SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO

SECONDARIO DELLA TOSCANA

 

Sede di Firenze

 

 

IV  CICLO

 

I ANNO

 

 

 

 

 

 

AREA I TRASVERSALE

 

 

MODULO SOCIO-ANTROPOLOGICO

 

 

 

LA SCUOLA NELLA SOCIETA’ DELL’INCERTEZZA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

     Indirizzo                                                                                       Specializzando 

Lingue straniere                                                                           Massimiliano Badiali

 

 

 

 

 

ANNO ACCADEMICO 2002-2003

SOMMARIO

 

INTRODUZIONE

1. PREMESSA                                                                                                                p.   2

2.  LA SOCIETA’ DELL’INCERTEZZA E LA SSIS                                                 p.  2
             

 

PARTE PRIMA: LA SCUOLA NELLA SOCIETA’ DELL’INCERTEZZA

1. SCUOLA E SOCIETA'                                                                                               p.  4

2. 1 PROCESSI DI SOCIALIZZAZIONE NELLA FORMAZIONE SCOLASTICA

                                                                                                                                            p.  5

3. LE CAUSE DEL DISAGIO GIOVANILE NELLA SCUOLA                                p.  6

4. COMPORTAMENTI A RISCHIO NELLA SCUOLA: BULLISMO, TOSSICODIPENDENZA E ALCOLISMO                                                                   p.  7

5. IL RUOLO DELL'INSEGNANTE                                                                             p. 10

 

PARTE SECONDA: PERCORSO DIDATTICO

1. RIFLESSIONE E APPLICAZIONI DIDATTICHE IN CLASSE                          p. 11

2. SCHEMA DEL MODELLO OPERATIVO E DESCRIZIONE DEI  PROCEDIMENTI DIDATTICI                                                                                                                      p. 11

 

 

BIBLIOGRAFIA                                                                                                              p. 16

 

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

1. Premessa        

      

        Con il presente lavoro mi propongo di delineare un quadro delle problematiche sociali della scuola nella società contemporanea. Ho scelto di trattare tale argomento, poiché, nei 4 anni d'insegnamento, ho riscontrato molti problemi psicosociali nei miei allievi. Mi sono trovato davanti a casi di "bullismo" nel secondo cielo della scuola elementare e nella scuola media, e di abuso di alcol e di uso di stupefacenti nella mia esperienza biennale alle superiori. Ho cercato di "disinnescare" questi comportamenti attraverso il dialogo diretto, poiché è importante stabilire un rapporto di fiducia e di stima, in quanto i ragazzi hanno bisogno di insegnanti di cui fidarsi, disponibili ad ascoltarli e a parlare con loro, pronti a dar loro un consiglio o un incoraggiamento. Ho riscontrato che spesso la mancanza di un adeguato contesto comunicativo può creare negli alunni malessere, ribellione e perfino aggressività.

     Nella mia esperienza di docente, ho compreso la centralità del soggetto che apprende nelle sue aspettative ed esigenze e soprattutto nei suoi problemi. Dopo aver intercettato situazioni di difficoltà o di disorientamento, non ho affrontato questi comportamenti problematici con tirate morali né con lavaggi di cervello, ma con una buona qualità delle relazioni interpersonali con gli allievi che ho sensibilizzato ad un'assunzione di responsabilità rispetto alle proprie scelte ed atteggiamenti. La comprensione umana spesso ha fallito, ma più spesso no[1]. Servono, a mio avviso, docenti consapevoli della complessità delle competenze che la scuola attuale richiede loro: non si sale in cattedra solo per trasmettere il sapere, ma anche per cogliere ed interpretare le diverse situazioni individuali e gli eventuali disagi degli allievi.

 

1.      La Ssis e la scuola nella società dell'incertezza

 

     Una svolta decisiva nella scelta dell'argomento da svolgere, è stata data dalla U.D. 1 del modulo socio‑antropologico. Nell'U.D. 1[2] la prof.ssa Gianna Maschiti ha analizzato i fenomeni sociali del nostro tempo e le conseguenze nella vita dell'uomo post‑moderno. Con la bomba atomica è iniziata un'era discendente di disfacimento: l'umanità si è resa conto che tutto quello aveva costruito è diventato distruzione. L'uomo contemporaneo vive, perciò,‑ secondo la Maschiti‑ come il sociologo Bauman, afferma‑ in una "società. dell'incertezza7[3]'. Il mondo post‑moderno è quello dell'indeterminatezza, della paura, dell'angoscia per il futuro. Come magistralmente esplica il sociologo Melucci:

 

"Abitiamo un pianeta divenuto società globale. Il ritmo accelerato del cambiamento, la molteplicità dei ruoli, l'eccesso di possibilità e di messaggi dilatano la nostra esperienza cognitiva ed affettiva, in una misura che non ha paragone con nessuna cultura precedente dell'umanità.. I punti di riferimento su cui individui e gruppi fondavano in passato la continuità della loro esistenza vengono meno. La possibilità di rispondere con sicurezza alla domanda 'chi sono io" si fa labile: la nostra presenza ha bisogno di punti di appoggio e la nostra stessa biografia talvolta vacilla. La ricerca di dimora dell'io diventa così vicenda comune e l'individuo deve costruire e ricostruire la propria casa di fonte al mutamento incalzante degli eventi e delle relazioni"'[4].

