SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO

SECONDARIO DELLA TOSCANA

Sede di Firenze

 

IV CICLO

 

I ANNO

 

 

 

 

AREA I TRASVERSALE

 

MODULO DI PSICOLOGIA

 

MEMORIA E APPRENDIMENTO

 

 

 

 

 

 

Indirizzo Specializzando

Lingue Straniere Massimiliano Badiali

 

 

 

 

 

 

ANNO ACCADEMICO 2002-2003

 

 

SOMMARIO

 

 

INTRODUZIONE

1. PREMESSA p. 2

2. LA MEMORIA E LA SSIS p. 3

 

 

 

PARTE PRIMA: LA MEMORIA E L’APPRENDIMENTO

LA MEMORIA p. 4

TIPI DI MEMORIA p. 5

TEORIE SULL’APPRENDIMENTO p. 9

MNEMOTECNICHE p. 11

 

PARTE SECONDA: PERCORSO DIDATTICO

1. RIFLEssione e aPPLICAZIONi dIDATTICHE IN CLASSE p. 14

Schema del Modello operativO E DESCRIZIONE DEi procedimenti didattici p. 15

 

 

BIBLIOGRAFIA p. 17

INTRODUZIONE

 

Premessa

Con il presente lavoro mi propongo di delineare una riflessione sulla memoria, poiché gioca un ruolo molto importante nell’apprendimento e soprattutto in quello delle lingue straniere: imparare termini linguistici e strutture grammaticali e fonetiche, richiede mnemotecniche specifiche che rendano il processo di memorizzazione più semplice e più accessibile l’utilizzo delle informazioni immagazzinate.

La percezione fonetica rientra in quell'ambito definito con il nome di "teoria dell'informazione", per cui la capacità degli individui è determinata dai messaggi-stimolo dell’ambiente che li circonda e dalle risposte che ne derivano.

Per uno studente di lingue è praticamente impossibile memorizzare tutto il vocabolario di una lingua. Un modulo di parole potrà essere elaborato in schemi di memoria semantica, o di memoria episodica e procedurale che racchiudono la tonalità e la melodia della lingua. La nostra memoria semantico-linguistica opera a priori delle scelte, per poi inserirle in un ambito di più attenta interpretazione ed elaborazione.

L’apprendimento di una L2 implica un "processus cognitif et créatif qui permet à l’élève d’élaborer des hypothèses qu’il vérifie par la suite en situation de communication". Per imparare una lingua straniera- il francese, ad esempio- gli studenti devono imparare a trasferire nella loro lingua "struttura della frase, sillabazione (…)" ecc. Il trasfert dell’apprendimento in classe implica "il trasferimento di ciò che è stato imparato a scuola entro le situazioni di vita reale".

Per quanto riguarda la mia esperienza professionale, nell’insegnamento di Inglese alla scuola primaria, mi sono cimentato nell’applicazione di tecniche di memorizzazione, che consentissero l’apprendimento ai miei discenti del vocabolario di base della L2. La ripetizione continua dei vocaboli e la ricerca di sequenze fonetico-musicali e di canzoncine utili per ricordare, sono stati per i miei bambini un aiuto notevole nell’acquisizione di termini nuovi.

Anche nella mia esperienza di insegnamento presso le scuole secondarie, ho cercato di usare mnemotecniche, in grado di aiutare gli alunni a ricordare verbi, fraseologia e termini: l’uso del laboratorio linguistico e l’ascolto di espressioni a velocità normale e rallentata sono stati metodi che hanno consentito ai miei alunni di sviluppare una buona fonetica e un bagaglio notevole di vocabolario tecnico.

Questa stessa metodologia l’ho applicata anche durante il tirocinio che svolgo presso l’Istituto Professionale Margaritone di Arezzo e su essa ho incentrato il percorso didattico.

 

2. La memoria e la Ssis

 

Una svolta decisiva nella scelta dellargomento da svolgere, è stata data dalla U.D. 2 del modulo di psicologia, ove il prof. Boschi si è soffermato ad esporre le teorie psicologiche sull’apprendimento e soprattutto il concetto di metacognizione e di apprendimento.

L’apprendimento è un processo dinamico, che implica la centralità del sé dell’individuo: se non si è motivati ad apprendere, difficilmente vi riusciamo.

La motivazione deve essere intrinseca, cioè nascere da un reale e personale convincimento. Studiare per dare soddisfazione a qualcuno, come ad esempio per i genitori, non è sufficiente per superare ostacoli e momenti difficili, poiché basta niente per far crollare la motivazione.

Qualsiasi informazione "viene appresa, conservata in memoria e poi recuperata in modo più profondo e accurato, se chi apprende associa l’informazione a sé". Il modello di sé è un’organizzazione di conoscenze con due aspetti: uno strutturale, che è la rappresentazione della propria esperienza di interazione con l’ambiente e uno funzionale che esemplifica l’organizzazione delle azioni di ogni individuo (percezione, memorizzazione ecc..).

