Articolo apparso sulla Rivista Il Pendolo.- Numero 0- anno 2006- pp. 37-38

 

LA PITTURA AD OLIO

Prof. Massimiliano Badiali

Le tecniche pittoriche dal disegno colorato dei primitivi alla pittura ad olio non sono procedimenti avulsi l’uno dall’altro, ma un filo rosso le lega: posseggono linee, distanza e volume e valori disegnativi plastici e di colore.  I valori cromatici cambiano da luogo in luogo a seconda del materiale utilizzato e di epoca in epoca, a seconda degli empirismi dei pittori e gli esperimenti pratici dei maestri. Se è testimoniato che le tinte a tempera fossero già in uso in Oriente, in Occidente le più antiche di cui abbiamo traccia in Italia sono quelle risalenti al periodo etrusco e precisamente a quelle delle decorazioni delle tombe. Nel periodo antico la pittura era per lo più murale: infatti i Greci e i Romani usavano la tecnica dell'encausto (pigmenti mescolati a caldo con la cera) e conoscevano la tempera- come testimonia Vitruvio nel De Architectura- e come mostrano alcune pitture parietali a Pompei.. Nel Medioevo fu più spesso usato l’affresco su muro. A partire dal periodo bizantino, per i dipinti su tavola e su tela dominò la tempera all’uovo in prevalenza nella pittura delle icone. Nel Duecento la tempera ad uovo veniva stesa per campiture uniformi e per linee sovrapposte cioè per aggiunte successive. Questo procedimento ebbe la massima diffusione nell’Umanesimo: ma in Italia, per realizzare i colori ad uovo, invece di unire tuorlo e albume, si procedette a mescolare solo il tuorlo con il lattice di fico- come racconta nel capitolo LXXII del Libro dell'arte il pittore e scrittore Cennino Cennini (1370-1440)-  e furono usati diluenti come aceto, vino, miele o birra. Le tavole da pittura venivano fatte in gesso e colla e poi rivestite di pergamena, cuoio o tela. Già a partire dal Quattrocento, come esplica il Cennini, la pittura a tempera non era puramente ad uovo poiché dalle riconosciute qualità di essiccazione del lino, era già in uso un sistema di pittura ad emulsione, dove all'uovo si aggiungevano degli olii. Nel Trecento ed primo Quattrocento il colore ad emulsione nelle sue diverse tonalità veniva steso per accostamento e per fusione: il pittore non dava  più sulla superficie prima tutto un colore di tempera e poi tutto un altro, ma procedeva con i colori parte per parte, come scrive Cennino Cennini.

Molti quadri della fine del '400, erroneamente classificati come pittura ad olio, sono delle emulsioni a base d'uovo con velature di vernice ed olio. La pittura ad olio non fu quindi un’invenzione, ma una lenta e progressiva evoluzione. Nel secondo Quattrocento tale procedimento portò al massimo grado la tecnica della velatura., che per trasparenza copriva il disegno e modificava il colore sottostante ottenendo una grande gamma cromatica e di luce.. Se la tempera produceva nella tela una pellicola interamente coprente, il procedimento ad olio creava un’immagine semi-trasparente detta velatura. Per la pittura ad olio si usavano diluenti come olio di noce o di papavero, crudi e purificati, che hanno come caratteristica una certa tendenza all'ingiallimento a causa del naturale processo di ossidazione. All'olio venivano aggiunti colori tradizionali ricavati da materiali naturali: il giallo, il rosso (dal ginepro vermiglione e dalla terra di siena bruciata), l'azzurro ( famosi gli azzurri di lapislazzuli tipici della pittura veneta), i bianchi (di zinco e biacca). L’invenzione della tecnica ad olio viene tradizionalmente attribuita a due famosi pittori delle Fiandre Hubert e Jan Van Eyck, che dipingevano con colori a olio su tavole di legno, tanto che Vasari  nel capitolo XXI del I Libro de Le Vite scrive che fu Giovanni da Bruggia (Jan Van Eyck ) ad inventare tale procedimento: " Fu una bellissima invenzione e di gran comodità all' arte della pittura, il trovare il colorito ad olio; di che fu primo inventore in Fiandra Giovanni da Bruggia, il quale mandò la tavola a Napoli al re Alfonso [...]alla fine trovò che l'olio di seme di lino e quello delle noci, fra tanti che ne provò erano più seccativi degli altri. Questi dunque bolliti con altre sue misture, gli fecero la venrice che egli  stesso desiderava.."".  Ma dato che l'uso dell'olio era già acquisito da secoli, tanto che sembra che a Roma già esisteva una tecnica simile, come testimonia Plinio nella Naturalis Historia, è quindi vano ricercare una paternità a questa tecnica. Inoltre anche nel Medioevo vi erano trattati di pittura ad emulsione ad olio come la Schedula diversarium artium del monaco Teofilo o il De omnibus coloribus cum olio distemperatis di Eraclio. Se non fu dunque Jan Van Eyck a inventare la pittura ad olio in Europa, comunque è innegabile che gli influssi di lui e dei pittori fiamminghi consentirono la diffusione di questa tecnica di pittura in Italia. In particolar modo il procedimento ad olio fu usato a Venezia, dove l'alto tasso di umidità permetteva una buona conservazione degli affreschi. Antonello da Messina (1430-1479), pur non inventando tale tecnica, fu lui il primo ad adottarla e a diffonderla In Italia per la grande amicizia con Jan Van Eyck. Vasari nel cap. XXII de Le Vite evidenzia la praticità e la luminosità della pittura ad olio. “Questa maniera di colorire accende più i colori né altro bisogna che diligenza et amore, perché l'olio in sé si reca il colorito più morbido, più dolce e dilicato e di unione e sfumata maniera più facile che li altri, e mentre che fresco si lavora, i colori si mescolano e si uniscono l'uno con l'altro più facilmente; et insomma li artefici dànno in questo modo bellissima grazia e vivacità e gagliardezza alle figure loro, talmente che spesso ci fanno parere di rilievo le loro figure e che ell'eschino della tavola, e massimamente quando elle sono continovate di buono disegno con invenzione e bella maniera”. Infatti le tavole ad olio erano più resistenti alle usure del tempo rispetto a quelle a tempera che, essendo a base di colla o di uovo, dovevano essere verniciate per non divenire opache ed essere protette dall’acqua, come scrive Cennino Cennini nel capitolo CLV  Del tempo e del modo di vernicare le tavole" del Libro dell’Arte (1437), ove afferma:"Quando hai la tavola riscaldata al sole, e medesimamente la vernice, fà che la tavola sia piana e con la mano vi distendi per tutto questa vernice. ... Se volessi che la vernice asciugasse sanza sole, cuocila bene in prima; chè la tavola l'ha molto per bene a non essere troppo sforzata dal sole". Ed è sia per l’estrema praticità della tecnica ad olio, che non richiedeva come nella pittura a tempera la stesura di una mano di vernice trasparente e incolore che proteggesse la superficie sia  per l’ottimo effetto pittorico della velatura che permetteva una grande varietà di gradazioni cromatiche e di riflessi luminosi, che l’uso della pittura ad olio si è poi rapidamente sviluppato a partire dalla metà del 1500, diventando la tecnica più usata soprattutto da quando nella metà del 1800 apparve il primo tubetto preconfezionato. Ed è così che all'inizio del 1900, fu possibile dipingere all’aperto: gli impressionisti, ad esempio, usarono la pittura ad olio per ritrarre ambienti esterni -en plein air- in libertà.