SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE PER L’INSEGNAMENTO

SECONDARIO DELLA TOSCANA

 

Sede di Firenze

 

 

IV  CICLO

 

I ANNO

 

 

 

 

 

 

AREA I TRASVERSALE

 

MODULO STORICO-NORMATIVO-SANITARIO

 

 

 

 

 

 STORIA DELLA SCUOLA MEDIA

 

 

 

 

 

 

       Indirizzo                                                                                      Specializzando  

   Lingue Straniere                                                                        Massimiliano Badiali

 

 

 

 

 

 

ANNO ACCADEMICO 2002-2003

 

 

SOMMARIO

 

INTRODUZIONE

1. PREMESSA                                                                                                                  p.  2

2. LA SCUOLA MEDIA UNICA E LA SSIS                                                                p.  2

 

PARTE PRIMA: LA SCUOLA MEDIA UNICA

1.      LA SCUOLA MEDIA DALLA RIFORMA CASATI ALLA RIFORMA GENTILE                                                                                                                               

                                                                                                                                           p.  2

2.      LA SCUOLA MEDIA DALLA RIFORMA GENTILE AGLI ANNI ’60            p.  6

3.      L’ISTITUZIONE DELLA SCUOLA MEDIA UNICA                                          p. 10

 

 

PARTE SECONDA: PERCORSO DIDATTICO

 

1.  RIFLEssione e aPPLICAZIONi dIDATTICHE  IN CLASSE                        p. 14

4.      Schema del Modello operativO E DESCRIZIONE DEi procedimenti didattici                                                                                                                 p. 14

 

                             

BIBLIOGRAFIA                                                                                           p. 17

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE

 

1.      Premessa

 

         Con il presente lavoro mi propongo di delineare un quadro delle trasformazioni attuate nell’ambito scolastico concernenti la scuola media, con particolare attenzione alla riforma del 1962. Conoscere le linee principali della storia della scuola nei suoi cambiamenti nel tempo è fondamentale per comprendere, da parte del docente e degli alunni, le ragioni della struttura e dei programmi dell’istituzione scolastica nel presente.  Molti spunti di storia della legislazione scolastica costituiscono inoltre un interessante stimolo per la didattica. 

       Il mio ruolo di insegnante di scuola elementare mi ha spinto a scegliere di affrontare tale argomento: in quanto docente dell’ambito storico e linguistico, mi sono sentito chiamato ad affrontare in classe il confronto fra documenti del passato e del presente, che testimoniano i  mutamenti storici nella scuola fino ai nostri giorni.  Nella mia 5ª abbiamo a lungo discusso, durante l’ora di Studi Sociali, di Storia della scuola, affrontando le riforme fondamentali della legislazione scolastica della scuola elementare e media. Quando ho spiegato che l’istituzione della media unica risale soltanto al 1962, ho manifestato apertamente l’ingiustizia dell’esistenza di due scuole medie: i bambini prima della media unica erano “catalogati” già da 11 anni con un esame di stato che li distingueva in intellettivamente superiori (a cui era concesso l’accesso alla scuola media) e inferiori (obbligati alla complementare o scuola di secondo ordine perché intellettualmente meno dotati). I miei alunni si sono meravigliati del classismo esistente nel sistema scolastico italiano fino a quel momento e uno di loro si è espresso dicendo che “era una scuola razzista”. 

       Affrontare, tramite il dialogo in classe, i problemi che la storia della scuola ci ha suscitato è stato un buon metodo per comprenderne  e proporre delle soluzioni e sensibilizzare gli alunni all’educazione alla democrazia e all’uguaglianza.  Anche nella mia esperienza di insegnamento alle Superiori presso il mio servizio biennale all’Istituto Tecnico Mecenate di Arezzo, ho spesso dibattuto su temi ed argomenti concernenti la storia della scuola, poiché nel programma di 4ª avevo previsto lo studio del sistema scolastico francese, che si adattava perfettamente al confronto con la struttura scolastica italiana.  Questo stesso tema l’ho affrontato durante il tirocinio che ho svolto presso l’Istituto Professionale Margaritone di Arezzo e su esso ho incentrato il percorso didattico[1].

 

2. La scuola media unica e la Ssis

 

        Una svolta decisiva nella scelta dell’argomento da svolgere, è stata data dalla U.D. 1 e 2 del modulo storico-organizzativo-sanitario. Nell’U.D. 1[2] la prof.ssa Carmen Betti ha affrontato le tappe principali della storia della scuola dalla legge Casati (1859) alla  carta della Scuola (1931). L’unità didattica si è concentrata sul tema dell’analfabetismo in Italia, sulle riforme scolastiche fino a quella di Gentile, che innalzò l’obbligo scolastico sulla carta ai 14 anni, anche se con percorsi diversificati a seconda dell’intelletto dei discenti: triennio post-elementare (6ª, 7ª, 8ª classe) o scuola complementare per i culturalmente “inferiori” per lo più per i figli del popolo e scuola media con il latino per i figli della ricca borghesia. Nell’U.D. 2[3] la prof.ssa Di Bello ha analizzato le linee evolutive del sistema scolastico fino ad oggi: dopo la riforma della scuola media unica, la scuola secondaria inferiore non è più la scuola di chi può continuare gli studi, ma è scuola di tutti, secondo i principi di democrazia e uguaglianza sanciti nella Costituzione Italiana. Come afferma Tristano Codignola:

“La libertà nella scuola è, a norma del 1° comma dell’art. 33, la condizione pregiudiziale dell’esistenza della scuola pubblica nel sistema costituzionale italiano. Istituendo scuole di ogni ordine e grado, lo Stato poggia su quel principio fondamentale la sua funzione educativa. Su quel principio si fonda il sistema di reclutamento del personale insegnante (che non ammette discriminazioni ideologiche), la piena libertà dell’insegnamento, il diritto dell’alunno al rispetto pieno dello sviluppo della sua personalità (all’infuori di ogni pregiudiziale ideologica, religiosa, politica). Questa è la scuola di tutti, ed è a questa che lo Stato dà le sue cure. L’obbligatorietà e la gratuità sono le conseguenze dell’impegno integrale dello Stato in sede educativa e del carattere della sua scuola: offrendo lo Stato una scuola per tutti gli ordini e gradi in cui libero è l’insegnamento, questa e soltanto questa è la scuola aperta a tutti, questa e soltanto questa è obbligatoria e gratuita. Lo Stato non può obbligare a frequentare e non può offrire gratuitamente se non la sua scuola."[4]

 

       Con l’istituzione della scuola media unica “si è cancellata pian piano- come ha affermato la prof.ssa Di Bello[5]- almeno sulla carta la discriminazione scolastica a seconda del destino sociale dell’alunno”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PARTE PRIMA:  LA SCUOLA MEDIA UNICA

 

 

1.      La scuola media dalla riforma Casati alla riforma Gentile

 

         Il punto di partenza obbligatorio per ogni discorso sulla scuola nella storia dell'Italia unita, è la legge Casati (R.D. 13 novembre 1859, n, 3725), che è una legge delegata, promulgata da Vittorio, Emanuele Il, succeduto al padre Carlo Alberto nel 1849.  La legge Casati era stata redatta nel giro di quattro mesi, grazie all'intensivo rodaggio precedente[6]. Essa presentava, comunque,  le tipiche ambiguità e contraddizioni della classe liberale che intende il popolo come classe inferiore e subalterna, a cui non si vuol concedere una buona istruzione di base, ma solo i primi rudimenti culturali, “quel tanto che basti per fare del giovane figlio del popolo un suddito fedele al re e alla patria”[7]. Essa istituiva l’obbligatorietà dell’istruzione elementare, affidata ai Comuni. La scuola elementare era ordinata in 2 gradi, ciascuno di due classi distinte: inferiore di 2 anni formalmente obbligatoria e gratuita da istituire in luoghi che avessero almeno 50 bambini e superiore istituita nei comuni con più di 4000 abitanti. Quella, che noi indicheremo oggi, con termine entrato ormai nell’uso comune,, come « istruzione secondaria di primo e di secondo grado», veniva frequentata solo dai figli delle classi abbienti. La scuola secondaria era divisa in istruzione classica e istruzione tecnica. La legge Casati “divideva l’istruzione umanistica da quella tecnica, considerando quest’ultima la brutta copia della prima”[8], non considerando l’istituzione professionale affidata al Ministro dell’Agricoltura. L’istruzione classica prevedeva per il primo grado il Ginnasio Inferiore e Superiore (art. 189) della durata di 5 anni. Al ginnasio inferiore si accedeva dopo la IV elementare, ove era previsto un esame di ammissione  “su tutte le materie che s’insegnavano sulle quattro classi elementari ( v. art. 219)”[9]: la sua durata era di 3 anni dopo i quali si accedeva al biennio del Ginnasio superiore di 2 anni.

       Il secondo grado prevedeva o il triennio del Liceo classico o il  biennio del corso Magistrale, che non dava acceso all’Università (art. 199). L’istruzione secondaria classica era “nelle mani esclusive dello Stato secondo i criteri accentratori di marca prussiana e napoleonica enunciati nei 46 articoli del Titolo I, dedicato all'amministrazione della pubblica istruzione”[10]. L’istruzione tecnica nella legge Casati comprendeva due gradi, ciascuno di 3 anni. Il primo grado, a cui si accedeva dopo il quadriennio della scuola elementare, andava sotto il nome di Scuole tecniche, mentre al secondo grado provvedevano gli Istituti Tecnici. Le prime erano finanziate dai comuni, a cui però concorreva in buona parte lo stato (art. 279-280), le seconde solo dal regno. L’istruzione magistrale comprendeva dopo la scuola primaria 3 anni di Scuola Complementare, a cui facevano seguito 3 anni di Scuola Normale (art. 753-772).

       Nella legge vi era un'impostazione con una rigida piramide gerarchica, “pressoché tutta di nomina regia, va dal ministro al Consiglio superiore, agli ispettori generali e ausiliari. fino alle autorità locali quali il rettore per l'università e il provveditore per le scuole secondarie e tecniche, l'ispettore provinciale per l'istruzione primaria, il consiglio scolastico provinciale e ha per base la suddivisione “cinese” delle varie categorie di insegnanti. Essa costituisce una tale rete capillare di ingerenze e di sorveglianza, in teoria insormontabile, da bloccare qualsiasi iniziativa autonoma nel governo della scuola di ogni suo grado”[11].

