Prof. Massimiliano Badiali

Tesina interdisciplinare

STORIA:

Il Fascismo: natura e ambiguità ideologica del regime

 

ITALIANO:

Moravia, il Fascismo e Gli Indifferenti

PEDAGOGIA

Il puericentrismo: le sorelle Agazzi e Maria Montessori

PSICOLOGIA

Didattica della violenza televisiva e comportamento aggressivo

IGIENE

Alimenti e cibi adatti agli anziani

 

ECONOMIA DELLA COMUNITA’

Anziani e malattie alimentari trasmissibili per via orale

INGLESE:

Old people: food and a healthy lifestyle

DIRITTO:

Il diritto al lavoro e norme di pensionamento

 

 

 

Nei primi anni del dopoguerra prese corpo in Italia fino a giungere alla conquista del potere e all’instaurazione di una dittatura una forza politica nuova: il fascismo. Si trattava di un fenomeno che non aveva precedenti diretti nel passato per l’applicazione sistematica e generalizzata del metodo della violenza, che pretendeva autogiustificarsi su un’ideologia dell’azione e della vitalità del diritto del più forte. Sotto quest’aspetto fu un fenomeno nuovo. L’idea fascista era quella che riteneva che lo stato dovesse essere totalitario ed onnipotente.

Il nuovo Stato, così come i fascisti lo concepirono, cercò di realizzare, mirava dunque ad assorbire, totalmente in se stesso gli individui come i gruppi sociali, le comunità locali come le voci della cultura, le Chiese come le correnti d'opinione. Questo Stato assumeva pertanto gli aspetti di un nuovo idolo, di un dio terreno, cui tutto doveva essere sacrificato o subordinato.

Ma il fascismo non si sarebbe mai imposto se si fosse fatto a capo di una serie di tendenze illiberali e antidemocratiche. In Italia la crisi del partito liberale, le lotte dei socialisti fra riformisti e minimalisti creò la possibilità di questa forza nuova. Di certo il fascismo subì e forse ebbe la sua matrice ideologica nel sindacalismo rivoluzionario d’Alceste De Ambris, nell’utopia populista dell'impresa di D’Annunzio, nella cultura futurista di Marinetti con l’esaltazione della violenza e della velocità.

Anche se Mussolini partì da una visione squadrista, di lotta alla monarchia ed alla Chiesa, fondando i Fasci di combattimento nel 1919, poi si avvicinerà alla filosofia di Gentile, conservatrice e reazionaria.

Per questo motivo il fascismo fu alimentato e sostenuto da una parte considerevole di forze conservatrici e liberali.

Il regime fascista proponendosi dapprima come difensore della Patria e restauratore della dignità nazionale e poi ben presto proclamando la perfetta identità fra se stesso e lo stato, non doveva lasciare scampo ad alcuna forma d’opposizione diretta.

Ma gli anni che scorsero dal 1924 al 1928 costituiscono un periodo storico particolarmente caratteristico anche per il nostro paese - l'Italia -, in cui il regime dittatoriale fascista raggiunse una solidità che a molti sembrò indistruttibile. Nel suo discorso del 3 gennaio 1925, Mussolini aveva dichiarato che, in 48 ore, egli avrebbe chiarito la situazione politica interna su tutta l’Italia: i partiti politici (ad eccezione di quello fascista), furono sciolti; i giornali furono dapprima sequestrati periodicamente, poi imbrigliati, tormentati, e rovesciate le loro direttive, ridotti all'impotenza; e, se resistevano, addirittura soppressi; oppure, se si trattava di quotidiani di speciale autorità, costretti a vendersi al Partito unico. Tutte le associazioni ancora tollerate furono sottoposte al controllo delle autorità di Pubblica sicurezza. Ora il fascismo si dà alla pazza gioia di fare della libertà e della Costituzione strumento asservito alla sua volontà di dominio e di potere.

La trista catena degli anelli d’ogni dittatura si va snodando un giorno dopo l'altro. E’ riesumata la pena di morte, che era gloria italiana avere da più di un secolo abolito, e tale feroce castigo è riservato appunto a colpire i colpevoli di crimini politici. I tribunali ordinari con le loro garanzie per gli imputati non sono ritenuti adatti a giudicare questo genere di reati, quindi s’istituisce, fuori d’ogni norma e d’ogni garanzia, un tribunale speciale, che non soggiace ad alcun diritto d’appello. Le carceri si riempiono di comunisti, o cosi detti comunisti, molti dei quali sono degli infelici appartenenti a qualsiasi partito o di nessun partito, ma che hanno mostrato di non gradire il regime attuale e di arrischiarsi a censurare talora qualche punto della sua opera politica o amministrativa. Risorge la condanna al confino per reati politici; lo spionaggio e la denunzia ritornano all'ordine del giorno, e le bilance dei diritti e dei doveri civici sono deliberatamente falsati. L'intolleranza, il diritto alla persecuzione sono (si dichiara apertamente) la fondamentale ideologia della dittatura italiana. Quella che è, definita la nostra feroce volontà totalitaria sarà perseguita con maggiore ferocia; diventerà veramente l'assillo e la preoccupazione dominante della nostra attività : di fascistizzare la nazione, perché italiano o fascista sia la stessa cosa... Intransigenza assoluta, ideale e politica.

Il fascismo rivoluzionario si oppose al fascismo, che sposò le tesi più tradizionali : dell’esaltazione della patria e della cristianità. Il fascismo nacque e seppe sfruttare le tendenze illiberali ed antidemocratiche già presenti nella cultura del Novecento, diffusasi in vasti settori della media e piccola borghesia, percorsi da una vasta crisi d’identità e di sbandamento. Il fascismo fu sostenuto anche dalle classi conservatrici. Gli storici distinguono due fasi all'interno del fascismo : quella gentiliana (1922-1929), e quella cattolico-reazionaria che culminò con i Patti Lateranensi (dal 1929 al 1940).

Ma se nei primi anni del regime fascista (1922-25), la libertà era tollerata, il 25 Dicembre del '25 la cultura antifascista e la libertà di stampa sono vietate dalle leggi eccezionali sulla Stampa. Secondo la formula mussoliniana di "tutto nello Stato, niente fuori dello Stato, nulla contro lo Stato" la cultura subì attraverso una serie d’operazioni una progressiva fascistizzazione; la fascistizzazione integrale della stampa non tese ad eliminare, ma, a fascistizzare i quotidiani: del Corriere deIla Sera e deIla Stampa , per esempio , furono modificate integralmente le linee. All'interno di questo nuovo stato vi fu un’opposizione ovviamente non palese di quegli intellettuali che, oppostisi all’inizio al fascismo, avevano aderito al Manifesto dell’intellettuale antifascista di Croce come risposta Manifesto dell’intellettuale fascista di Gentile. All'interno delI’ideologia fascista nacquero due correnti di pensiero. Da una parte c’erano i revisionisti o movimento di Stracittà (come il Bottai o il Bontempelli direttori rispettivamente di Critica Fascista e di Novecento), che caratterizzò il pensiero della prima fase del fascismo : nello stesso filone di Gentile volevano la trasformazione del fascismo in stato, la creazione di una classe dirigente, non ripudiando culturalmente la tradizione liberale e il pensiero idealistico di Croce e Gentile e l’interesse per la cultura europea; ritenevano, tout court, lo stato fascista come la naturale prosecuzione del liberalismo. Dall’altra vi erano gli intransigenti o rivoluzionari chiamati anche Strapaese.

Nella riforma della scuola, da ministro della Pubblica Istruzione, Gentile non considera la pedagogia scienza autonoma, perché nulla è fuori dell’atto del pensiero. La pedagogia è perciò filosofia (il maestro è in atto e il discepolo in potenza). Secondo Gentile la vera pedagogia e educazione sono la generazione perpetua che il pensiero fa di se stesso. L’educazione è un atto dialettico. Se è lo Spirito che s’incarna nella storia, lo spirito nasce conoscendo la storia. Gentile introdusse la storicizzazione di tutte le materie scolastiche cioè lo studio della storia della Letteratura, della Filosofia ecc. Dopo il fallimento del movimento del pensiero gentiliano, il fascismo si avvicinò al cattolicesimo. La Chiesa divenne per il fascismo un mezzo per ottenere il consenso popolare. Verso la Chiesa Cattolica, il fascismo fece una serie di gesti significativi di benevolenza talora più formali che sostanziali , ma non per questo meno graditi alle gerarchie ecclesiastiche. Ricollocò il crocifisso nelle scuole e negli ospedali, stabilì con la riforma Gentile l'obbligo dell'insegnamento religioso nelle scuole elementari (anche se propedeutico alla filosofia) e introdusse l'esame di stato. Sottopose a pressioni le minoranze religiose non cattoliche e salva dal fallimento le banche cattoliche. Assunse in generale , un atteggiamento ufficiale di rispetto e deferenza verso la Chiesa, proprio quando più violente si facevano, le persecuzioni contro le organizzazioni del movimento cattolico e i sacerdoti antifascisti.

Lo scopo immediato di Mussolini era quello di dimostrare la inutilità del Partito Popolare e di valersi del ricatto e della violenza per vincere eventuali opposizioni della Chiesa e del Vaticano. Il congresso di Torino del Partito Popolare (aprile 1923) che pure aveva alcuni uomini, nel governo Mussolini, ebbe una impronta antifascista, (datagli da Sturzo e dalla sinistra di Donati). Ciò offrì l'occasione a Mussolini per licenziare i ministri del Partito Popolare, per esercitare pressioni sulla Senta Sede perché la liberasse dall'incomoda presenza di Sturzo ( che si dimise da segretario del Partito ) e per agganciare alcuni uomini del mondo cattolico conservatore, staccatisi dal Partito Popolare: i clerico-fascisti. Una volta liberatosi degli oppositori politici, il regime perseguitò apertamente gli intellettuali antifascisti (Gobetti e Amendola morirono in seguito alle bastonature fasciste, altri furono costretti all'esilio (Sturzo, Togliatti, Terraccini e Salvemini). Con il fallimento della filosofia gentiliana , il fascismo non avendo una base ideologica e consensuale forte, si spostò piano piano verso la Chiesa e il Cattolicesimo. Cercò così di usare la Chiesa, come schermo protettivo dietro cui mascherarsi.

L'11 Febbraio 1929 furono stipulati i Patti Lateranensi, con cui era risolta la lunga opposizione fra Stato Italiano e Chiesa, dopo la presa di Roma cui era conseguito il "Non Expedit" di Pio IX.

I Patti riconoscevano la sovranità e l'indipendenza del Papa : il concordato inoltre prevedeva le clausole di riconoscimento civile del matrimonio religioso, l'obbligo dell'insegnamento della Religione Cattolica nelle scuole medie in quanto "fondamento e coronamento dell'istruzione pubblica" il divieto ai sacerdoti apostati di insegnare nelle scuole pubbliche, il riconoscimento da parte statale delle organizzazioni d’Azione Cattolica in quanto esse svolgevano le attività, al di fuori di ogni partito politico.

Nel complesso i Patti Lateranensi attuarono una soluzione. Ma il trattato rappresentava una effettiva svolta rispetto alla tradizione liberale.

