). Anche la solitudine scelta dal narratore come stile di vita per favorire esperienze di uso ulteriore a quello comunemente condiviso, e quella che deriva dalla percezione del mondo come ostile, negativo o indifferente che induce a rifugiarsi presso di sé, come ha precisato Rouaud stesso, sono dei « traits communs à mon adolescence » (I.P.).

 

Le Monde à peu près è il racconto della fuoriscita graduale del narratore dal dedalo interiore, della lotta fra contrastanti spinte al separatismo e alla socialità, il dramma di una crescita psichica in atto. E’ la storia di questi intimi conflitti d’identità, che portano il « je » a sensazioni di spersonalizzazione e di estraniamenti e di un’inconscia fobia del rifiuto.

L’emarginazione del narratore durante la vita di collegio è alleviata soltanto dal calcio: gioca, non per passione, ma per mancanza di qualcosa di meglio da fare :

 

(…) c’était bien ma veine, après huit années de pensionnat à régime sévère(trois vieilles sœurs à la moustache adolescente assurant la seule présence féminine), de me compter maintenant parmi les membres de l’équipe réserve de l’Amicale Logréenne, dans ce vestiaire triste de campagne, implanté en bordure de ce qui relèverait d’un champ de labour, n’étaient les lignes tracées à la chaux et les poteaux de but-  et cela sans l’avoir vraiment voulu, sinon faute de mieux, comme un remède ancien à l’ennui des dimanches (M.P.P. pag. 9)9.

 

Tramite l’ironia di questo brano comprendiamo che per il « je » il calcio è solo un diversivo alla noia. Tutte le domeniche, deve aspettare qualche adulto, padre di un compagno di squadra, che lo venga a prendere, per accompagnarlo al campo di calcio : nel "je" ricompare il dolore per la morte del padre. La condizione di orfano è sentita dal personaggio come una menomazione, anche perché gli è fatta notare e pesare anche dai suoi compagni.

La descrizione del gioco del calcio, ci rivela la passione di Rouaud e la sua conoscenza tecnica di uno sport, che tuttora segue appassionatamente. Le urla durante i passaggi e la bramosia di questi giovani di vincere, animano le pagine del romanzo di un fanatismo sempre attuale. Rouaud s’interroga sul senso che il gioco del calcio abbia o possa avere per questi adolescenti. Perché corrono come dei forsennati, s’infangano, esausti e rattrappiti dal freddo? Perchè continuano a gridare, a passarsi la palla « comme si sur le coup le sort du monde en dépendait »(M.P.P. pag. 11) . La risposta è che " la solitude aussi amène à faire des choses étranges"(M.P.P. pag. 10).

Irretito nel proprio isolamento, il narratore gareggia da solo in campo, non partecipando al gioco di squadra, che richiede "abnegation, entraide, individualité au service du group"(M.P.P. pag. 12). L’energia posta nel calcio e la convinzione con cui si pratica, fa di questo sport quasi una religione.

Protagonista di questo culto diviene Gyf, il "sauveur" della squadra, che, quando gioca, è "toujours en mouvement adepte des causes perdues ou déséspérées"(M.P.P.pag.37)11. Nella descrizione della partita di calcio è essenziale la presenza del tema della miopia12: il narratore gioca senza vedere quasi nulla, solo dei contorni sfumati. Vede "le monde à distance" (M.P.P. pag. 21), così che tutta la realtà fisica si riduce per lui, a "une vision microscopique des choses"(M. P. P. pag. 21), visione evanescente come una nube in cui l’universo si disgrega. L’abilità scritturale di Rouaud unisce temi diversi, in un gioco complesso di rimandi, creando una scrittura labirintica e circolare : significativa la descrizione del gol che il narratore fa, senza vedere niente.

 

Vous entendez le sifflet de l’arbitre, sorte de rouculade stridente, la rumeur flatteuse du quarteron sur la touche se félicitant que leurs conseils avisés – tire, mais qu’est-ce qu’il attend pour tirer- aient enfin porté leurs fruits et vous comprenez qu’à votre insu le ballon a dû réussir à faufiler entre le gardien et les poteaux de but. Vous ne saurez jamais à quel endroit – la lucarne peut-être, d’où la rumeur flatteuse – ni si les filets ont tremblé, mais, vous joignant à contretemps à la liesse des aficionados, vous levez à votre tour un bras vainqueur. Vous vous dites sans doute que c’est dommage de n’être pas spectateur de ses exploits Mais non. Vous êtes le témoin solitaire de quelque chose d’infiniment plus subtil : un petit sourire du destin"(M.P.P. pag. 27).

 

Il tema del calcio si apre a considerazioni sulla vittoria : come il gol del narratore è dovuto al caso, così anche i Romani vinsero i Veneti a Morbihan, solo perché non c’era vento. Rouaud così si serve di questo esempio storico, per ribadire che tutto ciò che avviene.

La seconda parte di Le Monde à peu près descrive la vita al collegio di Saint-Cosmes : l’ottica è quella del narratore adolescente, che subisce varie forme di repressioni, data la rigidità eccessiva del sistema e in particolare modo dell’"inquisiteur" Fraslin (M.P.P. pag. 47). Il rapporto fra alunni ed insegnante è visto come un gioco crudele: il "je" si sente come un topo impaurito davanti ad un gatto che perde spesso la pazienza13. Le regole severe del collegio lo rendono simile a un universo monastico, dove il silenzio è obbligatorio e così anche le preghiere. La stanza del narratore assomiglia ad una cella, dotata di un letto, di un tavolo e di una piccola sedia : è un ambiente misero, dove come unica consolazione alla solitudine, il narratore si dedica alla composizione del suo "Jean-Arthur ou la même chose" e alla musica. Qui canta e suona : la musica, come la scrittura sono per il "je", un momento di esorcismo del dolore. L’arte ha in sé una dimensione catartica: è sublimazione della sofferenza.

Segregato tra le mura della propria stanza, il protagonista invidia "ces groupes de jeunes qui se ressemblent, boivent, rient, s’embrassent, voyagent, se déchirent et se réconcilient"(M.P.P. pag. 136). L’io si autoesclude, nutrendo verso il mondo disprezzo e invidia, un senso di superiorità e al contempo di inferiorità. Il narratore è solo nel suo angolo a sognare un futuro prodigo di compensazioni. Il suo isolamento e la sua incertezza sono legati alla mancanza del padre :

 

(…)est-ce qu'un père, le mien à tout prendre, m’eût einseigné cet art de se taire, ou du moins de parler à bon escient, d'avoir toujours le mot juste, drôle, sensible, précis, auquel cas j'avais beaucoup perdu à sa disparition précoce(..)(M.P.P. pag. 193).

