SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO

SECONDARIO DELLA TOSCANA

Sede di Firenze

 

IV CICLO

 

I ANNO

 

 

 

 

AREA I TRASVERSALE

 

 

MODULO DI DIDATTICA

 

DIDATTICA E COMUNICAZIONE IN CLASSE

 

 

 

 

 

 

Indirizzo Specializzando

Lingue straniere Massimiliano Badiali

 

 

 

 

ANNO ACCADEMICO 2002-2003

SOMMARIO

 

INTRODUZIONE

1. PREMESSA p. II

2. LA COMUNICAZIONE E LA SSIS p. III

 

 

PARTE PRIMA: DIDATTICA E COMUNICAZIONE IN CLASSE

IL CONCETTO DI COMUNICAZIONE p. 1

TEORIE SULLA COMUNICAZIONE p. 2

FORME MAGISTROCENTRICHE E FORME COOPERATIVE DI COMUNICAZIONE DIDATTICA p. 5

 

LA COMUNICAZIONE NEL GRUPPO-CLASSE p. 7

IL RUOLO DELLA SCUOLA E DELL’INSEGNANTE p. 10

 

PARTE SECONDA: PERCORSO DIDATTICO

 

1. RIFLEssione e aPPLICAZIONi dIDATTICHE IN CLASSE p. 12

Schema del Modello operativO E DESCRIZIONE DEi procedimenti didattici p. 13

 

 

BIBLIOGRAFIA p. 17

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

Premessa

 

Con il presente lavoro mi propongo di analizzare la comunicazione, poiché costituisce un aspetto basilare della didattica in classe, per l’impostazione interattiva che assume necessariamente ogni relazione umana. L’identità stessa di un individuo si basa sui modi in cui il soggetto interagisce e sui messaggi e le informazioni che, fin dall’infanzia, sono inviati da genitori, familiari, educatori e insegnanti. Per questa capacità di determinare effetti di partecipazione, condivisione di valori, senso di appartenenza e coinvolgimento, la comunicazione costituisce un elemento fondamentale nel rapporto alunno-insegnante e nei processi formativi. Una classe vivace e ricca di partecipazione è quella che ha una elevata quantità e qualità di interazione tra i suoi membri con un valore positivo dal punto di vista affettivo. La coesione e l’unità della classe-gruppo aumentano con lo sviluppo della partecipazione. Ho quindi incentrato il mio insegnamento, nella mia quadriennale esperienza (che si è svolto in tutti i gradi dell’istruzione: dalla scuola materna a quella secondaria superiore) sulla comunicazione, intesa come chiarezza nei contenuti e comunicazione empatica nel piano affettivo-interpersonale. Ho privilegiato il dialogo diretto, poichè è importante che il docente instauri un rapporto di fiducia e di stima, in quanto gli alunni hanno bisogno di insegnanti di cui fidarsi, disponibili ad ascoltarli e a parlare con loro, pronti a dar loro un consiglio o un incoraggiamento. La classe è un sistema che si basa sulle interazioni tra i membri, che devono essere stimolati dal docente a contribuire con le loro caratteristiche personali a determinare l’efficienza e la qualità della rete comunicativo-affettivo-cognitiva. Il docente della scuola contemporanea deve essere consapevole della complessità delle competenze che gli sono richieste dalla scuola attuale.

 

La comunicazione e la Ssis

Una svolta decisiva nella scelta dell’argomento da svolgere, è stata data dalla U.D. 3 del modulo di didattica. Nell’U.D. 3 la prof.ssa R. Biagioli ha analizzato la comunicazione interattiva nel rapporto didattico: l’insegnante- secondo la Prof. Biagioli- deve saper instaurare rapporti intersoggettivi con i propri alunni, in quanto deve essere anche un esperto e un modello di umanità "dell’essere con gli altri e per gli altri". Esistono certune componenti, come elenca Johannesen (1971), necessarie ad un verace dialogo umano : la genuinità, una comprensione empatica, una positiva accettazione, presenza, spirito di mutualità ecc.. La docente ha evidenziato, seguendo le teorie di Watzlawick, che in ogni comunicazione è presente contenuto e relazione. La dimensione contenutistica comprende i dati sul tema proposto, mentre l’aspetto relazionale stabilisce in che modo sono trasmesse le informazione dal docente e come sono percepite dai discenti. Il docente deve sapere valorizzare l’individualità dei propri alunni, avvalorando la loro "ontologica dialogicità". Rogers (1970) consiglia al docente di attivare l’ascolto attivo dei propri alunni: l’insegnante deve essere un esperto di psico-sociologia e attivare tecniche verbali (ad esempio: parafrasare i contenuti, esplicitare le implicazioni del messaggio ricevuto, interpretare gli stati d’animo del discente, stimolare ulteriori chiarimenti) e non verbali (ad esempio: mettersi nei panni dell’altro, guardare con attenzione, assentire, prendere nota mantenendo il contatto visivo ed esprimere sentimenti in modo empatico. L’interazione didattica non deve essere solo comunicazione di conoscenze, ma soprattutto di coscienze: il rapporto docente-discente (e discente-discente) deve connotarsi in una "reale dimensione etica", che implichi accettazione, rispetto e fiducia reciproca. La comunicazione didattica, per Rogers, non implica soltanto l’esercizio dell’intelligenza concettuale, ma lo scambio "simpatico": l’empatia implica accettazione incondizionata, ascolto reciproco e "reciprocità confermante" tra alunno e insegnante, che sono "le condizioni sufficienti per un processo di autoesplorazione e quindi di crescita dell’individuo nella sua realizzazione". L’apprendimento avviene, secondo la prof.ssa Biagioli, quando la comunicazione del docente ha provocato nel discente un ciclo emozionale che sussiste nell’attesa, nella sorpresa, nella seduzione, nella riflessione (o metacognizione) e nel distacco