 

    Viviamo un tempo di "deregulation[5] : l'individuo moderno, un tempo "approvvigionatore di beni, si è trovato nella condizione di consumatore di merci, in cui assume il ruolo di collezionista di piaceri o più precisamente di cercatore di sensazioni"[6]. La libertà, che era nel passato aspirazione essenziale degli uomini, dopo essere stata conquistata dall'uomo moderno, "è diventata il vantaggio e la ricerca maggiore nel continuo processo di autocreazione dell'universo umano[7]"'.

     La libertà è un gioco contingente e senza fine, che coinvolge vincitori e vinti dal destino e  richiederebbe al singolo di operare una scelta e quindi di seguire la legge di coscienza o di responsabilità.

    L'uomo post‑moderno è, invece, prigioniero dell'individualismo esasperato e dell'esigenza estrema del riconoscere il nulla individuale e cerca come "evitare ogni tipo di fissazione e di lasciare aperte le possibilità”[8]: è, pertanto, prigioniero del cambiamento. Il suo "doppio" non é più la fotografia, che nell'attimo immagazzina momenti irreversibili, ma il “videotape" cancellabile e riutilizzabile, secondo la filosofia contemporanea del riciclaggio : se la modernità era costruita in acciaio, “1a post-modernità in plastica biodegradabile"[9].

    L'individuo del mondo contemporaneo è perciò schiavo, nell'infinita ricerca di liberazione dal sé, della propria libertà, che non struttura più né il tempo né lo spazio[10]. E' imprigionato nella cecità morale della libertà del mercato, che ha portato, allo smantellamento delle forze sociali (come sindacati e associazioni) e alla progressiva sostituzione nel lavoro dell'uomo con la macchina. L'individuo vive in uno status di così grande disimpegno e disinteresse da non ricercare la propria identità, perché troppo ristretto e vincolante è il risultato della frammentazione del tempo che diventa nel mondo contemporaneo episodico. Le conseguenze sociali che ne derivano é che dalla famiglia normativa o tradizionale (per cui l'indissolubilità del matrimonio era m credo sociale e religioso) si è passati alla famiglia affettiva o allargata, che prevede la convivenza di figli provenienti da matrimoni e da coniugi diversi. Ne segue che le trasformazioni sociali hanno coinvolto anche la scuola, che si trova ad operare, al giorno d'oggi, in contesti sociali e culturali sempre più complessi ed eterogenei, dove gli interessi e le motivazioni, le aspirazioni o i livelli di apprendimento raggiunti dai singoli studenti sono spesso tanto differenti da frammentare la classe, che risulta un gruppo sempre più disomogeneo e conflittuale. E' molto complesso interpretare le cause che determinano il disagio nel gruppo‑classe, in quanto esso può essere collegato a tanti fattori come l’adolescenza, dinamismi psichici individuali e i difficili rapporti familiari e o con la scuola e con gli insegnanti.

 

 

 

 

 

PARTE PRIMA: LA SCUOLA NELLA SOCIETA’ DELL'INCERTEZZA

 

l. Scuola e società

     Ciascun individuo nasce in una società costituita, dotata di una tradizione e di un "patrimonio culturale, che è venuto nel tempo depositandosi nella memoria collettiva e che viene trasmesso attraverso il linguaggio, le narrazioni e le spiegazioni della realtà naturale e sociale, le immagini o le rappresentazioni nella vita e del destino dell'umanità, i modelli e le norme di comportamento"'[11]. Le relazioni sociali e le condizioni dell'ambiente concorrono allo sviluppo dell'identità dei singolo: l'individuo, come ha dimostrato Piaget, sino dalla nascita possiede un patrimonio genetico predisposto all'apprendimento psichico e cognitivo, ma il modo in cui esso viene orientato dipende dalla società in cui cresce. Ne segue che con la nascita della società, siano nate istituzioni formative e educative come la scuola e l'università. Il rapporto fra le istituzioni educative e la realtà sociale è ora studiato in una scienza autonoma: nella sociologia dell'educazione.

     Esistono intime connessioni fra tipi di società e contenuti dell'educazione. Come ha evidenziato Durkheim i valori e le norme morali non hanno alcun fondamento assoluto, ma variano a seconda delle caratteristiche delle società a cui appartengono.

      Nella società contemporanea la scuola, in quanto organismo sociale, risente della crisi ideologica e valoriale del nostro tempo. E' una scuola nella società dell'incertezza. Lo scetticismo di cui si nutre il nostro tempo ha portato al crollo dei valori tradizionali (verità, virtù, onestà, solidarietà). La società vive una crisi nei valori che "genera anche una crisi nell'educazione”[12]. Per questa mancanza di riferimenti etico‑morali, a cui si aggiungono problemi familiari e carenze affettive od emarginazione sociale, gli adolescenti, durante la formazione della loro personalità, si sentono "inadeguati” e sentono un intimo e intrinseco bisogno di significato. Nessuno sa aiutarli a capire chi sono: molto spesso persino i loro insegnanti!