 

Il distacco dagli altri viene parzialmente superato, quando una sera, rincompare Gyf , l’ex amico del collegio di Saint-Cosmes, velleitario produttore di film, in cerca di un musicista. Con lui c’è Théo, bellissima ragazza di cui il narratore s’innamorerà.

 

3. La miopia : lo specchio infranto

 

Se la conoscenza che abbiamo del mondo è fornita dai nostri sensi, immaginiamo, come i "philosophes", quale potrebbe apparire il mondo ad un essere privo di uno di questi sensi: Jean Rouaud in Le Monde à peu près esplora questa vena sensualista. Il miope, per la sua ncapacità di vedere lontano, diviene il simbolo di colui che è in grado "de se projeter dans un avenir éloigné", perché ha una visione "au ras de pâquerettes"14, insuperabile nella percezione del minuscolo. In Le Monde à peu près si sviluppa e si amplifica la tecnica di anamorfosi, già presente in Les Champs d’honneur, modo di lettura destinato a combattere ogni miopia testuale:

 

Les porteurs de lunettes essuient machinalement leurs verres vingt fois par jour, s'accoutument à progresser derrière une constellation de gouttelettes qui diffractent le paysage, le morcellent, gigantesque anamorphose au milieu de laquelle on peine à retrouver ses repères : on se déplace de mémoire »( C.H. pag. 16-17).

 

Colui che è dotato di una vista normale si sforza di osservare la realtà per comprenderla, mentre la visione del miope è vaga ed imprecisa, un "monde approximatif"(M.P.P. pag. 110). Il narratore rompendo gli occhiali, si trova davanti a due possibilità, può scegliere fra due visioni : quella dell’occhio sinistro, con cui vede meglio di prima, poiché la lente è intatta e quasi attaccata all’occhio, e quella dell’occhio destro, la cui visione è indefinita e vaga, «éloge du flou»(M.P.P. pag. 89), apologia dell’evanescenza.

 

En fermant alternativement les yeux, j’avais donc le choix entre deux visions, entre deux mondes. L’un, clair et net, dans lequel se détachent le sourire narquois de l’autorité, une règle de grammaire sur le tableau, la couleur du bec et des pattes des mouettes tridactyles ( ce qui permet de les différencier des goélands argentés), la découpe des feuilles des arbres dans la cour ( grâce à quoi on reconnaît des tilleuls), tout un monde tellement sûr de son fait qu’il se donne en spectacle, et l’autre, considérablement rétréci ( l’horizon ramené à trois mètres), imprécis et vague, éloge du flou, où le ciel passerait pour une mer renversée et les nuages pour de l’écume bouillonnante, où le tableau vert n’a rien à livrer que son voile de craie, où les visages sont sans visage et donc sans malice, et où la vie, feutrée, ouatée, ayant perdu en définition, semble faire antichambre en attente d’un autre monde (M.P.P pagg. 89-90).

 

 

Alla visione netta, il narratore preferisce quella dell’ « à peu près » (anche se a causa di essa sbatte per terra ed entra in un posto invece che in un altro). Gli occhiali non sono ricomprati subito dal narratore per un problema economico, ma egli vede meglio senza perché, la vista perfetta, secondo Rouaud, illude l’uomo di percepire la realtà.

La scelta del « je » è quella di vivere una vita sotterranea ed interiorizzata, la cui profondità lo allontani dal mondo. La tematica degli occhiali del narratore, la cui lente si scheggia in mille pezzi di vetro, rimandano all’idea della disgregazione del reale. Per condizione naturale, e in una certa misura per libera scelta, il narratore miope opta per una visione del mondo confinata in un esiguo perimetro di nitidezza, visione iperrealista, che sfrutta la capacità di mettere a fuoco l’infinitamente piccolo ; fuori di esso le forme perdono il rigore delle linee e scivolano come in una guaina fluttuante, circondandosi di una specie di nube :

 

 

L’univers fusionne, se désagrège, domaine verlainien du flou, de l’imprécis, composition tachiste du paysage , couleurs débordant du trait, volumes aquarellés, blocs brumeux, perspective évanescente, profondeur écrasée, silhouettes escamotées, nuages bibendum dégonflés, ciel tendu comme un lointain de théâtre, lumières électriques noyées dans une nuée de micro-étincelles, soleil corpusculaire, disque de lune ceinturé, quelle que soit la saison, d’une parasélène, cette couronne crayeuse dont on dit qu’elle est signe de neige (M.P.P. pagg. 21-22).

 

Le Monde à peu près presenta una particolare attenzione alla descrizione del dettaglio: Rouaud può scrivere due pagine per ritrarre il suo protagonista, che si prepara un tè.

 

Cette cérémonie sans manière du thé, c’est, dans le milieu de votre journée, un quart d’heure de sauvé, d’arraché à la tristesse et à la solitude, une somme de petits faits qui méthodiquement mis bout à bout comblent momentanément un sentiment d’ennui qui ne vous lâche pas : l’eau versée dans la casserole ivoire, choisie pour son format réduit (…), l’allumette qu’on craque et sur laquelle on souffle délicatement en l’approchant de ses lèvres après qu’elle a embrasé le brûleur du réchaud, le chuintement familier du gaz sous pression, la couronne de flammes bleues comme un petit coussin tenace contre l’envahissement précoce de la nuit d’hiver, le cliquetis de la casserole cognant contre les étriers d’inox, le sachet de thé en attente dans le déjeuner de porcelaine blanche, de forme droite, serti d’un liseré corail soulignant le bord supérieur, l’étiquette pendant à l’extérieur(M.P.P. pagg. 136-137).

 

L’iperrealismo di questo brano non è che un esempio : l’estrema meticolosità nelle descrizioni crea, in tutta l’opera, un senso di vertigine, poiché la realtà descritta diventa ossessionante e onirica.

In comune con Les Champs d’honneur e Des hommes illustres, lo stile di Le Monde à peu près conserva le "mêmes longues phrases, qui se développent en mélopée et les mêmes digressions qui se nichent en gigogne jusqu’à faire de l’incise un élément essentiel du récit"15, lo stesso gusto per la frase interrogativa (che poi non serve che ad affermare).