      La legge Casati prevedeva un obbligo scolastico limitatissimo. Il primo biennio elementare obbligatorio non bastava ad alfabetizzare sul serio il popolo. Dopo le elementari poi, il bambino a soli 10 anni veniva obbligato a subire, sempre che le condizioni economiche della famiglia lo consentissero, in base a delle competenze richieste in un esame di Stato, la scelta del proprio futuro professionale: se intellettivamente inferiore gli spettava la scuola tecnica, se superiore il Ginnasio. E quasi sempre il grado di inferiorità e superiorità coincideva con la condizione sociale di appartenenza.

     Non molto o quasi nulla cambiò fino alla riforma Gentile nel primo ciclo della secondaria (Ginnasio Inferiore e Scuole Tecniche). Le riforme successive riguardarono la scuola elementare:  la legge Coppino del 1877, che stabiliva sanzioni per chi evadesse l’obbligo scolastico, e innalzava di un solo anno l’obbligo scolastico;  la riforma di Gabelli (1888), che, sotto l’influsso del positivismo, si concentrava “sul metodo, verificato con il metodo sperimentale”[12], e che introdusse l’insegnamento di materie nuove nella scuola elementare come storia, geografia e ginnastica; la legge Orlando (1904) portò l’obbligo della scuola elementare a 4 anni.

       Nel 1905, l’anno in cui furono approvati i nuovi programmi per le scuole elementari il ministro della Pubblica Istruzione Leonardo Bianchi, nominò la commissione reale d’inchiesta per discutere su proposte per il riordinamento dell’istruzione secondaria.  Come scrive Sarracino : “in un primo momento si formò nella commissione una maggioranza favorevole alla tesi che proponeva l’istituzione di una scuola secondaria di primo grado di tre anni, comune a tutti”[13]. Soprattutto Alfredo Galletti e Gaetano Salvemini sentivano che la scuola elementare aveva già provveduto alle esigenze dell’istruzione popolare, e ritenevano che un’unica scuola media non avrebbe favorito né chi fosse entrato nel mondo del lavoro né chi avesse proseguito gli studi. Per Salvemini la scuola non poteva cancellare l’esistenza di condizioni sociali molto diverse. Nel 1909 la Commissione concluse i lavori e presentò una relazione finale ove si proponevano tre scuole: ginnasio, scuola tecnica e scuola complementare. Nello stesso anno avvenne il congresso della Federazione Nazionale Insegnanti Scuola Media, ove Pierfrancesco Nicoli si scontrò contro la posizione di Galletti e Salvemini, proponendo una scuola media unica, in nome di una formazione culturale comune a tutti, che rifiutava ogni utilitarismo. Benedetto Croce in un’intervista pubblicata sul Giornale d’Italia, dichiarò di essere contrario ad una scuola media unica. Lo stesso Gentile condivideva le conclusioni di Salvemini e Galletti, anche se basate su considerazioni e concezioni molto diverse, e nel 1923 le applicò nella riforma scolastica, che prese il suo nome.

2.      La scuola media dalla riforma Gentile agli anni ‘60

 

      Nella temperie postbellica nacque e si realizzò l’ipotesi della scuola del ministro Giovanni Gentile, filosofo idealista, che si concretizzò nel 1923 con l’emanazione di una serie di decreti che costituiscono la Riforma Gentile. I provvedimenti di Gentile – come afferma Bonetta – “rispettavano un compromesso filosofico-politico fra il filosofo siciliano e Mussolini”[14].  La Riforma fu attuata nel 1923, affondando le radici in anni di riflessione e d’elaborazione nei dibattiti dei più noti rappresentanti della cultura italiana ed arrivò in porto grazie al fascismo che aveva creato le opportunità politiche perché si realizzasse.

        La scuola riformata nell’originario intento gentiliano mirava alla risoluzione del problema dell’analfabetismo da una parte, e dall’altra alla limitazione del numero di laureati e diplomati che il mercato non riusciva ad assorbire.  Obiettivo fondante era inoltre la formazione delle classi dirigenti:  portò, infatti, la Riforma e la scuola italiana nella direzione classicocentrica.

       La riforma dell'ordinamento scolastico promossa da Gentile, si fondava sul concetto che è dovere dello Stato provvedere all'istruzione. L’obbligo scolastico veniva perciò prolungato sino a 14 anni. La scuola elementare era divisa in grado inferiore di tre anni (prima, seconda e terza classe) e in grado superiore di due anni (quarta e quinta). Nel settore dell’istruzione media, il principio fondamentale a cui si ispirò la riforma Gentile fu “la  finalità eminentemente formativa dell'educazione”[15], che portò come conseguenza logica alla diminuzione della quantità (numero) degli istituti e al potenziamento delle scuole a carattere umanistico (Licei, Ginnasi; Licei scientifici, Licei femminili) giudicate come le uniche capaci di dare un’educa­zione formativa[16].