Per la Chiesa, la Conciliazione significò la garanzia di un proprio spazio d’azione nell'uniforme ed oppressiva realtà dello Stato fascista. La Chiesa così sì garantì in Italia un posto di preminenza. Il papa Pio XI° riuscì a mantenere i rapporti con lo stato fascista in una situazione di continua tensione. Ma è proprio a causa di questo Weltschaung cattolico che i cattolici tornarono ad esercitare e ad avere all'interno dello stato fascista un loro ruolo. La cultura cattolica insisteva sulla polemica antidealistica e sulla ricerca d’egemonia all’interno del regime. La rivista Il Selvaggio di Maccari è l’esempio più importante che dimostra come il connubio fra l’elemento cattolico, il regionalismo e il patriottismo si sposassero perfettamente. Il programma di Strapaese firmato Orso Bisorco rimandava all’amore per la terra e per il paese, al carattere rurale e paesano della gente italiana.

"Strapaese è una moda fascista di intendere la vita e l’arte: è la prima spedizione punitiva contro la torre d’avorio. Strapaese è eretto come baluardo contro le invasioni delle mode del pensiero straniero : amare la terra, il paese nostro, Signore Gesù" (Selvaggio n° 1924).

Proprio nel 1929, l’anno dei patti Lateranensi, esce il romanzo d’Alberto Moravia Gli Indifferenti. I critici si sono chiesti se Alberto Moravia fu un militante antifascista. L’atteggiamento dello scrittore verso il fascismo sembra duplice: da una parte frequentava infatti il conte Galeazzo Ciano, marito d’Edda Mussolini, e i salotti d’alti dignitari del regime fascista ed era nelle grazie della scrittrice Margherita Sarfatti, amante di Benito Mussolini e "Gli indifferenti" fu pubblicato nel 1929 dalla Alpes, di proprietà di Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, dall’altra i contenuti dei suoi romanzi si opponevano agli ideali fascisti. Come molti intellettuali del periodo fu costretto per poter scrivere a farsi coinvolgere dal regime, anche se non si dichiarò mai apertamente in suo favore. Affermazioni che hanno suscitato polemiche in Italia. Ma per lo storico Giovanni Sabbatucci, professore dell’Università "La Sapienza" di Roma, «Moravia è un tipico rappresentante di chi occupava una posizione di confine da un punto di vista familiare e intellettuale tra fascismo e antifascismo, di chi in quel periodo trovò una collocazione un po' sul filo del rasoio, stando un po’ di qui e un po' di là, pensando alla tutela della sua posizione personale».

Alberto Moravia (per l’anagrafe Alberto Pincherle: il cognome Moravia è quello della nonna paterna) nasce il 28 novembre 1907 a Roma, in Via Sgambati, da un’agiata famiglia borghese. Il padre, Carlo Pincherle Moravia, architetto e pittore, è di origine veneziana, mentre la madre, Gina de Marsanich è di Ancona. Terzo di quattro figli (Adriana, Elena e Gastone, nato nel 1914), Alberto ha una prima infanzia normale benché solitaria. All’età di nove anni si verifica il fatto più importante della sua vita, quello che l’autore stesso riteneva avesse inciso sulla sua sensibilità in maniera determinante: la malattia da cui non guarirà del tutto che verso i diciassette anni, lasciandolo leggermente claudicante. All’età di nove anni, infatti, Alberto si ammala di tubercolosi ossea, malattia dagli atroci dolori che lo costringe a letto per cinque anni: i primi tre a casa, e gli ultimi due nel sanatorio Codivilla di Cortina d’Ampezzo. Durante questo periodo i suoi studi (interrotti alla licenza ginnasiale, suo unico titolo di studio) sono irregolari. Tuttavia, legge innumerevoli libri, soprattutto i classici e i massimi narratori dell’Ottocento e del primo Novecento (Dostoevskij, Joyce, Goldoni, Shakespeare, Molière, Mallarmé, Leopardi e molti altri); scrive versi in francese e in italiano, e studia tedesco.Dopo aver lasciato il sanatorio nell’autunno del 1925, durante la convalescenza a Bressanone, in provincia di Bolzano, dà inizio alla stesura de Gli indifferenti, che sarà pubblicato con gran successo nel 1929. Gli indifferenti è una importante tappa nella sperimentazione del romanzo italiano del '900. L'azione, che si svolge nell'arco di appena 48 ore, è ambientata all'interno di un'elegante villa romana dei Parioli, circondata da un altrettanto lussuoso parco. I protagonisti appartengono tutti all'alta borghesia, l'unica classe sociale che l'autore, allora appena ventenne, conosceva profondamente. Moravia dunque, all'inizio della sua opera narrativa pone la riflessione sulla propria classe sociale al centro della sua esperienza di scrittore. Moravia è il giudice, ma anche la vittima consapevole, e in certa misura anche complice, di una condizione borghese che egli rappresenta così impietosamente nel romanzo. A questa crisi concorrono la consapevolezza del disfacimento di quella classe borghese che era stata fino ad allora la portatrice di tali valori. Moravia è inoltre il primo scrittore italiano capace di rappresentare in termini razionali, oggettivi, una crisi che molti suoi contemporanei (Pavese ad esempio) avevano vissuto in termini solo esistenziali, mettendo in luce l'incomunicabilità, il senso di inettitudine, la coscienza dello scacco. Sul piano della struttura narrativa va detto però che tali temi sono calati in un impianto di tipo naturalistico, con una osservazione minuziosa, quasi maniacale, della realtà sociale e psicologica, in uno stile neutro, quasi fotografico, privo di qualunque concessione all'elemento lirico. Questo realismo è affine a quello degli scrittori libertini del '700 inglese (Defoe, autore del Robinson Crusoe, o Fielding, autore di Tom Jones), che descrivono la realtà senza tentare di modificarla; è lontano invece da quello dei naturalisti francesi, quali Zola e Maupassant, che, pur critici e consapevoli dei limiti della borghesia, aspiravano a liberare la società da ingiustizie e pregiudizi che condannavano nei loro romanzi. In Italia Gli indifferenti rompono bruscamente un'atmosfera letteraria rarefatta, dominata, a parte la grande eccezione di Pirandello e l'ancora sconosciuta opera di Svevo, da D'Annunzio e da una cultura elitaria quale quella propugnata da riviste come Solaria o La Ronda. Inoltre la crisi morale della borghesia era in aperto contrasto con l'ottimismo culturale del regime fascista. Moravia ha sempre negato che nel suo romanzo fossero presenti istanze sociali o politiche; tuttavia è evidente che l'indifferenza si carica nel romanzo di connotazioni storiche precise: si tratta del conflitto dell'individuo con la vita, ma anche del conflitto dell'individuo con una determinata società. Il racconto del romanzo s’impernia essenzialmente su quattro personaggi: Mariagrazia, una signora non più giovane, vedova, legata da una gelosa passione a Leo, che sfrutta cinicamente la situazione e ormai stanco della donna, sposta le sue attenzioni sulla figlia di lei, Carla; Carla è una fanciulla in cui il disgusto dell’ambiente familiare si traduce in passività e Michele, suo fratello, che vede la rovina morale, sociale e familiare che lo circonda e reagisce con ostilità a Leo. Il romanzo è un’impietosa rappresentazione di una famiglia borghese in sfacelo, simbolo per lo scrittore indifferenza del vuoto morale dell’epoca. Rispetto al mito proposto dal fascismo di un uomo ricco di valori, legato alla patria, alla famiglia e alla religione, Moravia descrive l’azione di personaggi rassegnati e sconfitti, che rinunciano a vivere. L’indifferenza è dunque inerzia, incapacità di vivere, superficialità con cui la società borghese si pone nei confronti dei problemi dell'esistenza, dei valori più veri e profondi insiti nell'uomo. Nel primo capitolo del romanzo Moravia ci propone subito un esercizio di stile, descrivendoci minuziosamente l'interno borghese della villa ai Parioli in cui si svolge quasi interamente la storia: conosciamo così le luci e le ombre e gli oggetti e tutto ciò che capita sotto gli occhi della protagonista, Carla, che è la prima dei cinque personaggi del romanzo in cui ci imbattiamo. Subito dopo avviene la scena dell’approccio di Leo con Carla. Si intravede già il dramma della ragazza, che detesta la sua vita e vorrebbe cambiarla. Leo la invita ad andare da lui, ma lei lo respinge: l'autore ci informa dei pensieri di Carla, attraverso il suo monologo interiore: Perché rifiutare Leo? Non è peggio né meglio degli altri". La scena è bruscamente interrotta da un tintinnio della porta a vetri che introduce la madre, che avanza con passo malsicuro. Comincia a questo punto una banale conversazione fra i tre in cui si progetta cosa fare della serata; la madre esclude la commedia di Pirandello, 'I sei personaggi in cerca d'autore, perché la recita è popolare e quindi non adatta al loro ceto. Carla ascolta la madre, la insulsa superficialità della sua conversazione fatta solo di pettegolezzi su comuni amici, di commenti sulla loro situazione finanziaria, sul loro aspetto fisico, sulla serietà o meno dei costumi delle donne dell'ambiente. Michele, entrando nel salotto suggerisce l'argomento economico che è alla base della storia: la rovina economica per cui la famiglia deve cedere la villa in pagamento dell'ipoteca. Il secondo capitolo è uno dei più celebri del libro e si apre con la descrizione di una cena in famiglia: la descrizione minuziosa della tavola, la puntualizzazione dei colori, degli odori. Moravia si chiude a descrivere minuziosamente interni, ambienti materialmente chiusi di quel mondo borghese, perché misurarsi con l'esterno significherebbe per i personaggi fallire irrimediabilmente. Tutto quello che Moravia vuole raccontare è dentro quelle case, tutto quello che è fuori, compreso il fascismo, non è che una sorta di sovrastruttura:

"Una ventata impetuosa si rovesciò nella stanza....Chiudi, chiudi - gridava la madre attaccandosi con ambo le mani alla porta e ridicolmente chinandosi in avanti su due piedi giunti per non bagnarsi - Fuori ci sono il vento e la pioggia, pericoli lievi ma sconosciuti, dentro" ci sono l'angoscia e l'infedeltà, l'indifferenza e il disgusto, pericoli noti e ai quali si è abituati "(cap. VIII).

 

Carla accetta di appartarsi con Leo in una dépendance del parco ma il tentativo di seduzione fallisce: il vomito isterico di Carla è il sintomo spia del rifiuto inconscio della propria degradazione. Finalmente finita la serata, dopo che la notte è cominciata nella villa ormai silenziosa, Carla decide di dar seguito al suo progetto: Leo l'aspetta fuori, alla pioggia, nella macchina scura: l'addio di Carla alla propria casa, alla propria purezza, alla propria gioventù, è una citazione del celebre "addio ai monti" di Lucia: dopo, Carla non avrà più tempo di pensare. I capitoli XIII e XIV vedono protagonista Michele: l'indifferenza è la sua più insidiosa nemica, ma il suo innato snobismo e il disprezzo per la vita della massa gli mostrano il pericolo di ridursi ad un fantoccio. Annoiato e triste Michele si abbandona passivamente agli avvenimenti. Da Lisa viene a sapere della storia tra la sorella Carla e Leo, ma si accorge di rimanere ancora una volta insensibile. In uno sforzo estremo di vivere e di non vedersi vivere progetta di uccidere Leo: il paesaggio intorno fa da testimone alla sua mancanza di emozioni o di rimorsi. Ma quando finalmente spara, la rivoltella si rivela scarica: nel linguaggio della psicanalisi questo è un atto mancato, il sintomo di un conflitto inconscio. Michele ha barato con se stesso, quella che doveva essere una tragedia si è ridotta alla consueta squallida commedia. Leo è un personaggio vincente nella vita proprio perché l'accetta per quello che è, adeguandovisi con astuzia e violenza, senza illusioni e quindi senza sofferenza: Michele e Carla restano succubi, sono destinati a rimanere estranei alla vita perché mancano di fede. Leo offre la situazione riparatoria del matrimonio per non lasciarsi sfuggire l'affare della villa, e Carla acconsente. Al ritorno a casa trovanno la madre che li attende per recarsi insieme ad un ballo in maschera: con la scena della mascherata, che è l'amplificazione del tema della maschera già accennato nel primo capitolo si conclude il romanzo: Carla, per sopravvivere, ha bisogno della mascherina di raso che la separi dal mondo. I personaggi degli Indifferenti sono antieroi, vicini, se pure diversi, dagli inetti dei romanzi di Svevo e dai pazzi di Pirandello.

