SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO

SECONDARIO DELLA TOSCANA

Sede di Firenze

 

IV CICLO

 

I ANNO

 

 

 

 

 

AREA I TRASVERSALE

MODULO DI PEDAGOGIA

 

AFFETTI ED EMPATIA NELLA RELAZIONE EDUCATIVA

 

 

 

Indirizzo Specializzando

Lingue straniere Massimiliano Badiali

 

 

 

 

 

ANNO ACCADEMICO 2002-2003

SOMMARIO

 

INTRODUZIONE

1. PREMESSA p. III

2. AFFETTI ED EMPATIA E LA SSIS p. IV

 

PARTE PRIMA: AFFETTI ED EMPATIA

NELLA RELAZIONE EDUCATIVA

1. AFFETTIVITA’, CULTURA E PEDAGOGIA p. 1

2. AFFETTIVITA’ E APPRENDIMENTO p. 3

3. STILI DIDATTICI DELL’INSEGNANTE AFFETTIVO p. 5

4. ASCOLTO ATTIVO E EMPATIA NELLA RELAZIONE EDUCATIVA p. 6

 

5. L’INSEGNANTE E LE DINAMICHE AFFETTIVE NEL GRUPPO-CLASSE

p. 8

 

PARTE SECONDA: PERCORSO DIDATTICO

 

1. RIFLEssione e aPPLICAZIONi dIDATTICHE IN CLASSE p. 11

Schema del Modello operativO E DESCRIZIONE DEi procedimenti didattici p. 12

 

 

BIBLIOGRAFIA p. 15

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

Premessa

 

Con il presente lavoro mi propongo di analizzare l’influsso dell’affettività e dell’empatia nella relazione educativa fra docenti e alunni di scuola media inferiore e superiore. Nella mia esperienza quadriennale di insegnamento (1 anno alle medie, 2 alle superiori e 1 alle elementari) ho notato che gli alunni della scuola secondaria, per lo più delle medie e del biennio delle superiori, sono individui in formazione di personalità, che devono innanzitutto integrare "le trasformazioni del proprio corpo al sé psichico". Dai 12 ai 18 anni l’individuo attraversa una fase di accrescimento che comporta una vera e propria mutazione di stato in cui si verifica il difficile passaggio dalla condizione di "bambino" a quella di "adulto". L’adolescente, infatti, impressionato dalle improvvise e rapide trasformazioni del proprio corpo ed imbarazzato dai nuovi stimoli e dalle nuove pulsioni che ne derivano, finisce per andare incontro ad una vera e propria "crisi di identità", non sapendo più esattamente né chi è né come deve comportarsi. "Questo momento di sviluppo- come evidenzia Cacciaguerra- non è da immaginarsi al modo di una marea che sale gradualmente, ma come una burrasca violenta perché lo stato di ansia confina con il panico e nella loro solitudine interiore il ragazzo e la ragazza sono presi da confusione, incubi, irrequietezza.". "L’adolescenza si caratterizza, dunque, per la presenza costante di un elemento di sfida", poiché la consapevolezza della differenza esistente tra il reale e il possibile, come sostiene Elkind (1968), contribuisce a fare dell’adolescente un ribelle, che mette il possibile a confronto del reale che gli appare spesso deludente: così può criticare i comportamenti dei genitori, che precedentemente aveva idealizzato, intravedendone le debolezze e i difetti tipici di qualsiasi essere umano o di accusarli d’incoerenza tra i valori professati e i loro comportamenti. La denigrazione dei membri del nucleo familiare serve all’adolescente a "trovare la forza di lanciarsi anche in relazioni altre, di uscire dalla dipendenza per conquistare un’autonomia", non solo nei comportamenti primari, ma nella propria intimità.

La famiglia è mal tollerata dall’adolescente poiché esercita un controllo troppo diretto e intrusivo "nella dimensione privata dei sentimenti e delle relazioni". In questo momento di esasperata opposizione, come afferma Sartre, tra l’être en soi e l’être pour les autres, "l’asimmetria educativa all’interno della famiglia rischia di diventare elemento scatenante di disagio anche grave" quando i genitori vogliono esercitare la stessa funzione normativa (controllo, punizione) che attuavano in precedenza.. Il rapporto con gli insegnanti è soggetto più o meno alle stesse dinamiche che definiscono il rapporto adolescente-familiari. Tanto più un docente (come il genitore) è autoritario e la comunicazione con l’alunno "è a senso unico dall’alto verso il basso con scarse possibilità d’interazione", tanto più il sapere si costruisce in maniera "cumulativa, secondo una logica lineare e con limitate possibilità di trasfert da un contesto di apprendimento all’altro". Se invece la comunicazione insegnante-alunno avviene in una modalità dialogica, secondo uno stile "socio-integrativo" (cioè il docente incoraggia, ascolta i desideri degli scolari), gli allievi tendono a manifestare comportamenti positivi (comunicano spontaneamente, partecipano attivamente ecc.), dimostrando che il sapere trasmesso non assume il carattere "di un’acquisizione indiscussa con i rischi impliciti anche di una sua fissazione in stereotipi", ma possiede la versatile elasticità di essere speso in contesti diversi.