 

PARTE PRIMA: DIDATTICA E COMUNICAZIONE IN CLASSE

 

Il concetto di comunicazione

 

Affrontare il tema della comunicazione implica non solo riferirsi al linguaggio, che è per l’uomo solo una delle forme di trasmissione di messaggi, ma anche considerare i numerosi comportamenti comunicativi di tipo non verbale. Sono, infatti, individuabili una serie di livelli di comunicazione che l’uomo utilizza comuni agli animali come il contatto, i segnali corporei e i messaggi olfattivi e sonori. Il contatto riguarda i messaggi che implicano una tattilità diretta come dare la mano, appoggiare la mano sulla spalla, toccare il braccio dell’altro quando si parla cioè tutti gesti che hanno un preciso significato nella comunicazione interumana. I segnali corporei riguardano la mimica, la gestualità convenzionale (mostrare i pugni, fare le "corna"), ma anche il modo di vestire oppure di portare i capelli. I messaggi olfattivi e sonori (a distanza) sono emessi soprattutto dagli animali: dal cantare, all’abbaiare, al sibilare, fino all’emissione dei feromoni come richiamo sessuale. Anche l’uomo impiega questi messaggi anche se alcuni (come l’olfatto) sono fortemente ridotti.

Alla comunicazione "fotica (luce), termica (calore), meccanica (acustica e tattile), chimica"8 e "dei rapporti intesi come fatti sociali"9, tipica degli animali, l’uomo aggiunge il linguaggio, che ha un carattere sociale e quindi trascende la "struttura naturale e istintiva"10 degli animali. Il linguaggio umano è un codice elaborato di carattere socio-culturale, del tutto arbitrario, poiché i vari significati delle parole sono frutto di convenzione sociale. Esso è il processo attraverso cui, secondo l'etimo della parola, gli uomini mettono in comune e si scambiano reciprocamente, contenuti psicomentali come idee, pensieri, informazioni, esperienze, conoscenze, desideri e bisogni. E’ "il processo mediante il quale determinate informazioni o significati vengono trasferiti da uno o più individui, o emittenti, ad altri individui, o riceventi"11. E’, perciò, un processo di interazione simbolica, in cui il trasferimento di messaggi avviene "sulla base di segni12, secondo regole culturalmente e socialmente condivise, ovvero secondo codici stabiliti convenzionalmente in base all’uso o a criteri preventivamente selezionati"13. Tale codice agisce all’interno di una data comunità e ed è uno "scambio reciproco di informazione tra uno o più riceventi"14. La formazione del linguaggio umano implica il coinvolgimento di aspetti fisiologici, culturali e sociali: l’aspetto neurologico che è collegato allo sviluppo del sistema fonatorio e alla discriminazione uditiva; l’aspetto intellettivo che "comprende la maturazione intellettiva, ossia la formazione del pensiero simbolico e dell’immagine mentale"15; l’aspetto sociale che permette l’interazione tra individui che utilizzano lo stesso codice linguistico.

 

Teorie sulla comunicazione

 

La comunicazione, e in particolare quella linguistica, risponde a problemi di tipo pratico o strumentale e si usa per ottenere informazioni, consigli e conoscenze ecc.

Nell’ottica psicosociale la comunicazione linguistica viene considerata portatrice di due caratteristiche fondamentali: il primo principio è che ogni comunicazione prevede un certo livello di consapevolezza e quindi un certo grado di intenzionalità dell’emittente16; la seconda caratteristica è che ogni comunicazione è costituita da un processo di interazione cioè da un sistema che coinvolge più soggetti sociali in una serie di eventi.

Roman Jacobson in Saggi di linguistica generale (1966, pp. 181-218), ha individuato sei fattori17 che compongono la struttura della comunicazione linguistica secondo lo schema seguente:

Tale modello stimolo-risposta si ispira al behaviorismo e a modelli anche meccanici di informazione. Come rileva Crespi in tale modello "vengono distinti cinque elementi disposti in ordine lineare: la fonte di informazione, un codificatore del messaggio, un canale di trasmissione, un decodificatore del messaggio, un canale di trasmissione, un decodificatore, un destinatario o ricettore del messaggio"18.