     Nella scuola contemporanea ci sono alunni che presentano instabilità caratteriale, fragilità nelle frustrazioni, timidezza ed ansia eccessive, depressione, ossessività verso la perfezione, competitività negativa fino ad arrivare a qualche caso di bullismo. Queste manifestazioni sono sintomi di un disagio evolutivo che nel contesto scolastico possono "scatenarsi", ma le cui cause vanno spesso cercate altrove. In alcuni casi l'espressione di tale disagio assume persino una veste psicosomatica, esprimendosi come 'mal di testa", depressioni e stanchezze non riconducibili a specifici problemi di salute.

     Purtroppo queste manifestazioni sono spesso trascurate durante i primi anni di scuola e diventano invece fonte di gravi preoccupazioni per insegnanti e genitori al termine del cielo elementare ed all'inizio della scuola media, quando "non si so più cosa fare" e come gestire i ragazzi, avviati ormai verso l'adolescenza. che presentato tali difficoltà.

 

2.      1 processi di socializzazione nella formazione scolastica

 

     La formazione scolastica si esplica in molteplici funzioni; due sono, però, fondamentali: istruzione e socializzazione. Attraverso l’istruzione si trasmettono conoscenze, contenuti formalizzati di saperi specialistici, abilità professionali e si favorisce la più ampia espressione delle capacità individuali, operando sul registro delle attitudini e delle vocazioni. Attraverso i processi di socializzazione si educano l'inclinazione alla vita di gruppo e il senso di appartenenza ad una comunità (accettazione di principi e valori comuni/di tradizioni), poiché l'uomo, come asseriva Aristotele, è un animale politico (zwón politikón). 

    I processi di socializzazione concorrono alla formazione della persona, poiché "è difficile parlare della nostra identità senza riferirci alle sue radici relazionali e sociali"[13]. Non possiamo in modo rigido separare gli aspetti individuali da quelli socio-relazionali poiché l'identità è un unicum: "si presenta come un processo di apprendimento, che porta all'autonomizzazione di un soggetto"[14]. Identità significa pertanto, interazione fra auto‑identificazione (definizione che diamo di noi stessi) e etero‑identificazione (riconoscimento che gli altri ci danno). La costruzione dell'identità è molto complessa: “la dimensione dell'adolescenza é diventata il paradigma dell'identità imperfetta, in continua costruzione e mutazione[15]. Ed è per questo che negli ultimi tempi è sembrato a tanti opportuno, in presenza di gravi fenomeni di disagio giovanile, sottolineare con vigore i compiti di socializzazione e di educazione che deve assolvere la scuola. Vi è stata una tendenza a fare ricadere sulla scuola ogni problema significativo che emergeva nella società e che interessava i giovani, in quanto troppo ancorata alle conoscenze e al sapere delle discipline scolastiche.

      Il processo di maturazione di un individuo implica ma metamorfosi e individuazione dell'identità, che peraltro è “un processo di costante negoziazione tra parti diverse del sé, tempi diversi del sé e ambienti diversi o sistemi diversi in cui ciascuno di noi è inserito"[16]. Dopo la famiglia, la scuola rappresenta inoltre il luogo dove bambini e ragazzi passano la maggior parte del loro tempo; è un ambiente educativo, nel quale vi sono operatori qualificati (gli insegnanti) che osservano e si relazionano con gli alunni al fine di promuoverne la crescita integrale. Anche i rapporti interpersonali con i compagni e soprattutto con gli adulti, rappresentano un appuntamento quotidiano a cui nessuno può sottrarsi nonostante possa essere talvolta "costoso" sul piano emotivo. La scuola può e deve educare i giovani, cercando di favorire e rafforzare loro gli atteggiamenti positivi di fiducia e di responsabilità. E' una meta che si può raggiungete se il vissuto giovanile ha possibilità di cittadinanza dentro la scuola; se le esperienze vitali dei giovani con i loro bisogni di protagonismo, di autonomia e di collaborazione trovano spazi operativi per potersi esprimere.