 

Jean Rouaud procède ainsi, par touches successives, apparemment sans rapport mais qui, comme des morceaux de mémoire brisée, finissent par former autant de cercles concentriques qui disent, avec autant de moquerie drôlatique que de nostalgie, sa jeunesse bafouillante, les grands rêves idéalistes, les premières divagations littéraires, les vertigineuses sautes barométriques de l’âme, la blessure du deuil(..)16.

 

L’essere umano percepisce la realtà esterna (dis)ordinata dalla propria visione : un miope, che ha « une vision microscopique des choses, percevant jusqu’aux filaments du liquide lacrymal qui se déplacent sur la rétine (M.P.P. pag. 21); egli vede ciò che sfugge allo sguardo degli altri : è esperto « en ce qui concerne la vie des fourmis, le nez dans l’herbe, rien ne nous échappe»(M.P.P. pag. 22). Un’altra tematica connessa a quella della miopia è quella dello specchio : davanti a "l’épreuve du miroir"(M.P.P. pag. 243), il "je" scopre di non conoscersi17 :

 

Or vous n’en êtes pas encore à ce stade où vous marchez sur un trottoir sans chercher votre reflet dans une vitre, où vous négligez votre double inversé. Qu’une glace se présente et c’est l’affrontement, le cruel face-à-face, cet éreintant, ce décourageant : c’est moi celui-là? vraiment? Vous n’avez rien d’autre à me proposer ? Et peut-être que sans les lunettes je ne l’aurais même pas remarqué, ce petit miroir encadré d’une baguette chromée sphérique, à l’angle inférieur droit brisé découvrant un carton gris, mais il y eut soudain cet effroi au moment de baisser les yeux et de franchir la porte de l’étable : un avatar gyfien dans la glace (M.P.P. pag. 243)

 

Alla domanda chi sono, lo specchio non risponde. Sente di avere davanti un ignoto : non riconoscendo la propria immagine speculare, l’uomo, osservandosi, percepisce vertigini come davanti ad un abisso.

 

Et la claire vision ne vous pardonne rien. Cette idée de vous-mêmes avec laquelle vous vivez dans votre repli de brumes, dont tant bien que mal vous vous accommodez, que vous finissez par trouver presque acceptable, soudain la voilà impitoyablement dénoncée, laminée, anéantie : celui-là avec ces lunettes désespérantes, ces cheveux longs plaqués par l’humidité, ces joues mal rasées, celui-là que vous plaignez quand il s’agissait de Gyf, celui-là, eh bien, inutile de se raconter des histoires, celui-là, c’est vous (M.P.P. pagg. 243-244).

 

L’immagine dello specchio evidenzia emblematicamente la scissione dell’essere del " je" e il suo rifugiarsi "dans un flou verlainien", che gli consente di vivere "l’évanescence du rêve et le chaos de nuances"18.

 

4. L’universo in decomposizione

 

Le Monde à peu près non è soltanto il resoconto della vita personale del « je », ma ritornano momenti di reminescenze legate alla memoria dei cari  : all’afasia del dolore dei primi due romanzi si sostituisce il ricordo del passato ; le scomparse tragiche dei suoi undici anni sono rivisitate conscientemente. L’episodio della visita che il « je » ogni domenica faceva alla tomba paterna, è inserito nel testo come tema scolastico :

 

Ainsi, quand un sujet de rédaction vous demandera de raconter un dimanche à la campagne, après avoir longuement réfléchi, le crayon dans la bouche et les yeux dans le vague, éliminé les sujets bateaux( je bricole avec grand-père, pêche à la ligne avec grand-mère, déniche les nids avec les cousines), ce sera comme une illumination, une sorte de jeu de la vérité prenant à contrepied toutes ces fables racontées par des écoliers à la peine, et vous sauterez sur l’occasion pour vous lancer dans le récit méticuleux de vos visites au cimitière. (M.P.P. pag. 62).

 

Questo episodio sembra rimandare all’atmosfera di lutto di Des hommes illustres19 : il protagonista, è divenuto, suo malgrado, per la molteplicità delle visite, "une sorte de spécialiste du domaine mortuaire"(M.P.P. pag. 61). L’atmosfera è macabra : le croci, i cipressi, i defunti, il ferro battuto nero del cancello e i vari tipi di sepoltura, come le cripte, i marmi e i monumenti funerari. Il narratore irride coloro che si preoccupano di portare sempre fiori freschi alle tombe, ma s’intenerisce constatando la consolazione illusoria che i suoi parenti vivono davanti alla tomba del padre.

La descrizione del narratore e delle sue sorelle, che giocano inconsapevoli, intorno alla tomba del padre, crea nel lettore un senso di sgomento profondo.

 

I bambini, che vivono ancora nel mondo dei giochi sembrano rifiutare quella morte, non possono capirla :

 

D’ailleurs, comme au jeu de cache-cache, au moment où s’arrête de crisser le gravier sous nos pas, nous sentons que nous brûlons, qu’il nous suffirait de soulever la pierre pour découvrir la source de chaleur et débusquer le disparu. Mais ce serait trop cruel. De quoi aurait-il l’air, ce père démasqué, pris au piège, sommé de revenir à la vie à laquelle sans doute il ne tenait que modérément pour nous laisser aujourd’hui pautager seuls dans une piscine de larmes. Alors nous jouons le jeu, faisons semblant de le chercher et de ne le pas trouver. Nous l’abandonnons à son triste sort de parfaitement dérobé aux yeux des vivants (M.P.P. pagg. 68-69).

 

 

I giovani Rouaud, pertanto, per il dolore allontanano inconsciamente il senso di decomposizione : l’immaginario permette loro di credere che il padre sia ancora vivo.

 

Pour qu’on ne nous prête pas l’esprit dérangé, on feint de croire que sa chair se décompose, que ses os blanchissent, lesquels, avec le temps, par l’action conjugée de l’acidité du sol et de l’infiltration des eaux, finiront par tomber en poussière. Parce que c’est la thèse officielle et qu’il est toujours prudent de s’y conformer. Mais quand, plantés au bord de la tombe comme au bord d’une béance, silencieux, recueillis, les mains posées l’une sur l’autre à hauteur du bas ventre, la tête baissée et les yeux humides, nous marmonnons « Notre Père qui es aux cieux », comme si la prière avait été écrite tout exprès à son intention, nous sentons bien intérieurement que rien ne se passe comme on le dit : c’est-à- dire cette histoire de décomposition (M.P.P. pag. 69).