Affinché si abbia comunicazione deve essere presente il feedback, un processo che fornisce all’emittente indicazioni relative al livello di comprensione del messaggio da parte del ricevente. A seconda dello "scarto" o errore tra il messaggio emesso e quello ricevuto, il feedback consente all’emittente di operare tutti i possibili aggiustamenti al fine di ottenere un migliore risultato nella comunicazione. Senza feedback quindi non c’è comunicazione, ma solo trasmissione di informazioni e quindi il soggetto rimane passivo poiché il messaggio non lo informa e pertanto non ha l’occasione o la capacità di segnalare i disturbi della comunicazione e quindi di intervenire per migliorarla.

La comunicazione può essere quindi definita come il risultato di un complesso intreccio di attività svolte da due o più soggetti che interagendo costruiscono congiuntamente il senso delle loro azioni, sulla base di una disponibilità alla comunicazione e di un bagaglio di conoscenze comuni o comunque oggetto di negoziazione.

Un altro modello è "la pragmatica della comunicazione umana, che considera il processo comunicativo secondo uno schema non lineare, fondato su un costante processo di azione e reazione tra gli individui comunicanti"19. Paul Watzlawick nel libro La pragmatica della comunicazione umana20 ha proposto cinque assiomi della comunicazione, formulati in base a una vasta gamma di osservazioni dei fenomeni di comunicazione e relazione interpersonale.

Non si può non comunicare: l’attività o l’inattività, la parola o il silenzio hanno tutti valore di messaggio e quindi di comunicazione: anche il silenzio ha il valore di messaggio (tramite il silenzio può essere trasmesso un disagio o è rilevata una sofferenza) oppure i gesti (che possono esprimere una reazione od un intervento).

Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il primo ed è quindi metacomunicazione21.

La natura di una relazione dipende dalla punteggiatura delle sequenze di comunicazione tra comunicanti : la comunicazione è l’interazione ovvero gli scambi di messaggi tra comunicanti. Un osservatore esterno può considerare una serie di comunicazioni come una sequenza ininterrotta di scambi. Tuttavia coloro che partecipano alla interazione introducono la "punteggiatura della sequenza di eventi". Gli scambi comunicativi non sono casuali, ma sono legati da una sequenza ininterrotta, organizzati proprio come se seguissero una punteggiatura22;

Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia ma manca di una semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non ha nessuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni23.

Tutti gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza. L’interazione simmetrica è un tipo di interazione in cui un individuo tende a rispecchiare il comportamento dell’altro (e quindi l’interazione è simmetrica): si basa sull’uguaglianza e la minimizzazione della differenza. Nella relazione complementare invece si hanno due diverse posizioni. Un soggetto assume la posizione primaria e l’altro quella secondaria. E’ il contesto sociale e culturale a stabilire relazioni di questo tipo, per esempio rapporti madre-figlio, medico-paziente, insegnante-allievo.

 

Il modello della pragmatica della comunicazione è indubbiamente quello che consente di meglio analizzare "i processi comunicativi nella loro complessità interattiva e, quindi, anche di comprendere l’influenza rilevante che, su tali processi, hanno il contesto culturale e le strutture sociali"24. La valorizzazione della dimensione di metacomunicazione, presente in ogni scambio comunicativo, mostra come "ogni trasmissione di messaggi sia qualificata, oltre che dalle espressioni verbali, secondo una convenzione semantica (modulo analogico), fondato su elementi culturali che hanno inciso profondamente sulle modalità delle relazioni interpersonali"25.

 

3. Forme magistrocentriche e forme cooperative di comunicazione didattica

 

Nella scuola secondaria molto spesso la comunicazione è impostata sul docente, che incarna la figura dell'esperto onnisciente nel suo campo disciplinare, sulla base di uno schematismo di ruolo e "alla luce di una relazionalità d'ordine istituzionale e di fatto realizzata come comunicazione in linea di massima unidirezionale da parte del docente"26; il carattere di tale interazione educativa è pertanto magistrocentrico, poiché "l’organizzazione del processo comunicativo risiede rigorosamente nel docente"27. Le forme magistrocentriche si manifestano in tre varianti: la sollecitazione, la lezione e il colloquio. La sollecitazione serve a informare l’allievo sulle intenzioni del docente e può essere effettuata attraverso forme più leggere (richiesta o domanda) o coercitive (ordine o imposizione). La lezione è il momento centrale, in cui il docente presenta il contenuto della propria disciplina agli studenti di una classe. Secondo la teoria dell'informazione, la forma del messaggio (quantità delle informazioni e velocità della loro trasmissione) costituisce uno strumento sufficiente per la trasmissione efficace del contenuto, ma nella realtà non solo non tutto quello che viene detto dal docente è assorbito dal discente, ma "la quantità di informazioni assorbita è per lo più di gran lunga inferiore rispetto a quella offerta"28. Il docente spesso spiega il contenuto della lezione frontale con un linguaggio complesso e con la logica del proprio livello cognitivo, impedendo all’alunno di comprendere e apprendere. Come si può osservare nello schema seguente le funzioni comunicative secondo G.De Landsheere29 sono nove:

 

 

Il docente utilizza le funzioni:

· Funzioni di organizzazione

· Funzioni di imposizione

· Funzioni di sviluppo

· Funzioni di personalizzazione

· Funzioni di feedback positivo

· Funzioni di feedback negativo

· Funzioni di concretizzazione

· Funzioni di affettività positiva

· Funzioni di affettività negativa

"(…) Le dimensioni di chiarezza-precisione-espressività della comunicazione verbale dell’insegnante- come scrive Franta- sono correlate positivamente con la ritenzione di fattori informazioni da parte degli studenti"30, animando gli studenti di uno stato d’animo positivo verso l’apprendimento, la materia d’insegnamento in questione e il docente.

Nel colloquio magistrocentrico il docente è regista della comunicazione, ma rispetto alla lezione "il flusso dell’informazione non è più univoco, ma reciproco"31, in quanto l’alunno è esortato a fare e a rispondere a domande.

La comunicazione magistrocentrica non tiene di conto secondo Wunderlich e Mass del fatto che la comunicazione non è solo scambio di contenuti verbali, ma è "soprattutto creazione di relazioni reciproche che determina ciò che può essere chiamato la piattaforma della comprensione (Verständingungsebene), dalla quale intenzioni e contenuti ricevono il loro significato concreto nei contesti operativi"32. Questo significa che la comunicazione didattica deve muovere dal riconoscimento reciproco, da parte del docente e discente, della soggettività e dalla comunanza di obiettivi tra i soggetti coinvolti. Certamente bisogna che il docente abbandoni l’autorità e adotti l’autorevolezza pedagogica in quanto, come intuiva Rousseau, vi una contradditorietà insita nel rapporto educativo, poiché "tra libertà e autonomia (…) non c’è esclusione, ma una sottile e anche paradossale dialettica"33. Il colloquio didattico può essere svolto anche nella forma cooperativa34: qui il flusso d’informazione può partire anche dall’alunno e le domande sono rivolte ai compagni della classe. Una forma molto importante di comunicazione cooperativa è costituita dal lavoro di gruppo35, ove i processi di scambio di informazione si sviluppano tra gli allievi, che fungono "secondo la loro autonoma determinazione da mittenti e destinatari del flusso informativo"36. In un gruppo- secondo gli studi di Bion- coesistono e agiscono contemporaneamente due configurazioni37: il gruppo di lavoro, razionale e manifesto, che viene creato quando si mettono insieme soggetti con lo scopo di svolgere un compito e che quindi hanno un fine preciso, un obiettivo da raggiungere (come il gruppo classe, ma anche il gruppo dei docenti) e il gruppo di base, emotivo e inconsapevole, nel quale prevalgono le emozioni, gli affetti, il vissuto e i bisogni emotivi inconsci che, a causa della loro intrinseca ambivalenza, entrano in conflitto con gli obiettivi espliciti del gruppo di lavoro. Fra i due gruppi, se quello emotivo-affettivo prevale può anche costituire un serio ostacolo al processo di apprendimento individuale. Sebbene non sia assolutamente possibile controllare tutte le variabili che intercorrono tra le persone è necessario sapere che queste due configurazioni agiscano insieme, che sono inscindibili, che l’apprendimento ne è condizionato e che il raggiungimento di un equilibrio tra i due gruppi è fondamentale per rendere efficace il lavoro dell’insegnante.

 

4. La comunicazione nel gruppo-classe

 

I livelli di comunicazione analizzati in precedenza possono essere riconosciuti nell’ambito educativo, data la particolare situazione emotiva, intellettiva e sociale che viene a formarsi tra insegnante e allievo. La comunicazione nel contesto-classe è un particolare tipo di comunicazione tra persone che costituiscono un gruppo. Per "gruppo" si intende un insieme di individui che svolgono un’attività o un compito in comune. L’aspetto primario del gruppo sta nel rapporto tra le persone che lo compongono che devono percepirsi a vicenda; in altre parole il rapporto fra loro può essere positivo o negativo, favorevole ad un maggiore rafforzamento del gruppo stesso o alla disgregazione del medesimo.

Lo scambio formativo che avviene nell’ambiente didattico costituisce "il campo di comunicazione"38, che possiede un carattere dinamico, poiché le forze che vi operano possono derivare sia dall’insegnante che dall’allievo e perfino dalle condizioni esterne (temperatura, luminosità) ecc. I fattori che influenzano maggiormente il campo comunicativo sono quelli derivanti dal docente e dal discente.