Uno degli elementi fondamentali per ottenere successo è certamente la fiducia nelle proprie capacità. "Se non si è convinti di riuscire- ha detto il prof. Boschi- non si convinceranno mai gli altri e soprattutto non si intraprenderà mai la direzione che ci interessa". La consapevolezza metacognitiva rispetto a una disciplina "è l’immagine o l’idea che i fanciulli hanno rispetto alla materia che è oggetto di insegnamento. Questa consapevolezza combatte frasi del tipo. «Mi piacerebbe fare..., ma non ci riuscirò mai», «Le lingue straniere? Ormai ho rinunciato, non sono portato». Noi stessi siamo il primo ostacolo alla realizzazione delle nostre mete perché, lo abbiamo già detto, utilizziamo solo una piccolissima percentuale delle nostre potenzialità. Le capacità creative e cognitive del nostro cervello sono infinite.

Apprendere vuol dire "cambiare". Rumelhart e Norman (1978) dividono l’apprendimento in tre processi: accrescimento, creazione e aggiustamento. L’accrescimento è acquisizione di nuove conoscenze, creazione implica formazione di nuovi schemi o rappresentazioni di conoscenza, aggiustamento implica adattamento delle conoscenze ad un compito o fine specifico.

Apprendere vuol dire essere motivati. Certamente la quantità di tempo impiegata nello studio influisce sulla quantità di apprendimento: " in una situazione scolastica è probabile che la motivazione incida sull’apprendimento, in quanto influirà sulla quantità di attenzione che un ragazzo concede al materiale che gli viene assegnato".

Come afferma Sirigatti "tra memoria, apprendimento attenzione e coscienza c’è un legame molto stretto", che nessuna teoria della memoria può trascurare.

PARTE PRIMA : LA MEMORIA E L’APPRENDIMENTO

 

La memoria

La memoria è una funzione complessa e non totalmente disvelata sulla quale si basa non solo un considerevole numero delle nostre attività, ma anche la nostra identità personale e culturale. "La memoria- come scrive Baddeley- è la capacità di immagazzinare informazione e di avere accesso ad essa". Senza essa non potremmo vedere, sentire o pensare, né parlare: saremmo dei vegetali. Si potrebbe obiettare che non è vero che coloro che hanno perduto la memoria, sono incapaci di parlare e pensare ecc.. Questo si spiega poiché "la memoria umana non è una singola funzione unitaria, paragonabile al funzionamento del cuore e del fegato", ma è composta da "un'intera serie di sistemi interconnessi complessi", che hanno fini diversi, ma che concorrono tutti da immagazzinare informazioni. Per questo Baddeley giunge ad affermare che "non abbiamo una memoria, ma molte memorie". La memoria non è una semplice operazione di archiviazione o di immagazzinamento di informazioni, ma è la fase finale di una serie di processi: "le fasi precoci (iniziali) di elaborazione dell’informazione sono trasformazioni delle stimolazioni che avvengono grazie al funzionamento dei nostri organi di senso" ( memoria sensoriale). La memoria sensoriale mantiene l’informazione per un tempo brevissimo e invia l’informazione a specifiche aree cerebrali, corticali e sottocorticali. L’elaborazione percettiva è il correlato psicologico dei processi sensoriali : percepire un oggetto vuol dire riconoscerlo in mezzo ad altri stimoli che lo circondano nell’ambiente. Perché la percezione diventi memoria è necessaria un’ulteriore elaborazione, che implica elaborazione ed utilizzo delle nuove conoscenze (memoria a breve termine), che a sua volta può essere immagazzinata e conservata in memoria a lungo termine. Lo schema sotto riportato, proposto da Atkinson e da Shiffrin (1971), illustra il flusso dell’informazione:

 

2. Tipi di memoria

 

Fin dal 1948 Norbert Wiener suggerì l’ipotesi fondamentale che la memoria funzioni su due livelli: a breve termine esisterebbe una memoria viva (MBT) "di capacità limitata, che trattiene al massimo pochi item di informazione" e, una a lungo termine o memoria permanente (MLT). La memoria quindi non corrisponde ad una facoltà unica, come invece era stata concepita nell’antichità. La memoria a breve termine conserverebbe le informazioni solo qualche secondo: come scrive Baddeley la MBT " è il nome assegnato al sistema, o forse più esattamente, all’insieme dei sistemi che consentono questa conservazione temporanea di informazione, che è essenziale per un breve periodo di tempo, divenendo successivamente del tutto irrilevante". La memoria a breve termine, nella accezione proposta da Baddeley, è una memoria di servizio nel quale le nostre conoscenze sono sottoposte a procedimenti che le rendono operative, che ha un peso rilevante in molti compiti cognitivi come la comprensione e l’apprendimento. Questa teoria nasce da una serie di esperimenti condotti da Baddeley e Hitch in trials, ognuna delle quali poteva richiedere l’esecuzione una fase di caricamento, una fase problema e una fase ricordo; queste prove condussero gli studiosi a ritenere che la memoria di lavoro avesse una centrale esecutiva, con compiti più complessi (come ad esempio la codifica di numeri o l’archiviazione di una frase) e una componente fonologica, che conserva un numero ristretto di informazioni.