Nella mia quadriennale esperienza di insegnamento, ho sempre privilegiato il dialogo, animato di eros pedagogico, poiché l’affettività è, a mio avviso, "maieutica di apprendimento": i problemi scolastici non costituiscono che l'appendice di una difficoltà complessiva dell’alunno a far fronte ai compiti evolutivi posti dall'adolescenza. L’apprendimento nasce "attraverso un processo che è affettivo e cognitivo insieme" e quindi solo un insegnante autorevole e antiautoritario, che possiede, oltre a nozioni e valori, "una mentalità aperta e una capacità critica", permette ai propri discenti, attraverso la partecipazione attiva e la corresponsabilità e la cooperazione, di sviluppare interessi e strutture psichiche (cognizioni, abilità, convinzioni). Concordo pienamente con il prof. Rossi, quando scrive: "laddove manca una partecipazione affettiva all’esperienza apprenditiva difficilmente si avrà conservazione, stabilizzazione e profonda fissazione dell’appreso, ma soprattutto l’appreso difficilmente si configurerà materia personalizzata e forma personalizzante".

 

Affetti ed empatia e la Ssis

 

Una svolta decisiva nella scelta dell’argomento da svolgere, è stata data dalla U.D. 4 del modulo di pedagogia. Nell’U.D. 4 la prof.ssa Claudia Boffo ha analizzato la relazione educativa e l’esperienza emotiva e affettiva nei processi di apprendimento. Ogni relazione educativa tra insegnante e alunno deve essere, infatti,- secondo la prof.ssa Boffo- incontro e scambio, partecipazione ed alleanza. La relazione educativa è una relazione asimmetrica, contrassegnata da una disparità di potere tra insegnante e alunno. L’insegnante affettivo nell’azione educativa deve percorrere l’itinerario del dialogo, della reciprocità e dell’integrazione comunicativa. La relazione educativa si costruisce giorno per giorno, a partire dal reciproco sentire e si consolida grazie alla condivisione di un vissuto, intermediario di scambi e di attività con gli alunni. E’ molto importante che tra insegnante ed allievo si crei un rapporto di fiducia e di stima che si consolidi in un dialogo diretto e personale anche fuori dalla classe. Lo studente deve contare sul fatto che vi sia all’interno dell’istituzione scolastica una persona di cui si possa fidare, pronta ad ascoltarlo a dargli dei consigli, a incoraggiarlo ma anche a rimproverarlo al momento giusto.

La scuola non è solo il luogo dove si impara, ma è anche l’ambiente in cui dobbiamo far entrare le nostre emozioni, la nostra esperienza e il nostro vissuto. A volte gli insegnanti corrono il rischio di non riuscire a decodificare messaggi indiretti mandati dall’alunno, magari sotto forma di aggressività e sfrontatezza. Per questo la prof.ssa Boffo ha individuato come competenze del docente: la capacità di ascolto attivo, la capacità di comprensione delle dinamiche di gruppo e la disponibilità a mettersi in gioco. L’ascolto attivo, secondo la prof.ssa Boffo, significa relazione nel senso etimologico "di religo di refero": cioè di scambio e di comprensione dell’alunno nella sua unicità e irripetitibilità. L’attenzione del docente deve essere rivolta, non solo alla personalità psicologica di ogni singolo discente, ma anche alle dinamiche interne al gruppo-classe. L’insegnante deve rivelare il suo volto umano, incoraggiando il discente ad aprirsi attraverso l’ascolto empatico e stimolandolo nel suo cammino di scoperta e di conoscenza di sé.

 

PARTE PRIMA: AFFETTI ED EMPATIA

NELLA RELAZIONE EDUCATIVA

 

 

1. L’affettività, cultura e pedagogia

 

