NELLE BRACCIA DI EROS
Massimiliano Badiali 1999

 

 

Ho conosciuto paesi e persone, bruciando stille di papaveri tra filari di gigli bianchi…

il mio ventre è stato gravido di volluttà.

Ho consumato sogni e pulsioni su spettri di sangue interiore e di veleno morale…mortali eruzioni di vulcano spento, che ingloba il tugurio del tempo e lo conduce in quell’oceano di malinconia vibrante di limpida frenesia come roccia dei deserti. Umide labbra del putrido sapore di usuali baci come frammenti d’arterie a brandelli.

Il sangue ha colorato i gigli di nero, disperso in trance l’animo tra spini evoca il masochismo e la purezza del dolore. Carni violate, tamburi di guerra intestina, mezzanotte di piombo con la maschera di carne arsa bruciati gli occhi in questa scatola di me dove le ombre rapiscono aria ai fiori e scivolano nella buca della sabbia, nel ventre.

Questa mia lussuria senza tregua era un labirinto di paura dell’ignoto, bagnata di lacrime tiepide nel buio.

Quella notte odorava di edera e inebriava ogni gravido momento di vuoto della mia anima. Le sensazioni salivano su un’effervescenza che saliva l’epidermide, coma la carezza di una foglia. Le stelle respiravano il cielo blu. Ma non le vidi. Le vedo, adesso.

La luna a tratti giocava coi veli scuri delle nuvole. L’erba profumava di verde..ed io profumavo d’erba nel disperato viaggio delle mie tenebre. Rumore di noia che s’infrange….un volto morbido come un cerbiatto innanzi ame…rumore di ghiaccio che s’infrange. Un abito nero d’amante nel buio. Sembra tutto bello, pensai, c’è nebbia, più lontano, più silenzioso, …è un’illusione. Non può essere che un’imperfezione ottica.

Il mio dubbio è imperfetto….e di quest’illusione che dire ? Di quest’umidità di cuore che consola come spuma di mare. Inchiostro azzurro dei miei sogni- bagliore incerto pronto a svanire. No ?

Eros mi aveva colto. Occhi neri, bocca dolce, m’immaginavo noi…due cuori innamorati che battono all’unisono. Sognavo di accarezzare le sue mani, facendo divampare sulle palme il fuoco della passione.

Sognavo l’attimo del palpito unito alla nostra prima alcova.

Come una pentola a pressione il troppo fuoco fece saltare, invano, il mio coperchio.

Un maglione di lana grigia, l’immaginazione cercava con gli occhi , mentre dal bocca socchiusa fuoriusciva un tepore vivo…incandescente nel mio interiore nero silenzio.

Sudavo freddo. Sentivo le gocce gelide percorrere le membra…umido d’amore…amore sconosciuto per me vecchio lupo di mare.

Chiusi le labbra. Il vento cullava il mio fantasticare proibito.

Fu un attimo : la coscienza fu desta, come l’ultima foglia rimasta nell’albero malato. Come potevo sopportare un istante breve ed eterno, fugace e repentino ?

Sentivo il nulla eterno smascherare la fuga del mio capitano di ventura : il ghiaccio lo conoscevo, ma la fiamma ?

Le vecchie mura, fisse e grigie, erano piene di scheggi e brandelli come me.

Amore, inferno. Freddo, paradiso.

Gettarmi come briciola al relativo ?

I nostri sguardi erano ancora fissi, persi nel vuoto dei quei miei fraddi sospiri. Una tensione marmorea tingeva il cielo che lento s’abbassava con la nebbia. Vedevo i sentieri di danze proibite, i baci elargiti nel puro masochismo e mi scoprivo creatura schiava di coltelli di vento dolce…amaro terrore d’amore, ma le foglie erano già cadute non correwvano più.

Pareva curvarsi il tempo…rosa senza stelle, davanzale di pianto innanzi all’esistenza.

E quel bacio, quel tuo bacio, mi gettò in estasi. Lo splendore, la magia, e carezze d’infinito nel sangue, un desiderio convulso come un chicco di sale fra le lenzuola.

I sospiri sono vicini e l’attrazione dei nostri corpi nudi taglia il coltello dei venti amari. Vicini, ma intervallati. Vicini. Vicini da sfiorarci. L’aria accarezza le chiome d’entrambi nei nostri coiti di margherita.

Luce è la prossima rampa di monte..luce è il trifoglio lucente della tua anima…luce è amore…atmosfera onirica col buio ..le vaghe ombre e sagome disegnate sui vetri della mia coscienza. Ho perso i mei appuntamenti con la nenia struggente nelle braccia di Eros…nel mio giardino le margherite sono rinate e si lasciano dondollare dalla tua isola felice.

Dai vetri socchiusi è filtrato un suono d’arpa, lontano

Vicino, di canne soffiate, di flauti e violini.

Ho iniziato a sperare, quasi per incanto a sorridere.

Un’intima lacrima solca la mia guancia…con le mani tremanti in un mistico ansimare accarezzo le viola striature del petalo che sei..tenuto stretto…riapro le dita….il mio cuore si è aperto, i nostri corpi sprofondano nell’oblio.

Siamo in salvo. Libertà infinita…un punto luminoso nel silenzio dell’orizzonte… sono un ladro di sogni…..

Questo è quanto : magico.

Sorridi. Ancora con amore.