Baddeley ha evidenziato, inoltre, l’esistenza nella memoria a breve termine di due tipi di informazioni (visiva e uditiva): una serie di esperimenti ha dimostrato che i dati visivi sono elaborati " in quello che viene chiamato taccuino visuo-spaziale", mentre quelli uditivi sarebbero conservati su un ipotetico nastro magnetico detto loop articolatorio, "che manterrebbe l’informazione sotto forma fonologica, qualora si tratti di materiale verbale (…..)"

Perché l’informazione passi alla MLT occorre che passi del tempo, poiché è come se, nel nostro cervello, esistesse un archivio dove vengono immagazzinate tutte le informazioni subito (MBT) e solo alcune di queste confluiranno nella memoria a lungo termine. La MLT è "l’informazione che viene ritenuta per periodi di tempo di durata considerevole". Nella nostra memoria a lungo termine sono rappresentate le nostre conoscenze, le notizie, gli eventi: dall’andare in bicicletta ad imparare una lingua straniera..

Tulvin ha, perciò, introdotto una distinzione utile fra due tipi di memoria a lungo termine: la memoria episodica, che ricorda fatti particolari (azioni compiute durante la giornata) e la memoria semantica che riguarda la conoscenza del mondo, "la quale è stata spesso acquisita nel corso di un periodo di tempo considerevole".

Nella "scelta" del materiale che confluirà nella MLT interviene sicuramente un processo di interesse analizzato da Broadbent con il suo modello di filtro. Nella lettura di una parola ad esempio si ha l’analisi fisica dei singoli elementi e si crea un target . Intervengono processi cognitivi che si situano in questo modello prima del filtro di tipo "attentivo".

RISPOSTA

 

3 CANALI

ESECUZIONE

 

 

CANALE ELABORAZIONE COGNITIVA

IN

PARALLELO RELEZIONE

FILTRO DI BROADBENT

 

Un celebre esempio che definisce la funzione del filtro, è quello del cocktail party. Se un individuo ad una festa ascolta un'altra persona che parla, è attratta da quel tipo di informazione e la trattiene, ma elaborandola può giungere alla considerazione di non essere interessato; in tale caso l’informazione non giungerà alla (MLT). Nella MBT le tracce mnesiche dunque rimangono per un breve periodo in un compito di memorizzazione di parole o di numeri. Il numero di moduli ricordabili è 7 + 0 – 2. Il "magico n° 7" ci da due indicazioni dunque; una inerente l’organizzazione spaziale di MBT e MLT, una inerente la prestazione. In tutti i casi quello che arriva alla memoria subisce manipolazioni. Musatti sostiene che la nostra mente si comporta nei confronti degli stimoli come il nostro apparato digerente nei confronti del cibo. Il cibo non viene infatti utilizzato nella sua composizione originaria, deve essere assimilato, così come l’informazione. Dovranno dunque intervenire dei processi capaci di selezionare le parti dello stimolo utili e trattarle in modo opportuno. L’organizzazione della memoria risulta dunque un momento particolare del trattamento delle informazioni. Esiste un doppio flusso di informazioni : ad esempio, durante la lettura, noi assorbiamo informazioni dalla pagina scritta inviandole in memoria ma al tempo stesso dalla memoria partono istruzioni che guidano lo sguardo nell’esplorazione delle righe o di illustrazioni che sono accanto al testo. Spesso ci domandiamo se una memoria molto ricca è anche una memoria molto efficiente, esiste una memoria di lavoro che funziona come un banco di prova dove collaudiamo le nostre aspettative, importanti e preziose poiché hanno la funzione di prepararci a quello che accadrà "attivando" o "preallertando" quella parte di memoria che si suppone sia l’interessata dalle stimolazioni imminenti o prossime. Non è necessario che il soggetto sia allerta con tutta la memoria, ma solo con quella porzione che secondo le aspettative del soggetto è relativa al contesto. La memoria è strettamente legata all’attenzione. Quasi tutte le nostre azioni sono guidate da particolari sforzi di memoria. Basta pensare alla lettura alla scrittura che richiedono un complesso di istruzioni che si imparano in un determinato lasso di tempo. Dopo sufficiente pratica, il nostro essersi impossessati di istruzioni complesse non rappresenta impaccio all’azione. Tra l’attenzione, la memoria, l’apprendimento e la coscienza c’è un legame molto stretto che non può essere sottovalutato. Nello studio della memoria a tale proposito dovremmo affrontare la spiegazione di meccanismi mnesici attivi nei casi in cui facciamo qualcosa ad "occhi chiusi" e nei casi in cui agiamo con prudenza. Questo modello a due memorie fu considerato troppo semplice per alcuni studiosi perché altre memorie a breve termine erano state rivelate nel corso degli esperimenti; alcuni ricercatori hanno infatti messo in evidenza una memoria sensoriale a brevissimo termine (Baddeley), della durata di mezzo secondo.