Intanto il conflitto con il fascismo, inizia in seguito all’uscita proprio di quel romanzo. Spinto dall’ansia d’evasione dal clima oppressivo del regime, Moravia inizia a viaggiare. Nel 1935 una cattiva accoglienza è riservata al suo secondo romanzo, Le ambizioni sbagliate (censurato dal regime). Per eludere il controllo e la censura del regime, che guarda con sospetto alla sua produzione narrativa, Moravia sceglie la strada dell’allegoria, dell’apologo, della satira e dell’analogia. Ne nascono i racconti surrealistici e satirici, I sogni del pigro (1940) e il romanzo La mascherata (1941). Ma quest’ultimo viene sequestrato alla seconda edizione e Moravia non può più scrivere sui giornali, se non con uno pseudonimo – quello di Pseudo. Sotto questo nome collabora spesso alla rivista di Curzio Malaparte, «Prospettive».

Nel 1941 sposa Elsa Morante, che ha conosciuto nel ’36 e con cui vive a lungo a Capri. Qui scrive Agostino, apparso con gran successo nel 1944. Dopo il matrimonio con la Morante, inizia per lo scrittore un periodo di fuga, latitanza e sbandamento: il suo nome è sulle liste della polizia fascista come «sovversivo». Moravia, dopo l'invasione tedesca della capitale, venne accusato di antifascismo e fu costretto a rifugiarsi sulle montagne di Fondi, nella zona di Cassino, in Ciociaria. Ritornò a Roma nell'estate del 1944, dopo la Liberazione.

Dopo l’8 settembre del ’43, fugge da Roma con la Morante e si rifugia a Fondi.

Nel dopoguerra inizia la sua fortuna letteraria e cinematografica. Dopo la pubblicazione de La Romana, (1947) e il romanzo Il conformista (1951). Nel 1960 l’uscita del romanzo, La noia (vincitore nel ‘61 del Premio Viareggio), segna nella sua carriera un successo simile a quello ottenuto con Gli indifferenti e La romana. In tutto l'arco della sua produzione narrativa, Moravia colpisce con la sua polemica ironica e fredda la società conformista del ventennio fascista (Il conformista), quella violenta del dopoguerra (La Romana, La Ciociara), e quella alienata del neocapitalismo industriale (La noia). Moravia dunque verifica la sua concezione esistenziale attraverso le varie fasi storiche di cui egli è stato spettatore attento, dal fascismo ai nostri giorni: di queste fasi egli registra caratteristiche e ambienti, miti, costumi, modi di dire, avvalendosi dei più vari strumenti d'indagine critica: sociologia, marxismo, psicanalisi. I temi de Gli indifferenti si ripetono perciò nei romanzi successivi e i personaggi chiave presentano le stesse caratteristiche esistenziali, anche se di volta in volta sono calati in ambienti e situazioni storiche diverse. Queste caratteristiche comuni permettono di raggruppare i personaggi moraviani in due schiere opposte: vinti e vincitori. Alla schiera dei vinti appartengono quelli che sono destinati allo scacco, che tentano in modo spesso velleitario di ribellarsi al destino: di questo gruppo Michele, protagonista de Gli indifferenti, è il capostipite, ma anche Mino de La Romana ha le stesse caratteristiche. All'altro gruppo appartengono invece i personaggi che accettano la vita senza farle il processo e che proprio per questo risultano alla fine vincitori o per lo meno non del tutto sconfitti: sono personaggi che non possono fallire, perché manca loro un impegno, un progetto di vita: caratteristica di questa schiera è Mariagrazia, la madre de Gli indifferenti.

Nell’aprile del ’62 si separa da Elsa Morante, lascia l’appartamento romano in Via dell’Oca e va a vivere in Lungotevere della Vittoria con la giovane scrittrice Dacia Maraini. Tra il 1984 e il 1989 è deputato al Parlamento europeo, eletto come indipendente nelle liste del Pci. Il 26 settembre 1990, alle nove del mattino, Alberto Moravia muore nella sua casa di Roma.

Ne La Noia Moravia chiarisce la sua posizione con il fascismo che considera come un regime politico che ha eretto a sistema l’incomunicabilità, è portatore di una noia sociale, cioè di una mancanza di rapporti reali con le cose. Per Moravia il fascismo è una sovrastruttura che ha cercato di soffocare la voce del popolo: l’attenzione dei suoi romanzi è in ogni caso sociologica ed esistenziale e la politica rimane ai margini. La sua visione è perciò cosmica: la decadenza della società va avanti qualsiasi sia il regime politico e così l’inerzia morale dell’uomo.

Il fascismo, oltre a privilegiare l’aspetto ricreativo dell’istituto infantile, introduce la novità dell’insegnamento religioso, mentre in un clima fitto di istanze contraddittorie, lo Stato abdica nei confronti di una gestione nettamente privatizzata e confessionale, nonostante l’approvazione di provvedimenti come l’istituzione dell’ "Opera nazionale per la maternità e per l’infanzia" e la Legge per l’assistenza e la protezione della maternità e dell’infanzia (15 aprile 1926), che mirano ad estendere, al di là del campo scolastico, il doveroso interesse verso un’età troppo spesso trascurata. Nel frattempo due sorelle Rosa e Carolina Agazzi lasciavano una traccia nella storia d'Italia per la riforma dell'educazione infantile. La casa dei bambini di Mompiano (Brescia), infatti, che Rosa diresse dal 1896 in poi, servì da modello a molti altri asili infantili che sorsero col nome delle sorelle Agazzi. Il metodo Agazzi si basava sulla spontaneità e sull'esperienza personale dei bambini, che venivano fatti vivere in comunità, occupandosi di diverse cose, ascoltando musica, cantando e imparando a conoscere cose nuove. Il bambino viene considerato nella sua molteplicità: nelle sue componenti fisiche, intellettuali e morali. Le sorelle Agazzi potarono avanti, non senza difficoltà, anche durante il Fascismo, il loro esperimento della Scuola materna: Rosa (1866-1951) e Carolina (1870-1945) aprirono a Mompiano presso Brescia nel 1895 e che costituì il modello (nonché la denominazione) per la scuola dell'infanzia istituita dallo Stato nel 1968. Le sorelle Agazzi, tenendo conto della matrice cattolica e del ruolo materno nella cultura pedagogica italiana, intesero trasformare l'asilo infantile eliminando ogni precocità istruttiva e rendendolo maggiormente a misura di bambino: la scuola materna doveva valorizzare ed interpretare la complessità delle esperienze di vita dei piccoli, non contemplando la riproduzione e copiatura degli "esercizi di vita pratica", degli "esercizi di sviluppo sensoriale" o degli "esercizi di socievolezza", ma la promozione di attività che hanno come obiettivo l’affermarsi e l’espandersi dell’umanità del bambino. Quest'ultimo doveva crescere in un ambiente che stimolasse la sua creatività attraverso il dialogo vivo e fecondo con l'adulto: niente di meglio quindi che l'atmosfera familiare che con le sue caratteristiche affettive poteva rendere l'educazione vitale. Il bambino e la sua attività sono posti al centro dell'attenzione, con ambienti e materiali connotati da semplicità e quotidianità, il cui fine è la formazione pratica, sociale e spirituale del fanciullo. La figura dell'adulto era costituita dalla educatrice: essa doveva possedere tratti comportamentali "materni" per salvaguardare la continuità con la famiglia, ma dovrà anche possedere particolari capacità di iniziativa, di promozione e organizzazione unite a sensibilità e flessibilità per coordinare in modo conveniente il lavoro e la vita dei bambini. L'ambiente e le occupazioni dovevano riproporre e riprodurre a misura propria la dimensione domestica cui il bambino è abituato. La scuola si organizzava come una casa: essa era dotata, oltre all'aula e al giardino con animali e piante, di un ripostiglio per l'abbigliamento e un "museo" in cui raccogliere le "cianfrusaglie senza brevetto" ( le Agazzi avevano osservato la tendenza infantile a raccogliere oggetti quotidiani per i loro giochi: di qui l'idea di costituire il museo utilizzando questa spontanea collezione, non preordinata e senza un particolare significato simbolico, cui attingere per le varie iniziative ludiche).

Secondo le sorelle Agazzi il bambino deve essere incoraggiato a "fare", e a fare da sé in tutti gli aspetti della vita. L'educatrice doveva limitare al minimo le lezioni, lasciando il maggior spazio possibile alla libera attività individuale facendo rispettare solo il criterio dell'ordine. Privilegiando il metodo intuitivo come il più idoneo per l'apprendimento, l’insegnante predisponeva e organizzava ambienti e situazioni che stimolassero in modo indiretto la spontaneità del bambino. La scuola agazziana non distingueva tra gioco e lavoro, poichè tutte le azioni della vita quotidiana erano valorizzate come veicoli educativi della massima importanza, perché qui i bambini trovavano l'occasione migliore per imparare, scoprendole da sé, le regole della vita e i principi del vivere civile e del rispetto reciproco. Tra queste attività pratiche un posto particolare era occupato dal giardinaggio (il concetto era ripreso dai giardini del pedagogista tedesco Froebel): lavorando in apposite aiuole e con attrezzi adatti, il fanciullo intrecciava il suo lavoro a quello della natura, che poteva osservare nelle sue varie manifestazioni, imparando ad avere con essa un rapporto positivo e consapevole. Il giardinaggio rappresentava il tipico esempio di prelavoro, cioè di attività che era in grado di sviluppare, oltre la dimensione del fare, del conoscere e del cooperare, anche quella estetica poiché, attuando il principio dell'ordine nella scuola-casa, si accresceva quel senso dell'armonia e della bellezza che si devono ritrovare in tutti i momenti e le situazioni della vita quotidiana.. vita infantile eseguita con naturalezza espressiva).

Con Maria Montessori (1870-1952) la centralità del bambino o "puericentrismo" promosso dalle importanti esperienze e scoperte delle sorelle Agazzi, giunge ad una teorizzazione scientifica per la specificità del metodo. La Montessori infatti perviene ai problemi educativi e scolastici sulla base dei suoi studi di medicina: assistente alla clinica psichiatrica dell'Università di Roma, i suoi primi interessi sono rivolti all'educazione e al recupero dei bambini disadattati. In seguito nel 1905 è incaricata di organizzare asili infantili di nuovo tipo nel quartiere S. Lorenzo di Roma, e due anni dopo apre la Prima Casa dei bambini. Il successo, anche internazionale, di questa iniziativa fa sì che nasca un vero e proprio movimento montessoriano e che i suoi istituti si estendano tanto che nel 1924 il Fascismo fondò l'Opera nazionale Montessori e la Scuola magistrale Montessori per la formazione, mediante appositi corsi, degli insegnanti e la diffusione delle idee e del metodo della fondatrice. Essa scrisse opere fondamentali come Il metodo della pedagogia scientifica applicato all'educazione infantile delle case dei bambini (1909), Antropologia pedagogica (1910), Manuale di pedagogia scientifica (1921), La formazione dell'uomo (1949), La mente assorbente (1952).