La cultura contemporanea ha interrotto la censura delle emozioni e della affettività, per l’influsso della psicoanalisi e "di una nuova immagine della vita che hanno posto al centro la dimensione pulsionale degli organismi superiori, della struttura del loro cervello e della costituzione della loro soggettività". La filosofia, la pedagogia e la psicologia hanno messo in evidenza la radice emotiva del comportamento e dell’identità umana, opponendosi al dualismo attuato dal pensiero greco-cristiano-borghese fra pathos e logos e fra sentimento e ragione, considerati come elementi inconciliabili fra loro. Se nel pensiero presocratico il sentimento non è separato dal pensiero, Platone ritiene le emozioni come una malattia dell’anima, che pur essendo "un serbatoio indispensabile alla ragione", hanno un effetto destabilizzante sulla "costruzione armonica del soggetto, se non sono continuamente guidate e indirizzate verso fini razionali e moralmente validi". S. Agostino ripropone il dualismo platonico in prospettiva cristiana nelle Confessioni: nell’opera le passioni "sono viste come un cancro dell’anima, una via di perdita del sé più autentico e profondo, una condanna legata alla carne". Sarebbe impossibile in questa sede creare una storia della pedagogia degli affetti, ma possiamo accennare qua e là idee e riflessioni utili alla nostra trattazione. Se Comenio nella Didactica Magna evidenzia che l’educazione deve avvenire "con la massima delicatezza e dolcezza, senza alcuna severità e coartazione", poiché la pandidascalia (dare tutto a tutti) deve ispirarsi alla spontaneità del docente che "deve fare tutto dolcemente e piacevolmente come per gioco", solo con il 1700, i sentimenti assumono "una valenza educativa e formativa che li pone alla base della costruzione di una personalità armonica e onnilaterale, non più mortificata dal dominio della razionalità e dallo sviluppo unilaterale". Rousseau nell’Emilio opera una rivoluzione copernicana dell’educazione, che mette al centro dell’azione pedagogica l’individuo stesso. L'educazione deve orientarsi sulla natura: "deve avvenire in modo naturale, lontano dagli influssi corruttori dell’ambiente sociale e sotto la guida di un pedagogo illuminato che orienti il processo formativo del fanciullo verso finalità che rispecchino le esigenze di natura". Ne deriva che l'educatore deve evitare interventi direttivi e allontanare dal processo educativo eventuali influssi sfavorevoli all'autorealizzazione dell'educando. A tale riguardo Rousseau raccomanda agli educatori di guidare gli educandi senza precetti e senza intervenire direttamente, seguendo lo sviluppo spontaneo della natura, rispettando il principio dell'autorealizzazione intesa come crescita spontanea e autonoma dell'educando. Pestalozzi in Leonardo e Gertrude ribadisce la teoria dell’educazione come "processo che deve seguire la natura, ripresa da Rousseau, secondo la quale l’uomo è buono e deve essere solo assistito nel suo sviluppo, in modo da liberarne tutte le capacità morali e intellettuali". In particolare, l'amore che si realizza generalmente tra madre e figlio costituisce per Pestalozzi il modello di ogni rapporto educativo: il processo educativo per l'educando deve realizzarsi prevalentemente attraverso esperienze concrete da apprendersi in un clima di fiducia e di amore reciproco. Per Herbart, la pedagogia di Rousseau presenta delle contraddizioni che portano a due paradossi: "di equiparare l’educatore all’educando, facendo del primo il protagonista dell’educazione e di educare un fanciullo asociale (…)". L'educatore, per Herbart, non solo deve evitare interventi direttivi, ma attuare con i giovani una comunicazione sulla realtà tale che essi possano fare di quest'ultima un'esperienza propria. La concretizzazione della relazione interpersonale segue successivamente i principi delle strutture pedagogiche del governo, della cultura e dell'insegnamento. Tali strutture si basano sull'amore pedagogico, grazie al quale l’educazione si relaziona all'educando con il preciso scopo di favorirne la formazione. In quest'ultimo caso l'amore dell'educatore costituisce un fattore pedagogico in quante è mediato, cioè attuato in vista della formazione del giovane. Il rapporto educativo stesso viene così a costituire, secondo Herbart, uno spazio libero che permette reciproche esperienze.

L’uomo contemporaneo, grazie all’apporto degli studi sociologici e psicologici, riconosce i sentimenti come "la trama fondativa e unitaria del sé sulla quale si costruisce quella che Lacan chiama "la fase dello specchio" cioè l’identità della persona". Le emozioni sono, pertanto, gli elementi che fondano l’identità della persona, determinando le scelte e il pensiero e influendo sull’apprendimento. Spetta a Piaget l’aver chiaramente posto in evidenza, fino dalla fase senso-motoria, "l’inseparabilità della vita affettiva e cognitiva e l’indissociabilità degli stati affettivi e degli stati cognitivi": infatti per lo sviluppo armonico della personalità del discente è necessaria un’interazione fra cognizione e affettività, per lo stretto parallelismo che esiste nel pensiero umano tra il piano affettivo e intellettuale. Per Vygotskij il pensiero nasce "dalla componente motivazionale della nostra coscienza, che ingloba i personali impulsi e le soggettive motivazioni" gli affetti personali e le proprie emozioni. Dietro al pensiero, perciò, c’è un orientamento volitivo-affettivo.

 

2. Affettività e apprendimento

 

L’affettività condiziona l’apprendimento e i processi cognitivi. Sul piano biologico, infatti, una parte del nostro cervello cioè la regione limbica è sede dell’emotività ed "è connessa all’ambiente mediante le vie nervose afferenti, che convogliano da quello al cervello sensazioni e percezioni ed è integrata alla corteccia cerebrale". Gli affetti, dunque, sono "il magma originario dell’io", " i mattoni della sua identità", poiché dominano il soggetto e lo strutturano. Tra i processi emotivi e l’apprendimento esiste una profonda connessione, poiché esso "si sviluppa sempre all’interno di una relazione affettiva". Il rapporto educativo significa presenza esistenziale dell’educatore per l’educando. Buber sostiene, infatti, che attraverso "la complementarità e il contenere (Gegenseitigkeit und Umfassung)" si crea tra insegnante e alunno un dialogo profondo da cui emerge un sentimento di profonda fiducia e "l’impegno di essere e di continuare ad essere l’uno per l’altro". L’apprendimento non è "mero condizionamento e assimilazione passiva di contenuti preconfezionati", ma per la forte componente di attivazione emotivo-cognitiva "rappresenta una sfida e un’avventura che implica un atto di fiducia che consiste nel coraggio di tuffarsi nell’incerto e nell’ignoto". Alcune forme di disagio sociale, il successo o l’insuccesso scolastico, stati d’ansia e disorganizzazione, problemi di autostima e insicurezza, dipendono dalle prime esperienze di apprendimento e devono assolutamente essere presi in considerazione dal docente. I processi di apprendimento hanno, inoltre, luogo prevalentemente nell’ambito di un contesto relazionale, pertanto la qualità delle interazioni comunicative influenza la peculiarità delle esperienze di apprendimento stesso. Dal momento che l’individuo forma la propria identità attraverso un processo unitario "sinergico e interfunzionale", fondato sull’interazione fra le singole dimensioni della personalità, "un’affettività piena, autentica, sicura finisce con l’esercitare inevitabilmente una positiva influenza sulle altre dimensioni della personalità: da quella intellettuale a quella corporea, sociale (..)". Bloom, infatti, ritiene che esista uno stretto rapporto che lega affettività e motivazione e apprendimento, poiché le variabili affettive esercitano un’azione rilevante nei processi di conoscenza, comprensione e socializzazione che avvengono nell’ambiente scolastico.