 

3. Le cause del disagio giovanile nella scuola

       

       La presenza crescente nel nostro paese di aree degradate in cui attecchisce un tessuto malavitoso, la mancanza o l'inadeguatezza di un supporto per la condizione giovanile di tipo istituzionale volto ad orientare o a fare da filtro ai comportamenti sociali, la mancanza di relazioni significative nel rapporto genitorifigli sono le maggiori cause del disagio giovanile[17].   Come rilevato attraverso una ricerca sul rapporto tra degrado urbano e devianza giovanile su quartieri di aree metropolitane[18], concorrono maggiormente all'emarginazione dei giovani l'inadeguatezza o la mancanza della famiglia, che non svolge il suo ruolo di agenzia degli affetti e della razionalità e la carenza dell'ambito scolastico come agenzia educativa. La scuola è molto spesso organismo di stato: in uno stato borghese - ­come sostiene il sociologo Althusser‑ la scuola, attraverso gli apprendimenti, riflette l'ideologia dominante cioè “la riproduzione delle condizioni determinate dalla logica della produzione economica"[19] : per questo è proprio l'istituzione scolastica che spesso come affermano, i sociologi Bourdieu e Passeron‑ stabilisce nell'apprendimento "una forte selezione tra gli studenti appartenenti alle classi medio-alte e quelli delle classi popolari”[20]. L'organizzazione capitalistica del lavoro, oltre a definire quell'insieme di regole organizzative tese a migliorare l'efficacia e l'efficienza produttiva, ha inciso in modo significativo sui processi di socializzazione dell'individuo, sulla formazione dell'identità personale, non che sul sistema scolastico: se prima la famiglia costituiva l'istituzione principale per la formazione culturale e lavorativa dell’individuo, ora la scuola,. il gruppo dei pari, il sistema di comunicazione di massa compiono alcune funzioni svolte in origine dal gruppo primario.

      Se la socializzazione all'interno del gruppo primario risulta incompleta e traumatizzante vi sono i presupposti per una personalità debolmente strutturata, e quindi più soggetta ad essere destabilizzata dalle molteplici richieste di ruolo del più ampio contesto sociale. Nel momento in cui l'individuo ha vissuto un processo di socializzazione nell'ambito familiare, scolastico o lavorativo scoordinato, si hanno le premesse per una personalità non integrata socialmente.

     L'interazione di questi fattori socio‑ambientali, insieme a quelli personali, si riflettono in un disagio che il giovane porta con sé nell'ambito scolastico attraverso uno stato emotivo che si manifesta in una frattura nella comunicazione (scarsa partecipazione, disattenzione, comportamenti prevalenti di rifiuto e di disturbo, cattivo rapporto con i compagni, ma anche assoluta carenza di spirito critico); questi atteggiamenti non permettono al soggetto di vivere adeguatamente le attività di classe e di apprendere con successo. Alcuni ragazzi giacciono annoiati tra sedie e banco durante le ore di lezione e mostrano una forte sofferenza nel sedersi davanti al tavolo della propria camera per affrontare i doveri di studenti, rivelando una forte difficoltà ad instaurare una relazione significativa con l'apprendimento e con il proprio ruolo di studente.

 

3. Comportamenti a rischio nella scuola: bullismo, tossicodipendenza e alcolismo

    

      Il disagio giovanile del nostro tempo si esplica per lo più in due tipi di atteggiamenti: aggressione verso l'altro (bullismo) o aggressione verso se stesso (tossicodipendenza e alcolismo).

      Il bullismo, si configura "come un insieme di atteggiamenti che mirano deliberatamente, e sistematicamente a ferire l'altro"[21] attraverso azioni fisiche come pestaggi, forme verbali di derisione, insulti e affermazioni razziste. Rientrano inoltre in questo atteggiamento anche forme indirette, come l'esclusione dal gruppo, la diffusione sistematica di pettegolezzi. I bulli non riescono a sostenere relazioni paritarie: il loro desiderio di prevalere, intimidire e spaventare, mosso da un intrinseco bisogno di significato, è finalizzato all'affermazione di sé nei confronti degli altri. "La percezione sempre incombente di uno straripamento pulsionale[22] induce l'adolescente all'azione diretta e immediata per ristabilire una parvenza di equilibrio interno.

     La violenza giovanile non é certo una novità[23]: il gruppo, per lo più maschile, "assume una varietà di funzioni e di significati in cui l'aggressività o la volontà di nuocere non sono fini a se stesse, ma sempre oggetto di interpretazione e di giudizio interno al gruppo stesso”[24]. Il fenomeno del bullismo si inserisce in un contesto di gruppo: per i sociologi e gli psicologi, infatti, “l’aggressività si esprime più facilmente nel gruppo, all'interno del quale ci si sente più forti, meno responsabili e soggetti al giudizio degli altri[25] . Dan Olweus[26] in un dettagliato studio condotto su tutta la popolazione scolastica norvegese compresa tra gli 8 e i 16 anni, ha rilevato che il 15% dei soggetti negli ultimi tre mesi risultava coinvolto in episodi di prepotenza di banda. Ada Fonzi ha denunciato la diffusione del fenomeno in tutta la penisola italiana[27] e ha individuato strategie d'intervento scolastico, affrontando il fenomeno da un punto di vista più psicologico e inserendolo nel contesto scolastico e familiare nella dinamica emotiva di prepotenti e vittime[28] .       

     Nell'ambito scolastico ed extrascolastico il gruppo costituisce l'elemento fondamentale della socializzazione, ove il giovane si costruisce l'immagine di sé. La banda per la Rebughini- può essere interpretata come "un sostituto materno[29], un involucro protettivo in cui non solo le responsabilità sono diluite e quindi ci si può lasciare andare ad atteggiamenti infantili e regressivi, all’espressione pulsionale come urinare e sputare dove capita, lanciare grida improvvise[30], distruggere oggetti e perfino attaccare un individuo indifeso.