I fattori comunicativi derivanti dal docente sono molteplici: nella classe l’insegnante utilizza il codice linguistico, ma anche i comportamenti non verbali come mimica, sguardi, gesti, postura del corpo e tono della voce. A questo proposito occorre tenere presente che attraverso la comunicazione non verbale vengono inviati messaggi positivi o negativi nei quali si coglie un atteggiamento di interesse o disinteresse dell’interlocutore. Gli alunni apprezzano l’interesse, gli atteggiamenti di conferma e rassicurazione come le richieste di chiarimento da parte dell’insegnante e le espressioni di incoraggiamento. "La sfera centrale del sistema docente comprende quei fattori condizionanti della comunicazione interumana che sono da attribuirsi al docente stesso"39: è il cosiddetto "stile"40 cioè l’atteggiamento della persona che insegna, che comprende il complesso funzionale della motivazione e il complesso funzionale della valutazione41. La motivazione è una "struttura interna ipotetica"42 che serve a spiegare "forme e contenuti del comportamento esterno"43 del docente in comunicazione con i discenti. In base ad essa, si determinano stili educativi differenti: l’autoritarismo, quando il docente è mosso da motivazioni egocentriche, e l’autorevolezza quando, invece, sente l’impegno e la responsabilità nei confronti dell’alunno, mosso da intenzionalità pedagogica e sociologica.

Anche la valutazione del docente esercita un’influenza decisiva sulla comunicazione. In particolare esistono tre aspetti di valutazione che influiscono sul compimento della comunicazione: la valutazione del discente dal parte del docente, che - come evidenzia il pedagogo Schröder- "è costantemente influenzato da valutazioni soggettive"44, perciò non imparziale né libero da pregiudizi; la valutazione del contenuto dell’istruzione da parte del docente, che- secondo Schröder- "non attribuisce pari importanza e valore ad ogni contenuto dell’istruzione"45 ; la valutazione da parte dell’insegnante del proprio ruolo.

Il docente deve, pertanto, possedere competenze relazionali per il reale funzionamento del gruppo, che presenta una dinamica complessa nei rapporti che intercorrono tra i suoi componenti. Ogni alunno influenza il campo di comunicazione attraverso i propri fattori comportamentali o "complessi funzionali della motivazione e della valutazione"46. La motivazione del discente e la sua disposizione a partecipare all’insegnamento-apprendimento dipendono dalla sue caratteristiche personali, influenzate da variabili situazionali (stanchezza e interesse provato verso l’argomento ecc.). La seconda combinazione di fattori è costituita dall’apprezzamento del discente, che valuta la materia d’insegnamento, il docente e il proprio ruolo di allievo.

Il gruppo classe può presentarsi (anzi spesso si presenta) come un contesto molto problematico, poiché a scuola i ragazzi portano i loro problemi che si ripercuotono sull’apprendimento e quindi sul rendimento. In classe l’insegnante deve utilizzare tutti i livelli di comunicazione che agiscano su soggetti che determinano la propria identità e che costruiscono la propria autonomia sia psicologica, la loro identità sociale (come la scelta di una professione) e la propria "filosofia di vita" (come avere le proprie opinioni in materia religiosa e politica ecc..). Per questo l’insegnante dovrebbe puntare a sviluppare nell’allievo autostima, fiducia, sicurezza, interesse sociale e capacità di cooperazione.

Il gruppo-classe è così determinato dalle dinamiche psicologiche e interattive del docente e dei discenti, che come scrive Vico la comunicazione educativa è reciprocità : "il carattere triadico del processo dell’intendere l’atto educativo nel momento conoscitivo e in quello interpretativo, richiama la natura profonda dell’interiore conformarsi dell’educando all’educatore e dell’educatore all’educando nonché del reciproco sforzo per intendere le forme rappresentative che prendono vita nella comunicazione"47.

 

 

 

 

 

Il ruolo della scuola e dell’insegnante

 

La scuola ha un ruolo centrale48, come scrive Vygotskij in Pensiero e linguaggio, nella vita dello studente, poiché essa incide psicologico, sociale e culturale:

"A differenza della maturazione degli istinti e delle tendenze innate, la forza motrice che mette in atto il processo, che dà il via ad un meccanismo di comportamento in via di maturazione e lo spinge a svilupparsi ulteriormente, è posta non dentro, ma fuori l’adolescente ed in questo senso i compiti che l’ambiente sociale propone all’adolescente in via di maturazione e che sono legati al suo inserimento nella vita culturale, professionale e sociale degli adulti sono un elemento funzionale veramente importante, che indica ancora una volta il determinismo reciproco, il legame organico e l’unità interna degli elementi del contenuto e della forma nello sviluppo del pensiero"49.

 

La comunicazione educativa deve pertanto essere finalizzata non solo alla semplice comunicazione del messaggio, ma alla formazione del soggetto e all’attivazione di tutte le operazioni cognitive attraverso le quali lo studente, nella specificità della sua condizione mentale e culturale, può apprendere. La comunicazione educativa pone l’insegnante di fronte allo studente come soggetto unico e irripetibile, che deve essere aiutato a conquistare la sua identità personale, "divenendo sempre più consapevole e responsabile delle fondamentali relazioni che tale identità deve saper impostare"50: quelle con se stesso, quelle con gli altri, quelle con il mondo.