La Montessori dette alla pedagogia una veste scientifica, perché non si può educare nessuno se non lo si conosce. Infatti i bambini hanno diritto a essere studiati, nel senso di comprendere veramente quali sono i meccanismi di apprendimento e socializzazione che li caratterizzano, esplorandone i processi di maturazione della personalità fin dai primi anni di vita. Seguendo tale linea la Montessori innanzitutto trae ispirazione per la metodologia didattica da due medici francesi, J-M. Itard (1775-1838) e E. Seguin (1812-1880) che si erano occupati di fanciulli selvaggi, allevati da animali, trovati in zone isolate. Specie il primo aveva suscitato grande scalpore quando aveva provato a rieducare il "selvaggio" dodicenne ritrovato nel 1799 nelle foreste dell'Aveyron insegnandogli il comportamento civilizzato e gli elementi dell'istruzione. Come la Montessori ricorda, egli era guidato dal principio che "l'educazione potesse tutto", cioè che essa fosse tale solo se proveniente da un ambiente organizzato dall'uomo secondo chiari criteri pedagogici e culturali. Perciò aveva cercato dei reattivi, degli stimoli, che eccitando sistematicamente i sensi, richiamassero l'attenzione e risvegliassero l'intelligenza e l'attività motoria.

Studiando i casi dei bambini selvaggi e ritardati, si scopre secondo la Montessori il cumulo di deformazioni ed errori che gravano sull'educazione dell'infanzia. L'approfondimento scientifico di questo campo è ostacolato soprattutto dal pregiudizio, dal presupposto cioè che l'infanzia vada studiata e compresa partendo dal punto di vista dell'adulto, il quale rappresenterebbe lo stadio di sviluppo cui quella dovrebbe semplicemente elevarsi. Rifacendosi da un lato a Pestalozzi che aveva intravisto le potenzialità interiori del bambino, la Montessori viene a rivalutare "l'energia latente in ogni individuo" che si sviluppa in modo autonomo, che può essere stimolata ma non creata da interventi didattici sostenuti da precise cognizioni scientifiche. La vera educazione è dunque autoeducazione: la pedagogia, il metodo, l'insegnante, l'istituzione scolastica sono tutti mezzi ausiliari per la realizzazione di un "io" interiore, strumenti che devono aiutare il bambino a servirsi delle sue risorse per esprimersi e svilupparsi. Gli adulti ignorano che le energie infantili sono come un torrente in piena, che le attività ingiustificatamente compresse provocano quei comportamenti rumorosi e capricciosi di cui ci si lamenta dimenticando però che tutto l'ambiente di vita è predisposto a misura di adulto. Sull'infanzia ricadono gli errori degli adulti: pertanto è necessario avviare una svolta radicale creando un altro mondo, quello del bambino, un ambiente che lo aiuti nel processo di una crescita libera e armonica. Esso presuppone la conoscenza sperimentale delle condizioni favorevoli e delle diverse fasi dello sviluppo fisico e psichico.

La prima condizione pedagogica per compiere questa operazione a favore dell'infanzia è la predisposizione di un ambiente idoneo, che la Montessori chiama la Casa dei bambini. Essa condivide l'idea agazziana di una scuola come ambiente a misura dei piccoli, in cui questi ultimi possano lavorare in condizioni fisiche dignitose di pulizia e decoro, senza l'ansia di precoci valutazioni e con una disciplina prodotta più dal lavoro stesso che da imposizioni esterne. Tuttavia la scuola agazziana si muove ancora, al meno in parte, nell'ottica gentiliana e idealistica che considera, quella infantile come "scuola di grado preparatorio", mentre la Montessori si muove nella direzione opposta perché rivendica alla Casa dei bambini piena autonomia istituzionale e pedagogica, che più che un servizio sarebbe stata una vera funzione sociale. Infatti in essa gli spazi sono su misura delle esigenze formative dei piccoli : prive del vecchio arredamento scolastico, è collocata nel tessuto urbano in modo tale da evitare sia l'isolamento sia la convivenza con i grandi agglomerati. Le classi sono poche e ospitate in locali non troppo vasti, le cui suppellettili sono proporzionate alle dimensioni fisiche dei bambini. Lo stesso vale anche per gli spazi esterni, che prevedono la presenza indispensabile del giardino. L'aula è una "sala di lavoro", arredata con gusto per poterci vivere in modo piacevole, con materiali (sedie, tavoli, scaffali, armadi ecc.) a portata di mano dei bambini e facilmente utilizzabili da loro per permettere agli scolari di muoversi e agire a loro agio, senza il continuo intervento degli adulti. Soprattutto viene abolito il banco che tiene prigioniero l'alunno costringendolo ad eseguire lavori ed esercizi imposti. Anche la pulizia dei locali è affidata agli stessi bambini affinché vengano educati all'ordine e al decoro. Questo nella prospettiva che la vita nella scuola venga apprezzata dai fanciulli come permanenza nella propria "casa", sentita come propria perché risponde a tutti i loro bisogni. In questo nuovo ambiente, costruito a misura di bambino, assume una funzione centrale il materiale didattico, detto anche di "sviluppo", perché agisce sull'attività sensoriale stimolando lo sviluppo dell'intelligenza. L'ambiente doveva essere l'insieme degli oggetti e dei materiali prescelti per stimolare la sensibilità infantile.

L’eccesso di stimoli è nocivo, poiché conduce il bambino alla progressiva assimilazione di immagini che però si immagazzinano senza ordine, risultando in tal modo fuorviante: solo attraverso le giuste stimolazioni e opportuni esercizi si può giungere ad una corretta educazione. Occorre pertanto offrire gli stimoli in modo tale da consentire un ordine progressivo. Così i materiali e gli esercizi sensoriali liberano nel bambino le sue capacità più profonde e creative, rendendolo capace di esprimersi e di regolarsi secondo i propri ritmi. Nel metodo montessoriano il bambino fissa l'attenzione sulle parti semplici degli oggetti, e attraverso un processo di analisi, di classificazione e seriazione, deve poter giungere gradualmente alla maturazione intellettuale. Perciò gli strumenti didattici sono costituiti da materiale scientifico e strutturato, cioè appositamente costruito per sviluppare con gradualità e progressività le competenze specifiche negli ambiti delle diverse attività sensoriali: comprende solidi da incastrare, blocchi, tavolette, figure e solidi geometrici da ordinare secondo criteri diversi (colore, dimensioni, altezza, peso, incastro), matasse colorate e campanellini da porre in scala secondo l'intensità del colore o del suono, superfici ruvide o lisce da graduare e così via. L'affinamento della sensibilità costituisce la condizione necessaria per l'apprendimento della lettura e della scrittura: si comincia a conoscere le lettere dell'alfabeto, riprodotte in dimensioni grandi, seguendone il contorno e imparando così a distinguerle; in seguito si potranno comporre le parole utilizzando alfabeti mobili oppure disegnando le lettere per imitazione. Anche la lettura va di pari passo: lungamente preparata dopo aver allestito tutte le precondizioni di potenziamento delle capacità sensoriali essa sembra esplodere all'improvviso. Con la stessa lenta gradualità è introdotto il conto.

Il presupposto della Montessori è che la struttura psichica del bambino sia diversa da quella dell'adulto: ella parla, specie nelle ultime opere, di una "mente assorbente" in quanto la mente del bambino prende le cose dall'ambiente e le incarna in se stessa. Così il bambino crea se stesso, il proprio mondo interiore, crea una propria "carne mentale" e le proprie reazioni con il mondo inconsciamente, senza saperlo (mentre l'adulto non riesce ad apprendere se non per via razionale, cioè cosciente). La "mente assorbente" assimila e sistema immagini mettendole al servizio del ragionamento, poiché è proprio per quest'ultimo che il bambino assorbe le immagini. Infatti "il fulcro intorno al quale agisce interiormente il periodo sensitivo è la ragione":

Il fine generale dell'educazione del bambino dovrebbe essere, come sostiene la Montessori, il "puericentrismo" cioè la centralità della libertà del bambino, nello sviluppo delle sue esperienze, evitando che l'adulto imponga i suoi interessi e i propri modi di apprendere e di ragionare. Nella nostra società il bambino, invece di essere protetto nel suo diritto di crescere in serenità, viene sottoposto continuamente ad immagini di violenza mediatica e televisiva.

L'uomo contemporaneo deve al suo contatto con il televisore gran parte dell’informazione, dell’acculturazione e dell’intrattenimento Da quel lontano 2 novembre 1936, quando ebbero inizio a Londra le prime trasmissioni televisive, sulla televisione è stato scritto di tutto, sia in positivo che in negativo. Radio e televisione, e quest'ultima con più efficacia, hanno reso possibile la comunicazione di massa: i suoi messaggi sono trasmessi pubblicamente, spesso regolati in modo da raggiungere gran parte dei membri del pubblico simultaneamente. La televisione con le sue immagini universali, ha rivoluzionato il sistema dell’informazione: nella nostra epoca buona parte della formazione culturale delle persone passa attraverso il medium televisivo; ed il medium è il messaggio All'interno di una fascia oraria di circa trenta minuti si susseguono ad un ritmo incalzante le notizie del giorno. La velocità di trasmissione delle notizie non permette allo spettatore di capirne il senso. Infatti l'esigua quantità di tempo dedicato alla singola notizia (circa tre minuti) ne impedisce la corretta contestualizzazione. Ne segue che lo spettatore è regolarmente disinformato e la televisione, nella fattispecie, i telegiornali, rischiano di girare a vuoto, in un circuito totalmente autoreferenziale. La TV, negli ultimi decenni, ha conosciuto uno sviluppo tecnologico sorprendente, ed è tuttora al centro di un processo di radicale rinnovamento (l'introduzione generalizzata del segnale digitale).

Quando ci s’interroga sui problemi educativi nella società attuale non si può, appunto, non considerare importante il rapporto bambini-tv e non possiamo non fare riferimento alla violenza, che permea abbondantemente la nostra società anche televisiva. Per circa quattro anni sono stati intervistati giovani e adolescenti delle scuole romane su questioni riguardanti l'attualità, per valutare l'impatto dell'informazione televisiva. Le conclusioni che sono scaturite non sono molto incoraggianti: sulle notizie diffuse dai telegiornali il 45% dei tredicenni intervistati dimostra di non aver compreso il cuore della notizia; lo stesso dicasi per il 50% dei diciassettenni. I ragazzi dimostrano di aver colto solo aspetti marginali e per di più in modo confuso. Le notizie sono sovente enfatizzate, si cerca l'effetto emotivo per far alzare gli indici d'ascolto: tutto, naturalmente, a detrimento della corretta informazione. Questo globale mezzo di comunicazione non deve essere né demonizzato né sottovalutato: occorrono, invece, strategie educative efficaci per valorizzarne gli aspetti positivi e controbilanciare quelli negativi cioè una didattica dell’informazione televisiva.

Per una didattica dell’informazione e della prevenzione alla violenza televisiva, potremmo prendere in esame il film Arancia meccanica, in cui il protagonista, un soggetto estremamente violento, è curato sottoponendolo alla visione di scene di violenza ancora più estreme di quelle che lui ha compiuto: una terapia basata su un eccesso, un'estremizzazione di un certo comportamento. Freud si era posto il problema se fosse giusto chiedersi come rimediare agli eccessi di violenza giovanile, senza prima sapere come si formano queste cose, cioè perché nascono. Se noi vogliamo porre degli argini alla violenza, dobbiamo sapere in primo luogo come nasce questa violenza come si formano i nostri sentimenti e il nostro pensiero. Sulla base di questo, eventualmente in un secondo momento, la psicologia si occupa anche di suggerire dei rimedi.