 

Il narratore e le sue sorelle, pronunciando il Padre Nostro, pregano Joseph e non Dio : una presa di distanza ironica sul Cristianesimo, che ridimensiona la tragicità del passo. Quest’illusione sulla esistenza dello spirito, spinge i figli a rifiutare il meccanicismo e a sentire, davanti alla tomba, una corrispondenza d’amorosi sensi fra il morto e il vivo.

 

Parfois devant la tombe le sentiment de sa présence est si fort, si absurde l’idée de sa dissolution, que vous vous surprenez à lever les yeux vers le ciel où, dans votre esprit, s’imprime le visage compatissant, rassurant, totalment apaisé, de l’envolé (M.P.P. pag. 70).

 

 

Le Monde à peu près esorta gli uomini a diffidare del Destino, solo in apparenza positivo . Esso è pura casualità : un’erma bifronte benevolo in apparenza , ma soltanto intrinsecamente negativo.

 

 

Comprenant qu’il n’y a rien à attendre de ce ciel, hormis du vent, des nuages et de la pluie, tristement vous baissez la tête fermez les yeux. Mais à peine le temps de remâcher votre déception, à nouveau s’imprime au dos de vos paupières sur fond d’azur le visage radieux (M.P.P. pag. 71).

 

 

In verità l’esistenza umana soggiace solo a principi biologici, di creazione e corruzione della materia :

 

(..) Il faut ajouter, avant que ne se mette en place le rituel du cimitière, trois jours. Comptez : décès [de Joseph] dans la nuit du jeudi au vendredi, le temps des formalités administratives et religieuses, pas de cérémonie funéraire le dimanche- et donc attendre le lundi. Ce qui fait long pour un cadavre(M.P.P. pag. 93).

 

La putrefazione del corpo del padre rientra nel principio di decomposizione dell’universo. Il mondo morituro di Le Monde à peu près viene associato spesso all’acqua, simbolo del transitorio. La violenza delle onde del mare sentite dal narratore durante le notti passate al collegio in Le Monde à peu près, sono esempi dell’ordine cosmico sotto la liquefazione degli agenti atmosferici :

 

Pendant ce temps, en contrebas, la mer inlassablement lançait ses rouleaux contre les brise-lames de béton, agonisant sur la plage et se retirant dans un frémissement de coquillages pilés avant de revenir à la charge, jamais découragée, toujours grosse de fureurs contenues, le front blanc têtu de la vague partant à nouveau à l'assaut des galets, repoussant la frise d'algues, et marquée par l'effort se repliant sur ses arrières. Mais ce mouvement perpétuel, ce compagnonnage sonore qui berçait nos nuits à longueur d'année, n'était qu'une manière d'entraînement, d'échauffement avant les grandes manœuvres de l'hiver, quand la tempête qui battait au-dessus de l'Atlantique, était telle qu'on croyait bien que les hordes liquides allaient tout emporter.(..)(M.P.P. pagg. 118-119).

 

Il mare ingloba con voracità e violenza tutto ciò che lo circonda: è principio di decomposizione della materia. Come la pietra rappresenta il senso di appartenenza del padre20 alle proprie radici, così l’immagini del mare è allegoria del logoramento, dello sradicamento e della tristezza del narratore.

 

(..)d'abord le gras de la vague, puis, avec un effet de retard, une volée d’embruns, comme des semailles de mer, légères, assourdies, cascadantes, qui clôturaient la séquence. Au cours de ces assauts répétés il semblait que les vagues entre elles se lançaient un défi; repousser toujours plus avant cette frontière mobile entre les éléments, gagner encore sur la terre ferme à qui retomberait le plus loin et donc pourquoi ne pas essayer d’atteindre la conciergerie, ce petit bâtiment au toit d'ardoises à quatre pans coincé entre les deux imméubles symétriques qui se dressent sur le front de mer ? Ce qui revenait à envelopper, comme un adepte du saut ventral, le remblai, le trottoir et la route, alors les vagues piquées au jeu prennent leur élan, partent de loin, font le gros dos, creusent cette étendue saumâtre de sillons profonds, mouvants, menaçants, progressant comme le vent sur les blés, la crête des vagues blanchissant, écumant, gonflant, jusqu'à ce que devant l'obstacle une muraille d'eau s'arrache à la houle et par une impulsion prodigieuse se joue du rempart de pierres en projetant par-dessus la chaussée une arche liquide (M.P.P. pagg.119).

 

Il mondo appare come un dedalo in putrefazione, che pone l’uomo in un contesto di consunzione e di decadenza. E la morte assume paradossalmente una funzione di sollievo, dal momento che il labirinto dell’io non è tanto la morte definitiva, ma l’attesa e il fantasma di essa.

 

 

 

 

 

 

 

5. L’(auto)ironia

 

Il narratore personaggio di Le Monde à peu près sente una profonda discordanza fra dentro e fuori : la sofferenza che lo aveva trincerato nell’impersonalità nei primi due romanzi è parzialmente superata, percepita come calore di fiamma lontana. Gli episodi, che rammentano il padre non sono trattati con lo stesso impatto tragico di quelli in Des hommes illustres, ma con una tecnica di distanziamento che il narratore adotta, evidenziando la volontaria minimizzazione del pathos e la sua ironica demistificazione. L’ironia rivela che la morte del padre è ormai interiorizzata. La trinità tragica delle morti, rammentata nel romanzo (si veda, ad esempio, l’arrivo del telegramma21 che annuncia, tre mesi più tardi, all’adolescente, la morte della zia Marie), appare ormai come calore di fiamma lontana :

 

Car à la mort de notre père avait succédé celle, trois mois plus tard, de la tante Marie(..) (M.P.P. pag. 83).

 

Il narratore appare ormai «  più disincantato che rinsavito »22 dalla sofferenza. Rouaud demistifica nel romanzo ogni tendenza al patetico tramite il ricorso all’ironia. Rouaud vuole « marcher droit à l’objet », come Stendhal : lungi da ogni sentimentalismo, il racconto procede giocando sul contrasto tra tono ironico e satirico, e uno stile secco, pragmatico di stampo giuridico. La scrittura di Le Monde à peu près esibisce il patetico per volgerlo meglio in derisione. All’ironia, infatti, Rouaud associa l’autoderisione, sguardo lucido, ma non disincantato sui ricordi di un passato lontano, ma, al contempo, nella memoria attuale.