Il processo di comunicazione risulta facilitato se l’insegnante dimostra coerenza tra ciò che dice e come si comporta, comprende i ruoli interpersonali reciproci, si mette nei panni dell’interlocutore e cerca di dare sempre l’informazione di ritorno (feedback) quando si rende conto che il messaggio non è stato ben trasmesso o ben ricevuto: un comportamento deciso, paziente e coerente genera sicurezza negli allievi. Gli insegnanti efficaci usano le loro conoscenze, competenze e la loro pratica per trasformare le aule in ambienti, che stimolano le occasioni di apprendimento e facilitano l'organizzazione dell'apprendere.

Il docente, inoltre, determina anche l’andamento del clima della classe, che è la percezione collettiva che gli alunni hanno del loro stare in classe con i diversi insegnanti e che è tale da influenzare la loro motivazione e il loro impegno. L'analisi svolta da Creemers and Reezigt (1999) sul clima della classe nei Paesi Bassi ha messo in evidenza quattro fattori di fondo o "variabili latenti", che hanno particolare rilevanza per l'apprendimento: aspettative sui risultati degli studenti; un ambiente ordinato in classe; buone relazioni in classe fra insegnanti e studenti e fra studenti e studenti; e l'ambiente fisico della classe. Nella scuola secondaria, la ricerca ha dimostrato che gli insegnanti riescono solo parzialmente a percepire le valutazioni dei loro alunni sul clima della classe ed avere un'adeguata comprensione del clima esistente nelle loro classi. L’insegnante deve saper dare stimoli per un’elaborazione il più possibile autonoma degli argomenti svolti, per suscitare discussioni in classe che si trasformano in un momento di vera educazione: deve 'trarre fuori' dal gruppo le idee, le conoscenze, le riflessioni dei ragazzi. L’insegnamento deve essere maieutica –come sosteneva Socrate- poiché, attraverso il dialogo, l’insegnante "risveglia, solleva dubbi, sollecita a ricercare, indirizza, problematizza"51 l’alunno e lo aiuta a conoscere se stesso e a determinare la sua propria identità. L’insegnante deve perciò adoperarsi affinché la scuola promuova "nella società -come auspicava Dewey- un incremento progressivo di democrazia"52, poiché "la scuola - come scrive la prof.ssa Ulivieri per Dewey- deve preparare alla problematicità e alla complessità della vita sociale, avendo come scopo principale la formazione e l’educazione alla democrazia e alla convivenza pacifica in cui tutte le classi sociali partecipino alla gestione della società"53. Soltanto in una scuola del dialogo si può attuare una condivisione e un patrimonio comune della diversità dei punti di vista, delle culture, abbandonando la quasi sterile ripetitività degli approcci legati alla passiva trasmissione di contenuti. Soltanto attraverso una disponibilità etica di comunicazione interpersonale e di dialogo con gli alunni54, l’insegnante concorre alla formazione della personalità, poiché la persona- come ha scritto il prof. Bruno Rossi55- "è progetto, è piano di vita da attuare, è intenzionalità e trascendimento, è processo da compiere, è valore da realizzare e da incrementare"56.

 

PARTE SECONDA: PERCORSO DIDATTICO

 

Riflessioni e applicazioni didattiche in classe

 

La comunicazione è al centro del mio insegnamento, forse anche perché insegno alla scuola elementare, dove la funzione del maestro istituzionalmente è al contempo formativa, ma anche affettiva. Nella mia esperienza biennale di insegnamento alle scuole secondarie superiori e in quella annuale alle scuole medie, ho notato un’impostazione molto autoritaria da parte dei colleghi verso gli alunni. Certi colleghi della scuola media, a mio avviso, non hanno compreso di appartenere alla scuola di base e di avere il compito di educare alunni che affrontano il delicato passaggio dalla pubertà all’adolescenza: in quella fase di transizione che Piaget chiama  « fase ipotetico deduttiva in cui il pensiero si fa adulto, fissa il valore del simbolo e viene astratto, definendo i rapporti formali che regolano l’attività del pensiero e lo rendono capace di elaborare ipotesi e di procedere per via deduttiva »57. Durante la mia esperienza di insegnamento di francese alle scuole medie mi sono trovato a dover gestire gruppi-classe abbastanza problematici: alunni incapaci di controllare una certa irrequietezza e di possedere autocontrollo.. All’interno di tali gruppi ho notato che talvolta si creavano dinamiche relazionali tendenti ad isolare uno dei membri che diventava il ‘capro espiatorio’, al quale venivano attribuite tutte le cause dei conflitti interni. Per arginare la situazione ho cercato tramite il dialogo di spingere gli alunni alla riflessione sul loro comportamento, a ‘mettersi nei panni’ del soggetto emarginato: in effetti la situazione si è in seguito progressivamente stabilizzata. Ho costatato l’efficacia del cosiddetto ‘intervento a riflesso’58 ovvero del comportamento verbale che consiste nel riprendere qualche aspetto del discorso altrui per dimostrare umana comprensione e affettività. Ho mostrato attenzione continua per i discorsi e gli interventi degli alunni, così da spingerli alla riflessione, a farli sentire valorizzati e di conseguenza stimolati ad acquisire sicurezza e fiducia in se stessi. Ho poi compreso la necessità di un intervento di recupero motivazionale per certi ragazzi e, ho predisposto la realizzazione collettiva di un prodotto audiovisivo. Il video ha stimolato ed ampliato le capacità percettive, mnemoniche e cognitive dei miei alunni, influenzandone la sfera emotiva e sollecitandone la creatività e l'espressività. Posso affermare, in base all’esperienza osservata, che molteplici sono stati gli aspetti psicologici che il linguaggio audiovisivo ha coinvolto e che in situazione formativa hanno potuto favorire l'apprendimento dei discenti: i sistemi simbolici iconici e sonori, propri del linguaggio audiovisivo cinetico, hanno determinato una percezione sinestetica, che ha ampliato la gamma delle sensorialità normalmente coinvolte. Il video ha favorito lo sviluppo delle capacità di memorizzazione, discriminazione, organizzazione, orientamento spaziale, acquisizione di concetti difficili, analogia, produzione verbale e correzione di comportamenti relazionali. E inoltre ha stimolato creatività, espressività ed emotività.. Ho verificato che, attraverso l’uso reiterato di video in classe e la creazione di cortometraggi in classe, il metodo audiovisivo nell’insegnamento delle lingue migliora la fonetica dell’alunno e lo aiuta nel potenziamento delle competenze di comprensione e di produzione orale.