      In sintesi con la riforma Gentile si ebbero i seguenti istituti medi di primo grado: la Scuola complementare (di tre anni), senza alcuno sbocco; il Ginnasio inferiore di tre anni e superiore di due, che rimase identico alla riforma Casati; il Corso Inferiore dell'Istituto tecnico (di quattro anni); il Corso inferiore dell'Istituto Magistrale (di quattro anni) e la scuola d’arte.

      L’innovazione più importante portata da Gentile avvenne “a livello dell’istruzione secondaria nei cui corsi inferiori, eccetto la scuola complementare, fu introdotto il latino”[17]. La scuola media superiore venne organizzata, a sua volta in 5 cicli: Liceo classico (di 3 anni), a cui si accedeva solo dal ginnasio superiore, che assumeva un carattere molto selettivo ed era l’unica scuola che permetteva l’accesso a tutte le facoltà universitarie; Corso superiore dell'istituto Tecnico (4 anni), che dava accesso a Economia e Commercio e Agraria; Corso superiore dell'Istituto magistrale (di 3 anni) e Liceo Scientifico (4 anni),  a cui si accedeva dopo 4 anni di scuola media.

        L’introduzione dell’Esame di Stato[18], la riduzione degli istituti, il riconoscimento del primato del Liceo classico e in genere della cultura umanistica a scapito di quella tecnico-scientifica riservata a scuole complementari, costituiscono tutti elementi che denotano l’impianto elitario e gerarchico della Riforma Gentile; il primato di una formazione culturale classica che «gerarchizza i saperi, classifica i bisogni culturali, penalizza a ghettizza la cultura scientifica, e permette così alla scuola di allontanarsi inevitabilmente dai processi reali delle società ora sempre più vistosamente tendente alla massificazione per l’intrinseca fisiologia dinamica della società sempre più industriale».[19] La figura dell’insegnante subiva una generale “deprofessionalizzazione” per il fatto che, soprattutto ai maestri, erano richieste doti spirituali più che un sapere specifico professionale.  La formazione dei docenti era tutta incentrata sull’asse umanistico-filosofico dal quale erano escluse la psicologia e la pedagogia, riassorbite dalla filosofia, mentre era negata validità alla didattica dal momento che si concepiva l’educazione come naturale svolgimento delle doti “presenti nell’alunno in potenza che andavano realizzandosi nell’atto spirituale unico e irripetibile”[20].

         La Riforma, secondo gli intenti del suo ideatore, riuscì ad ottenere una diminuzione del numero dei figli degli operai che accedevano all’istruzione secondaria, come luogo deputato alla formazione generale, ben separata dalla formazione tecnica. Un simile impianto fortemente elitario, selettivo, chiuso, volto al contenimento della scolarità popolare, molto benevolo verso la scuola privata, poco favorevole a promuovere la mobilità sociale, rigidamente stratificato e poco flessibile alle esigenze sociali, nel breve volgere di qualche tempo non risulto affatto funzionale agli interessi del regime. Il mondo della scuola, con la Riforma Gentile, si separò decisamente dal mondo del lavoro e della scienza andando nel senso contrario alla direzione che la società stava assumendo.  I nuovi ordinamenti, infine, non risposero alle esigenze del governo Mussolini, che aveva interesse ad un’azione populistica, come emerse con la fascistizzazione e la creazione della gioventù di regime.  In breve l’idealismo gentiliano non si conciliava più con l’orientamento totalitario fascista.

         Il fascismo ritoccò molte volte la riforma Gentile. La Carta della Scuola elaborata dal Ministro dell’educazione nazionale Giuseppe Bottai, approvata dal Gran Consiglio del fascismo, l'8 febbraio 1939 e promulgata il giorno 15 successivo, fu la maggiore revisione al piano educativo del filosofo idealista. La Carta divideva la scuola italiana nei seguenti ordini: elementare, medio, superiore, universitario. Il grado obbligatorio comprendeva la Scuola elementare (dai 6 ai 9 anni) e la Scuola del lavoro (dai 9 agli 11 anni) come corsi scolastici (dai 4 gli 11 anni) comuni a tutti.  Dagli 11 anni ai 14, il ragazzo doveva scegliere tra varie possibilità: la Scuola artigiana; la Scuola media, che dava accesso a tutte le scuole dell'Ordine superiore; la Scuola professionale, dalla quale si poteva accedere alla Scuola tecnica. “Quindi, in realtà, la Scuola media (anche se aveva il merito di fondere, sostituendoli, Ginnasio inferiore, Istituto tecnico inferiore ed Istituto magistrale inferiore, non era Scuola media unica, come la si intende attualmente, ma una delle tre scuole intese a coprire l’area 11-14 anni, alla quale erano assicurati tutti gli sbocchi successivi (Ordine superiore)”[21]; mentre la Scuola artigiana, rivolta ai giovani della stessa età (come la Scuola media) era fine a se stessa. “La Scuola professionale, pur appartenendo all'Ordine medio, come la Scuola media, costituiva una specie di Scuola artigiana ma di lusso, poiché dava accesso, senza esami, alla Scuola tecnica, e con esame di ammissione a tutte le scuole dell'ordine superiore”[22].