Le Monde à peu près è « un livre mélancolique et drôle »(I.P.), frutto di una deambulazione interiore dolce e amara, determinata dall’autoironia radiosa , che deposita un tocco di luce nelle tenebre autobiografiche. Oggetto d’ironia divengono di nuovo i Vangeli, non con l’irruenza che abbiamo visto nel dittico23, ma con un velatura sottile : a partire dall’analisi della figura del Cristo, il Figlio, abbandonato sulla terra da un Padre ritiratosi in cielo, troviamo ogni azione o avvenimento della vita del narratore un continuo riferimento al calvario della Croce ; davanti al tradimento di Théo, che rimanda ironicamente a quello di San Pietro, il narratore grida le parole che Gesù rivolge, durante la flagellazione, al Padre :

Théo, pourquoi m’as-tu abandonné (M.P.P. pag. 226)

 

Con humour costante, il narratore non solo ironizza, ma anche autoderide la propria inadeguatezza al mondo, per la miopia, la timidezza e la goffaggine. Il narratore, autoironicamente, ci domanda :

 

Qui à ma place supporterait d’être moi ?(M.P.P. pag. 115).

 

Il « je » è stranamente comico, perché applica i trucchi più vecchi del comico : Rouaud « woody-allenizza », forzando sull’autocolpevolezza del narratore, che smorza il tono tragico del romanzo, tramite il riso che nasce dalla parodia su se stesso. Il romanziere ha, infatti, affermato :

 

Il y a une chose qu’on apprend au cinéma avec les grands comiques, c’est qu’on ne fait rire qu’au détriment de soi. Par rapport aux autres , on devient très vite cruel 24.

 

La scrittura di Le Monde à peu près è « un mélange de larmes et de souris » : in effetti nel romanzo vi è una duplicità di lettura : « la tragédie devient comédie et viceversa »(I.P.). E’ innegabile l’influenza del teatro nel romanzo, del gioco degli scambi dei ruoli :

 

J’ai écrit Le Monde après avoir lu le théâtre de John Ford. Ses oeuvres ont un espace très lyrique qui n’hésite pas à tomber dans le pathos. Tous ses personnages sont tragiques, mais ils expriment un contrepoint comique.

 

Nei drammi di John Ford25 troviamo tanti orrori e lutti, quanti ne sono espressi nella scrittura di Rouaud, esposti con una specie di serena indifferenza, di astratta osservazione, che riportano all’equilibrio del tragico e del comico delle tragedie greche. Rouaud ha rivelato :

 

Comme moi, John Ford sourit pour pleurer, il pleure pour sourire (I.P.).

 

 

Rouaud, inoltre, ha aggiunto di aver ereditato questa tecnica di

 

commistione e contaminazione di tragico e comico dal teatro inglese. Infatti :

 

Le théâtre français ne mélange pas les genres : comme chez Shakespeare, dans Le Monde la larme et le sourire s’harmonisent dans l’écriture (I.P.).

 

Questo mélange di generi in Le Monde à peu près determina una « écriture-climax, technique qui équilibre le comique et le tragique »(I.P.).

Rouaud confida, inoltre, che :

 

Après la naissance de ma fille Joséphine, je voulais écrire un livre burlesque, qui devrait porter la grande nouvelle. Mais les spectres de la douleur du passé étaient encore présents dans mon cœur. Voilà le résultat : un roman ironique sur la solitude de mon passé(I.P.)

 

 

6. L’amor fati

 

 

Il narratore in Le Monde à peu près supera definitivamente l’agnosticismo inquieto dei primi romanzi, capendo che il suo destino non dipende dalla volontà di un creatore, ma da una legge estranea e ostile, che non può essere né intesa né vinta.

Questa riflessione intima del "je" avviene emblematicamente, dopo la sua caduta dal motorino in una risaia : l’urto sembra acutizzargli emblematicamente il senso del reale, invece di inibirlo. Nella sua mente si succedono vari flash di ricordi, che egli non sa ordinare :

 

Mais là, cette fuite précipitée, ce départ à la cloche de bois, cette crainte qu’une voix m’appelle me demandant des explications sur cette nouvelle version de Jeanne, ou Yvette ou Théo, mais au bûcher, toujours est-il que la roue avant soudain s’est mise en travers, forçant le Solex à piler net et me précipiter par-dessus le guidon. J’ai attendu jusqu’au moment de reprendre contact avec la terre que mon cerveau profite de cette envolée pour me diffuser en accéléré le film de ma vie, un florilège de ses moment-clés. J’aurais aimé apprendre par ce biais quelles séquences m’avaient davantage marqué, et pas nécessairement celles que j’eusse moi-même élues, la mort, le deuil, Fraslin, la belle noyée et autres désagréments, découvrir ce détail qui m’avait échappé bien qu’ayant influé sur le cours futur de mon existence, comme cette pierre que contourne un ruisseau à sa source et qui fait qu’au final la Loire se jette dans l’Atlantique et non dans la Méditerranée (M.P.P. pagg. 251-252).

 

Davanti a questi stralci memoriali di un passato travagliato, al narratore sovviene l’eredità d’insegnamento del padre :

 

La prévision m’était revenue : tu récolteras ce qu’il a semé. Mais en fait de moisson, je ne voyais que la pelouse mal entretenue, la hargne des autres et ma solitude (M.P.P. pag. 252).

 

Ancora dentro la pozzanghera, il « je » è consapevole di non poter « tomber plus bas »(M.P.P. pag. 253), espressione che si carica di un duplice significato, letterale e allegorico :

 

Il m’apparaissait surtout qu’il me serait difficile de tomber plus bas, parce que plus bas ce serait au minimum être mort. Je tenais donc la preuve que je venais de toucher le fond, à partir de quoi le petit sourire moqueur du destin qui m’était si familier se transformait peu à peu en quelque chose qui pouvait ressembler à de la joie (M.P.P. pag. 253).

 

Dopo aver toccato "le fond de la désespérance"(pag. 231), il narratore comprende che la gioia è soltanto una sensazione momentanea, che nasce dalla cessazione del dolore. Accettare il destino porta il narratore a vivere il positivo del negativo: l’amor fati, opposto all’amor salutis26 esemplificato dalla zia Marie, è per Rouaud, come per Nietzsche, l’unica filosofia di vita che l’uomo possa adottare. Con un nuovo fatalismo, il narratore afferma :

 

Il27 [Jean-Arthur] mourait comme il arrive qu’on meure, comme mon père, comme ma tante Marie, comme mon grand-père, la trinité tragique de mes onze ans(M.P.P. pag. 199).