 

2. Schema del modello operativo e descrizione dei procedimenti didattici

Percorso didattico

Titolo

Exprimez votre faintaisie

Scuola

Scuola Media Don Minzoni- Piandiscò

Classe

2° anno sez. A

Composizione

24 alunni

14 ragazzi e 10 ragazze

Livello linguistico

Pre-intermedio

Gli alunni presentavano talune difficoltà fonetiche e di dialogo. Errori permanevano nella produzione scritta.

Lingue studiate

1ª lingua francese (triennale), 2ª lingua inglese (triennale)

Luogo

Aula video, Cortile e Classe

Tempo

31 ore

I tempi scelti dal tirocinante erano le ultime ore del venerdì pomeriggio

e 5 ore in altri 3 pomeriggi (fuori orario scolastico)

Periodo dell’ a. s.

Dal Gennaio 2001 all’Aprile 2002°

Materiale

Cinepresa, computer, registratore, vestiti, trucchi ecc.

Strumenti

Quaderno, penna e dizionari

La penna e il quaderno servivano ad appuntare osservazioni durante il lavoro di gruppo.

Metodologia

Lavoro in gruppo su temi emergenti dai bisogni degli studenti, spazi laboratoriali ed aree di lavoro diverse, metodologie che privilegiano i momenti operativi.

Strategie

Strategie d’apprendimento cooperativo e collaborativo che consentivano al gruppo di lavoro di essere comunità d’apprendimento, traendo ciascun vantaggio dal confronto e dalla collaborazione con gli altri, per inventare un video ideato dai ragazzi.

Obiettivi generali

Motivare allievi scarsamente interessati alla vita scolastica, con difficoltà espressive e di comunicazione; abituare gli studenti a lavorare in gruppo;

Rendere gli studenti protagonisti del percorso didattico (ideazione, progettazione, realizzazione, verifica) finalizzato alla realizzazione di un "prodotto" di comunicazione.

Rendere più piacevole il processo di apprendimento con strumenti e prodotti da realizzare più interessanti e coinvolgenti

Obiettivi linguistico- cognitivi

Il lavoro svolto in lingua straniera si è posto come obiettivo lo sviluppo delle seguenti competenze : comprensione, assimilazione, produzione orale e scritta. Il discente è stato comunque costretto a lavorare sul testo, sviluppando la competenza della produzione scritta. Nell’attività di gruppo l'alunno doveva comunicare con gli altri, così da arricchire il lessico e migliorare l’intonazione e la pronuncia.

Verifica

L’insegnante ha registrato le presenze, il comportamento dei ragazzi, il raggiungimento degli obiettivi previsti e relazionato ai Consigli di Classe per iscritto e singolarmente su ogni ragazzo partecipante. Inoltre il prodotto realizzato è stato visionato e commentato da tutta la classe.

 

 


I° giorno

Fase 1. L’insegnante fa vedere una serie di video realizzato da alunni in Francia e in Italia, che hanno lavorato in gruppi per la realizzazione di una loro opera di cortometraggio.

I° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 60 minuti.

II° giorno

Fase I. L’insegnante fa sgomberare l’aula addossando i banchi alle pareti e formando un semicerchio di sedie, sulle quali prendono posto i ragazzi. L’obiettivo non dichiarato è quello di creare il clima giusto. L’insegnante chiede allora agli allievi in lingua francese di evidenziare quali sono a loro avviso gli aspetti positivi di creare un video.