Winograd (1975) e successivamente Anderson teorizzano la distinzione fra memoria relativa al "che cosa"(dichiarativa) e relativa al "come"(procedurale) . " I dati, le nozioni, i fatti, gli eventi di cui abbiamo avuto esperienza e che abbiamo appreso sono rappresentati nella memoria dichiarativa, che è una memoria consapevole di cose "dicibili o descrivibili". Con la memoria dichiarativa, ad esempio, ricordo dove ho lasciato un oggetto o posso dire che Parigi è la capitale della Francia. Viceversa tutte le condotte altamente automatizzate sono tipicamente procedurali: come cercare un oggetto, come guidare una macchina ecc.. Ci sono però alcune precisazioni da fare: al momento della scoperta della memoria a breve termine, l’interpretazione corrente era che fosse legata ai processi sensoriali, mentre la memoria a lungo termine costituiva la modalità di registrazione delle informazioni codificate in modo più astratto. Esiste però una registrazione a lungo termine di informazioni sensoriali, richiamate dal sottomagazzino uditivo, visivo e dal sistema di controllo della MBT, e simmetricamente una registrazione a breve termine per informazioni semantiche. È dunque più realistico supporre che ci siano, per ogni modalità sensoriale, più modi e metodi di registrazione e memorizzazione. Sebbene però le capacità della memoria a breve termine siano conosciute da lungo tempo, quelle della memoria a lungo termine rimangono un mistero. Sappiamo però che le capacità mnemoniche a lungo termine si ripercuotono considerevolmente sulla nostra vita e, cosa che riguarda noi allievi in particolare, sul nostro successo scolastico; questo è infatti influenzato sia dal ragionamento (molto importante), ma anche dalla memoria.

Per ciò che concerne l’apprendimento è indispensabile analizzare la memoria di lavoro o memoria di servizio, nella quale le nostre conoscenze vengono sottoposte a procedimenti che le rendono operative e utilizzabili. L’esistenza di questa memoria è stata scoperta e teorizzata da Baddeley e Hitch (1974). "Partendo dalla premessa che la memoria di lavoro doveva essere con ogni probabilità un sistema complesso e flessibile stabilimmo che la strategia migliore doveva essere quella di isolare certe subcomponenti e di tentare di capirle". I due autori ipotizzarono che tale memoria avesse due componenti principali: una centrale esecutiva con funzioni più complesse (archiviare una frase e confrontarla con una figura) e una componente fonologica in grado di usare e conservare in forma fonologica poche informazioni. Baddeley successivamente teorizzò che la componente fonologica fosse composta da un "magazzino fonologico", con una capacità di memorizzazione breve di uno o due secondi e da un "processo articolatorio". La memoria di lavoro possiede una terza dimensione chiamata "taccuino visual –spaziale", che visualizzerebbe gli oggetti disposti e li collocherebbe nello spazio. La memoria di lavoro è particolarmente importante nell’insegnamento e può essere appropriatamente incrementata e stimolata.

 

3. Teorie sull’apprendimento

 

Ci sono convinzioni molto diffuse sull’esistenza di metodi efficaci per imprimersi nella mente qualcosa. Molte sono infondate, particolarmente quella secondo la quale la resistenza della traccia mnesica dipende dalla quantità di esercizio o di ripasso che è stata eseguita. La memoria infatti non può essere considerata un semplice archivio con la funzione di conservare le informazioni ricevute. Noi riteniamo qualcosa nel tempo non solo grazie alle proprietà conservative di memoria, ma anche grazie ad altri meccanismi che hanno lo scopo di selezionare le informazioni, e ordinarle secondo un codice. Tutte queste operazioni richiedono l’intervento di altri processi cognitivi come il pensiero, l’attenzione e di alcuni processi dinamici come la motivazione. Ricordare e comprendere sono strettamente connessi, poiché si ricorda principalmente ciò che si è compreso.

Ci sono state molte dimostrazioni dell’importanza dell’organizzazione del ricordo, per una buona riuscita della memorizzazione. I primi studi sulla psicologia della memoria sono da attribuirsi a Ebbinghaus, che "formulò l’idea rivoluzionaria che la memoria potesse essere studiata sperimentalmente": le sue ricerche stabilivano con precisione la relazione fra il trascorrere del tempo e la perdita di informazioni della memoria. La relazione era abilmente rappresentata dalla "curva dell’oblìo", una curva che mostrava un decadimento piuttosto rapido dopo l’apprendimento, per poi rallentare e quasi stabilizzarsi". Se l’esercizio di memorizzazione di una lista di parole è ripreso in più volte, si verifica il fenomeno della distribuzione dell’effetto dell’esercizio, "il quale dice semplicemente che è meglio distribuire gli sforzi di apprendimento su di un periodo di tempo che non concentrarli in un solo blocco di apprendimento". La legge proposta dall’autore non sembrerebbe, però, valida per tutti i tipi di esperienze, ma molto funzionale all’analisi dei risultati ottenuti nell’apprendimento di una lista di vocaboli nuovi: un esercizio distribuito poco e spesso, che si ottiene usando una strategia flessibile, "implica che lo studio di un nuovo vocabolo sia verificato inizialmente dopo un breve periodo di tempo, poi l’intervallo della ripetizione aumenta gradualmente". Sono così stati inventati vari metodi per catalogare gruppi di parole, o comporre per ricordarle più facilmente.