 

Il narratore, "revenu à la surface"(M.P.P. pag. 253), accetta positivamente il negativo dell’esistenza umana, risalendo il dedalo della memoria, così che adesso è in grado di provare nella vita serenità :

 

Une joie limitée sans doute, mais comme ce point sombre tout à l’heure au centre de l’écran, sûre de son fait, prête à tout envahir, une joie comme un brûlot(..) (pag. 253).

 

Il « je », così, si determina nell’accettazione positiva del negativo della vita; egli sa che, toccato il fondo, non rimane che risalire la superficie : il labirinto dell’esistenza.

 

Vous ne saurez jamais à quel endroit- la lucarne peut-être, d’où la rumeur flatteuse- ni les filets ont tremblé, mais, vous joignant à contretemps à la liesse des aficionados, vous levez à votre tour un bras vainqueur. Vous vous dites sans doute que c’est dommage de n’être pas spectateur de ses exploits. Mais non. Vous êtes le témoin solitaire de quelque chose d’infinement plus subtil : un petit sourire du destin(M.P.P. pag. 27).

 

Dio diventa oggetto solo di una lezione noiosa di Teologia Trinitaria, che il narratore deve subire : una lezione su " la règle de trois ( le Père, le Fils et le Saint-Esprit) en un ( Dieu)"(M.P.P. pag. 57). E’ facile notare che le persone sono poste fra parentesi, per evidenziare l’agnosticismo, a cui Rouaud è ora approdato. Il narratore risolve l’inquietudine mistica delle opere precedenti, e prende coscienza che non c’è " rien à attendre de ce ciel"(M.P.P. pag. 71), negando l’esistenza di Dio e affermando quella del destino, sapendo "à quel point le ciel est changeant"(M.P.P. pag. 211) : l’uomo, invece di interrogarsi su Dio, deve "reconnaître le petit sourire familier, quoique insistant maintenant du destin"(M.P.P. pag. 253).

Soltanto l’amor fati può consentire di percepire qualcosa che può "ressembler à de la joie" (M.P.P. pag. 253). La serenità per Rouaud nasce dall’adeguamento al destino : infatti, come ha precisato : "Je ne suis pas de la cathégorie de ceux qui veulent forcer le destin"(I.P.).

 

Dans ma famille il y avait le culte de la résignation et de l’acceptation du destin. On me demandait de tout accepter : ne pas accepter répresentait l’orgueil, le pire des défauts. l’homme qui se dresse et qui crie contre Dieu. A la Faculté de Lettres, j’ai commencé à comprendre que je devais accepter mon destin(I.P.).

 

7. Cinematografia e metascrittura

 

Gyf, vivente incarnazione della libertà e della ribellione, a metà strada fra il Grand Meaulnes e il Dargelos degli Enfants Terribles di Cocteau,

 

illustra al narratore il suo progetto di fare un film innovativo : in un prato una coppia farà l’amore, circondata da musici e da ragazze nude. Questa pellicola erotico-pornografica sarà pagata con l’eredità della nonna e s’intitolerà " Le tombeau de grand-mère".

Il film ha delle immagini così sfocate, che palesano come il tema della cinematografia si riallacci a quello della miopia:

 

Gyf, tes lunettes, tu es myope ? Gyf s’arrête au milieu de l’échelle, surpris de me voir au pied, laissant filer à regret la longue jupe de sa compagne à travers le rectangle découpé dans le plafond entre deux chevrons, et se retournant vers moi à contre-cœur, me regardant de haut, pourquoi cette question, le film était flou ? Non, non, enfin oui, mais pour moi seul, j’ai la vue trop courte pour atteindre distinctement l’écran, il me manque quelques centrimètres, alors, si tu étais myope, Gyf, j’en serais heureux, pour moi bien sûr, car c’est une infirmité, et je ne la souhaite à personne, ou peut-être à toi quand même, car dans ce cas tes lunettes, si tu me le passais, elles me seraient d’un grand secours, par exemple pour ne pas donner mes coups d’archet à contretemps, car c’est pour le violon, bien entendu, pas du tout pour les filles, qu’est-ce que tu vas chercher, on est là pour la beauté du geste, on travaille pour l’art et Gyf qui ôte sa monture, tu la connais ? De qui parles-tu? (M.P.P. pagg. 241-242).

 

Il film non ha una storia, ma è "plutôt une sorte d’allégorie"(M.P.P. pag.152) e soprattutto "une occasion de faire la fête"(pag.153) : per Gyf "faire un film ou faire l’amour, c’est la même chose"(pag.153).Il film fisserà fatti e immagini in modo casuale e permetterà " à chacun d’exprimer sans fard, sans retenue, ses propres pulsions créatrices", senza preoccuparsi dell’effetto finale : "le résultat n’a aucune importance" (pag.153). Il narratore viene sollecitato a partecipare al film, componendo il motivo musicale. Il protagonista ritiene che il cinema di Gyf abbia "ceci d’exaspérant qu’il est toujours en mouvement, incapable de s’opposer au cours du temps, à cette inexorable agonie des choses, incapable de proposer une alternative à cette dégradation plan par plan des forces vives"(M.P.P. pag.248).

La cinematografia, perciò, è considerata in modo antitetico rispetto al romanzo : è infatti una rappresentazione immediata e cronologica del reale. Il narratore non la critica in quanto arte, ma facendosi portavoce dell’idea dell’autore, appare "troublé au plus haut point par ce cinéma novateur"(pag. 164) : il talento va, infatti, distinto dalle invenzioni pseudo-artistiche, lesive « à l’esprit de la création »(I.P.). Il cammino del narratore verso la conquista di una produzione artistica autentica è lungo : scrive, ma rispetto ai giovani dilettanti, che lo circondano, convinti del proprio valore creativo, egli non osanna la propria arte. Se la scrittura è per il « je » un mezzo di romitaggio e separazione dagli altri, per superare le strette inferriate davanti al quale la vita lo pone, in Le Monde à peu près la metascrittura porta a una mise en abyme28 del racconto primo. L’opera del narratore è una pièce di teatro che mette " en scène une sorte de double de Rimbaud et traitant de son impossible retour"(M.P.P. pag. 31) : il titolo Jean-Arthur è composto da Jean Rouaud e da Arthur Rimbaud. Reincarnato in questo alter ego, il protagonista viaggia con l’immaginazione : quando il narratore percepisce "l’horizon sombre et le quotidien sans agréments", sente l’esigenza di tornare alla sua cellula : "à mes travaux d’écriture, à mon Jean-Arthur ou la même chose"(M.P.P. pag. 166); la metascrittura è un momento catartico, di ripiegamento e di esorcismo dello scontro con le superfici del labirinto della memoria e della quotidianità. In solitudine, la scrittura sublima il patimento del « je » nell’arte. Il trasporto che prova verso Théo, lo allontana, anche se per poco, dalla scrittura. L’io sembra accogliere l’idea sartriana secondo cui : "il faut choisir : vivre ou raconter"29.