        Nel secondo dopoguerra i governi repubblicani guidati dai moderati del Centro apportarono pochissime modifiche alla scuola secondaria di primo grado, con un atteggiamento non molto dissimile a quello classista e razzista del fascismo. Come osserva Corbi:

“Nel dopoguerra l’obiettivo di una scuola media inferiore uguale fu sostenuto dai partiti politici della sinistra, mentre moderati e conservatori si batterono perché fossero lasciati aperti percorsi didattici differenziati”[23].

 

Come si può osservare nel tab. 17 de  La storia della scuola in Italia dal settecento ad oggi,  la scuola elementare era quinquennale[24], con un esame d’accesso alla Scuola Media (da cui si

poteva andare a frequentare qualsiasi scuola superiore). C’era poi l’avviamento, che durava 3 anni, senza lo studio del latino, che non dava sbocco ad altri tipi di studio. A undici anni dunque i bambini, o meglio le loro famiglie, decidevano: una parte, la minoranza andava al ginnasio per proseguire gli studi fino all'Università, gli altri andavano alle scuole di avviamento professionale e, a quattordici anni cercavano un lavoro. Il ginnasio era un corso molto severo,    caratterizzato dallo studio del latino.

 

3.  La scuola media unica

 

       Il 31 dicembre del 1962 venne definitivamente approvata la proposta di legge che rendeva obbligatoria l'istruzione scolastica fino ai 14 anni, in una scuola media unica senza il latino

      Il primo governo di centro-sinistra, presieduto dal democristiano Amintore Fanfani e sostenuto dall'astensione dei socialisti, decise la concessione gratuita dei libri di testo per le elementari e l’istituzione della scuola media obbligatoria, gratuita ed unica senza l'insegnamento del latino.

      Lungo è stato l’iter del dibattito parlamentare sul provvedimento. Finalmente si giunse, dopo un pluriennale e faticoso dibattito tra le vane forze politiche, a superare le divergenze per la  comunanza di fini cui doveva soddisfare la scuola dell'obbligo (…) “e il testo risultante dalla unificazione della proposta di legge comunista  e  del disegno di legge del Ministro della pubblica istruzione, veniva approvato al Senato nella seduta del 2 ottobre 1962 e alla Camere il 21 dicembre dello stesso anno:  la nuova Scuola media otteneva così la sanzione legislativa il 31 dicembre 1962, n. 1859”[25].

      Con  tale provvedimento veniva attuata una vera e propria riforma scolastica, che creava una scuola di massa, in cui si voleva formare con nuovi metodi pedagogici il preadolescente. Dopo 103 anni di scuola italiana, soltanto nel 1962 nasce una scuola media unica, che sostituisce qualsiasi altro tipo di scuola secondaria inferiore e cancella le istanze elitarie e razziste: infatti, in ottemperanza all'art. 34 della Costituzione, è gratuita e obbligatoria per tutti i ragazzi dagli 11 ai 14 anni. Si elimina finalmente la discriminazione sociale degli allievi., anche in considerazione del fatto che “il criterio ispiratore di tale scuola non è la selezione, bensì l'orientamento”[26]. A tale criterio corrisponde anche l'ampia gamma di discipline, l’abolizione dell'insegnamento del latino.

Gli elementi fondamentali che caratterizzavano la Scuola media sono i seguenti:

-         la scuola media sostituiva ogni altra forma dell’obbligo dopo le elementari;

-         essa era scuola secondaria di primo grado;

-         ad essa si accedeva dal quinquennio elementare e il suo corso triennale si concludeva con un esame di stato;

-         il diploma di licenza dava accesso a tutti i tipi di scuole, anche se per il classico vi era una prova di latino di accesso;

-         il piano di studi comprendeva religione, italiano, storia ed educazione civica, geografia, matematica, scienze naturali, lingua straniera, educazione artistica, educazione fisica;

-         le applicazioni tecniche e l'educazione musicale erano obbligatorie il primo anno, ma diventavano facoltative nel secondo e terzo.

-         il latino era studiato da tutti in seconda, e in terza diventava facoltativo.

-         le classi non dovevano avere « di norma » più di 25 alunni.

      Nella situazione di tumultuoso sviluppo della scolarizzazione che sopra ho sinteticamente tentato di descrivere si affacciarono grandi problemi (ancora oggi in parte non risolti): la selezione, la dispersione scolastica, gli abbandoni e infine la selezione occulta quando ad una promozione formale dell’alunno, non corrispondevano una promozione e una crescita reali.