Il processo più comune prevede la costruzione di una storia utilizzando le parole che ci interessano, ma anche la cosiddetta immaginazione visiva ha una importanza rilevante. Possiamo infatti far "interagire" due elementi, in modo da ricordarli sempre appaiati; anche se a volte questo porta a risultati inverosimili, le due immagini interagiranno formando una immagine unitaria. Anche la "distribuzione della pratica" ha un effetto molto forte sulla prestazione ad un test di rievocazione. Supponendo di dover ricordare una lista di parole, a parità di tempo dedicato allo studio, è più probabile che ne venga ricordato un numero maggiore se lo studio viene frazionato in più sessioni (es. quattro sessioni di mezzora) rispetto a quanto sia possibile concentrando lo studio in un'unica sessione (es. due ore consecutive). Questo effetto viene denominato "vantaggio dovuto alla pratica distribuita rispetto a quella massiva" è stato osservato presentando ai soggetti una parola due volte all'interno di una lista: quanto più elevato è il numero di parole presenti tra la prima e la seconda presentazione della parola ripetuta, tanto maggiore è la probabilità che venga ricordata. Madigan (1969) presentò ai soggetti una successione di 48 parole, consistenti in realtà in 24 parole presentate due volte ma ad intervalli diversi le une dalle altre. Tra una parola e la sua ripetizione potevano esserci una o più parole secondo una successione casuale. I risultati mostrarono che una parola era tanto più facilmente ricordata quanto più era distanziata la sua successiva presentazione nella lista. La possibilità di ricordare può essere fortemente influenzata dalla presentazione di altri stimoli al momento del recupero. Nella rievocazione guidata lo sperimentatore fornisce degli indizi utili al soggetto per recuperare il materiale (es. la categoria a cui l'item appartiene o un termine strettamente associato semanticamente). Quegli stimoli che sono presenti nel momento in cui si sta memorizzando qualcosa tendono, poi, a facilitarne il recupero. Tale fenomeno fu denominato da Tulvin (1978) "specificità di codifica": un item viene codificato indipendentemente dal contesto in cui è inserito, il ricordo di un item sarà tanto più facilitato quanto più contesto di codifica e contesto di recupero sono simili.
In uno dei suoi studi lo psicologo inglese Frederick Barlett (1932), uno dei principali esponenti dell'approccio strutturalista, si occupò di valutare i meccanismi che intervengono nel trasformare il ricordo di una storia. Egli sottoponeva ai soggetti una breve storia da leggere (ad esempio una leggenda tramandata da una tribù indiana, ricca di particolari strani e difficilmente comprensibili alla mentalità occidentale) e trascorso un po' di tempo chiedeva loro di ricordarla quanto più precisamente possibile. Egli riscontrò una tendenza a rendere la storia più coerente e più significativa per il soggetto. I principali processi di trasformazione che egli rilevò nelle ricostruzioni dei soggetti furono la tendenza ad omettere dei dettagli, specie quelli che sono incoerenti con la comprensione che il soggetto ha avuto della storia, la tendenza alla razionalizzazione, cioè a rendere la storia più coerente e chiara anche attraverso l'introduzione di nuovi elementi, la tendenza ad alterare la sequenza dei fatti e il rilievo dei vari elementi, in genere in rapporto alle esperienze passate del soggetto e in misura maggiore nel caso di storie poco coerenti e mal strutturate. La storia inizialmente non soddisfacente per il soggetto sarebbe quindi inconsciamente razionalizzata sia nei particolari. Un altro modo per studiare la memoria è quello di utilizzare compiti di riconoscimento. Nel riconoscimento il soggetto deve individuare gli item che gli sono stati presentati precedentemente tra nuovi item, detti distrattori. La ricerca sperimentale ha confermato come in genere il riconoscimento sia più semplice della rievocazione.

 

5. Mnemotecniche

 

Il processo di apprendimento è stato considerato a lungo un ruolo passivo, in cui il soggetto subiva il condizionamento dell’ambiente. Mentre gli esperimenti sull’apprendimento erano stati svolti in modo da non considerare il sé e in modo da eliminare le differenze individuali, ci sono stati risultati che hanno evidenziato che "il ruolo del soggetto è fondamentale e non può essere trascurato nell’apprendimento".

Oltre che la capacità del soggetto di mettere in atto processi cognitivi, l’efficacia dell’apprendimento dipende anche dall’uso delle strategie. Molti studi sono stati svolti, infatti, per capire se certi tipi di mnemotecniche fossero più efficaci di altre per l’apprendimento. Le strategie di apprendimento sono "un ensemble d’opérations mises en oeuvre par les apprenants pour acquérir, intégrer et réutiliser la langue cible". Infatti, come sostiene Paul Cyr, l’apprendimento di una lingua straniera può essere visto come un "processus de traitement de information", perché prima l’individuo seleziona e coglie gli elementi nuovi che gli sono presentati. Poi immagazzina l’informazione nella memoria : "enfin il la récupère afin de la réutiliser".