Secondo alcune teorie psicoanalitiche la modalità che ognuno di noi ripropone per relazionarsi agli altri e con la realtà, sembra rinviare ai rapporti interpersonali dei primi anni di vita, ovvero ad affetti e comportamenti strutturati durante l’infanzia nell’ambito familiare e soprattutto al rapporto con la madre40, che rappresenta la sicurezza e la disponibilità e al padre, che incarna l’interiorizzazione del dovere. In ogni relazione interpersonale significativa, quindi, si ripropongono inconsapevolmente modelli relazionali vissuti nell’infanzia con i genitori (transfert), che hanno la caratteristica di riattivare la relazione primaria. Nessuna esperienza, quindi, viene perduta, ma rimane nella mente: si creano modelli operativi interni pronti ad essere riattivati quando si presenta una situazione analoga alla precedente.

Il contatto con l’insegnante può far rivivere allo studente molte emozioni che ha precedentemente sperimentato nelle relazioni familiari. Sono, infatti, gli atteggiamenti relazionali dell’insegnante verso l’allievo "che vengono da quest’ultimo interiorizzati e che si possono armonizzare con le parti interne preesistenti oppure creare conflitto con esse"41. Per Kohut l’equilibrio affettivo dell’alunno è legato ad "un doppio rapporto con gli oggetti-Sé"42: quelli interiorizzati in forma stabile (o del Sé coeso) e quelli incarnati da figure esterne (genitori e docenti), entrambi indispensabili per "i bisogni narcisistici fondamentali di rispecchiamento, idealizzazione e gemellarità"43.

 

3. Stili didattici dell’insegnante "affettivo"

Pur riconoscendo che la determinazione e l’espansione della personalità si fondano sul potere di autocostruzione che è proprio di ogni individuo, anche l’insegnante svolge una rilevante funzione nei processi di differenziazione e strutturazione dell’io dell’alunno. Il docente che intende realmente aiutare l’alunno in modo da attuare la pienezza del suo potenziale educativo è mosso da autentico amore pedagogico ed è pertanto un insegnante affettivo, ricco di "amore esigente e altruista"44 che vuole "aiutare la persona amata ad elevarsi per il suo bene"45. L’autentico interesse del docente per il discente è un’esperienza emozionale "erotica (…), dove la condivisione del percorso formativo si fonda su un rapporto di autentica reciprocità senza la quale l’evento educativo sarebbe davvero condizionamento e coercizione"46. Essere insegnante affettivo significa valorizzare la soggettività e l’alterità dei propri alunni, "poiché non c’è umanità senza il riconoscimento completo e incondizionato del valore dell’altro nei suoi irripetibili e peculiari caratteri (..)"47.

L’insegnante deve porsi in maniera equidistante nei confronti degli autoritarismi (che si esprimono nella dominanza degli educatori, che limitano e costringono il comportamento degli educandi) e dei permissivismi e scegliere di essere guida autorevole e quindi di percorrere l’itinerario del dialogo, dello scambio e della reciprocità comunicativa. Il docente è guida autorevole, se viene riconosciuto dagli alunni "come persona che possiede competenze oggettive e normative, e quando, per la sua parziale o relativa accettata superiorità, interviene attraverso funzioni orientative e regolative"48. Se autorità autorevole, l’insegnante non genera paure, ma promuove fiducia e si rende protagonista di una relazione "stimolante e rassicurante, inibente il gregarismo e sollecitante il protagonismo"49, che facilita l’autonomizzazione dell’alunno. Il docente affettivo non è solo antiautoritario, ma anche "socio-politico", cioè aperto all’ambiente circostante e informato delle principali questioni della società, che promuovono lo sviluppo dell’uomo e del cittadino.

Le qualità fondamentali per la professionalità esperta di un insegnante veramente animato da amore pedagogico sono: essere autentico, incontrare ("accogliere, valorizzare, ascoltare, domandare, donare, ricevere"50), comprendere (riconoscere nell’altro "motivazioni, intenzioni, desideri, emozioni, sentimenti, passioni"51) e confermare (ascoltare e capire).