      Furono costruite scuole medie in tutti i paesi al di sopra dei 3000 abitanti: iniziò quel fenomeno conosciuto come "scolarizzazione di massa ", il tasso di scolarizzazione dei ragazzi di età compresa fra gli 11 ed i 14 anni passò dal 30% degli anni ‘50 al 98/99% degli anni ‘70. Nelle scuole medie si aprì allora un confronto dialettico talora aspro, ma sempre in ogni caso fruttuoso ed utile ad una crescita comune, fra quei docenti che non avevano mai cessato di considerare la scuola media come un ginnasio inferiore che vedeva la sua naturale prosecuzione nei licei e quei docenti che consideravano invece la scuola media come scuola dell’obbligo che non può e non deve selezionare ed emarginare le fasce sociali più deboli. Più della metà dei do­centi, ancorati direttamente o meno all'eredità gentiliana, si dimostra­rono, ad un’inchiesta del 1966, violentemente contrari al carattere non selettivo della scuola media unica, cioè senza dubbio si opponevano all’aspetto più importante e profondo della riforma. Nata dalle pressioni delle classi al vertice ed alla base della società italiana, la riforma della scuola media ha incontrato “la violenta opposizione della classe media, ed in particolare degli insegnanti che, per la loro origine sociale, la posizione occupata ed il molo svolto, sono di questa classe i più fedeli rappresentanti”[27]:

“Non era certo difficile prevedere l'opposizione degli insegnanti alla riforma della scuola media. Anche lascian­do da parte ogni considerazione sulla posizione sociale degli insegnanti, e quindi sul loro sistema di valori, o sulle resistenze al cambiamento che immancabilmente si verificano in una organizzazione ogni qual volta innova­zioni provenienti dall'esterno rimettano in discussione il suo sistema di ruoli. (…) L'unica indagine condotta prima della riforma, a dire il vero con metodi più « giornalistici » che « scientifici », mette in luce una profonda incomprensione a parte della grande maggioranza degli insegnanti medi dei motivi sociali della legge di riforma”[28].

 

      Un documento molto importante di questo periodo è il volume Scuola di Barbiana, Lettera ad una professoressa[29], che fu una un’aspra polemica verso la scuola del tempo. In essa si denunciava come la scuola media, nata per istruire gli alunni dagli undici ai quattordici anni appartenenti a tutte le classi sociali, emarginasse i figli delle classi più basse: non solo non li aiutava ad apprendere, ma perfino li relegava alla loro marginalità sociale.

      La vicenda della scuola nel cinquantennio repubblicano è la storia di una crescita che ha visto un mutamento quantitativo di dimensioni tali da essere esso stesso un mutamento qualitativo, soprattutto a livello secondario. Lo sviluppo scolastico, così come quello economico e civile, è stato assecondato ma non governato dalla politica cui si devono sul piano normativo solo interventi su singoli segmenti del sistema. Si può quindi affermare, senza timore di essere smentiti, che la riforma scolastica del ‘62 ha dato un grande contributo alla modernizzazione del nostro paese che oggi, ferma restando l’inderogabile necessità di portare l’obbligo scolastico a 16 anni, può confrontarsi senza complessi di inferiorità con i sistemi scolastici dei paesi europei più evoluti.

      Nella scuola media dalla riforma del 1962 ci sono stati piccoli ritocchi legislativi, che sono andati in porto nel 1977 (L.16 giugno, n. 348):  le applicazioni tecniche, che hanno assunto la nuova denominazione di educazione tecnica, e l'educazione musicale sono diventate obbligatorie nelle tre classi della Scuola media, anche se tali di fatto già lo erano da parecchi anni in forza di varie Circolari Ministeriali. Il latino, inoltre, non era più obbligatorio in seconda media, eccetto nelle scuole con sperimentazioni.

       Nell'organizzazione educativa e didattica della nuova scuola media ha acquistato un maggior peso la componente collegiale dei docenti attraverso i consigli di classe e poi, con i decreti delegati (1974), anche quella di altre strutture collegiali che prevedevano la presenza di genitori, di forze sociali e, limitatamente alla scuola superiore, anche degli studenti. Con la Legge delega 30 luglio 1973, n. 477 ( e i Decreti delegati n. 416, 417 e 419 del 31 maggio 1974, che ridisegnano la funzione della scuola considerandola "una comunità che interagisce con la più vasta comunità sociale e civica") si configura una maniera diversa di intendere la scuola.  ra gli obiettivi, oltre al diritto allo studio, alla crescita culturale e civica, si pone anche quello del migliore e più efficace funzionamento dei servizi scolastici.
Al Consiglio di circolo o di Istituto viene affidato il potere deliberante circa l'adozione del regolamento interno della scuola che stabilisce le modalità per il rinnovo e conservazione delle attrezzature tecnico-scientifiche e dei sussidi didattici, compresi quelli audio-televisivi e le dotazioni librarie(art. 6 del D.P.R. n.416/1974).

      Infine con i programmi del 1979, la scuola media è diventata il secondo ciclo della scuola di base. Certamente lento è stato il cammino della media unica, poiché nel primo decennio della riforma e più, come scrive Pizzitola:

“Poveri e ricchi, per decenni, non frequentano nemmeno gli studi iniziali. 1 primi, semplicemente, perché, come detto, noti se lo possono permettere,, o non vedono buone ragioni per affrontare i costi dell'impresa; i secondi perché trovano pericoloso esporre i propri figli alle contaminazioni e ai contagi che possono derivare dalla promiscuità della scuola pubblica. Dietro l'apparente analogia delle scelte, si stabiliscono grandi disparità fra coloro che mancano all'appuntamento istituziona1e. Le differenze si riferiscono scopertamente a ragioni di censo”[30].