Le strategie possono essere semplici e implicare solo la ripetizione o reiterazione meccanica, oppure prevedono raggruppamenti in triplette o in coppie. Gli studi sui processi mnesici in ambito cognitivista hanno trovato diverse applicazioni. I metodi per memorizzare efficacemente del materiale vengono generalmente distinti in tecniche e sistemi. Le prime consentono l'apprendimento di materiali precisi e non possono essere estese a compiti diversi da quelli a cui vengono destinate. I sistemi sono mnemotecniche più elaborate e complesse che possono essere utilizzate in prove e con materiali molto diversi. I sistemi e le tecniche possono essere ulteriormente distinti in verbali e visivi. Il metodo della parola chiave è stato elaborato da Atkinson e Raugh come tecnica per apprendere le lingue straniere. Esso consiste essenzialmente nell'individuare una parola che sia foneticamente simile alla parola straniera da ricordare e nel costruirsi un’immagine mentale che stabilisca una connessione tra il significato delle due parole. Due tecniche verbali largamente diffuse sono gli acronimi e gli acrostici. I primi sono parole artificiali, dotate talvolta di significato, le cui componenti rappresentano un valido suggerimento per il recupero. Gli acrostici, a differenza dei primi, richiedono la costruzione di una frase in modo tale che le prime lettere di ciascuna parola che la compone siano un suggerimento per ciò che si deve ricordare. Tra i sistemi verbali il più noto è il metodo fonetico, il quale consente il ricordo di lunghe serie di item nell'esatto ordine di presentazione sia il ricordo di numeri con molte cifre. Tra le tecniche di associazione visiva, la più comune, definita link system, consiste nel costruire un immagine vivida di ciascun item da apprendere e nel metterli poi in relazione l'uno con l'altro. La mnemotecnica dei loci è un sistema molto antico che consiste nello scegliere dei luoghi relativi ad un percorso abituale, nel memorizzarli in modo accurato e successivamente nel creare un immagine interattiva tra gli item da apprendere e il luoghi stessi. Un ulteriore sistema è il peg system, anche definito come sistema dei pioli o dell'aggancio, il quale consiste nel memorizzare una semplice filastrocca e nell'associare gli item, attraverso un immagine interattiva, alle parole della filastrocca. In definitiva, le mnemotecniche rappresentano un espediente per fissare materiale che, in altro modo, risulterebbe difficile memorizzare.

La posizione teorica strutturalista considera il processo mnesico come il prodotto di una strutturazione, piuttosto che come un semplice incameramento di elementi singoli. Questo approccio teorico non considera la memoria come un processo passivo di copia in cui il ricordo costituisce una riproduzione dello stimolo, ma, al contrario come l'impiego di strategie attive attraverso cui viene elaborata la costruzione dell'informazione in memoria. L'approccio strutturalista cerca di studiare la memoria utilizzando stimoli di tipo naturale come parole e storie. Data l'importanza che viene riconosciuta alle differenze individuali risulta molto più complicato, rispetto all'associazionismo, formulare leggi e principi generali sulla memoria. Il principale esponente di questo approccio, Frederick Barlett, ha studiato la fenomenologia della memoria utilizzando sia racconti che figure, raccogliendo i risultati in un libro pubblicato nel 1932. Negli studi in cui utilizzò come stimoli figure geometriche osservò come avessero molta importanza le irregolarità o i particolari anomali; ad esempio, i soggetti ricordavano con molta più facilità il fatto che una figura fosse incompleta rispetto ad altri aspetti. Egli rilevò come i soggetti per ricordare meglio le figure ricorressero autonomamente ad una qualche denominazione che le dotasse di senso. In questo modo egli si rese conto della grande importanza che assume, in ogni processo percettivo e mnesico, la denominazione che verrà riconosciuta essere uno dei processi di controllo operanti per il consolidamento delle informazioni e quindi per il loro passaggio dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine. La psicologia associazionista ha posto attenzione su queste tecniche di immaginazione e associazioni: se sentiamo dire "bianco", ci può venire in mente "nero" o "neve", senza sforzo di memoria alcuna.

Esiste una spiegazione neurofisiologica dell'associazione: ogni segnale viene registrato dalle cellule cerebrali attraverso la creazione, la ripetuta sequenza tra due stimoli creerebbe una "connessione" tra la recezione del primo segnale all'attesa (memoria) del secondo. La forza dell'associazione è determinata dalla frequenza con cui i diversi fenomeni si verificano in modo congiunto e dalla forza delle sensazioni suscitate dal segnale. Questa concezione della memoria trae origine dalla filosofia empirista del XVIII secolo (in particolare da Hume e da Locke) e ha esercitato una forte influenza sulla ricerca psicologica fino agli anni sessanta. Per Legrenzi (1975), infatti, questi legami associativi sono le mnemotecniche più funzionali e più idonee all’apprendimento. Le procedure tramite cui si può migliorare la conoscenza sono: l’apprendimento seriale, l’apprendimento per coppie associate e il ricordo libero.