La questione della violenza, per esempio, o dell'aggressività - alcuni vedono l'aggressività come un problema un po' più ampio, la violenza un po' più ristretto -, è un problema che probabilmente non ha un'unità: ossia, non esiste un'aggressività in generale, un istinto aggressivo, così come non esiste una tendenza generale alla violenza. Se si esamina quale può essere l'influenza della violenza televisiva, degli spettacoli cruenti, la prima osservazione da fare, tra tante, è questa: nei bambini esiste un'avversione istintiva alle scene sadiche e raccapriccianti e alle scene di violenza fisica, gli uni contro gli altri. Cioè il bambino avverte una ripugnanza istintiva e una paura nei confronti del sangue ed è anche molto turbato quando vede una persona che picchia un'altra persona. Questa ripugnanza istintiva alla violenza è corretta anche dal costume sociale: soprattutto il maschio nella nostra società impara anche a essere aggressivo, a competere, a fare la lotta con altri bambini.

Che cosa succede poi se un bambino è abituato fin da piccolo a vedere ore e ore di spettacoli televisivi in cui ci sono delle persone che si picchiano, si sparano o si aggrediscono? Succede che il bambino perde la sua ripugnanza alle scene di violenza fisica, o perlomeno la perde in buona parte. Quindi diventa, in qualche modo, un bambino che si emoziona meno di fronte alla violenza. Il bambino infatti apprende i modelli di un comportamento attraverso tre tappe: osservazione, ripetizione e mantenimento nel magazzino della memoria a lungo termine (MLT) e recupero al momento opportuno per l’utilizzazione. Osservando in TV un numero altissimo di situazioni affrontate e risolte in modo aggressivo, il bambino ha molte più occasioni che nella realtà di assimilare strategie violente per la risoluzione di un problema. Ciò avviene a senso unico perché le soluzioni costruttive presentate non sono altrettanto numerose. Il copione può essere abbondantemente ripassato e fissato nella memoria e quel tipo di risposta può essere considerato valido nelle situazioni più diverse. Anche quando i comportamenti violenti sono stati appresi in casa o per strada, la TV violenta li rafforza in una tragica circolarità, in cui i bambini più a rischio sono proprio quelli più fragili e deprivati.

Ne segue che molti soggetti, sottoposti a scene o spettacoli televisivi violenti per ore, giorni, settimane, mesi, anni, sono desensibilizzati e anestetizzati rispetto alla violenza e tendono poi a compiere, soprattutto nell'adolescenza, atti di violenza fisica, atti di aggressione fisica o di bullismo: diventano, così, soggetti che hanno bisogno di mettersi in una situazione di grande violenza per provare un’emozione.

Come dimostrato dallo studio condotto da Jeffrey Johnson su 700 bambini esaminati nella pubertà e nell’adolescenza fino all’età adulta presso la Columbia University, la televisione per oltre un’ora il giorno può rendere gli individui più inclini alla violenza: una volta raggiunta la maggiore età, gli adolescenti si abbandonano infatti più facilmente ad atti aggressivi verso altre persone..I dati indicano con forza l’esistenza di un rapporto causale tra la violenza mediatica e il comportamento aggressivo di alcuni individui.

Ma nonostante il consenso unanime degli esperti non sembra che la gente percepisca pienamente il pericolo rappresentato dalla TV. Ma questo continuo rapporto senza filtri con la realtà mediatica fa acquisire al bambino una sorta di assuefazione alla violenza: tutti i giorni, per ore e ore, egli si nutre di guerre, omicidi, rapine, aggressioni, litigi, turpiloqui, situazioni limite che hanno la forma e il linguaggio di telefilm, cartoni, fiction. Una contaminazione del suo cuore e della sua mente che lo destabilizza e gli fa abbassare la soglia di percezione dell’atto ingiusto, criminale e violento.

Ma la distruttività non necessariamente si esprime in azioni contro gli altri. Si può essere distruttivi anche verso se stessi. Lasciare i bambini soli davanti alla TV significa modificare il loro modo di pensare, di comunicare, di immaginare la realtà. E’ importante sottolineare quindi l’importanza della presenza attiva degli adulti per evitare che i piccoli telespettatori siano succubi di questo invadente mezzo di comunicazione.

Per una didattica di prevenzione della violenza televisiva, è fondamentale che i genitori adottino una consapevolezza dei rischi della televisione: devono ridurre e regolare i tempi di fruizione, anche in base all’età dei figli; scegliere loro programmi adatti; guardare alcuni programmi insieme ai figli per spiegare, tranquillizzare e sdrammatizzare.

Si può educare i giovani a muoversi autonomamente nell’universo dei media: è una sfida impegnativa che però educatori consapevoli e preparati possono serenamente raccogliere. Anche la scuola deve, perciò, educare al linguaggio delle immagini, che richiede un’adeguata formazione da parte degli insegnanti. Le attività didattiche di didattica e prevenzione alla violenza televisiva che possono essere proposte sono varie: si può, ad esempio, far smontare un programma, analizzando le scene, la scelta delle immagini e far conoscere i trucchi televisivi. Bisogna far capire ai giovani utenti che la televisione, avendo come fine l'attenzione degli spettatori, usa qualsiasi immagine ad effetto per esercitare un grande potere di suggestione sui telespettatori. Questa ricerca disperata dell'audience rende gli operatori della TV del tutto irresponsabili nei confronti del pubblico e diviene ammissibile che immagini di una violenza brutale invadano con una frequenza sempre più elevata lo schermo televisivo, costituendo così un reale pericolo per i bambini.

Coloro che difendono, spesso in modo acritico, i diritti della TV di usare le immagini liberamente portano a sostegno della loro posizione la tesi che l'immagine non mente, che in fondo non rappresenta altro che la realtà. Ciò è comunque falso. La realtà non è comparabile con le immagini della TV, che sono sempre costruite ad arte per suscitare suggestione ed un forte impatto emotivo.

Le considerazioni che abbiamo svolto intorno alla TV hanno messo in luce gli aspetti negativi del mondo delle immagini. Non sarebbe tuttavia giusto mettere in atto un processo di demonizzazione di questa cultura che i media hanno prodotto e continuano a produrre. La TV ha avuto, soprattutto agli inizi, un importante ruolo di emancipazione culturale e informativa per la società.

Non bisogna demonizzare a televisione, poiché, insieme con aspetti negativi, svolge un ruolo fondamentale anche di intrattenimento : essa costituisce l’unico mezzo di compagnia e di hobby di certi o di tanti momenti della vita degli anziani. Gli anziani che vivono soli combattono il silenzio con il suono della televisione e combattono la loro solitudine con le sue immagini. Spesso mangiano soli davanti ad essa, abusando di cibi per compensare la mancanza di affetti umani. Molti alimenti non sono cibi adatti agli anziani.

Una dieta equilibrata è importante per mantenere un buono stato di salute e di benessere fisico e psichico soprattutto nell’anziano. Infatti un'alimentazione adeguata può influire positivamente per correggere alcuni disturbi frequenti come la stitichezza, la tendenza a perdere liquidi e le forze, frequenti nell'anziano. Abitudini alimentari errate possono favorire se non provocare l'insorgere di alcune malattie come l'obesità, l'arteriosclerosi o il diabete. Va inoltre presa in considerazione l'importanza che il cibo assume per l'anziano come opportunità per regolare i suoi orari, rilassarsi, parlare con altre persone. Un pasto ben preparato e presentato stimola l'appetito e rende piacevole il momento di stare a tavola aumentando la sensazione di benessere. Non bisogna però pensare al cibo prevalentemente in termini di quantità, quanto piuttosto di qualità. Una dieta sana deve mantenere l'equilibrio tra le calorie introdotte con gli alimenti ed il fabbisogno energetico, costituito dalla somma delle calorie spese per il mantenimento della vita a riposo (metabolismo basale) e quelle consumate per l'attività fisica. Tra gli anziani sono riscontrabili ampie differenze di consumo calorico in rapporto soprattutto al grado differente di attività motoria. Spesso si incontrano degli anziani obesi ma malnutriti perché hanno un’alimentazione monotona, anche in relazione a difficoltà di masticazione. Una dieta salutare ed equilibrata dovrebbe essere suddivisa in tre pasti: uno leggero al mattino, non limitato ad una tazza di caffè o di tè, accompagnato da qualche biscotto. Se non c'è intolleranza il latte è un ottimo alimento, ricco di calorie, calcio, proteine e liquidi. Il pasto principale, il pranzo, dovrebbe essere costituito da pane e cereali; cibi ricchi di proteine: carne, pesce, uova; verdura e frutta fresca ricca di vitamine e grassi in piccole quantità (es. il condimento). Alla sera la cena dovrebbe essere leggera: un pasto abbondante rende la digestione lenta e laboriosa e si concilia male con il sonno. E' necessario bere ogni giorno una buona quantità di acqua. Gli anziani tendono a disidratarsi (perdere liquidi), sentono meno la sete, si astengono dal bere per la paura dell’incontinenza urinaria o dell'accumulo di liquidi che secondo un'idea sbagliata "fa gonfiare". La disidratazione si manifesta come debolezza, malessere generale, irritabilità, a volte confusione mentale. Basta osservare la lingua asciutta e patinosa e la pelle secca e poco elastica per rendersene conto. Una buona abitudine è bere due bicchieri di acqua al mattino a digiuno ed una tazza di tè leggero nel pomeriggio. Non aggiungere sale agli alimenti e abituarsi a salare il meno possibile durante la preparazione dei cibi. Il sale tende a far trattenere i liquidi. Evitare alimenti che causano problemi, come molti grassi animali, le fritture che rallentano la digestione, i cibi "pesanti". Consumare alimenti ricchi di fibre (pane e pasta integrale, verdura, frutta) per facilitare la funzione intestinale. Preferire cibi freschi: le scelte dell'anziano sono spesso condizionate da problemi finanziari e da incapacità o scarso desiderio di cucinare che lo portano verso alimenti conservati, di facile preparazione e costo più ridotto. Le persone che vivono sole perdono interesse per il cibo, si muovono poco ed hanno riduzione dell'appetito. Si può reagire a ciò con delle piccole gratificazioni: il "dolce", se non ci sono controindicazioni legate ad un diabete mal regolato, dà una sensazione piacevole e fornisce calorie di facile digestione. Anche un bicchiere di vino durante o meglio alla fine del pasto, stimola la secrezione di succhi gastrici, favorisce la digestione e dà un senso di benessere purché la quantità sia limitata a non oltre un quarto di litro per ognuno dei due pasti principali. Il vino rallegra la tavola e rende più disponibili a godere della compagnia e a gustare i cibi. Da evitare sono invece i superalcolici. D'altra parte è noto che la moderazione e la saggezza si conquistano con gli anni e dalla moderazione a tavola si ottengono vantaggi per la salute. Un'abitudine che la persona anziana non dovrebbe avere è quella che lo porti a consumare pasti abbondanti ed eccessivi, poiché, se arrecano danno a chiunque, le conseguenze che determinano, quali l'aumento di peso, il logorio di diversi organi, l’accelerazione dei processi arteriosclerotici, l'influenza negativa sulla struttura dei vasi sanguigni e sui processi del ricambio, sono veramente lesive nella vecchiaia e abbassano senz'altro il livello qualitativo della vita dell'anziano. Nella terza età sapersi limitare è necessario, e significa misurare il cibo e le bevande, consumare pochi grassi, evitare i pasti fatti di una sola abbondante pietanza, preferire i vegetali. E' indispensabile un'alimentazione ricca di proteine e di vitamine, quindi basata su succhi di frutta, verdura, frutta, formaggio (molto indicata è la ricotta) pesce e carne. E' consigliabile consumare l'ultimo pasto almeno quattro ore prima di andare a dormire. Le camminate quotidiane aiutano a prevenire l'invecchiamento, perché stimolano la circolazione e il lavoro cardiaco, e combattono un’eventuale riduzione dei lavoro intestinale. Anche in tarda età, il nuoto è sicuramente uno sport di grande aiuto. La persona anziana deve sentirsi utile e deve svolgere degli incarichi adatti alla proprie condizioni: si osserva spesso, purtroppo, come le persone la cui cura è delegata, per esempio alle, case di riposo, là dove non svolgano con regolarità un lavoro o non si dedichino, almeno, ad un'occupazione che li occupi quotidianamente, diventino stanche e tristi. La tendenza dell'anziano è verso la pace e verso un certo isolamento, per cui è necessaria l'energia di chi è più giovane e può proporre un'attività stimolante. Un hobby coltivato prima del pensionamento è sicuramente un vantaggiosissimo toccasana per i nonni. Le attività ideali sono, nella terza età, quelle che mettono in contatto gli anziani con i giovani, e se queste occupazioni richiedono doti come la pazienza, ecco che i non più giovani hanno molto da trasmettere e da insegnare. Un discorso a parte meritano le fibre, per la grande importanza che rivestono nell'alimentazione di ogni individuo, ed in particolare dei più anziani. Le fibre sono contenute negli alimenti di origine vegetale e non possono essere digerite dal nostro intestino che non contiene gli enzimi necessari per assorbirle. La conseguenza di ciò? È che questi alimenti rimangono all'interno dell'intestino, facendo un effetto massa che richiama acqua e consente di aumentare il volume e la morbidità delle feci. Tutto ciò aiuta chi ha problemi di stitichezza, perché ha una funzione di regolazione molto importante dell'intestino. Negli ultimi decenni il contenuto in fibre della dieta ha subito, nel mondo occidentale, una drastica riduzione.
Il modificarsi delle abitudini alimentari (minor consumo di fibre, maggior consumo di alimenti a base di carne) riguarda tutti gli strati della popolazione ed è conseguente al miglioramento generalizzato delle condizioni socio-economiche ed al prevalere dell'economia industriale su quella agricola. Anche il pane adesso viene prodotto con farina lavorata e non più con quella grezza. Alcune malattie, come ad esempio la diverticolosi o la diverticolite (cioè la formazione di diverticoli nella parte finale dell'intestino e la loro infiammazione) erano del tutto sconosciute fino a 60 anni fa e sono il prodotto in gran parte delle modificazioni del nostro stile di vita, cioè di una dieta povera di fibre. E anche della minore attività fisica. Infatti, le malattie elencate prima sono dovute ad un eccessivo sforzo della muscolatura della parete intestinale, per far passare le feci all'interno dell'intestino fino al retto, che finisce per sfiancare la parete rendendola meno liscia, ma piena di piccole sacche (appunto, i diverticoli) che la indeboliscono e la espongono alle infezioni ed alle infiammazioni. Tutti i cibi di origine vegetale forniscono fibre: gli alimenti più ricchi sono il grano intero, le verdure e la frutta secca. Un'appropriata alimentazione è un ingrediente essenziale per conservare un buono stato di salute in tutte le età, e specialmente in età avanzata.