Compito fondamentale del docente diventa quello di creare un setting di apprendimento in cui la scelta e l’utilizzazione delle strategie didattiche più idonee al raggiungimento dei vari obiettivi pedagogici avvenga nell’ambito di una relazione di aiuto e incoraggiamento. Affinchè il setting operativo possa essere messo in atto- secondo Fratini- l’insegnante deve possedere tre tipi essenziali di competenze: capacità di ascolto attivo; capacità di comprensione delle dinamiche di gruppo; capacità di introspezione e di autotrasformazione intesa come apertura e disponibilità a mettere in discussione se stessi.

 

4. Ascolto attivo ed empatia nella relazione educativa

 

Nella vita scolastica quotidiana vengono richieste ai docenti, oltre ad un’accurata preparazione disciplinare e ad una conoscenza puntuale delle più recenti metodologie didattiche, delle competenze comunicative che diventano la prerogativa indispensabile per la creazione di una buona interazione. Affinché realmente si crei una sintonizzazione affettiva, il docente deve utilizzare la tecnica dell’ascolto attivo : cioè essere sempre pronto a ricevere i segnali trasmessi, a volte in modo confuso, dagli allievi. Per ascolto si intende la disponibilità per ciò che viene detto e fatto al fine di trasmettere agli alunni la convinzione del loro valore in quanto soggetti, le risposte alle loro domande e la decodificazione dei contenuti latenti nei messaggi. Il ruolo dell’insegnante è quello di interpretare comportamenti, reazioni e improvvisi cambiamenti di umore e di aiutare il discente a prendere coscienza di quello che gli sta avvenendo, mettendolo in condizione di riflettere, capire e parlare. La capacità di ascolto attivo offre la possibilità di osservare in modo approfondito e costituisce un’efficace modalità di sostegno affettivo, per cui rappresenta di per sé un valido agente terapeutico. Perché l’ascolto sia veramente attivo deve configurarsi come realmente empatico. Per empatia si intende "la capacità di comprendere il modo di essere-nel-mondo di un altro dal di dentro, riuscendo ad immedesimarsi nella sua condizione e a penetrare la sua dimensione di interiorità"52. L’empatia53 è la capacità di intuire e leggere fra le righe, di captare le spie emozionali, di cogliere anche i segnali non verbali indicatori di uno stato d’animo e di intuire quale valore rivesta un evento per l'interlocutore, senza lasciarsi guidare dai propri schemi di attribuzione di significato: diventa così possibile comprendere atteggiamenti e comportamenti apparentemente assurdi, e rispondere soddisfacendo i bisogni specifici di un soggetto. Un ambiente educativo capace di agire in questo senso integra e sostiene la struttura della persona in difficoltà e, allo stesso tempo, crea un clima di fiducia. Per Rogers la comprensione empatica ha una posizione centrale all’interno della relazione educativa che significa innanzitutto "difendere e incrementare il potenziale di umanità dell'alunno"54.

Nell’ambito del rapporto didattico, sintonizzazione affettiva significa porre l’accento sul fatto che non tutti gli allievi hanno le stesse esigenze, i medesimi bisogni e tempi di apprendimento. Un insegnante dovrebbe avere un occhio di riguardo per gli allievi più emotivi o con difficoltà di apprendimento, e dovrebbe tenere conto del fatto che la maggior parte degli studenti non potrà soddisfare gli standard di rendimento raggiunti da alcuni di loro particolarmente dotati. La sensibilità nei confronti specifici di ogni singolo alunno richiede la capacità di riconoscere, anche a se stessi, il cambiamento di interessi e di esigenze dell’allievo, in rapporto ai diversi momenti e ai passaggi del suo sviluppo.

La disponibilità empatica implica rifiutare, da parte dell’insegnante, di leggere il mondo in modo egocentrico e "accettare di porsi in una condizione di nudità emotiva"55 di apertura e disponibilità a mettersi in discussione ("di introspezione e di autotrasformazione"56). Solo quel docente che possiede una forte immagine di Sé non teme il momentaneo lasciarsi andare per vivere "momenti di indistinzione tra sé e l’altro"57 e riporta "in vita le proprie parti perdute"58 per riviviverle empaticamente con l’alunno.

La dimensione affettiva dell’insegnante non è semplice comunicazione e trasmissione di contenuti e nozioni, ma significa comprendere l’alunno "grazie all’empatia, cioè alla capacità di provare i sentimenti dell’altro attraverso l’autoanalisi e la ricerca, nella propria esperienza di qualcosa di analogo (…)"60. Nello schema seguente sono riassunti gli elementi positivi e negativi del comportamento dell’insegnante:

Categorie

Elementi positivi

Elementi negativi

1. Congruenza

· L’insegnante è a suo agio nel rapporto con gli alunni

· l’insegnante è "autentico", sincero nel suo "fare" con gli alunni

· L’insegnante dà l’impressione di essere a disagio con gli alunni

· l’insegnante sembra "recitare una parte

2. Empatia

· L’insegnante comprende il punto di vista degli alunni

· L’insegnante cerca di percepire i sentimenti degli alunni

· L’insegnante adotta un comportamento meccanico ed immutabile

· ð L’insegnante percepisce i comportamenti degli alunni dal suo punto di vista e non cerca di percepirne i sentimenti

3. Stima

· L’insegnante dimostra di stimare gli alunni in quanto persone

· L’insegnante mostra un sincero interesse nei confronti di ciò che riguarda gli alunni