L’apprendimento seriale (o metodo dell’anticipazione seriale) prevede l’uso di sillabe senza senso (ad esempio: Xam, Dum) per evitare che i termini noti influenzino lo studio dell’apprendimento. In questo modo i soggetti leggono delle sillabe e provano a ripeterle, al primo errore si fermano e ripassano la lista, finché non la ripetono senza commettere alcun errore. Con tale metodo chi legge deve indovinare la sillaba che segue e se non riesce, rinizia a leggere la lista finché non la impara.

L’apprendimento per coppie associate avviene quando gli elementi da imparare o item sono presentati a coppia (ad esempio: lam-Yeq, Vek, Tyc): il ricordo è focalizzato sulla coppia ed in fase di rievocazione viene chiesto il secondo elemento della coppia, potendo vedere il primo.

Il ricordo libero è simile all’apprendimento seriale per il materiale da apprendere e le procedure, con la differenza che il soggetto può ripetere gli elementi nell’ordine che preferisce senza rispettare gli item della lista. Se ci viene presentata una lista di parole, e ci venisse chiesto di leggerla, una volta completata l’operazione le parole che ricorderemmo con più facilità sono le prime e le ultime: tale fenomeno prende il nome di "effetto di posizione". La facilità con cui si ricordano le prime parole è chiamata dagli specialisti effetto di priorità (effetto primacy) , e la grande facilità con cui si ricordano le ultime effetto di novità (effetto recency). Nei fatti, questo meccanismo interessa solamente il richiamo alla memoria immediato, perché se questo è spostato anche solo di dieci o venti secondi, le ultime parole sono quasi tutte dimenticate. Infatti solo se gli item vengono trattenuti nella MBT, " i processi di controllo iniziano un certo tipo di attività mnemonica, come la ripetizione" mentale dei nomi degli item e può entrare nella MLT. Una volta che una lista è stata appresa si può generare una interferenza con l’apprendimento di un'altra lista. L’interferenza può essere di tipo proattivo o retroattivo. Nella visione associazionista i metodi più diffusi nel promuovere l’apprendimento consistono nell’esercizio, vale a dire nella lettura e nella ripetizione tali esercizi però permettono unicamente la "ritenzione" del materiale, non una archiviazione mentale. In realtà è l’efficacia della comprensione che ci assicura il ricorso.

 

 

 

PARTE SECONDA : PERCORSO DIDATTICO

 

1. Riflessione e applicazioni didattiche in classe

 

Studiare a memoria serve a poco, soprattutto se manca un interesse specifico e una rielaborazione personale. Nella mia esperienza personale di docente di scuola primaria e secondaria, ho appurato che l'apprendimento è direttamente proporzionale al livello di interesse e al coinvolgimento emotivo che l’alunno prova studiando, leggendo o ascoltando un qualsiasi argomento e che sono proprio tali le variabili che rendono indelebili alcuni ricordi. In realtà la conoscenza dei meccanismi mnesici risulta essenziale per una buona gestione dei tempi di studio.  Nella mia esperienza di insegnante specialista di lingue alla scuola elementare, ritengo che le mnemotecniche nell’insegnamento della L2 siano importantissime per insegnare i vocaboli. L’uso di tecniche di ripetizione, integrazione e reiterazione di liste di parole, che vengono con effetto circolare ripetute durante tutte le lezioni, diventano per i bambini un gioco di memoria continua e di conseguente sicurezza dell’acquisizione. Di qui è necessario procedere all’associazione di due elementi di liste diverse, poiché è più facile ricordare un'informazione nuova se la si associa ad una vecchia informazione ormai acquisita, la cui identità non viene alterata nel pensiero dell’alunno.

Anche durante l’insegnamento biennale di Francese e Inglese presso l’Istituto Tecnico Commerciale Mecenate di Arezzo, mi sono reso conto che era inutile considerare un argomento svolto definitivamente, ma era necessario richiamare continuamente alla memoria conoscenze di lessico e strutture grammaticali, perché il ripasso è determinante non solo per rinforzare i contenuti già assimilati, ma anche per "assorbire" e memorizzare i nuovi. Nella mia esperienza di tirocinio presso l’Istituto Professionale Margaritone ho utilizzato alcune strategie cognitive, che consistevano nel praticare in classe suoni e grafie e nel ripetere e memorizzare liste di parole.

 

2. Schema del modello operativo e descrizione dei procedimenti didattici

 

Percorso didattico

Titolo

Stratégies mnémoniques

Scuola

Professionale Margaritone Arezzo

Classe

2° anno sez. A

Composizione

16 alunni

12 ragazzi e 4 ragazze

Livello linguistico

Pre-intermedio

Gli alunni presentano talune difficoltà fonetiche e di dialogo. Errori permangono nella produzione scritta.

Lingue studiate

1ª lingua francese (quinquennale)

Luogo

Classe

Tempo

6 ore

I tempi scelti sono le prime 2 ore del sabato mattina essendo terminata la revisione grammaticale.