Negli anziani infatti avvengono modificazioni fisiologiche, quali il rallentamento del metabolismo basale e la diminuzione della muscolatura scheletrica, cambiamenti dello stile di vita, come la ridotta attività fisica, che riducono il fabbisogno energetico, ma che richiedono un giusto apporto di nutrienti. Oltre i 40 anni, l'occorrente di calorie e di proteine diminuisce gradualmente di circa il 5 % ogni 10 anni sino ai 60 anni d'età; dai 60 ai 70 anni il calo è del 10 %, e un'altra riduzione del 10 % avviene dopo i 70 anni. Ma il problema dell'anziano, non è tanto quello dell'apporto calorico, quanto quello di un regime alimentare equilibrato e completo nei principali nutrienti. La dieta ideale deve coprire in modo armonico ed equilibrato i fabbisogni nutrizionali dell'anziano e, molto schematicamente, deve essere impostata assicurando l'apporto calorico totale intorno alle 2.100 calorie e l'energia deve essere fornita dai carboidrati per il 50 -60 %, dalle proteine per il 12 -14 %, dai lipidi per il 30- 35 %.

I carboidrati sono contenuti prevalentemente nel pane, nella pasta, nelle patate. Le proteine sono presenti nelle carni, nel latte, nei legumi. I lipidi o grassi si trovano, invece, negli oli, nel burro, nei formaggi, ecc. E' essenziale, poi, l'apporto di acqua, vitamine e sali minerali.Gli anziani sentono meno la sete e si astengono dal bere per paura di disturbi come l'incontinenza urinaria o per timore dell'accumulo di liquidi che secondo un'idea sbagliata fa gonfiare. E' necessario bere ogni giorno una buona quantità di acqua (almeno otto - dieci bicchieri) per preservare la funzionalità renale, idratare la pelle, ammorbidire le feci e così ridurre il rischio di stipsi. Una buona abitudine è bere due bicchieri di acqua il mattino a digiuno. Oltre che con l'acqua, i liquidi s'introducono con il consumo di succhi di frutta, caffelatte, tè, latte freddo o caldo, tisane.
Anche un bicchiere di vino durante o meglio alla fine del pasto va bene. Stimola la secrezione di succhi gastrici, favorisce la digestione e dà un senso di benessere…purché la quantità sia limitata (non più di mezzo litro il giorno). Da evitare sono invece i superalcolici. I sali minerali, presenti nei formaggi, nelle carni, nelle uova ecc.., sono necessari al corpo umano in quantità diverse tra loro. Nella dieta dell'anziano devono essere assolutamente presenti il calcio ed il ferro. Il latte intero, il formaggio, lo yogurt, il pesce ecc.. sono cibi ricchi di calcio. Due tazze di latte intero al giorno coprono il 75% del fabbisogno giornaliero di calcio e contribuiscono a mantenere la densità delle ossa prevenendo, così, l'osteoporosi. Se si è intolleranti al latte sono in commercio prodotti trattati in modo da essere facilmente digeribili. Le persone anziane sono a rischio di carenza di ferro. Si può evitarla aumentando il consumo di legumi, radicchio verde e spinaci, uova, tonno in scatola, carne rossa e petto di pollo. Bisogna stare attenti, inoltre, ad introdurre cibi ricchi di fibra (cereali, legumi, mele, ecc..). Questi alimenti, accompagnati da un'abbondante quantità di liquidi, oltre a dare un senso di sazietà, contribuiscono a regolare l'intestino.

Il consumo del fabbisogno nutrizionale giornaliero deve essere suddivisa in tre pasti Uno leggero al mattino, non limitato ad una tazza di caffè, ma accompagnato da qualche biscotto. Se non c'è intolleranza, il latte è un ottimo alimento, ricco di calorie, calcio, proteine e liquidi. Il pasto principale, il pranzo, costituito da pane e cereali, cibi ricchi di proteine (carne, pesce, uova), verdura e frutta fresca ricca di vitamine. Grassi in piccola quantità come condimento Alla sera la cena deve essere leggera: un pasto abbondante rende la digestione lenta e laboriosa e si concilia male con il sonno. E' indicato, anche, fare due leggeri spuntini, uno a metà mattino e l'altro a metà pomeriggio. Oltre a combinare ed a distribuire con equilibrio gli alimenti tra loro, è essenziale anche curare che le pietanze siano variate ogni giorno, approntate secondo i gusti e le preferenze di chi le deve consumare e servite in modo da rendere la tavola attraente.Bisogna non perdere mai di vista che mangiare è più di una funzione biologica e che il momento del pasto è un'occasione per assaporare i piaceri genuini e sani del buon cibo. Per quanto possano essere semplici (il sapore di un pomodoro perfettamente maturo, l'odore del pane fresco), hanno la facoltà di farci vivere in salute e in allegria. Vi sono, però, alcune condizioni che possono nuocere ad un'adeguata alimentazione e al necessario equilibrio tra i vari elementi nutritivi.Una dentatura in disordine, per esempio, o una protesi difettosa, unita ad una riduzione della salivazione, possono rendere difficoltosa la masticazione, cosicché si è portati a rinunciare ad alimenti che sono necessari. Come anche le ristrettezze economiche, che a volte affliggono gli anziani, possono causare rinunce a cibi importanti (frutta, verdura, carni). Anche uno stato depressivo può causare malnutrizione. Occorre, pertanto, per stabilire una dieta personale, prima valutare con cura le condizioni fisiche, psicologiche, economiche ed ambientali e, soprattutto definirla insieme all'anziano, pena il rischio di fallimento di qualsiasi consiglio o prescrizione alimentare. La scienza in ogni modo negli ultimi decennio, dietetica ha contribuito notevolmente a porre l’anziano sul suo giusto piano sensibilizzandolo, attraverso la certezza di un miglioramento generale delle condizioni di salute e psicologiche, ad una corretta alimentazione che dal punto di vista qualitativo e quantitativo è fattore di longevità e di benessere, anche sottolineando che il fabbisogno calorico di un soggetto anziano è inferiore a quello di un giovane, sia per la diminuzione dell’attività fisica, sia per la diminuzione del metabolismo basale, in relazione alla perdita di massa magra. Si può calcolare il fabbisogno calorico moltiplicando il peso per 20 o per 24 mantenendosi più vicini a 20 se si tratta di soggetti di età molto avanzata, di donne, di persone a struttura minuta; mantenendosi più vicino a 24 se si tratta di persone vigorose e/o di età non molto avanzata. Questo valore viene poi aumentato dal 20 all’80% a seconda delle attività svolte. Le calorie totali verranno poi ridotte o aumentate del 20-50% a seconda se il soggetto è rispettivamente in eccesso o in difetto di peso reale rispetto al peso "normale". Naturalmente questo è un calcolo approssimativo, che richiede le opportune correzioni in base all’andamento del peso. La massa magra, costituita essenzialmente dai muscoli, diminuisce progressivamente dopo i 45-50 anni e specialmente dopo i 60 anni; la perdita di massa magra è compensata, specialmente nella donna, dall’aumento della massa adiposa, che è più evidente a livello viscerale e del tronco. Inizialmente nell’anziano si può avere un lieve aumento di peso, ma dal settimo decennio di vita in entrambi i sessi il peso tende a diminuire. Spesso si ha in vecchiaia l’esagerazione di scorrette abitudini alimentari contratte in più giovane età. In particolar modo nell’anziano, le razioni dietetiche raccomandate devono essere considerate una guida di massima da adattare ad ogni singolo caso, poiché l’invecchiamento accentua le differenze individuali, come appare dalla misura di diversi parametri e dalla grande variabilità dei fabbisogni minimi dei vari nutrienti. Inoltre la maggioranza delle persone anziane è affetta da una o più condizioni morbose quali l’arteriosclerosi, artropatie, osteoporosi, obesità, gotta, deficit della masticazione, disturbi psicologici da disadattamento. La senescenza comporta quindi una serie di modificazioni di ordine morfologico, fisiologico e psicologico che impongono particolari accorgimenti nutritivi. Vi sono dati sperimentali in seguito ad un prolungamento della vita in animali a dieta ristretta, ma questi dati non possono essere trasferiti all’uomo, nel quale un modesto soprappeso in età geriatrica può essere ben tollerato.