Quando s’innamora, il narratore smette di scrivere, perché "l’écriture est une affaire de solitude"(M.P.P. pag. 198). Il titolo Jean-Arthur ou la même chose mette in evidenza che non è importante cosa si scrive, ma perché lo si scrive. Il narratore sembra adottare il personaggio di Rimbaud, perché ne subisce il fascino per la vita avventurosa e libertina :

 

(..)donc il fallait comprendre que ledit Jean-Arthur avait survécu à l'amputation de sa jambe (laquelle sur le dessin était remplacée par un pilon, style capitaine Achab ou Long John Silver), et j'expliquai à mon camarade, que, de retour au pays (les femmes soignent ces féroces infirmes; etc.), il retrouvait la sœur d'un de se amis d'enfance, laquelle avait rêvé de cet aventurier dont lui parlait sans cesse son frère, et il cherchait à l'éblouir en lui contant ses aventures alors qu'ils s'étaient tous deux installés sur un banc public, n'hésitant pas à en rajouter :l'Afrique, la chaleur, le désert, les anthropophages, les lions, le trafic d'esclaves, la terre dans les sacs de café, les belles Abyssiniennes, et elle, ingénue, attentive: pourquoi n'en faites vous un livre? (M.P.P. pag. 133).

 

Scrivere Jean-Arthur significa per il "je" la compensazione a una vita priva di avventura e magra d’esperienze sessuali, come la sua : un anelito d’immaginazione.

 

8. L’amore

 

Emarginato, il narratore personaggio vorrebbe avere esperienze in campo amoroso : una lei spiritualizzata, oggetto di desiderio tutto mentale e sublimato nel suo immaginario erotico, anima i suoi sogni.

Con finezza psicologica Rouaud descrive la nascita dei primi istinti sessuali, delle prime attrazioni dell’adolescente. Le ragazze rimangono per il narratore un desiderio, impedito dalla timidezza per l’insicurezza derivante dal suo aspetto fisico :

 

De l’amour je n’imagine pas au-delà d’osés baisers sur la bouche, et me contente

 

de longues et tendres étreintes, de mots doux et de regards échangés (M.P.P. pag. 120).

 

Anche nei sogni erotici, prevale il pudore:

 

 Je n’ose pas encore la déshabiller (M.P.P. pag. 122).

 

Il primo innamoramento del narratore è quello verso la sorella di un compagno di classe ed è descritto, in occasione della visita del di lei fratello nella sua cella universitaria. Il narratore rammenta la visita alla villa di questo richissimo compagno, l’attrazione provata nei riguardi della ragazza e gli sforzi per apparire affascinante, agli occhi di lei, quando gli è proposto di giocare a ping pong :

 

Or le ping-pong était loin d'être ma spécialité. Ayant peu pratiqué, la difficulté pour moi se révélait double: d'abord tenter de rattraper les balles que mon partenaire mollement m'envoyait, puis les lui réexpédier par-dessus le filet tout en espérant qu'elles retombent dans son camp(M.P.P. pag. 108).

 

Un’altra difficoltà è la miopia congiunta alla rottura degli occhiali : il narratore deve scegliere  se « être ridicule sans lunettes en tapant à côté de la balle, ou être ridicule avec ma demi-monture sur le nez »(M .P.P. pag. 111).

Il più grande amore è quello provato verso Théo, descritto nella terza parte di Le Monde à peu près, che nasce dall’attrazione e dal desiderio provocati dalla singolarità del nome della ragazza e dal suo misterioso sorriso:

 

Qui c'était, Théo ? C'est moi dit-elle. J'avais horreur qu'on fouille dans mes papiers. Ça me rendait toujours nerveux qu'on pût accrocher du regard une phrase, une poignée de mots, qui, hors de leur contexte, et manipulées par un esprit mal intentionné couraient le risque du ridicule. Et leur auteur par la même occasion. Ce qui m’arrêta dans mon mouvement de mauvaise humeur, c'est que Théo donc, que je découvrais en même temps qu'elle me montrait mon monologue jaunâtre étalé sur le bureau, Théo qui avait joué les cendrilllons en épongeant par terre une partie de la réserve d’Au Bon Pêcheur30, Théo qui avait ce drôle de surnom qu'il me faudrait bien éclaircir un jour, Théo qui accompagnait ce mystere (mais comment Gyf affublé d'aussi épouvantables lunettes attirait-il de si jolies filles ?), Théo qui, restée dans un premier temps dans le couloir, m'avait vu le longer, le yeux fermés, en suivant le mur de la main, Théo, puisque c’était elle, Théo avait un souris désarmant. (M.P.P. pag.171)

 

Tra i due vi sarà un flirt, che dura una sola notte : Théo il giorno dopo abbandonerà il narratore per un certo Diego, dal momento che per lei il sesso libero è routine. Il narratore attribuisce questo suo comportamento alla morte del padre31 :

 

(..) la mort de son père l’avait tellement perturbée qu’elle s’était très officiellement fiancée avec un homme plus âgé qu’elle , avant de rompre et d’accumuler les aventures, y compris féminines, de sorte qu’elle se sentait un peu perdue et je comprenais qu’au milieu de cette galaxie d’une complexité cosmique elle cherchait à m’expliquer qu’elle aurait du mal à me faire une place (M.P.P. pag. 211).

 

Come inconscia compensazione alla morte prematura del padre, Théo si è spinta alla estrema disinibizione sessuale, così come il narratore si è irretito in una volontaria segregazione : ciò dipende, come rivela ironicamente il narratore, dal fatto che «  les orphelins de père, quand ils se rencontrent, sont comme les vicomptes, que veux-tu qu’ils se racontent ? » ; di qui il narratore ricorda la sua trinità tragica :

 

La mort, je la connais comme ma poche. Je commence, si òa peut t’aider : moi, c’était un lendemain de Noël (M.P.P. pag. 201).