    Un altro grave comportamento a rischio dei giovani è il consumo di stupefacenti (droghe sintetiche come l'ecstasy[31], cocaina .e anabolizzanti). L'uso di stupefacenti è sicuramente collegato ad un senso di disagio e inadeguatezza che talvolta possiede l'adolescente a causa della difficoltà di gestire la propria vita e disporre di una progettualità per il futuro: l'assunzione di sostanze che aumentano le sensazioni dì potenza, di successo e di riuscita diventa una risposta a questo senso di profonda insoddisfazione. In questa situazione lo stupefacente è usato alla stregua di un farmaco che cura la paura di crescere o di sentirsi soli.

      Gli insegnanti e i genitori[32] sanno, ma spesso fingono di nulla, poiché vedono il fenomeno come un comportamento adolescenziale un po' stupido, ma non pericoloso. Sarebbe opportuno che gli insegnanti fossero disponibili al confronto con gli alunni e proponessero campagne sulle sostanze stupefacenti e alcoliche, poiché anche l'etilismo costituisce un disagio giovanile. L'abuso alcolico è un fenomeno che è sommerso e tollerato e perciò di difficile quantificazione: si tratta di una pratica di gruppo, generazionale, legata alla trasgressione, al piacere e al tempo libero. Nei giovani il bere é percepito come un comportamento a basso rischio, anche per la facile reperibilità degli alcolici.

        Per far fronte alle dipendenze da sostanze stupefacenti o etiliche degli adolescenti, la scuola dovrebbe collaborare con le famiglie e le altre agenzie formative per progettare interventi di prevenzione e di educazione alla salute.

     L'adolescente in situazione di disagio dovrebbe instaurare una buona relazione con i compagni e con i docenti: star bene a scuola può essere un deterrente dal reiterare l'atteggiamento a rischio.

 

4.      Il ruolo dell'insegnante

 

     L'insegnante per affrontare i comportamenti giovanili a rischio deve adottare le stategie di uno psicologo nel rivolgersi al singolo alunno e del sociologo nella dinamica gruppo‑classe. Deve, perciò, saper valorizzare l'alunno a scuola come soggetto attivo, proponendo progetti educativi in cui il discente possa fare, muoversi e decidere : deve saper proporre spazi in cui l'adolescente possa sviluppare le sue modalità espressive e creative. Dal momento che i comportamenti a rischio giovanili, si inseriscono in un contesto di gruppo, è fondamentale che l'intervento dell'insegnante sia esteso alla comunità. Soltanto un'impostazione didattica attenta alle dinamiche del gruppo‑classe, che favorisce la responsabilità individuale e sociale, può contribuire ad arginare il fenomeno : ci vuole “una scuola capace di lavorare con i gruppi e sui gruppi al fine di impedire il prodursi e il perdurare di codici comportamentali di coppia, che pongono l'altro come complice o come nemico”[33].

       Una strategia ideale, suggerita già da D. Olweus per il bullismo è “l'apprendimento cooperativo”[34] : l'insegnante crea gruppi di 4/5 alunni per rendere più agevole e tenere maggiormente sottocontrollo il processo di socializzazione, con lo scopo di "promuovere una reciproca dipendenza positiva tra i membri del gruppo"[35]. Il docente può usare anche tecniche di drammatizzazione e proiezioni di films[36], per educare all'acquisizione di comportamenti e di valori socialmente adeguati. Anche le tecniche di teatralizzazione o role plqying, già suggerite da Olweus, consentono di modificare il punto di vista, rompendo quel "circolo vizioso in cui ognuno continua a perpetuare il proprio ruolo e a rafforzare quello dell'altro"[37].

        Ecco perché sarebbe utile, a mio avviso, che la scuola si avvalesse della consulenza di psicologi, sociologi e pedagogisti, non solo per il recupero dei comportamenti giovanili a rischio, ma anche nella formazione. Solo attraverso l'acquisizione di competenze socio‑psico‑pedagogiche l'insegnante può riuscire ad attivare, attraverso l'osservazione, l'ascolto, la comunicazione e la relazione, azioni di recupero della motivazione scolastica, che si evidenziano nell'adolescente nei comportamenti a rischio o semplicemente nella noia.