· L’insegnante si mostra impaziente o indifferente

· L’insegnante sembra tollerare appena lo "stare con gli alunni"

4. Rispetto incondizionato

· L’atteggiamento dell’insegnante è di rispetto, indipendentemente dal comportamento degli alunni

· L’insegnante mostra di avere un comportamento che non dipende dall’approvazione o dalla critica degli alunni

· Attenzione e partecipazione

· Un clima di fiducia reciproca

· L’insegnante ha idee precise sul tipo di persone che gli alunni dovrebbero essere e si comporta di conseguenza

· Il valore che gli alunni assumono agli occhi del docente dipende dai loro comportamenti

· Confusione, disattenzione, scarsa partecipazione

· Un clima di tensione non caratterizzato dalla fiducia

 

 

 

5. L’insegnante e le dinamiche affettive nel gruppo-classe

 

L’allievo è un soggetto che interagisce con i suoi simili, per cui la sua comunicazione diventa significativa solo se messa in relazione all’ambiente in cui si verifica e alle persone presenti. L’insegnante deve saper decifrare e gestire, non solo le dinamiche individuali, ma anche quelle di gruppo. Per instaurare una relazione affettiva con i propri alunni, il docente non deve mai perdere di vista le caratteristiche del gruppo-classe nel quale lavora e le dinamiche complesse, a volte contraddittorie, che si vengono a determinare, poichè ogni classe si configura come un gruppo di apprendimento strutturato in due livelli: il livello formale, razionale, caratterizzato dal raggiungimento di finalità didattiche, ed il livello informale, emotivo, con prevalenti finalità relazionali e di socializzazione. Non sempre esiste un equilibrio fra queste due configurazioni e allora le due parti che possono entrare in conflitto, costituendo un serio ostacolo per l’apprendimento59.

A volte tra alunni e insegnante si instaurano modalità relazionali inadeguate e strategie difensive che impediscono o rendono difficoltosi il rapporto empatico e il dialogo. Gli alunni possono mettere in atto tre tipi di strategie difensive cioè l’evasione, la seduzione e la ribellione: la prima modalità riguarda l’alunno insicuro e timido, che tende a sfuggire a qualunque tipo di relazione comunicativa e affettiva e può provocare nell’insegnante ansia ed imbarazzo; la seconda è quella del seduttore che nasconde la propria aggressività e il proprio bisogno di dominare, cercando di conquistare l’insegnante con false promesse; la terza modalità è la ribellione nei confronti dell’autorità che diventa una sfida permanente contro tutto e tutti61.

Altre volte sono gli insegnanti che tendono a eludere la relazione con un atteggiamento troppo tecnico e razionale oppure cercando di sedurre i propri allievi dimostrando agli occhi di colleghi, genitori, superiori, ecc. che sono bravi (patologia narcisistica). Spesso per difendersi dall’ostilità degli allievi, l’insegnante assume un ruolo punitivo e autoritario. Infatti secondo recenti ricerche62, la risposta più frequente, data dagli studenti alla domanda "Come mi trattano gli insegnanti a scuola?", è che essi hanno la sensazione di essere considerati con indifferenza dai propri docenti63. Una relazione comunicativa autentica che tenga conto dei messaggi degli alunni è dunque un momento fondamentale nella vita della classe e non deve mai essere vissuta, dall’insegnante, come una sottrazione di tempo all’apprendimento della disciplina. Il momento della ricezione, infatti, deve essere sempre seguito da una fase in cui l’insegnante sostiene e facilita l’intervento dell’allievo, incoraggiando il discente ad aprirsi e stimolandolo nel suo cammino di scoperta e di conoscenza di sé. La semplice parafrasi o ripresa di qualche aspetto del discorso di un alunno (il cosiddetto ‘intervento a riflesso’64) fatta dall’insegnante, dimostra umana comprensione e affettività.

Le difficoltà comunicative nel gruppo-classe non devono scoraggiare ma, anzi, motivare maggiormente l’insegnante a mantenere un atteggiamento di apertura e ricezione verso i messaggi verbali e non verbali degli allievi.

L’insegnante deve impostare con lo studente una relazionalità autentica e ricca di tensioni affettive: solo la sua umanità esperta può determinare nel cuore e nella mente dell’allievo un’irripetibile creazione di emozioni da trasformarsi in significati, nozioni e conoscenze

 

PARTE SECONDA: PERCORSO DIDATTICO

 

Riflessioni e applicazioni didattiche in classe

 