 

Dopo l’abbandono di Théo, al narratore non resterà che rifugiarsi in se stesso, ripararsi nella sua cellula protettiva : la scrittura e la solitudine.

 

Car il ne subsiste apparemment rien, ni plaies ni bosses, rien qui empêche de vivre et pourtant quelque chose est là, en travers, qui depuis s’ingénie à tout gâcher. Et vous qui recueillez ces morceaux de mémoire brisée, coupante comme du verre, vous ne pouvez que demeurer à l’écoute immobile et silencieux, démuni, privé du secours d’une parole consolante ou d’un geste de compassion, toutes choses déplacées, tenu à n’être que ce bureau d'enregistrement du malheur, ce greffier des pleurs, tout ouïe qui regarde la souffrance et se résigne à n’en pas prendre sa part (M:P.P. pag. 209).

 

 

Eppure la ragazza permane nelle reminescienze del narratore : lei è come una stella che illumina il suo « empyrée d’orages ardents » e che « enflamme la masse des ténèbres et irise la nuit d’hiver »(M.P.P. pag. 232).

 

 

Faites place, les créatures de la nuit, dégagez l’espace préparez-vous à accueillir un grand prodige : une nouvelle étoile est née, plus éclatante que Véga, plus belle que Cassiopée, plus lumineuse qu’Altaïr: Gloria in excelsis Théo (M.P.P. pag. 232).

 

 

 

9. Il ’68

 

L’incipit della terza parte ci porta all’interno dei dibattiti e dei comizi giovanili del ‘68, in cui l’idea di solidarietà e di aiuto fra studenti e lavoratori è il tema principale. Notiamo subito, un atteggiamento ambiguo del narratore verso queste idee. Da una parte, egli evidenzia la fratellanza fra gli studenti, che sono dei « frères travailleurs »(M.P.P. pag. 181) :

 

L’ambiance était vraiment fraternelle, le tutoiement de rigueur. Toute distinction de rang abolie, chacun était convié à donner son avis, et même le mandarin égaré dans cette assemblée qui, se levant au milieu des sifflets pour émettre une opinion rétrograde, fut sèchement rabroué d’un tais-toi, camarade, tu parlera quand viendra ton tour (M.P.P. pag. 184).

 

Dall’altra la considerazione che "la hyène puante du profit, par exemple, nourrissait en son sein félon aussi bien la haute finance que le petit commerce"(M.P.P. pag. 104), provoca nel narratore, figlio di una commerciante, una certa dissociazione : "Quoi ? Maman, une hyène puante?"(M.P.P. pag. 104). Verso questo dibattito di revisionismo e di contestazione il narratore si sente "désarmé et pour tout dire assez seul"(M.P.P. pag. 105). Il narratore è solo uno spettatore estraneo, che, peraltro, pensa a Théo che gli è accanto.

Come Rouaud stesso ha dichiarato in un’intervista:

 

A la manière de mon narrateur,(..) je n’ai pas compris grand-chose à Mai ’68. Je n’étais qu’un spectateur, un figurant. On m’expliquait que le travail était aliénant et cela correspondait parfaitement à ma propre marginalité, à mon incapacité à m’intégrer dans la société, du fait de la mort de mon père. Cela m’a donc déstabilisé un peu plus32.

 

In Le Monde à peu près i cortei del ’68 sono descritti attraverso l’evocazione di due gruppi presenti alle manifestazioni di Nantes: i monghisti e gli aoustiniani. Il primo gruppo si ispira a Mong, contadino del Siam, che organizzò una lotta armata contro il proprio signore, il secondo, fondato da Gyf, si rifà ad un certo Aoustin, che nel XVII secolo si era scontrato con dei gabellieri, per una vicenda d’amore sfociata in una rivolta contadina poi repressa.

Il narratore guarda con simpatia l’antimilitarismo dei sessantottini : le loro manifestazioni nascono, infatti, per opporsi alla legge che vorrebbe abolire la possibilità di rinvio agli studenti per motivo di studio ; l’opposizione al governo, che con il servizio militare obbliga ad assolvere, a ogni giovane, il suo "devoir national"(M.P.P. pag.179), è condivisa dal narratore. Questi comitati parlano di liberazione dallo stato, da ottenersi tramite una resistenza, che dovrebbe trovare collaborazione nei socialisti, nei "frères travailleurs" (M.P.P. pag. 181). Questo spirito proletario dovrebbe, infatti, riunire in sé tutti i poveri, "ne pas perdre contact avec la masse des opprimés"(M.P.P. pag. 182). L’anticolonialismo e la rivendicazione del diritto allo studio per i più poveri animano le ideologie di questi giovani rivoluzionari e la loro ideologia basata sull’idea di aiuto e cooperazione fra studenti e classi sociali.

Il narratore, al contempo, si rende conto che questa lotta dei comitati studenteschi è pura utopia33 : il loro spirito proletario è contrastato da varie forze sociali. Ciò si palesa in un episodio, che rivela che l’auspicio di coesione di questi cortei è solo fumoso velletarismo:

 

Les quolibets goguenards de nos camarades peu concernés par la réforme ( la tendance parmi les plus jeunes était plutôt à devancer l’appel) l’avaient rassuré sur la persistance de l’esprit prolétarien, mais il [Gyf] avait moins apprécié quand les milices félonnes du patronat, représentées par trois ou quatre paires de gros bras, l’avaient renvoyé sans ménagement à ses études (M.P.P. pag. 181).

 

L’ironia del narratore evidenzia l’astrattismo dei programmi e la chimera di questi giovani che intendono, per esempio, creare un’università solo popolare o una lotta armata contro il capitale e i possidenti. Attraverso la figura del ribelle alle convenzioni Gyf, di nuovo Rouaud fa sì che la storia individuale incontri e s’incroci con la Storia, come già nelle opere precedenti.

 

Avec Jean Rouaud ce passé, aux teintes aujourd’hui un peu mièvres, revient frapper à notre porte. Il a le sourire poli et discrètement ironique de qui connaît ses limites et ses faiblesses, ses inconséquences et ses illusions 34.

 

Ogni romanzo si riconnette a "une vision précise de l’Histoire en mouvement"(L.P., 16 Giugno) ; la storia, per Rouaud, insegna che l’universo sottosta alle leggi del divenire, in quanto puro regno del caso: essa è magistra vitae, dal momento che l’umanità è sottoposta a dei cicli e ricicli storici35, che la coinvolgono.