Scrivere è tutto un romanzo

Écrire, c'est tout un roman

Texte de Jean Rouaud traduit en italien par Massimiliano Badiali.

 

Considerate un mercato soprassaturo, che assorbe solo un’infima percentuale della produzione, la cui parte essenziale se ne va al macero e un temerario, solitario e senza mezzi che si propone, malgrado tutto, di trovarsi uno spazio. Concluderete immediatamente che costui non è un capo impresa ragionevole. Avete ragione, è un romanziere.

Allora cos’è questa storia? Una storia che comincia molto presto, chissà, da un gusto di scrivere e un desiderio di essere scrittore. Il gusto di scrivere può accontentarsi della corrispondenza o del diario intimo. Di diaristi e di epistolografi celebri, se ne incrociano alcuni nella storia della letteratura, ma questi non avevano come preoccupazione prima di essere riconosciuti come autori. Da amici indiscreti abbiamo avuto accesso al loro talento singolare, invece il desiderio di essere scrittori passa necessariamente dalla pubblicazione di un libro, condizione sine qua non per essere riconosciuti perchè tali. Poiché ciò che vi importa è questa

riconoscenza di un supposto talento. Prima di ogni altra considerazione. Cioè voi scartate subito l’ipotesi altamente improbabile che la scrittura

vi fornisca un mezzo di sussistenza. Che significa che occuperete l’immensa maggioranza del vostro tempo, delle vostre forze, della riflessione in un’attività di cui sapete per certo , salvo inaudita fortuna, che non vi permetterà di viverne. In questo faccenda avrete da guadagnare solo una gloria tanto più ipotetica che vi affiderete alla posterità per giudicare la realtà dei vostri talenti. Tanto vale dire che di questa gloria di scrittore che inseguite, rischiate di non approfitarne mai.

D’altronde se ne approfittaste da vivi, dubitereste che essa oltrepassi la vostra morte. Detto questo, e definite chiaramente le condizioni della vostra entrata in letteratura, si pone allora la domanda: scrivere, per un aspirante scrittore la cosa sembra andare da sé ( anche se c’è un momento in cui vorreste essere creduti sulla parola e in cui trovate quasi sconveniente che si esigano da voi delle prove, qualcosa da leggere insomma, dei componimenti d’appoggio su cui giudicare),scrivere dunque ( poiché nella frase seguente si comprende che non ci si interromperà), ma scrivere cosa? Certamente vi piace costruire delle frasi, allineare le parole, giocare con il verbo. Sentite anche di non cavaverla così male, ma delle frasi per dire cosa?

Riprendiamo : non siete né pensatore, né saggista, né filosofo. Lo avreste saputo, personaggi molto eminenti l’avrebbero notato. Poi da un rapido sopralluogo scoprite che il mondo dell’editoria, da cui dipende l’esistenza del vostro libro non pubblica poesia se non nelle riviste samizdat , né teatro a meno che la pièce non sia recitata, né novelle rappresentate a meno di essere famosi, allora che resta? Che cosa può pubblicare un uomo senza qualità in questa fine del secolo? Basta fare un giro in libreria per avere la risposta, è semplicissimo : un romanzo. Un romanzo, siete sicuri ? Non avete altro da propormi ? Mi ricordo che al tempo degli studi universitari all’inizio degli anni settanta, di banalissimi studi, il romanziere era poco considerato e poco più di un idiota.S’imponevano soprattutto i grandi teorici del pensiero. In confronto ai quali il semplice narratore di storia non aveva alcun peso.

Ma poiché è la condizione, sia. Un impegno per difetto, un’adesione a fior di labbra. Resta l’ inconveniente che capite ben presto che comporre frasi non basta a fare un romanzo. La prima cosa che perseguite, quella che vi costa di più è di chiamare gatto un gatto. Cosa da niente, che sembra anche evidente, ma quando si hanno pretese poetiche, una propensione lirica a menare il cane per l’aia, è una violenza : al gatto, ci si ingenia a trovargli ogni tipo di nome, purchè nessuno si azzardi a farvi un’osservazione : ma a proposito perché non lo avete detto insomma : è di un gatto che parlate, non è vero ? Raccontare una storia implica un intreccio, o una parvenza, che inciti il lettore a non abbandonare troppo in fretta la lettura, dei personaggi che si evolvono in un tempo dato, in uno spazio dato, che si cerca di rendere al massimo vicino, in modo che il lettore abbia le parole per vederlo, e dunque una somma di talenti che spontaneamente non avete altrimenti non vi sareste mai posti la domanda : avreste scritto romanzi, senza fare storia. Imparate dunque a conoscere il reale, a dare l’illusione della vita. Questo non s’improvvisa e vi obbliga ad esercizi di stile, così da sciogliere un polso un po’ rigido, poiché il fascino per la letteratura vi dà un approccio molto ampolloso alla scrittura. Mille anni di letteratura francese, questa litania di grandi autori, come tanti limiti più imponenti dei re, hanno di che intimidire il postulante, che perciò, adotta un linguaggio sostenuto, prezioso, ha la tendenza a esagerare, a farlo troppo o al contrario, in una posa falsamente rimbauldiana, a cestinare questa pesante eredità, adottando un discorso risolutamente modernista, rompendo con i canoni in vigore. Poichéla grande paura è questa : perdere il treno della modernità, passare per un autore nato morto, cioè un pallido epigone degli antenati, una laboriosa copia, senza apportare niente di nuovo. Perchè si può entrare in questa storia della letteratura a ritroso, contentandosi di fare il nuovo con il vecchio ? In questo caso com’è possibile rinnovare il genere, utilizzando vecchie ricette? Perché di storie, poi se ne raccontano dalla notte dei tempi. E sempre le stesse: persone che si amano, si battono, muoiono.

E’ pressappoco tutto. E io avrei, su questo terreno mille volte sfruttato, una illuminazione inedita? Supponiamo, e non ascoltiamo i ridanciani.

Ora si pone la scelta del soggetto. Ecco due opzioni: la pura finzione (l’isola misteriosa, mettiamo) o il racconto a carattere autobiografico (La ricerca del tempo perduto, per capirsi). Quale scelta si decide?

Per voi che avete brutalmente perso vostro padre, l’indomani di Natale, fate solo finta di esitare, la risposta si impone poco a poco. Si dà il caso che di questo avvenimento che ha considerevolmente pesato sul seguito della vostra vita, non siate mai riusciti a parlarne. Allora questo romanzo, sarà forse l’occasione, no ? Vi occorrerà tempo. Avrò bisogno di dieci anni. Ma è così che si arriva a trentasette anni a pubblicare un primo romanzo, intitolato Les Champs D’Honneur. Poi la distribuzione, non è più del tutto la stessa. Avete lettori, siete studiati e richiesti.

Avete la fortuna di iscrivere scrittore sul passaporto. Poi, non siete più del tutto soli.