Con l’avanzare dell’età vi è l’indebolimento di molte delle funzioni del corpo. Per esempio, sono comuni i problemi di vista che rendono difficile leggere le indicazioni dei farmaci e le date di scadenza dei prodotti. Una persona che non vede molto bene potrebbe non notare un piatto o un utensile sporco o un alimento avariato. Anche l’olfatto diventa meno sensibile con l’avanzare dell’età e può peggiorare per l’utilizzo di farmaci o a causa di malattie. Molti agenti deterioranti causano cattivi odori che avvertono che l’alimento non è più buono per essere consumato. Una persona il cui senso dell’olfatto è debole potrebbe non accorgersi di questo avvertimento. Le dita delle mani spesso perdono forza e abilità, rendendo difficile pulire le verdure, avvolgere gli alimenti e aprire o chiudere contenitori. Potrebbe essere impossibile infilare i guanti per lavare i piatti: di conseguenza le stoviglie non potranno essere lavate alla giusta temperatura. Molte persone anziane non possono camminare senza l’aiuto di qualcuno e trovano difficile chinarsi o restare in piedi per molto tempo, perciò potrebbe essere impossibile per loro pulire la cucina o il luogo dove sono conservati gli alimenti. Un’altra possibile difficoltà è raggiungere facilmente i negozi per fare la spesa, questa causa un accumulo di prodotti in casa da cui consegue il rischio di consumare alimenti scaduti. Anche la memoria può indebolirsi. Questo potrebbe portare alla scorretta preparazione dei cibi: è possibile, per esempio, dimenticare un passaggio fondamentale o applicare tempi e temperature non corretti.

Inoltre, gli anziani sono molto più vulnerabili alle malattie alimentari trasmissibili per via orale, comprese le intossicazioni. L’invecchiamento indebolisce il sistema immunitario, proprio come la chemioterapia, la chirurgia e le malattie croniche come quelle cardiache o il diabete. Ciò significa che se un anziano si ammala, probabilmente andrà incontro a delle complicazioni e impiegherà più tempo per guarire. Molte persone anziane soffrono di malnutrizione. Anche questo contribuisce alla loro predisposizione alle infezioni, comprese quelle causate dagli agenti patogeni contenuti negli alimenti. Sono molte le ragioni di questo problema. Farmaci, disturbi digestivi, malattie croniche, inabilità fisiche e depressione possono, infatti, causare inappetenza. La ragione più evidente è che molti anziani vivono d’entrate fisse e il cibo è la spesa più facilmente riducibile. La crescente consapevolezza dei fattori che concorrono alla malnutrizione nella terza età dovrebbe permettere lo sviluppo d’appropriate strategie di prevenzione e trattamento per migliorare la salute degli anziani. Un’altra delle ragioni per cui gli anziani sono maggiormente predisposti alle intossicazioni alimentari è perché gli acidi dello stomaco diminuiscono con l’avanzare dell’età. Questi acidi, infatti, neutralizzano molti degli agenti patogeni prima che entrino nell’intestino tenue. Minore è il livello d’acidità, più alto è il rischio di contrarre infezioni da un agente patogeno alimentare. Inoltre, i processi digestivi rallentano con l’avanzare dell’età dando più tempo ad alcuni patogeni di crescere e produrre tossine nell’intestino. Anche le ristrettezze economiche possono causare problemi relativi alla sicurezza alimentare negli anziani. Inoltre chi è in forte soprappeso, o già soffre di malattie (diabete, gotta, disturbi cardiocircolatori) che costringono ad una dieta molto rigida deve prestare ulteriore attenzione. C'è ampio accordo oggi nel mondo scientifico sul fatto che le malattie più frequenti siano da mettere in relazione col tipo d’alimentazione attualmente diffusa. Negli ultimi decenni, la nostra alimentazione è profondamente cambiata sia sotto il profilo della qualità che della quantità. Il cambiamento è stato cosi repentino da non consentire al nostro organismo di adattarsi alle mutate condizioni. Le esigenze nutrizionali dell'organismo devono essere soddisfatte dagli elementi vitali presenti negli alimenti (proteine, vitamine, oligoelementi, aminoacidi essenziali, acidi grassi essenziali).

Purtroppo, i tipi di coltivazione e d’allevamento oggi diffusi ci forniscono alimenti, sotto il profilo nutrizionale, già poveri all'origine. Inoltre, gli alimenti sono sottoposti sempre più spesso a quei trattamenti di trasformazione, raffinazione e conservazione che determinano un ulteriore depauperamento del loro valore nutrizionale. Negli ultimi decenni, infatti, i rischi d’intolleranza sono aumentati notevolmente proprio per il modificarsi dell'alimentazione e per l'aumento dei consumi di prodotti industriali. Le manifestazioni delle intolleranze alimentari sono veramente varie in quanto il meccanismo d’insorgenza è legato all’infiammazione diffusa che si viene a creare in tutto il corpo, con specifiche localizzazioni e sintomatologie variabili da individuo ad individuo; quindi, si passa dalla rinite alla congiuntivite ma anche a talune forme di crisi epilettiche, d’emicrania, d’artrite di disturbi intestinali, vertigini, edemi e gonfiori, edemi e gonfiori agli occhi, al volto, alle gambe.

Il consumo di alimenti contaminati da microrganismi o tossine batteriche può determinare malattie alimentari. Ne esistono due forme:

- intossicazione: è dovuta a sostanze tossiche presenti negli alimenti. Tali sostanze possono essere di origine chimica (metalli pesanti, diossine, ecc.) di origine biologica (micotossine e tossine algali) o di origine microbiologica (botulino, stafilococco, ecc.);

- infezioni: si manifestano quando il microrganismo sopravvive in un alimento per un certo tempo per moltiplicarsi poi nell'organismo umano determinando la malattia.

La tossinfezione alimentare è una sindrome morbosa a carattere gastroenterico acuto e con sintomi di avvelenamento, provocata dall'ingestione di alimenti contaminati da microrganismi patogeni o dalle loro tossine. Esistono forme vive di batteri, ma i microbi possiedono anche la capacità di rinchiudersi in una spora, una capsula resistente ove rimangono in uno stato di "non vita" anche per diversi anni, per rivitalizzarsi in un ambiente favorevole alla loro crescita. L'azione di questi germi invisibili non è sempre riconoscibile: infatti, mentre alcuni microbi attraverso i loro enzimi alterano le caratteristiche organolettiche e la consistenza di un alimento, altri non determinano modificazioni evidenti, anche nella fase di massima virulenza. Si deve anche precisare che la sola presenza di batteri patogeni non è sempre in grado di determinare la tossinfezione, ma è necessario che la carica microbica nell'alimento sia elevata; se il cibo è contaminato da pochi germi, un individuo sano può sopportarli senza conseguenze, grazie alle proprie difese organiche. Possono essere suscettibili di infezione persone a rischio (anziani, bambini, immunodepressi). Le malattie alimentari si manifestano solitamente con disturbi gastrointestinali il cui periodo di incubazione varia da poche ore ad alcuni giorni; spesso le patologie si risolvono in breve tempo senza conseguenze, a volte però esse determinano forme cliniche gravi e anche letali. Per questo, nel caso di un sospetto di sintomatologia di malattia alimentare, occorre subito consultare il proprio medico o il più vicino a Pronto Soccorso per stabilire la gravità del male e predisporre tempestivamente la cura: una precisa diagnosi può essere formulata dal medico sulla base delle manifestazioni cliniche, ma soprattutto grazie alla ricerca dell'agente patogeno nelle feci o nell'alimento consumato. La salmonellosi umana può essere causata da un'elevata carica di salmonella presenti soprattutto negli alimenti di origine animale, come uova e carni crude macellate; la malattia è provocata dalle tossine elaborate nell'organismo umano. Un'adeguata cottura, condotta con tempi e temperature idonei, è in grado di distruggere i germi. Crea disturbi gastrointestinali, come vomito o diarrea, possono determinarsi in un periodo da sei ore a 2-3 giorni per effetto del consumo dell'alimento contaminato e si accompagnano a febbre ed elevata debilitazione.

Lo staphylococcus aureus è diffuso nell'ambiente attraverso il corpo umano, in quanto è frequentemente presente sulla cute e sulle mucose dell'uomo e quindi anche di coloro che manipolano gli alimenti; il pericolo è accresciuto dalla inconsapevolezza dei portatori sani. Lo stafilococco elabora le proprie tossine termoresistenti direttamente negli alimenti: quelli a maggior rischio di contaminazione sono i cibi molto proteici e i piatti già pronti. I sintomi compaiono tra le due e le sei ore dopo il consumo dell'alimento e si manifestano con nausea, vomito, diarrea e crampi senza febbre.

Il Clostridium botulinum o tossina botulinica, che il microrganismo produce in ambiente privo di ossigeno e PH non troppo acido, è un micidiale proiettile letale. Questo minuscolo killer è una proteina che nell'organismo umano si lega con l'acetilcolina, una sostanza che regola la trasmissione degli impulsi nervosi ai muscoli, e ne blocca l'attività provocando perdita di riflessi. I primi sintomi, solitamente, seguono di un paio di giorni l'ingestione, ma compaiono anche più tardi e, se non si interviene in modo tempestivo, possono comportare anche la morte per paralisi respiratoria. Il botulino, che è ampiamente diffuso nei vari ambienti nei quali l'uomo vive, è veicolato soprattutto attraverso conserve domestiche impropriamente preparate e insaccati di provenienza sconosciuta. Nei processi produttivi dei salumi (carni crude lavorate sottoposte a stagionatura) si utilizzano additivi come i nitrati di sodio e di potassio che hanno la funzione di neutralizzare il botulino. La contaminazione microbiologica del cibo è determinata da molteplici fattori. Gli alimenti di origine animale possono essere contaminati dai germi, per infezione endogena, dallo stesso animale malato o portatore del microrganismo durante l'allevamento e la crescita. Grande importanza, in questi casi, hanno i controlli veterinari, soprattutto all'atto della macellazione, per evitare disseminazione di germi dal canale intestinale dell'animale alle carni che, comunque, devono essere distrutte anche per semplice sospetto di contaminazione. Per le uova, a causa della elevata presenza di salmonella nei volatili, conviene sempre supporre la contaminazione del guscio che, quindi, dovrebbe essere lavato dal consumatore prima della utilizzazione. Un’altra malattia infettiva da cibo (uova, cozze, verdure non cotte, frutta non sbucciata e non lavata) è il virus dell’’epatite A. L’epatite A, o HAV è presente in tutto il mondo, specie nelle aree più disagiate. E' un piccolo agente costituito da una molecola di RNA ricoperta da un involucro proteico. Appartiene ai Picornavirus oppure in un gruppo assimilabile agli Heparnavirus. La malattia oggi è nuovamente in diffusione: infatti, le migliori condizioni igieniche hanno fatto sì che la gente non avendolo incontrato non si sia immunizzata; ecco pertanto che compaiono le epidemie negli anziani, negli studenti, tra le comunità in genere e che siano più colpiti proprio i ragazzi delle famiglie più agiate! L'incidenza annuale, infatti, torna ai 6-10 casi per 100.000 abitanti. La malattia può avere un decorso vario. In genere esordisce con i sintomi simi-linfluenzali, ittero, febbre, dolori alle ossa, nausea e vomito che si accompagna a diarrea. La febbre è sui 38-39 e dura 1-3 giorni; nel bambino invece prevalgono forme anitteriche, mentre nell'adulto la malattia è più impegnativa. Nell'andamento classico abbiamo quattro fasi: incubazione, periodo preitterico, ittero e convalescenza. L'incubazione dura 15-30 giorni, durante i quali il soggetto non presenta sintomi particolari, tranne spossatezza; segue poi la fase preitterica della durata di una settimana, con aumento degli enzimi epatici, le transaminasi, a segnare il danno dell'epatocita. Poi segue l'ittero, dovuto alla colestasi, cioè all'incapacità da parte del fegato a svolgere le sue funzioni di escrezione della bile...quindi sclere gialle, fegato ingrossato, urine "marsala" e feci acoliche perché appunto la bile non passa nel duodeno, nell'intestino e la bilirubina della bile non è trasformata in biline dai batteri intestinali. Nell'adulto, addirittura, si ricordano forme strane itteriche e colestatiche che possono recidivare e dare ricadute nella malattia ed encefalopatia epatica. La cura: non esiste; il riposo a letto è fondamentale.