 

 

 

 

 

 

 

PARTE SECONDA: PERCORSO DIDATTICO

 

 

l. Riflessioni e applicazioni didattiche in classe

 

      Il disagio giovanile è una tematica a me molto cara, poiché, ricordandomi il difficile cammino personale di conquista e determinazione dell'identità, mi sento chiamato come docente ad aiutare, attraverso il dialogo, i miei alunni in fase di formazione di personalità. Nell'esperienza personale di insegnamento, come ho accennato, ho incontrato molti ragazzi che si comportavano da bulli nel secondo ciclo della scuola elementare e nella scuola media e casi di adolescenti che abusavano di stupefacenti e alcolici alle superiori. Un caso di bullismo era presente anche nella mia 5ª elementare, ma con il dialogo, il contatto affettivo (carezze e abbracci) sono riuscito ad “arginare“ quasi del tutto l'atteggiamento del mio alunno. Questo forse è stato forse possibile in quanto il ruolo del maestro per un bambino può sovrapporsi psicologicamente a quello genitoriale e integrare certe mancanze affettive derivanti dall'assenza di esso. Ho insegnato per due anni in un istituto superiore, ove più della metà dei miei discenti, oltre ad atteggiamenti da bulli, usavano stupefacenti e alcool. Trovandomi in questo contesto sociale, ho cercato di attivare un dialogo, parlando apertamente, chiedendo loro, perché assumessero tali sostanze. Il problema peggiore era che non sapevano neppure loro il motivo per cui le usassero: taluni dicevano per “sballarsi” davanti ad una realtà noiosa. Nella 4ª, ove insegnavo francese, data l'impossibilità di tenere soltanto delle lezioni frontali, ho organizzato un modulo di lettura e di drammatizzazione sul testo di Beckett, En attendant Godot. La lettura, la discussione, la riscrittura e la recita obbligavano gli alunni a stare insieme nei gruppi da me creati. Il gruppo comprendeva un bullo e più vittime. Questa tecnica mi permetteva di osservare e intervenire se necessario in caso di atteggiamenti violenti e consentiva, al contempo, ai discenti di imparare la lingua straniera.. Concordo con Jung[38] che affermava che lo psicodramma agisce nell'inconscio e aiuta a destrutturare atteggiamenti violenti, poiché l'adolescente costruisce la propria identità nel dialogo e nella relazione con l'altro. L’attività teatrale è, a mio avviso, in grado di determinare una sorta di ‘spazio neutro’, dove il comune esercizio del gioco di finzione permette una conoscenza reciproca molto particolare. E’ una conoscenza che mette in relazione non solo i diversi modi di leggere il quotidiano, ma anche l’immaginario che ognuno si porta dentro e che proprio nel gioco teatrale può assumere forme sempre diverse. In questo modo si aprono nuovi terreni d’incontro nei quali conoscersi e ri-conoscersi o, come molto più spesso accade, scoprirsi e ri-scoprirsi andando forse più in profondità o, più semplicemente, avventurandosi su strade spesso imprevedibili perché costruite grazie all’incontro tra le capacità inventive del singolo e quelle del gruppo. E dunque, proprio perché si muove su percorsi di questo tipo il teatro e, più in generale, il gioco di finzione, diventano strategie relazionali ricche di potenzialità didattiche attraverso le quali dare un prezioso contributo, in vista di un’auspicabile ecologia della convivenza umana..

 

 

 

 

 

2.  Schema del modello operativo e descrizione dei procedimenti didattici

 

Percorso didattico

Titolo

En attendant Godot

Scuola

Istituto Tecnico Commerciale Arezzo

Classe

4° anno sez. A

Composizione

16 alunni

14 ragazzi e 2 ragazze

Livello linguistico

Pre-intermedio

Gli alunni presentavano talune difficoltà fonetiche e di dialogo. Errori permanevano nella produzione scritta.

Lingue studiate

1ª lingua inglese  (quinquennale)

2ª lingua inglese  (quinquennale)

Luogo

Cortile e Classe

Tempo

 

16 ore

I tempi scelti erano 1 ora del lunedì mattina e 2 ore del venerdì pomeriggio (fuori orario scolastico)

Periodo dell’ a. s.

Dal Marzo 2002 all’Aprile 2002°

Materiale

Fotocopie del testo.

Strumenti

Quaderno e penna

La penna e il quaderno servivano ad appuntare osservazioni durante il lavoro di gruppo.

Metodologia

Pluralità di metodi :

 Lavoro in gruppo, lavoro individuale (ripasso parti da recitare).

Strategie

Creazione di gruppi per trasportare l’interazione verbale in un contesto sociale.

Obiettivi generali

Rimotivare allievi scarsamente interessati alla vita scolastica, con difficoltà espressive e di comunicazione; abituare gli studenti a lavorare in gruppo; rendere gli studenti protagonisti del percorso didattico (ideazione, progettazione, realizzazione, verifica).

Obiettivi linguistico- cognitivi

Il lavoro svolto in lingua straniera si è posto come obiettivo lo sviluppo delle seguenti competenze : comprensione, assimilazione, produzione orale e scritta. Il discente è stato comunque costretto a lavorare sul testo, sviluppando la competenza della produzione scritta. Nell’attività di gruppo e di drammatizzazione l'alunno doveva comunicare con gli altri e così arricchisce il lessico, migliorando l’intonazione e la pronuncia e i propri rapporti di socializzazione.