Fase 2.. L’insegnante distribuisce quattro pagine in francese del fumetto per teenager "Agrippine" le legge e le fa leggere ai ragazzi.

II° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 30 minuti.

Fase 2

Tempo : 90 minuti.

III° giorno

Fase 1. L’insegnante chiede agli allievi di costruire un cerchio. Gli alunni devono ripetere le frasi che l’insegnante pronuncia del fumetto: si usano esercizi di dizione, respirazione diaframmatica e di impostazione della voce.

Fase 2. L’insegnante propone ripetizioni di espressione a velocità normale, lenta e accellerata cadenzati da movimenti del corpo. Il metodo serve a rilassare gli alunni e ad aprire le loro menti in preparazione allo sviluppo della creatività e allo sblocco delle proprie potenzialità espressive.

III° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 45 minuti.

Fase 2

Tempo : 75 minuti.

IV° giorno

Fase 1. L’insegnante divide la classe in 4 gruppi, poichè il lavoro di gruppo è una risorsa psico-pedagogica, che sviluppa nel singolo allievo la disponibilità e il mettersi in gioco. Chiede quale fumetto preferiscano e lo assegna ad ogni gruppo.

Fase 2. L’insegnante chiede ad ogni gruppo di rileggere la fotocopia del fumetto usando da un minimo di 60 ad un massimo di 150 parole.

Fase 3. L’insegnante agli alunni di scrivere una storia ispirata sulle didascalie e sulle vignette dei fumetti, inventando un finale a piacere.

IV° giorno

Tempo complessivo: 2 ore e ½

Fase I

Tempo :15 minuti.

Fase 2

Tempo : 30 minuti.

Fase 3

Tempo : 105 minuti.

 

V° giorno

Fase 1. I ragazzi scrivono la storia e il docente passa ad osservare fra i banchi.

V° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 120 minuti.

VI° giorno

Fase 1. I ragazzi scrivono la storia e il docente aiuta gli alunni passando tra i banchi e controlla in itinere la scrittura creativa del finale della storia.

VI° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 120 minuti.

VII° giorno

Fase 1. I ragazzi riguardano la storia e il docente passa ad evidenziare errori gruppo per gruppo. Alla fine dell’ora ritira i lavori scritti per correggerli a casa.

VII° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 120 minuti.

.

VIII° giorno

Fase 1. L’insegnante scrive gli errori che ogni gruppo ha compiuto e chiede agli alunni degli altri gruppi di correggere.

VIII° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo :120 minuti.

IX° giorno

Fase 1. Gli alunni decidono le parti che reciteranno nel video ed eleggono il regista, il responsabile suono e costumi.

Fase 2. Studiano uno per uno le proprie battute e poi provano in gruppo. Il cortometraggio dovrà durare dai 10 ai 20 minuti.

Fase 3. Mentre provano, l’insegnante passando di gruppo in gruppo corregge loro eventuali errori fonetici.

IX° giorno

Tempo complessivo: 2 ore e ½

Fase I

Tempo : 30 minuti.

Fase 2

Tempo : 60 minuti.

Fase 3

Tempo : 150 minuti.

X° giorno

Fase 1. Ogni gruppo deve iniziare l’allestimento dello spazio scenico per iniziare a girare il video. Preparazione spazio, prova dei costumi in cortile e prova delle musiche in aula video. .

IX° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo :120 minuti.

XI° giorno

Fase I. Ciak si gira. Ogni gruppo inizia a girare.

IX° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo :120 minuti.

XII° giorno

Fase I. Ogni gruppo finisce di girare.

IX° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo :120 minuti.

 

XIII° giorno

Fase I. Ogni gruppo prepara la versione definitiva del proprio cortometraggio: c’è chi rifà le scene sbagliate, chi aggiunge la musica o chi monta le varie sequenze video. La produzione di video richiede da parte dell'insegnante la conoscenza dello strumento e la capacità di collaborare, oltre ad un’attenta valutazione di obiettivi e finalità didattiche, di contenuti e delle fasi metodologiche necessarie alla sua realizzazione.

XIII° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo :120 minuti.

 

XIV° giorno

Fase I. L’insegnante chiede a ciascun alunno in lingua francese di esprimere cosa gli sia piaciuto e cosa no della realizzazione del video.

Fase 2. Il docente spiega che il video è un prodotto didattico mirato alla socializzazione tramite il lavoro di gruppo e all’uso della lingua straniera per un fine artistico e creativo.

XIV° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo :60 minuti.

Fase 2

Tempo :60 minuti.

XV° giorno

Fase I. L’insegnante fa visionare i video realizzati.

Fase 2. Gli alunni commentano i video degli altri gruppi.

Fase 3. Si visiona il miglior video e si festeggia.

XV° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo :50 minuti.

Fase 2

Tempo :30 minuti.

Fase 3

Tempo :40 minuti

BIBLIOGRAFIA

 

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