 

      La scuola media inferiore, parte conclusiva dell'obbligo, nata da un timido suggerimento di riforma sociale, è finalmente ai nostri giorni scuola di base, gratuita, democratica e aperta a tutti i cittadini, senza distinzione di censo, di sesso e di razza.

 

 

 

 

PARTE SECONDA: PERCORSO DIDATTICO

 

1.  Riflessioni e applicazioni didattiche in classe

 
       Una delle finalità previste nell’insegnamento delle lingue straniere è quella dello sviluppo delle competenze culturali.  Il percorso didattico da me proposto presso l’Istituto professionale Margaritone durante il tirocinio, già svolto durante il servizio biennale all’Istituto Tecnico Commerciale Mecenate è stato il seguente : lezione frontale sul sistema scolastico francese, riflessioni di gruppo sulle differenze con quello italiano, accenni di storia della scuola francese in confronto con quella italiana e riflessioni.
     La finalità ultima da conseguire per il discente è quella di crearsi, attraverso la lezione frontale, competenze culturali e di sviluppare, nel lavoro di gruppo, un pensiero euristico e ideativo, che gli permetta di individuare le differenze tra i due sistemi scolastici, conoscendo i momenti salienti di storia della scuola francese e italiana.
 
2.  Schema del modello operativo e descrizione dei procedimenti didattici

 

 

Percorso didattico

Titolo

Histoire du système scolaire et du collège en France

Scuola

Professionale Margaritone Arezzo

 

Classe

5° anno sez. A

 

Composizione

22 alunni

18 ragazzi e 4 ragazze

Livello linguistico

Preintermedio

Gli alunni presentano talune difficoltà fonetiche e di dialogo. Errori permangono nella produzione scritta.

Lingue studiate

1ª lingua francese (quinquennale)

Luogo

Classe

Tempo

3 ore

I tempi scelti dal tirocinante sono le prime 2 ore del giovedì mattina e la seconda del sabato essendo terminata la revisione grammaticale da parte della tutor.

Periodo dell’ a. s.

2° quadrimestre, febbraio 2003.

Materiale

Libro di testo per seguire schema del sistema scolastico francese, e fotocopie redatte dall’insegnante sulla storia della scuola media francese (Collège).

Strumenti

Videoregistratore, block-notes, penna

Il videoregistratore serve a proiettare in aula il video sul sistema scolastico. La penna e il block-notes serviranno ad appuntare osservazioni durante il lavoro di gruppo.

Metodologia

 Approccio comunicativo e audio-visivo

Strategie

Lavoro in gruppo, lavoro individuale, lezione frontale. La strategia usata è la lezione frontale, arricchita dell’apporto del metodo audio-visivo. L’insegnante, creando dei gruppi, trasporta l’interazione verbale in un contesto sociale; in seguito provoca la risposta del gruppo e poi dell’allievo con gli atti di replica e reazione. Infine l’insegnante riutilizza la lezione frontale per spiegare la storia della scuola francese.

Obiettivi linguistico- cognitivi

Sviluppo delle seguenti competenze : comprensione, assimilazione, produzione orale e scritta. La lezione frontale e il video in L2 permettono di migliorare o di far acquisire lessico nuovo e pertanto di sviluppare la comprensione linguistica. Nell’attività di gruppo l'alunno deve comunicare in lingua le differenze fra il sistema scolastico italiano e francese. Il discente è comunque costretto a prender nota delle riflessioni e a creare uno schema di testo o una sintesi di riflessioni: pertanto, al contempo, sviluppa anche la competenza della produzione scritta.

Obiettivi formativo-culturali

Riflessione sulle differenze dei sistemi scolastici permette di sviluppare il pensiero critico degli alunni.

 

I° giorno

Fase 1. L’insegnante domanda agli alunni in francese cosa sanno del sistema scolastico francese. Accetta che si risponda anche in italiano.

Fase 2. L’insegnante propone attraverso la visione di un video il suddetto tema.

Fase 3. L’insegnante chiede agli alunni di riferire in lingua ciò che hanno compreso dal video sul sistema scolastico francese.

Fase 4. L’insegnante spiega in una lezione frontale il sistema scolastico francese[31].

Fase 5.. Gli alunni vengono divisi in 4 gruppi. Ogni gruppo sceglie il suo portavoce, che deve relazionare in lingua le differenze che ritiene che ci siano fra il sistema scolastico italiano e quello francese. Conseguentemente si sviluppa attraverso l’esercizio la competenza della produzione scritta.

 

I° giorno

Tempo complessivo: 2 ore

Fase I

Tempo : 20 minuti.

Fase 2

Tempo : 10 minuti.

Fase 3

Tempo: 40 minuti

Fase 4

Tempo: 10 minuti

Fase 5

Tempo: 40 minuti

 

II° giorno

Fase 1. Ogni portavoce espone le riflessioni e chiama in causa i compagni per la spiegazione delle riflessioni.

Fase 2.. Lezione frontale sulle essenziali tappe della storia della scuola media francese o (Collège) e la scuola media italiana.

Fase 3. Discussione sulla storia della scuola .

II° giorno

Tempo complessivo: 1 ora

Fase I

Tempo : 30 minuti.

Fase 2

Tempo : 10 minuti.