La comprensione empatica è al centro del mio insegnamento, forse anche perché ho insegnato e insegno alla scuola elementare, dove la funzione del maestro istituzionalmente è al contempo formativa, ma anche affettiva. Nella mia esperienza biennale di insegnamento alle scuole secondarie superiori e in quella annuale alle scuole medie, ho notato un’impostazione molto autoritaria in quanto alcuni dei miei colleghi non erano in grado di comprendere il singolo allievo né si sforzavano a gestire le dinamiche affettivo-relazionali del gruppo classe. Questo non è stato facile neppure per me. Ricordo nella mia esperienza alle medie di aver notato quanto sia complesso comprendere le dinamiche relazionali in una classe di adolescenti e quanta esclusione deve subire il singolo allievo che non vuole condividere i sentimenti degli altri, inevitabilmente messo al margine della classe. Ho osservato questa dinamica relazionale durante la mia esperienza d’insegnamento in una terza media presso Pian di Scò (Ar). La classe, composta da 24 alunni, si era alleata contro uno degli alunni che rappresentava il capro espiatorio al quale venivano attribuite tutte le cause dei conflitti interni del gruppo. La situazione era anche complicata dal fatto che l’alunno era extracomunitario e quindi la sua diversità contribuiva ad aumentare il suo isolamento da parte del gruppo. Inoltre i genitori degli altri alunni, invece di scoraggiare l’atteggiamento di intolleranza dei figli, lo condividevano e in alcuni casi lo incoraggiavano. Per arginare la situazione ho cercato tramite il dialogo di spingere gli alunni alla riflessione sul loro comportamento, a "mettersi nei panni" del soggetto emarginato. Ho utilizzato il lavoro di gruppo, poiché l’ho ritenuta la modalità più adeguata per un’educazione ai sentimenti. La classe, divisa in 4 gruppi, lavorava su un obiettivo da raggiungere (esecuzione di cartelloni, schemi, dialoghi ecc. in lingua), che diventavano la motivazione per lavorare insieme, collaborando e impegnandosi. Durante il corso dell’anno, la situazione si è progressivamente stabilizzata, anche se senza una risoluzione completa del problema.

L’insegnante può trovarsi di fronte a situazioni complesse che lo colgono impreparato, soprattutto se manca di esperienza e di una formazione adeguata. Nella mia opinione, il ruolo dell’insegnante non deve essere quello di intervenire in modo autoritario negli equilibri del gruppo, ma, piuttosto, di far sì che gli allievi aumentino le loro capacità critiche, creative e comunicative e riescano ad utilizzarle lungo il loro cammino, risolvendo in modo autonomo di volta in volta i problemi della vita di gruppo. Il docente è dunque colui che garantisce che tutti procedano, senza perdere la strada, verso l’obiettivo generale prefissato, la crescita di ciascun allievo.

Nell’ITC Mecenate, ove ho insegnato due anni, ho proposto il percorso didattico dal titolo « L’einsegnant ami ou maître ». La finalità ultima da conseguire per il discente è stata quella di crearsi un pensiero euristico e ideativo, che gli permettesse nel gruppo e con il gruppo di discutere sul profilo dell’insegnante ideale, evidenziando aspetti negativi e positivi del docente. L’alunno, osservando e reinterpretando le sequenze visive di film visti in classe corcornenti la scuola, ha dovuto sviluppare la propria dimensione intrapersonale, e poi attraverso l’attività di gruppo, che gli ha permesso lo scambio interpersonale, la propria dimensione sociale. Alla fine ho espresso riflessioni e idee sul profilo professionale di un bravo docente.

 

 

 

2. Schema del modello operativo e descrizione dei procedimenti didattici

 

Percorso didattico

Titolo

L’einsegnant ami ou maitre?

Scuola

ITC Mecenate Arezzo

Classe

3° anno sez. A

Composizione

24 alunni

11 ragazzi e 13 ragazze,

Livello linguistico

Preintermedio

Gli alunni presentavano talune difficoltà fonetiche e di dialogo. Errori permanevano nella produzione scritta.

Lingue studiate

1ª Lingua inglese (quinquennale),

2ª lingua francese (quinquennale)

Luogo

Aula video

Il percorso didattico è stato svolto in aula video, dove, data l’ampienza del luogo, c’erano 5 grandi tavoli grandi e abbastanza lontani l’un o dall’altro, e seduto intorno a questi ogni gruppo ha discusso.

Tempo

6 ore

I tempi scelti dall’insegnante sono state le prime 2 ore del venerdì mattina essendo terminata la revisione grammaticale. Delle ore previste: 1 ora è stata utilizzata per la visione di sequenze tratte da film concernenti la scuola; 2 ore e ½ per la riflessione sulle sensazioni e sulle riflessioni che hanno suscitato le sequenze visive, e 2 ore e ½ per il dialogo in classe sulle osservazioni proposte dagli alunni.

Periodo dell’ anno scolastico

2° quadrimestre- 3 settimane- prima delle vacanze di Pasqua.

Materiale

Fotocopie in lingua redatte dall’insegnante sulla professionalità del docente, consegnate a fine lezione. Esercizi strutturati che l’insegnante ha preparato sulle espressioni di opinione, che il discente doveva svolgere a casa.

Strumenti

Videoregistratore, block-notes, penna e registratore facoltativo

Il videoregistratore è servito a proiettare in aula varie sequenze audiovisive dei film « L’attimo fuggente « e « Buongiorno professore ». La penna e il block-notes sono serviti ad appuntare osservazioni durante il lavoro di gruppo. Il registratore per chi lo possedeva serviva a risentire sequenze sonore a posteriori utili alla riflessione richiesta dall’insegnante.

Metodologia

Pluralità di metodi : approccio audio-visivo, lavoro in gruppo, lavoro individuale, lezione frontale, esercizi strutturati.