 

I° giorno

 

Fase 1. L’insegnante fa sgomberare l’aula addossando i banchi alle pareti e formando un semicerchio di sedie, sulle quali prendono posto i ragazzi. L’obiettivo non dichiarato è quello di creare il clima teatrale giusto. L’insegnante chiede allora agli allievi di costruire l’immaginaria platea semicircolare di un teatro, muovendosi uno alla volta.

 

Fase 2.. L’insegnante distribuisce due pagine del testo En attendant Godot. Le legge e le fa leggere ai ragazzi.

 

I° giorno

Tempo complessivo: 1 ora

Fase I

Tempo : 20 minuti.

Fase 2

Tempo : 40 minuti.

 

II° giorno

 

Fase 1. L’insegnante chiede agli allievi di costruire un cerchio. Gli alunni devono ripetere le frasi che l’insegnante pronuncia: si usano esercizi di dizione, respirazione diaframmatica e di impostazione della voce.

 

Fase 2. L’insegnante propone ripetizioni di espressione a velocità normale, lenta e accellerata cadenzati da movimenti  del corpo. Il metodo serve a rilassare gli alunni e ad aprire le loro menti in preparazione  allo sviluppo della creatività e allo sblocco delle proprie potenzialità espressive.

 

II° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 60 minuti.

Fase 2

Tempo : 60 minuti.


III° giorno

 

Fase 1. L’insegnante divide la classe in 4 gruppi, poichè il lavoro di gruppo è una risorsa psico-pedagogica, che sviluppa nel singolo allievo la disponibilità, il mettersi in gioco e le criticità nel fare teatro e scuola.

 

Fase 2. L’insegnante chiede ad ogni gruppo di leggere le fotocopie.

 

III° giorno

Tempo complessivo: 1 ora

Fase I

Tempo :15 minuti.

Fase 2

Tempo : 45 minuti.

 

 

IV° giorno

 

Fase 1. L’insegnante agli alunni di immaginare un finale possibile.

 

Fase 2. Il docente domanda qual è il finale immaginato ad ogni gruppo e fornisce idee e spunti.

 

Fase 3. Il docente chiede ad ogni gruppo di scrivere il finale della storia usando da un minimo di 70 ad un massimo di 120 parole.

 

IV° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo :30 minuti.

Fase 2

Tempo : 30 minuti.

Fase 3

Tempo : 60 minuti.

 

V° giorno

 

Fase 1. L’insegnante aiuta gli alunni passando tra i banchi e controlla in itinere la scrittura creativa del finale della storia.

 

V° giorno

Tempo complessivo: 1 ora

Fase I

Tempo :60 minuti.

 

VI° giorno

 

Fase 1. L’insegnante aiuta gli alunni passando tra i banchi e controlla in itinere la scrittura creativa del finale della storia. Infine ritira i lavori, che corregge a casa.

 

VI° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo :120 minuti.

 

VII° giorno

 

Fase 1. L’insegnante scrive gli errori che ogni gruppo ha compiuto e chiede agli alunni degli altri gruppi di correggere.

 

VII° giorno

Tempo complessivo: 1 ora

Fase I

Tempo :60 minuti.

 

VIII° giorno

 

Fase 1.  Gli alunni ripetono le proprie parti e l’insegnante passando di gruppo in gruppo corregge loro eventuali errori fonetici.

 

VIII° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo :120 minuti.

 

 

IX° giorno

 

Fase 1. Ogni gruppo deve preparare la recita del testo con il finale inventato: l'allestimento e la messa in scena e in spazio. Le soggettività della interpretazione del testo devono diventare coralità d'intenti nel gruppo.

 

IX° giorno

Tempo complessivo: 1 ora

Fase I

Tempo :120 minuti.

 

IX° giorno

 

Fase I. Ogni gruppo prepara l'allestimento e la messa in scena e in spazio.

 

Fase 2. Ogni gruppo distribuisce le fotocopie agli altri gruppi che devono leggere il finale e decretare quello che, escluso il loro, preferiscono.

 

Fase 3. Ogni  gruppo recita il finale inventato.

 

IX° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo :20 minuti.

Fase 2

Tempo : 40 minuti.

Fase 3

Tempo : 60 minuti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

 

-         Bauman Z., La società dell'incertezza, Bologna, il Mulino, 1999.

-         Calvaruso C., Ragazzi della mafia, Franco Angeli, Milano, 1993.

-         Crespi F.,  Manuale di sociologia della cultura, Roma-Bari, Laterza, 1996.

-         Di Maria E. e Canano G., Psicologia e scuola, n. 93 febbraio/marzo 1999

-         Fonzi A., Il bullismo in Italia. Il fenomeno delle prepotenze a scuola in Piemonte e in Sicilia, Firenze, Giunti, 1997.

-         Fonzi A., Il gioco crudele, Studi e ricerche sui correlati psicologici del bullismo, Firenze, Giunti, 1999.

-         Jung C. G., L'uomo e i suoi simboli, Milano, Oscar Mondadori, 1985.

-         Lancini M., Star male a scuola, tratto da 16 anni pia o meno a cura di Rosci L.. F. Angeli, Milano, 2000.