Fase 3

Tempo: 20 minuti
 

BIBLIOGRAFIA

 

-         Ambrosoli L., La scuola in Italia dal dopoguerra ad oggi, il Mulino, Bologna  1982.

 

-         Barbagli M. e Dei M., Le vestali della classe media, Il Mulino, Bologna, 1972.

 

-         Bonetta G., Storia della scuola e delle istituzioni educative, Giunti, Firenze, 1997

.

-         Canestri G. e Ricuperati G., La scuola in Italia dalla legge Casati ad oggi, Loescher, Torino, 1976.

 

-         Cives G., La scuola italiana dall’Unità ai giorni nostri, La Nuova Italia, Firenze 1990.

 

-         Codignola T., Nascita e morte di un Piano, La Nuova Italia, Firenze, 1962.

 

-         Gatullo M., Visalberghi A, La Scuola italiana dal 1945 al 1983, La Nuova Italia, Firenze, 1988.

 

-         Genovesi G., Storia in Italia dal Settecento ad oggi, Laterza, Roma-Bari, 2001.

 

-         Pagella M., Storia della scuola, Cappelli, Bologna, 1980.

 

-         A. Pizzitola, Storia della scuola e delle istituzioni educative, in  I saperi dell’educazione”, La nuova Italia, Firenze,1995, pp. 191-243.

 

-         Sarracino V. e Corbi E. , Storia della scuola e delle istituzioni educative (1830-1999), Liguori editore, Napoli, 1999.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[1] Si veda parte seconda, p. 15.

[2] U.D. 1 dal titolo Evoluzione dell’istruzione secondaria nel periodo liberale e in quello fascista.

[3] U.D. 2 dal titolo Linee evolutive del sistema scolastico della prima Repubblica.

[4] Nascita e morte di un Piano, La Nuova Italia, Firenze, 1962, pp. 3-4.

[5] Lezione del 7 Febbraio 2003.

[6] Come nota Genovesi : “Raccogliendo e sintetizzando le fondamentali istanze delle precedenti leggi Boncompagni (1848), Cibrario (1854) e Lanza (1857), essa rappresenta il punto culminante dello sforzo organizzativo profuso dal regno piemontese nel settore scolastico e, al tempo stesso, il sicuro punto di riferimento per la classe liberate che guiderà il nuovo regno”- Genovesi G., Storia in Italia dal Settecento ad oggi, Laterza, Roma-Bari, 2001, p. 70.

[7] Ibidem.

[8] Canestri G. e Ricuperati G., La scuola in Italia dalla legge Casati ad oggi, Loescher, Torino, 1976, p 19.

[9] Pagella M., Storia della scuola, Cappelli, Bologna, 1980.., p.143.

[10] Genovesi G., Op  cit., p. 105.

[11] Ibidem.

[12] Sarracino V. e Corbi E. ,  Storia della scuola e delle istituzioni educative (1830-1999), Liguori editore, Napoli, 1999, p. 38.

[13] Ivi, p. 46.

[14]  Bonetta G., Storia della scuola e delle istituzioni educative, Giunti, Firenze, 1997.

[15] Pagella M., Op,. cit., p. 192.

[16] “Creazione eminentemente gentiliana sono i Licei scientifici , che avevano lo scopo di armonizzare la formazione

umanistica con quella scientifica. Altre istituzioni gentiliane sono: Istituto magistrale e  il Liceo femminile” (Ibidem).

[17] Genovesi G, Op. cit., p. 169.

[18] Alla fine di ogni ciclo di secondo grado venne istituito l’esame di stato (v. art. 71. R.D. 6 maggio 1923 n. 1054), che ha resistito più di 60 anni.

[19] Bonetta G., Op. cit., p. 95.

[20] Ibidem.

[21] Pagella M., Op,. cit., p. 211.

[22] Ibidem.

[23] Sarracino V. e Corbi E., Op. cit., p. 95.

[24] Al termine della IVª elementare si poteva accedere o agli istituti d’arte o a conservatori musicali (rispettivamente di 8 e 10 anni).

[25] Pagella M., Op. cit., p. 224.

[26] G. Genovesi, Op. cit., p. 190.

[27] Barbagli M. e Dei M., Le vestali della classe media, Il Mulino, Bologna, 1972, p. 78.

[28] Ivi, pp. 78-79.

[29] Lettere ad una Professoressa, Firenze, Libreria Editrice Fiorentina, 1967.

[30] Pizzitola A., Storia della scuola e delle istituzioni educative, in  I saperi dell’educazione”, La nuova Italia, Firenze,1995, pp. 204-205.

[31] Il contenuto della lezione in italiano è il seguente: la scuola dell'obbligo va dai 6 ai 16 anni. E’ così organizzata in école maternelle (dai 2 o 3 anni di età ai 6 anni); école élémentaire (dai 6 anni di età agli 11 anni.); le collège - dura 4 anni, dagli 11 anni di età ai 15 anni, ed è organizzata in 3 cicli : il primo anno è il ciclo di consolidamento, il secondo e terzo anno il ciclo centrale, il quarto anno il ciclo di orientamento; le lycée o scuola superiore di 4 anni ecc..