It’s very important old people control the food they eat. A balanced diet improves life’s conditions: so for a healthy lifestyle, food is very important. Since energy requirement decreases in old age, old people must reduce the food they eat to prevent an extreme nutrition. Seniors consume generally too little energy for various reasons - loss of appetite, or social isolation - and thereby lose weight. In such cases, energy-rich and nutritional foods should be consumed in larger quantities to prevent too great a weight loss and to bring the body weight into a healthy range.

Eating with others brings greater pleasure. Solitary elderly people can get together to cook and eat together. Some opportunities for this are found in dining clubs or lunch clubs, for example. Even a visit to a restaurant creates a welcome change! On the other hand, an elderly person’s well-balanced diet should include many functional foods, common foods with health benefits beyond their nutritive value, which have antioxidant properties against the degenerative changes of aging. The nutritional requirements in the elderly remain about the same: a well-balanced diet includes fruit, vegetables and food rich in starch as potatoes, bread, rice and pasta. Since energy requirement decreases in old age, old people must reduce the food they eat to prevent an extreme nutrition. Seniors consume generally too little energy for various reasons - loss of appetite, or social isolation - and thereby lose weight. In such cases, energy-rich and nutritional foods should be consumed in larger quantities to prevent too great a weight loss and to bring the body weight into a healthy range. These aliments are very important because thirst and the senses of taste and of smell decrease in older people. The sensation of thirst can also diminish: the body's signals for lack of fluids get weaker with age. We should drink at least 1.5 litters of liquid a day. Protein deficiency can also lead to nutritional deficits. Protein is important for the development and regeneration of body cells, especially the muscles.

Calcium is important: milk and its products supply the body with calcium. This helps maintain bone strength. If bones decrease in density, then osteoporosis develops over time. Bone degeneration is due not only to calcium deficiency but also partly to genetics.

Many factors affect our nutritional behaviour: individual needs and wants, daily moods, social environment, physical activity, current selection of available foods, advertising, etc. In addition, each person has individual nutritional requirements. The following recommendations ensure (in the form of a balanced and varied diet) an adequate supply of energy, nutrition, and protective elements, and therefore represent a healthy eating pattern. They are directed at the healthy older "average person" with normal physical activity - in other words a person with average energy and nutritional requirements.

Also old people’s hungry decreases. Older people are more susceptible to certain digestive disorders as well as constipation, diarrhoea, bloating, feelings of fullness, or loss of appetite, because the capacity of the digestive organs decreases in old age. Other causes lie in the way individuals eat: too little fibber-rich foods, lack of fluids, habitually eating too large a meal, or eating too fast.

Against constipation, it’s important old people use food rich in dietary fibber such as: whole-grain bread, whole rice, granolas, figs, berries, bran, and vegetables. Foods against diarrhoea are: bananas, paddy rice, black tea, blueberries, and dark chocolate, white bread.

A balanced diet, little or no alcohol, outdoor exercise, relaxation and no smoke, no saturated fat (butter, oil, cream) provides the basis for a good lifestyle.

For improving a healthy lifestyle, it would be better if old people practised physical activities, that have the benefit of preventing muscle deterioration, promoting mental equilibrium, and warding off the diseases of civilization. Everyday physical exercise can be added to, or substitute for, sports like swimming or bicycling.

E’ naturale che gli anziani abbiano diritto ad una pensione, che permetta loro di vivere con tranquillità i loro ultimi anni di vita. La pensione è il diritto di ogni lavoratore. L’art. 35 della Costituzione sancisce che "la Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni". Ed a questo riguardo è stato ribadito che il diritto a pensione è diritto fondamentale, irrinunciabile e imprescrittibile per tutti i cittadini lavoratori.

Esistono vari tipi di pensione: di inabilità, di invalidità, di trattamento minimo, di vecchiaia, di anzianità ecc.

La pensione di inabilità è una pensione che spetta ai lavoratori dipendenti o autonomi affetti da un'infermità fisica o mentale. Si può ottenere quando si verifica un'infermità fisica o mentale, accertata dal medico dell'INPS, che provochi una assoluta e permanente impossibilità a svolgere qualsiasi attività lavorativa e si abbia un'anzianità contributiva di almeno cinque anni di cui minimo tre versati nei cinque anni precedenti la domanda di pensione.

La pensione di invalidità spetta ai lavoratori dipendenti o autonomi affetti da un'infermità fisica o mentale, accertata dal medico legale dell'INPS, che provochi una riduzione permanente a meno di un terzo della capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle attitudini del lavoratore. L'assegno ordinario di invalidità non è una pensione definitiva: vale infatti fino ad un massimo di tre anni ed è rinnovabile su domanda del beneficiario, che viene quindi sottoposto ad una nuova visita medico-legale. Dopo due conferme consecutive diventa definitivo.

La pensione di vecchiaia si ottiene quando si verificano tre condizioni essenziali: età, contribuzione minima e cessazione del rapporto di lavoro Il terzo requisito non è richiesto per i lavoratori autonomi, i quali possono chiedere la pensione e continuare la loro attività.

E’ adesso in atto una riforma delle pensioni, che coinvolge anche e soprattutto quelle di anzianità. La legge di riforma del sistema pensionistico del 1995, accogliendo una vecchia richiesta dei sindacati, ha introdotto il cosiddetto "pensionamento progressivo". In cosa consiste questa nuova opportunità? Quando il lavoratore dipendente ha raggiunto una determinata anzianità contributiva, che la legge di riforma aveva fissato in 37 anni o in quella più elevata necessaria per il diritto alla pensione di anzianità a prescindere dall’età anagrafica (37 anni fino al 2003; 38 anni per il biennio 2004-2005; 39 anni per il biennio 2006-2007 e 40 anni dal 2008), può trasformare il rapporto di lavoro a tempo pieno in rapporto di lavoro a tempo parziale e cumulare la retribuzione relativa al nuovo rapporto di lavoro a orario ridotto con una quota della pensione maturata. La normativa stabilisce che la somma della retribuzione con la quota della pensione maturata "non può comunque superare l’ammontare della retribuzione spettante al lavoratore che, a parità di altre condizioni, presti la sua opera a tempo pieno". In tal modo, pur lavorando a orario ridotto, il lavoratore continua a percepire un reddito pressoché uguale a quello precedente e ha più tempo a disposizione per adeguarsi "progressivamente" alla nuova futura vita da pensionato. Successivamente, con la legge finanziaria per l’anno 1997 e con effetto dal 30 settembre 1996, con l’intento di favorire nuova occupazione, la normativa sul "pensionamento progressivo" ha subito alcune modifiche tuttora in vigore. Le modifiche stabiliscono che per poter usufruire del cumulo tra la retribuzione derivante dal rapporto di lavoro a tempo parziale e la quota della pensione maturata (per un importo complessivo che "non può in ogni caso superare l’ammontare della retribuzione spettante al lavoratore che, a parità di altre condizioni, presta la sua opera a tempo pieno"), è sufficiente aver maturato il diritto alla pensione di anzianità (quindi, anche con i trentacinque anni di anzianità contributiva unitamente alla prevista età anagrafica. Con la legge finanziaria per l’anno 1997 è stato anche previsto che per i lavoratori autonomi in possesso dei requisiti di età e di contribuzione per l’accesso al pensionamento di anzianità spetta, ove rinuncino al pensionamento, fino alla data di compimento dell’anzianità contributiva di quarant'anni e comunque per un periodo non superiore all’età del pensionamento di vecchiaia, una riduzione sui contributi dovuti pari a 10 punti percentuali, a condizione che il lavoratore autonomo assuma una o più unità anche a tempo parziale per un orario non inferiore al 50 % dell’orario normale di lavoro, ovvero che si avvalga dei contratti di riallineamento retributivo per regolarizzare posizioni lavorative non conformi ai contratti di categoria, ovvero affianchi un socio nell’esercizio dell’attività. La pensione di anzianità si può ottenere prima di aver compiuto l'età prevista per la pensione di vecchiaia. E' necessario però aver maturato i seguenti requisiti: 35 anni di contributi e 57 anni di età per i lavoratori dipendenti e 35 anni di contributi e 58 anni di età per i lavoratori autonomi (artigiani, commercianti e coltivatori diretti). Si può prescindere dall'età, se si ha una maggiore anzianità contributiva. In tal caso servono almeno 37 anni di contributi per i lavoratori dipendenti e almeno 40 anni di contributi per i lavoratori autonomi. Ecco una tabella riassuntiva sui requisiti per la pensione di anzianità:

Con età e contributi

Lavoratori dipendenti

Operai e precoci

Lavoratori autonomi

 

anno

requisito
(età più contributi)

 

57 di età e 35 anni di contributi

2002
2004
2006

55 e 35
56 e 35
57 e 35

58 di età e in 35 anni di
contributi

Con i soli contributi

Lavoratori dipendenti, operai e precoci

Lavoratori autonomi

Anno

contributi

 

2002
2004
2006
2008

37
38
39
40

40 anni di contributi

 

 

Una volta in possesso dei requisiti occorre attendere la "finestra d'uscita" che fissa la decorrenza della pensione nel caso in cui domanda sia stata presentata (se la domanda è presentata dopo la data della finestra la pensione decorre dal primo giorno del mese successivo). Per i lavoratori dipendenti "le finestre" sono indicate nella tabella che segue:

Se i requisiti sono raggiunti entro il

la prima finestra utile è quella del

1° trimestre dell'anno

luglio dello stesso anno

2° trimestre dell'anno

ottobre dello stesso anno

3° trimestre dell'anno

gennaio dell'anno successivo

4° trimestre dell'anno

aprile dell'anno successivo

 

Mentre per i lavoratori autonomi "le finestre" utili sono:

Se i requisiti sono raggiunti entro il

la prima finestra utile è quella del

1° trimestre dell'anno

1° ottobre dello stesso anno

2° trimestre dell'anno

1° gennaio dell'anno successivo

3° trimestre dell'anno

1° aprile dell'anno successivo

4° trimestre dell'anno

1° luglio dell'anno successivo

 

 

Il requisito della maggiore anzianità contributiva salirà gradualmente, fino ad arrivare a 40 anni nel 2008, anche per i lavoratori dipendenti. Importante è anche il Decreto del 7 febbraio 2003, n. 57, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 80 del 5 aprile 2003, che riporta il regolamento recante modalità di attuazione dell’articolo 71 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, concernente la totalizzazione dei periodi assicurativi ai fini pensionistici.