-         Marinai U. e R. Schiralli, Costruire il benessere personale in classe, Trento, Erickson, 2002.

-         Melucci A., Il gioco dell’io: il cambiamento di sé in una società globale, Milano, Feltrinelli, 1991.

-         Olweus D., Bullismo a scuola, Firenze, Giunti, 1996.

-         Rebughini P., Violenza e spazio urbano, Milano, Guerrini, 2001.

-         Rossi B., Intersoggettività e educazione, Brescia, ed. La Scuola, 1992.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[1] Ricordo nell’a.s. 2000‑2001 alla Scuola Media di Foiano di aver avuto una classe difficilissima da gestire: tra essi avevo tre ragazzi ripetenti con  due anni in più che terrorizzavano i più piccoli. Anche se non sono mai riuscito a stimolarli a studiare, il rapporto che ho instaurato con loro mi è servito a conoscere le loro problematiche socio-familiari e ad aiutarli sul piano psicologico ad affrontarle. Il loro atteggiamento alla fine dell’anno non era più violento.

[2] Unità Didattica 1 dal titolo: Il cambiamento come centro del processo formativo.

[3] Bauman Z., La società dell'incertezza, Bologna, il Mulino, 1999

[4] Melucci A. Il gioco dell’io : il cambiamento di sé in una società globale, Milano, Feltrinelli, 191, p. 10.

[5] Bauman Z., Op. cit., p. 9

[6] Ivi, p. 111.

[7] Ivi, p. 10.

[8] Ivi, p. 27.

[9] Ivi, p. 29.

[10] Cfr. Ivi, p. 60-61.

[11] Crespi, F. Op. Cit., p. 197.

[12] Rossi B., Intersoggettività e educazione, Brescia, ed. La Scuola, 1992, p. 120.

[13] Melucci A., Op. cit., p. 36.

[14] Ivi, p. 37.

[15] Rebughini P., Violenza e spazio urbano, Milano, Guerini, 2001, p. 131.

[16] Melucci A., Op. cit., p. 55.

[17] Lancini (Star male a scuola, tratto da 16 anni più o meno, (a cura di Rosci L., F. Angeli, Milano, 2000) riporta un'indagine sulla dispersione scolastica e sulla ripetenza nella scuola secondaria italiana secondo cui la metà dei giovani italiani, il 44,9 % possiede un percorso formativo non lineare caratterizzato da abbandono degli studi, interruzione prolungata degli studi, trasferimento e ripetenza, mentre il 30% degli individui di età superiore ai venti anni non ha mai terminato un ciclo di istruzione secondaria superiore.

[18] Calvaruso C. La cultura giovanile tratto da Ragazzi della mafia, a cura di F. Occhiogrosso, F. Angeli, Milano, 1993.

[19] Crespi F., Op. cit., p. 206.

[20] Ivi, p. 207.

[21] Mariani U.- Schiralli R., Costruire il benessere personale in classe, Trento, Erickson, p. 33.

[22] Ibidem.

[23] Per fare alcuni esempi letterari celebri : Musil ne 1 dolori del giovane Toerless, descrive le angherie subite in collegio; Jean Cocteau dipinge un’infanzia tinta di audeltà, negli episodi di vita scolastica presenti nella sua opera. Nella narrativa per ragazzi, gli esempi si moltiplieano, dal monello Franti del Libro Cuore, allo stesso Giamburrasca.

[24] Rebughini P. Op. cit., p. 132.

[25] Ivi, p. 133.

[26] Olweus O., Bullismo a scuola, Firenze, Giunti, 1996.

[27] Fonzi A., Il bullismo in Italia, ll fenomeno delle prepotenze a scuola dal Piemonte alla Sicilia, Firenze, Giunti. 1997.

[28] Fonzi A., Il gioco crudele, Studi e ricerche sui correlati psicologici del bullismo, Firenze,Giunti,  1999.

[29] Anche E. Menesini (in Fonti A., Il gioco crudele, Op. cit.) analizzando le dinamiche familiari di bulli e vittime, ha riscontrato che permissivismo e ipeprotettività sono le due dimensioni più ricorrenti.

[30] Rebughini P., Op. cit., p. 133.

[31] L'aspetto più insidioso delle droghe sintetiche è che i ragazzi ne fanno uso senza sentirsi drogati.

[32] Alcuni genitori di miei alunni delle superiori che assumevano stupefacenti, non solo sottovalutavano il problema, ma lo ritenevano un espediente necessario per far calmare i propri figli.

[33] Di Maria F. e Canano G., Psicologia  e scuola, n. 93 febbraio/marzo 1999.

[34] Cfr. Olweus D., Op. cit., p. 78.

[35] Ivi, p. 79.

[36] E. Menesini ne riporta una sperimentazione in una Scuola Media (in Fonzi A, Il gioco crudele, Op cit.).

[37] Olweus D., Op. cit., p. 74.

[38] Jung. C. G., L’uomo e i suoi simboli, Milano, Oscar Mondadori, 1985.