Strategie

Lavori di gruppo, lavori individuali

La strategia usata è stata l’apprendimento in situazione diviso in diverse fasi cognitive. L’insegnante ha fornito un’apertura (video) per trasportare gli allievi nello schermo e proporre loro sequenze sulla tematica: «L’insegnante amico o autoritario? ». Creando dei gruppi, ha trasportato l’interazione verbale in un contesto sociale; in seguito provocato la risposta del gruppo e poi dell’allievo con gli atti di replica e reazione. Infine l’insegnante ha comunicato e si è confrontato con gli studenti, proponendo la sua posizione e spiegando il concetto di autorevolezza pedagogica.

Obiettivi linguistico- cognitivi

Sono state sviluppate le seguenti competenze : comprensione, assimilazione, produzione orale e scritta. L’ascolto del video in lingua ha permesso di migliorare o di far acquisire lessico nuovo e pertanto di sviluppare la comprensione linguistica. La comprensione orale è stata, inoltre, essere sviluppata facendo ascoltare espressioni ripetute a velocità normale e a viva voce o mediante registrazioni dello stesso video visto in classe.

Nell’attività di gruppo l'alunno ha dovuto comunicare in lingua straniera , così da arricchire il lessico e migliorare l’intonazione e la pronuncia espressioni. A partire dal commento del video fino a giungere a formulare il loro profilo ideale dell’insegnante, il discente è stato, costretto a lavorare sul testo, sviluppando la competenza della produzione scritta..

Gli obiettivi cognitivi sviluppati sono stati la metaconoscenza e metacognizione che indicano il grado di consapevolezza e di autocontrollo che ciascuno ha in rapporto al suo modo di produrre conoscenze (inventare, studiare, apprendere contenuti, memorizzarli e sistematizzarli).

Obiettivi generali e formativi

E’ stata sviluppata la formazione intellettuale. La riflessione sulla figura dell’insegnante ha permesso di sviluppare il pensiero critico degli alunni: mediante l’analisi dei temi trattati nella sequenza audiovisiva e la formulazione di una propria formulazione ideativa sull’insegnante e sul suo ruolo, i discenti hanno sviluppato una funzione euristica. Il lavoro di gruppo ha concorso a mostrare come lo studio potesse essere impostato in forma collaborativa, come interazione, coinvolgimento, accettazione, condivisione, brainstorming.e a motivare allievi scarsamente interessati alla vita scolastica, con difficoltà espressive e di comunicazione.

Ruolo del docente e verifica

L'insegnante ha precisato i percorsi e definito gli obiettivi. Ha anticipato e prevenuto le difficoltà. Ha verificato le difficoltà, riproponendo in forma mutata i contenuti. Solo alla fine ha valutato, l’interesse e il comportamento dei ragazzi e il raggiungimento degli obiettivi previsti. Questa attività è stata considerata come una verifica in itinere che poteva aiutare l’insegnante a mettere in atto correttivi di sostegno e di recupero verso gli alunni e quindi di intervenire con piani individualizzati. L’insegnante ha valutato l’atteggiamento degli alunni in ordine all’apprendimento in base a questi tre indicatori : impegno, attenzione e esecuzione. In itinere il docente ha osservato e completato delle schede con questi indicatori e in ognuno evidenziato il livello dell’alunno durante il percorso didattico, usando le lettere : A= ottimo, B= buono, C= sufficiente, D = non sufficiente. Poi l’insegnante ha concluso se l’obbietivo è stato raggiunto con padronanza, raggiunto sostanzialmente o non raggiunto.

 

I° giorno

Fase 1. L’insegnante propone la visione di sequenze video tratte dai film « L’attimo fuggente « e « Buongiorno professore ».

Fase 2. Gli alunni vengono divisi in 4 gruppi. Segue il lavoro di gruppo, durante il quale gli alunni devono commentare per iscritto le sequenze video e trovare nelle scene visionate gli elementi caratteriali che ritengono importanti per il loro modello d’insegnante ideale, usando dalle 70 alle 120 parole. Ogni gruppo sceglie il suo portavoce, che deve relazionare in lingua la riflessione svolta dal gruppo sul tema proposto. Si ha un conseguente esercizio sulla produzione scritta da consegnare all’insegnante.

I° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 40 minuti.

Fase 2

Tempo : 80 minuti.

 

 

 

II° giorno

Fase 1. Mentre continua l’elaborazione scritta di gruppo, l’insegnante passa tra i banchi ad osservare l’andamento del lavoro.

Fase 2. L’insegnante chiama ogni portavoce a esporre le riflessioni di gruppo. Quest’ultimo deve chiamare in causa i suoi compagni, che devono aiutarlo durante la sua presentazione. Ogni gruppo consegna l’elaborato scritto.

II° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 80 minuti.

Fase 2

Tempo : 40 minuti.

 

III° giorno

Fase 1. L’insegnante consegna 1 fotocopia da leggere sul ruolo del docente.

Fase 2.. Lezione frontale sul ruolo dell’insegnante autorevole e consegna lavori e schede di valutazione dell’alunno.

Fase 3.. Verifica degli errori degli elaborati e correzione alla lavagna. su suggerimento degli alunni.

Fase 4. Consegna di esercizi strutturati che l’insegnante ha preparato sulle espressioni di opinione, che il discente deve svolgere per casa.

III° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 15 minuti.

Fase 2

Tempo : 20 minuti.

Fase 3

Tempo : 80 minuti.

Fase 4

Tempo : 5 minuti.

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