Periodo dell’ a. s.

2° quadrimestre, marzo 2003

Materiale

Fotocopie con liste di parole da memorizzare.

Strumenti

Block-notes e penna

Metodologia

Approccio comunicativo

Strategie

Lavoro individuale e lavoro di gruppo. L’insegnante ha trasportato l’interazione verbale in un contesto sociale, provocando la risposta del gruppo e poi dell’allievo con gli atti di replica e reazione. Infine l’insegnante ha corretto gli elaborati.

Obiettivi generali e formativi

- Motivare allievi scarsamente interessati alla vita scolastica, con difficoltà mnemoniche;

- Abituare gli studenti a lavorare in gruppo;

- Rendere gli studenti protagonisti del percorso didattico (ideazione, progettazione, realizzazione, verifica).

- Rendere più piacevole il processo di apprendimento con strumenti e prodotti da realizzare più interessanti e coinvolgenti.

Obiettivi linguistico- cognitivi

Sviluppo delle seguenti competenze : comprensione, assimilazione, produzione orale e scritta. La strategia mnemonica è servita a creare legami mentali a raggruppare, classificare, associare ed elaborare. Nell’attività di gruppo l'alunno ha dovuto comunicare in lingua per completare gli esercizi, sviluppando la competenza della produzione scritta.

 

I° giorno

Fase 1. L’insegnante fa ripetere la seguente lista di parole, riadattata liberamente allo studio del francese, dallo schema proposto da Baddeley:

Insegnante Allievo

Pain- pane

Pane? pain

Farina-Farine

Farina? farine

Pane? pain

Farina? farine

Acqua-eau

Acqua eau

Fase 2. L’insegnante detta le parole.

Fase 3. Gli alunni vengono divisi in 4 gruppi, in ognuno dei quali si designa un capogruppo. Ogni gruppo deve inventare 5 frasi corrette che comprendano e associno 3 termini compresi nella lista.

Fase 4. Ogni portavoce espone le frasi e le scrive alla lavagna. Gli alunni intervengono ed evidenziano eventuali errori. Questa strategia ha permesso di ragionare, dedurre, inventare espressioni, tradurre e cooperare con i compagni.

I° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo: 20 minuti.

Fase 2

Tempo : 30 minuti.

Fase 3

Tempo: 40 minuti

Fase 4

Tempo: 30 minuti

 

II° giorno

Fase 1. L’insegnante consegna una lista di parole uguale ad ogni alunno, che ha dieci minuti per memorizzarle.

Angle
cercle
chiffre
décimal
fraction
hauteur
multiplication
parallèles
plus
rectangle

Équation
inscrit
inverses
médiane
négatif
polygone
puissance
sécantes
termes
tétraèdre

Fase 2.. Ogni alunno ha 10 minuti per ricordare il maggior numero possibile di parole che devono essere scritte in ordine di lettura.

Fase 3. Ogni alunno si confronta con il suo gruppo di appartenenza. Gli alunni di ciascun gruppo dovranno confrontare il numero delle parole ricordate da ciascun alunno e ricostruire la loro sequenza.

Fase 4. Ogni gruppo deve inventare una frase di senso compiuto per ogni termine memorizzato.

Fase 5. Ogni gruppo consegna all’insegnante il suo lavoro.

II° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 10 minuti.

Fase 2

Tempo : 10 minuti.

Fase 3

Tempo: 45 minuti

Fase 4

Tempo : 50 minuti.

Fase 3

Tempo: 5 minuti

III° giorno

Fase 1. L’insegnante chiama, per mettere in comune, ogni capogruppo a scrivere la lista di parole e le frasi inventate. Gli alunni degli altri gruppi devono correggere gli errori.

Fase 2. L’insegnante conta il numero delle parole ricordate e ogni gruppo stabilisce la propria media.

Fase 3. L’insegnante chiede a ciascun alunno di esprimere, anche in italiano, il metodo che ha usato per memorizzare la lista. L’individuazione delle strategie adottate dal singolo e dal gruppo sono utili alla condivisione e ad un’analisi critica e consapevole dei processi di memorizzazione.

 

III° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 60 minuti.

Fase 2

Tempo : 20 minuti.

Fase 3

Tempo: 40 minuti

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

- Baddeley A. La memoria come funziona e come usarla, Roma-Bari, Edizioni Laterza, , 1984.

 

- Biehler R. F., Psicologia applicata all’insegnamento, Bologna, zanichelli, 1993.

 

- Boschi F., Griglia

 

- Cyr P.- Germain C, Les stratégies d’apprentissage, Paris, Clé, 1996.

 

- Galimberti U., Dizionario di psicologia, Torino, Utet, 1992.

 

- Hilgard E.R., Bover H.G., Le teorie dell’apprendimento, Milano, F. Angeli, , 1983.

 

- Mazzoni G., L’apprendimento, Roma, Carocci Editore, 2000.

 

- Meccacci, Storia della psicologia del ‘900, Roma-Bari, Laterza, 1997.

 

- Sirigatti S., Manuale di psicologia generale, Torino, Utet, 1995.